Alla fine del corridoio - Jaydon's POV
Betty gli aveva detto che era tardi per andare fin laggiù, ma per Jaydon non era così. Non lo era affatto, anche se l'orologio diceva il contrario.
Parcheggiò la moto e si tolse il casco. Dopo alcuni istanti si ritrovò di fonte alla porta a vetri dell'ingresso principale.
Non ci era mai stato di notte, ma era ciò che l'istinto gli aveva suggerito di fare. Perché si sentiva troppo perso, adesso. Non credeva che sarebbe mai successo qualcosa di simile, non a lui almeno. E invece era capitato.
Fu sul punto di suonare il videocitofono ma non lo fece. Si voltò per un istante, giusto il tempo di scorgere dall'alto della collina la cittadina di Portway che si apprestava ad attraversare le notte. Quel posto, nonostante tutto, gli piaceva.
Bussò nello stesso istante in cui la ragazza che era di guardia al turno di notte si fu accorta di lui. La vide mentre si alzava da dietro il bancone della reception e si avvicinava a lui, stretta nel suo camice bianco. La conosceva, si chiamava Silvie. Lavorava lì da almeno... beh, da qualche anno.
<<Ehi, Jaydon. Ciao>>, disse lei guardandolo probabilmente stupita nel trovarlo lì a quell'ora.
<<Ciao, Silvie.>>
Silvie gli fece cenno con la testa di entrare e lui la seguì.
La prima cosa che lo colpì -come sempre- fu l'odore forte di disinfettante e...limone, sì, doveva essere limone.
<<Come sta?>> chiese Jaydon.
Silvie allargò le braccia in un gesto che gli era familiare. Voleva dire che non c'erano novità. Non che lui ne aspettasse, naturalmente.
Percorsero il corridoio lungo e silenzioso, dalle pareti azzurro pastello.
<<Jaydon, non dovresti essere qui. A quest'ora non si può, lo sai. Se...>>
<<Non ti diranno nulla, Sil. Nessuno lo saprà neanche.>>
Silvie sapeva che lui aveva ragione. Se fosse stato qualcun altro forse non lo avrebbe fatto. Ma per Jaydon era diverso. Gli voleva bene, per quanto poco lo conoscesse. Erano trascorsi già due anni da quando lo aveva incontrato la prima volta.
<<Ci siamo>> disse lei quando furono arrivati in fondo al corridoio. Lui riconobbe la porta della stanza. Era socchiusa.
<<C'è qualcun altro dentro?>> chiese. Silvie scosse la testa. Lui annuì e le appoggiò una mano su di una spalla. Accennò un sorriso e lei gli fece cenno di entrare.
Quando aprì la porta, cercando di non far rumore, sentì il cuore stringersi nel petto.
Come sempre quando andava lassù. Era sempre stato così e quella sensazione non sarebbe cambiata. Neanche adesso che aveva bisogno di essere lì.
Si sedette sul letto e posò gli occhi sulla persona che stava dormendo coperta fino al collo da un lenzuolo di cotone.
Rimase immobile per qualche minuto, ad ascoltare la notte. La finestra era socchiusa e lasciava scivolare all'interno una brezza piacevole.
Poi appoggiò delicatamente la mano su quella dell'uomo che era nel letto.
<<Ehi, pa'>> disse piano, sottovoce, quasi sussurrando quelle parole tra sé.
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