Una Stanza di Ricordi
Era seduto a gambe accavallate in quella stanzetta appartata, buia, se non fosse stato per la candela al centro del tavolo rotondo.
Sembrava una seduta spiritica. E forse era effettivamente così.
Si passò una mano sui capelli biondi, aveva deciso da poco di tagliarli, ed era strano non sentirli appiccicati al collo per il sudore. Il cuore gli batteva in petto all'impazzata quando la porta si aprì lentamente. Si levò il cappello dalla testa, poggiandolo educatamente sul tavolo.
Pensò che forse il suo amico avrebbe sorriso a quel gesto. Era cambiato tanto dal loro primo incontro, era diventato un vero gentiluomo, ormai...
«Sicura che non vuole aiuto...?» La ragazza negò con lo sguardo. Sembrava potesse avere al massimo una quindicina d'anni, i capelli mossi scuri che le scendevano lungo la schiena, sotto il seno minuto, mentre le iridi erano due fari bianchi nel buio, lucidi, grandi, che riflettevano la luce della candela.
Era il 1891, ma i suoi vestiti sembravano provenire da molto prima, da un'epoca sconosciuta venuta addirittura prima degli egiziani.
«No, no tranquilli ragazzi.» La ragazza sorrise loro, era un sorriso calmo e rassicurante. I due uomini dietro si guardarono interrogativi. Avevano almeno una quarantina d'anni a testa, ed erano uomini fidati della Fondazione Speedwagon, altrimenti non avrebbero mai permesso loro di conoscerla, eppure lei, quella ragazzina, si atteggiava come se avesse mille e mille anni più di loro.
Uno dei due sospirò, chiudendo la porta e lasciando i due da soli.
La ragazza si sedette davanti all'uomo come se i suoi occhi, ciechi, vedessero perfettamente.
«Thatiana Jimènez, giusto...?»
«Robert Edward Orville Speedwagon, giusto?» Thatiana ridacchiò, con l'intenzione di scherzare e non di prendere in giro l'uomo.
«Si dice che lei viva vedendo le anime dei morti...»
«E dei vivi, ragazzo.» Il suo sorriso non scomparve mai. «È giusto che tu sia diffidente, al giorno d'oggi vi sono un sacco di impastori... Ma io ho un potere. Tu non puoi vederlo perché non lo possiedi, ma posso darti una dimostrazione di esso, se vuoi.» La sua testa si inclinò di lato leggermente, facendo trasparire quell'innocenza che, nella ragazza, sembrava essere scomparsa.
_Come...?_ Speedwagon non parlò, a farlo era la sua anima. La voce chiara e cristallina, il colore un azzurro vivace.
«C'è un'altra anima vicino a te...» L'atmosfera si era fatta più pesante, ed in quel momento Thatiana smise di chiudere le palpebre. La stanza si fece ancora più buia, la candela era consumata quasi del tutto.
«È più blu...» Lei rise «Sì, ti vedo. Sono l'unica, però... E forse lui non crede che sei qui. Come ti chiami? Così posso dimostrarglielo...» Ci fu un attimo di silenzio, come se lei parlasse con qualcuno. Guardava al fianco di Speedwagon, guardando il vuoto alla sua sinistra, poco più in alto dei suoi occhi.
«William... Antonio... Zeppeli... Giusto? Non sono molto brava con le lingue...»
Speedwagon ebbe un tremito, gli si strinse il cuore e lo stomaco, il corpo iniziò a tremare. «C-come conosci quel nome?!»
«Non lo conosco.» Fu la sua semplice risposta «Me l'ha appena detto lui!» Continuò la conversazione con l'apparente nulla. «Io mi chiamo Thatiana... Cosa vuoi dirgli? Uhm... Dice che non devi più piangere per lui, perché è ancora affianco a te... E...» Lei rise «Puoi parlare più piano...? Abbiamo tutto il tempo, se fai così non ti capisco...» Lei annuì «Grazie... Dice che una volta è riuscito a contattarti in sogno, ma al risveglio tu hai pianto talmente tanto che non ha avuto il coraggio di rifarlo... Ti chiede se può riprovare.»
Le labbra di Speedwagon iniziarono a tremare leggermente, annuendo.
Thatiana rimase in silenzio per un po', qualche minuto, poi i suoi occhi si fecero lucidi, ma non pianse. «Mi ha raccontato tutta la storia... Mi dispiace davvero tanto per voi...» Lei sospirò ancora, poi raddrizzò la schiena. «Volete vedervi di nuovo?»
Speedwagon smise di respirare. Era certo che sarebbe morto, se ad un certo punto si fosse costretto a buttare fuori l'aria. «P-puoi farlo?!» La sua esuberanza era palpabile.
«Solo per qualche minuto... Ed il suo tocco sarà solo una presenza fredda, non una vera e propria pelle che ti sfiora. Non aggiungerò costi aggiuntivi alla seduta.»
Speedwagon guardò il vuoto alla sua sinistra, come per cercare di distinguere la figura del Barone Zeppeli, ma non vedeva nulla. Eppure, in quell'istante gli apparve più vicino che mai.
Thatiana iniziò a sussurrare qualcosa, con le mani giunte in preghiera. Speedwagon distinse solo la parola "Strawberries".
L'aria iniziò a raccimolarsi attorno al corpo della ragazza, i suoi occhi brillarono come mai, e la sua figura scomparve, sovrastata da quella di un uomo alto, i muscoli formati, il vestito elegante. Ogni suo colore era sostituito da un azzurro pallido, e l'unica cosa distinguibile come "reale" originale era una piccola fiammella posta dove doveva esservi il cuore, e gli occhi, unici ad essere rimasti del loro azzurro originale. La candela si spense, la stanza fu illuminata solo dalla figura celeste.
«Ciao Speedy...» Persino la voce era identica, e l'accento italiano era inconfondibile, persino dopo quasi tre anni.
Speedwagon iniziò a piangere, cercò di stringere le sue mani, ma come Thatiana lo aveva avvertito erano solo un ammasso freddo d'aria. Eppure, per lui era abbastanza. Non riusciva a parlare, i singhiozzi uccidevano le parole in gola.
«Ehy, non piangere... Guardami... Non potrai vedermi ancora a lungo, è meglio se ne approfitti...» Anche lui stava piangendo, ma non lo dava a vedere. Speedwagon iniziò a raccontargli di come aveva trovato il petrolio, di come aveva fondato una compagnia, di come, dopo di lui, non si era più innamorato.
Ma William, questo già lo sapeva.
«Io ero sempre con te, Robert... E lo sarò sempre, fino a che quel tuo cuore non smetterà di battere, e sarai con me davvero.» La sua figura iniziò a vacillare, tremolava, l'aria iniziava a sfaldarsi.
«N-no...! No, aspetta...! Voglio... Voglio vederti ancora... Ti-ti prego non andare...! Non andare di nuovo...!»
Zeppeli si sporse verso di lui, lo strinse con forza e posò le labbra sulle sue con delicatezza, anche se non poteva sentirle. «Non vado da nessuna parte... Quando ti senti solo, perchè non mi parli un po'? Non potrò risponderti, ma almeno so che non mi hai dimenticato.» Speedwagon annuì a fatica, continuando a singhiozzare.
La figura svanì, la stanza tornò nel buio, e Thatiana si accasciò sulla sua sedia, ansimando. I grandi occhi bianchi erano socchiusi, e quasi opachi.
L'uomo davanti a lei non smise di piangere, facendola sorridere. Non l'aveva dimenticato, portava il suo ricordo ancora nel cuore, e questo la rallegrava sempre.
Speedwagon non disse niente, non ci fu bisogno di parole per chiederle la prossima, ed ultima cosa. Fu la sua anima a parlare.
«Jonathan Joestar è morto da tempo oramai, ma la sua anima è ancora qui, ha deciso di restare ancora un po', ma non è legato alla tua anima... È legato ad un'altra che persino io non posso rintracciare, l'anima stessa del tuo amico mi chiede di stare in silenzio... Mentre Erina Pendleton è ancora in vita, ritrovata vicina alle coste inglesi, con un'anima nuova fra le braccia...»
Dopo diversi minuti Speedwagon si calmò. Aveva ascoltato ogni sua parola, e doveva assolutamente tornare in Inghilterra, nonostante avesse promesso di volerla abbandonare, la patria di quei brutti ricordi. Ora però aveva un motivo per tornare. La moglie del suo migliore amico era in vita, e doveva assolutamente prestarle aiuto.
Thatiana sorrise, uscendo dalla stanza nel silenzio che emanavano i suoi piedi nudi e la sua veste che a malapena toccava il suolo.
Sembrava un'anima a sua volta.
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