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Epilogo


Mi ero ridotto con il cervello in pappa ormai. Cosa potevo dire?! Ero innamorato, e cazzo stentavo a crederci perfino io.

Era stata una serata magica, fatta delle nostre emozioni e se probabilmente non ci avessero interrotto avremmo concluso ancora meglio. Ma vederli tutti lì per noi era stato splendido.
Se non altro non avrei più sentito le ramanzine di mia madre.

Tutti i veri uomini prima o poi s'innamorano, ed era successo così anche a me, ed avrei fatto di tutto per far credere a Cristhina che ci sono uomini diversi a suo padre, uomini che amano per tutta la vita. L'amavo da piccolo, quel dargli la colpa e stuzzicarla lo facevo perché mi piaceva. L'amavo ai tempi della scuola, anche se non davo a vederlo e molto spesso mi frequentavo con ragazze. Ed ora ne ero assolutamente sicuro che non avrei cambiato nulla di quella stramba perfetta.

Mi svegliai pimpante, rifacendo il letto. Scelsi con cura i vari abbinamenti come ero solito fare, ed una tazza di caffè che mi desse la giusta energia.

Cristhina era partita da quattro giorni con Kitty. Era da tanto che avevano fissato un viaggio per Parigi. Anche se lasciarla andare via era stato durissimo. Mi mancava il suo odore nel letto ed il suo corpo nudo al contatto con il mio, mi mancavano i suoi ansimi dolci e soffocati, e vederle serrare le palpebre quando la leccavo dolcemente, tremando sotto di me. Cazzo se mi mancava.

Mi avviai in ufficio. Ma non come ogni mattina in macchina. Quella mattina avevo voglia di passeggiare. Era febbraio ancora e faceva un freddo da gelare, sentivo il tessuto dei miei pantaloni stringersi per il gelo che provavo, ma ciò non fece cambiare le mie intenzioni. Guardavo i passanti ed alcuni intenti nelle loro corse mattutine, pensando che anche io in queste mattinate mi sarei voluto liberare con una corsa.

Arrivai da Starbucks, prendendomi un caffè. Continuai a camminare sorseggiando quella bevanda calda, buttando il cartone nel cestino.

Aprii il portone, dove una Clarys più raggiante del solito mi sorrise e mi salutò cordialmente, rimandando il suo gesto di ricambio.

Aspettai impaziente l'ascensore, controllando che fossi in perfetto orario, aggiustandomi la giacca, mentre tenevo il cappotto sul braccio.

Mi avviai nell'ufficio, passando a salutare tutti come ero consono fare.
Quando aprii la porta del mio ufficio, vidii una sagoma e la mia poltrona di pelle girata verso la vetrata che dava su gli edifici di New York.

Sospirai pesantemente, attaccando il cappotto all'attaccapanni e la cartellina sul mobile di legno rovere.
"Natasha che v...?" Non riuscii a terminare la frase, che sollevò la spillatrice, spillando a vuoto.

Mi dipinsi un sorriso sfacciato. Non potevo credere che era tornata così presto. Finchè non si girò dandosi una spinta con la mano premuta sul bracciolo della poltrona di pelle, e le gambe accavallate, fasciate in una gonna a matita nera, che le era appena salita su, quanto bastava per desiderarla sempre e forse di più.

Posò la spillatrice sulla scrivania, vestendosi di un sorriso smagliante ed ammaliatore.
"Lo sai che è bellissima la vista dal tuo ufficio. Non è giusto che il mio spazio sia più piccolo ed abbia solo una finestrina, quanto basta per respirare" si chinò, con un'espressione fintamente accigliata, poggiando i gomiti stesi sulla scrivania, lasciandomi intravedere la scollatura del suo seno generoso, attraverso la camicetta bianca di chiffon. Cristo se era maledettamente bella. Non vederla per quattro giorni sicuramente aveva giovato. La desideravo ancora più di prima. Sapevo quanto fosse bella la visuale dalla vetrata, ma vedere lei lì era decisamente meglio.

Si alzò dalla poltrona, mentre mi avviai verso di lei.
Poggiò il fondoschiena alla scrivania, portando le mani su i bordi ai lati come per reggersi, andandole sempre più vicino.
"Ciao Mark" sussurrò sensuale, sfiorandomi il naso con la punta del suo. Sentii il suo alito caldo al sapore di mela, invadermi dolcemente e solleticarmi.

"Ciao a te, piccola stramba" la rimbeccai dolcemente, ma mantenendo il mio tono rauco che sapevo la mandasse su di giri. Infatti chiuse gli occhi mugugnando debolmente, riaprendoli per puntare il suo azzurro nel mio miele.

"Mi sei mancato" ammise, mordendosi il labbro inferiore con una lentezza capace di mandarmi a puttane, scopandola anche con la porta aperta.
Mi attirò a se, prendendomi per la cravatta, lisciandola con la mano, come se fosse un gioco. Per me lo era, fin troppo erotico. Tutto ciò che riguardava Cristhina lo era, dal suo modo di attorcigliarsi i capelli con il dito, al suo portarsi il bicchiere sulle labbra carnose pulendosi qualche residuo con la punta della lingua, o toccandosi il labbro inferiore con l'indice.

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Come all'età di sedici anni. Eravamo nella cucina di casa sua. Mi stava aiutando con i compiti di scienze. Non ci avevo mai capito nulla sulle parti del corpo umano, o almeno non quelli interni, ero più bravo a studiare le parti esterne. Avevo un anno più di Cristhina, avevo fatto la primina ed era per questo che andavamo nella stessa classe da sempre.

-Ti devi concentrare di più, zuccone.
Mi riprese, spingendomi debolmente, quasi da farmi cadere dalla sedia.

Sorrisi alzandomi dalla sedia, sfoggiandole un sorriso soddisfatto, mentre corrugò la fronte, coperta da una fitta frangia.
Aprii il pensile del mobile, estraendo il vaso del miele. Finché non si alzò contrariata, cercando di togliermelo di mano.

-dai, magari ci arrivi nanetta.
Mi beffeggiai di lei, che era intenta ad allungare i bracci per sottrarmelo di mano. Infilai un dito dentro, sporcandole il naso di miele. Abbassò lo sguardo attraverso le folte ciglia nere, incurvando le labbra.

Ma ciò che mi spiazzò, fu la sua risata di pancia, ed il modo in cui si portò l'indice a pulirsi il naso, portandoselo sulle labbra ed infilarselo in bocca, mugugnando.
-decisamente buono.

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"A che stai pensando?" Piegò la testa, rinsavendomi dai miei pensieri.
Alzai la mano, facendo segno di aspettare. Chiusi la porta, mentre sfoggiò un sorriso ammiccante.

"Mi sei mancata anche te. Terribilmente" rivelai con tono graffiato ed eccitato, portando le mani su i suoi fianchi morbidi, per adagiarla sulla scrivania. Aprì istintivamente le gambe, quel tanto che la gonna stretta permetteva, mentre desideravo di più. Gliela sollevai, arrivandole fin quasi ai fianchi, scoprendo delle mutandine di pizzo nero.

"Sono nuove?" Più che una domanda era una constatazione la mia, ed il mio sorrisetto laterale le lasciava intendere che apprezzavo.

Rise, innalzando un sopracciglio, con quel gesto provocante. Mi passai la lingua sul labbro, vedendola seguire affascinata il mio gesto, mentre le guance le si tingevano di rosa.
"Le apprezzo, ma preferirei vederti senza" replicai con il respiro corto, attirandola per le natiche. Le sue gambe stringevano quanto basta i miei fianchi, tanto da permettere alla mia erezione di spingere contro la sua intimità pulsante. Sussultò ansimando, senza staccare il contatto visivo.

"Deduco che non lo sai" affermò fievole, mentre la voglia su i nostri volti cresceva a dismisura.

"Che cosa? Che ho voglia di sbatterti?" Mi accostai al suo orecchio, sussurrandole quelle parole in maniera forse troppo rude, ma era la voglia di entrarle dentro a non farmi contenere la voce.

Salì delicatamente con le mani sulla mia nuca, solleticandola.
"Che sono la tua nuova segretaria...capo" ricalcò l'ultima parola con un tono più basso e voglioso, talmente vicina da sfiorarmi il lobo con le labbra.

Ritornai sul suo viso, elargendo un sorriso.
"Buongiorno. Lei dev'essere la nuova segretaria" la stuzzicai, mentre con le mani che non sapevano stare ferme, giocavo con i suoi fianchi, accarezzandola e ad ogni sfioramento sussultava dolcemente.

"Non devo prenderle un caffè, farle qualche fotocopia, revisionare un caso insieme, capo?" Mi provocò di rimando, passandosi lentamente la mano sul collo invitante. Potevo sentire il suo sangue caldo scorrerle nelle vene.

"Per oggi, voglio che resti sulla mia scrivania. Ho voglia di leccare ogni parte del tuo corpo" la spinsi con più irruenza verso di me, sbottonandole la camicetta, appurandomi che aveva il reggiseno in coordinato, che le teneva su il seno, ed era una visione celestiale per i miei occhi affamati.

Mi sfilò la cravatta, sfilandomi la giacca dalle spalle, e sbottonandomi la camicia. Ad ogni bottone scoperto, passava l'indice come per analizzare le linee del mio petto che bruciava sotto il suo tocco.
Avevo voglia di possederla, nel mio ufficio, sulla mia scrivania, come non avevo mai avuto voglia di sentire nessun'altra. Avrei riscritto una storia con lei, come fosse la prima ed anche l'ultima. Perché Cristhina era la prima che sapeva tutto di me, ed io ero il primo per lei.

Le sganciai il reggiseno, abbassandoglielo dalle spalline, scoprendo quei seni prelibati ed i capezzoli turgidi e rosei, pronti per essere leccati. Mi abbassai su di lei, che ansimava ad ogni leccata sul suo seno, andando più giù, per tracciare ogni parte del suo delizioso corpo.

Le scostai le mutandine, togliendogliele del tutto, finendo a terra. Avevo la sua intimità proprio sotto il mio naso, ed il mio sorriso sfacciato la fece ansimare.
"Mark" sussurrò con un filo di voce, mentre mi avvicinavo sempre di più. Lo sapevo che avvertiva il mio respiro, ed il suo petto che si alzava ed abbassava ne erano la conferma.

"Dimmi? Hai qualcosa da dire?" La ripresi, mentre acconsentì con la testa e poi dissentire. Era in preda alle sue emozioni.

"Voglio che..." non riuscii a terminare la frase, che accarezzai dolcemente con la lingua le sue pareti, sentendo quanto cazzo fosse bagnata, portandomi ad essere più avido, spingendomi più a fondo, mentre con il pollice le massaggiavo il clitoride.
"Oddio" accennò debole, spingendomi di più dai capelli, che si erano intrecciati con le sue dita. Inarcò la schiena, rendendomi quella scena qualcosa di magnifico. Il suo corpo caldo e febbricitante, pronto per essere completamente mio, e sprofondare dentro di lei.

Tremò debolmente, facendomi assorbire tutti i suoi umori, ed anche il suo sapore era fottutamente buono.

Mi alzai, passandomi la lingua sul labbro, ed il suo viso ancora eccitato ed accaldato la rendeva più bella, compreso il luccichio nei suoi occhi chiari, velati dal desiderio.

Non avevo bisogno di parlare, per far sì che mi sganciasse la cintura. Ormai prendeva la pillola e non avevo barriere, ad impedirmi di sentirla totalmente mia e venire avvolto dal suo calore.

Mi abbassò i pantaloni, guardandolo affascinata. Le scostai una ciocca di capelli dal viso. iniziò ad accarezzarlo e stringerlo tra le sue dita esili ed affusolate, mentre chiudevo gli occhi gemendo per quel tocco che mi faceva impazzire.
Le scostai la mano, non resistendo. L'attirai di più verso di me, penetrandola dolcemente, mentre si resse alle mie spalle, conficcando quasi le unghia, ma le avrei volute sentire di più.

Non m'importava più di nulla, anzi volevo che sentissero quanto godesse sotto di me, e quanto io fossi fottutamente, perdutamente, irrazionalmente, innamorato di lei.

Ogni spinta era sempre più intensa di quella precedente, e le nostre melodie venivano soffocate da baci famelici e carichi di desiderio, lo stesso che avevamo negli occhi, lo stesso che sentivamo correrci lungo tutta la spina dorsale.
Le mie mani su i suoi capelli, e la nostra voglia di amarci completamente.

Finché non mi sentii scosso, avvertendo anche lei, lasciandoci andare.

Riaprii gli occhi come se si fosse svegliata da un sogno, ancora aggrappata a me.
"È stato...ok lo sai" ammise imbarazzata, scostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Bellissimo ed intenso come non mai" le finii la frase, lasciandole un lieve bacio sull'incavo del collo.

Finchè non bussarono alla porta, e potevo ben intuire chi fosse.
Cristhina mi premette un dito sulle labbra, guardandomi ammiccante.
"Siamo occupati" gridò più del dovuto sentendosi vittoriosa. Scoppiammo a ridere, rivestendoci per abbracciarci.

"Quindi sarai di nuovo la mia segretaria?" Le chiesi, mentre si aggiustò la camicetta.

"Beh, dipende se tu vuoi essere di nuovo il mio capo" alzò il viso, incontrando il mio sguardo sfacciato.

"Credo che dovrò ampliare il tuo studio, e tenerti distante da certi individui" rivelai, scrutandola ancora.

"Siamo gelosi, capo?" Mi stuzzicò, piegandosi in avanti sulla scrivania, mentre ero a sedere, mettendomi gli occhiali e sapevo quanto le piacesse.

"Di ciò che mi appartiene, Cristy" la ripresi, sorridendole.

E poteva solo essere un inizio per noi, uno dei tanti che scriviamo, e poi cancelliamo. Ma questa volta no, questa volta non mi sarei tirato indietro, non avrei cancellato nulla e non avrei avuto ripensamenti. Era la mia stramba ed era tutta per me.

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