Seconda chance
Il cinguettio di un uccello. Ancora. Era il motivetto del cellulare ne ero convinta. Ed eccolo proprio nelle mie mani. Mi guardai intorno, ero nella foresta. Appena di lato, su un albero, lo scoiattolo dello scambio portava le ghiande nella tana. Tutto ciò era strano. Che cosa era successo? Un sogno? All'improvviso il panico mi assalì, con le mani toccai tutto il mio corpo nella speranza di non trovare ferite. Eppure mi sembrava di avere un varco al centro del petto, invece, il mio corpo era illeso. Feci un sorriso ma pian piano l'ansia crebbe in me.
Ero morta? Il sorriso si spense e mi scese qualche lacrima pensando a ciò che sarebbe potuto essere. Mi ero seduta sotto l'albero, e non riuscivo a tranquillizzarmi. Che cosa sapevo? Vediamo: il mio nome è Adele ed ero qui da sola visto la natura del messaggio di mia madre, che comunque aveva degli elementi che non mi sono chiari... Cosa ha fatto per me? Che le ha fatto male.
Alzai lo smartphone all'orecchio per fare una chiamata d'emergenza e in quell'istante un rumore di passi mi fece tornare il panico. Gli uomini in nero erano proprio dietro l'albero. Cercai di farmi piccola rannicchiandomi sotto le foglie cadute ma lo smartphone emettendo una voce, forse qualcuno che aveva risposto alla mia chiamata, fece girare gli uomini verso di me. Un grido sordo mi uscì dalla gola. I loro volti erano leggermente oscurati dal cappello fedora. Il sogghigno sulle loro labbra, invece, era perfettamente visibile. Mi alzai di scatto facendo cadere lo smartphone. Un laser fischiò accanto al mio orecchio. Cominciai a correre, ne valeva la mia vita e questa volta lo sapevo. Però, per quale motivo mi inseguivano? Perché darmi la caccia? Sono una normalissima ragazza!
Evitai un ramo all'altezza della testa chinandomi. Il respiro affannato. I muscoli cedevano allo sforzo, li sentivo bruciare. Nessuna ferita però, questo era positivo. Davanti a me c'era uno di quegli uomini e mi pietrificai dalla paura. Non avevo vie d'uscita. Dietro di me l'altro scagnozzo stava arrivando a rotta di collo. Il laser puntato alla mia fronte proveniente da quella piccola pistola bianca che portava attaccata al polso. La spia rossa mi dava un tremendo fastidio alla retina, tanto che non riuscivo a pensare e mentre l'uomo premeva il grilletto nel palmo della mano, una ghianda cadde da un albero colpendolo in testa. Il cappello quasi non gli scivolò in terra e naturalmente l'uomo non subì danni, ma si distrasse. Alzai lo sguardo e vidi lo scoiattolo deluso dall'aver perso del cibo.
Ne approfittai per correre via. Saltai il ruscello stando attenta a non caderci dentro. Percorsi il sentiero a piedi nudi. Erano neri e sporchi di fango, ma era l'ultimo dei miei problemi. Tagliai su un prato. Notai un enorme cratere che degli uomini in camice, probabilmente scienziati, studiavano. Poco distante da loro una piccola costruzione, sembrava asettica. Un laboratorio portatile magari? Gridarono aiuto e impegnai le mie ultime forze per scappare.
Tutto inutile perché quelli in nero erano già lì. Una mezza dozzina, ero circondata. Sentii un colpo alla testa. L'ultima cosa che vidi furono i raggi del sole che si facevano largo tra le foglie dei pini, mentre qualcuno diceva:
<<Portiamola all'istituto>>
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"Abbiamo una vita sola. Nessuno ci offre una seconda chance. Se ci si lascia sfuggire qualcosa tra le dita, è perduta per sempre."
Cit. Rosamunde Pilcher
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