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35

Arrivai al ristorante, perlustrando la sala, quando li vidii a sedere, che parlavano beatamente, e sembrava addirittura felice, il suo volto rilassato me ne dava la prova, e la rabbia ed invidia verso quell'uomo che la metteva a suo completo agio, si facevano largo dentro di me, senza lasciarmi altro spazio.

Chiesi al cameriere di darmi un calice di vino mettendolo al nome del signore del tavolo che gl'indicai con il dito, vedendolo annuire, intimandogli che forse sarei rimasto per la cena. Non gliel'avrei lasciata vinta, avrei rovinato la loro serata perfetta. Cazzone che non era altro.

Presi il calice, mentre portarono il loro a scontrarsi, mi avviai a lunghe falcate facendo scontrare anche il mio, con immensa soddisfazione che aleggiava sul mio volto fresco di rasatura, mentre Cristhina si girò spiazzata, alzando i suoi occhi verso la mia intera figura per incrociare il suo azzurro splendente. Due orecchini di perla ad incorniciare quell'ovale bellissimo con qualche piccola lentiggine visibile dalla cipria chiara, un tocco di blush rosa a colorirle le guance già rosse di suo, ed i capelli lisci con la divisa nel mezzo a rendere il tutto una visione celestiale. Cazzo se era perfetta.

Schiuse le labbra, dopo aver preso un sorso di vino, passandosi sopra la punta della lingua come se fosse ancora arida la gola, pronta a parlare è già immaginavo la sua domanda, ma spezzò il silenzio quello che adesso era d'intralcio.
Chiedendo a Cristhina ci fossi, quando poteva parlare con il diretto interessato che ero io in quel caso, e difatti presi parola, senza farmi troppi problemi, mantenendo il contatto visivo con lei che abbassò lo sguardo sul piatto quasi a fine, scartando dei pezzi di carne con la forchetta come se le fosse venuto a mancare l'appetito, e sapevo bene il motivo. Si sentiva sotto pressione e scomoda improvvisamente, ma avevo urgenza di parlarle, non qui e non così ma dovevo portarla via.

Mi girai chiedendo ad una coppia di signori dietro di noi, se la sedia fosse libera, ricevendo un assenso da parte del signore con i capelli brizzolati ed un golfino grigio a scacchi Rossi e bianchi. Ringraziandoli cordialmente, mettendomi a sedere al loro tavolo.

"Che diavolo fai Mark?" Chiese Cristhina con aria scocciata, guardando il suo ex capo che rise scuotendo la testa.

"Avete qualche problema credo. Scusate devo rispondere al telefono, la mia ragazza mi chiama, nel frattempo pensaci alla proposta Cristhina" rivelò, alzandosi dalla sedia, uscendo per parlare.

Guardai Cristhina portarsi una mano alla tempia, massaggiandola.
"Che peccato. È fidanzato. Te le trovi con il lanternino? O hai un metal detector per gli uomini non disponibili?" Mi beffeggiai, notandola sollevare gli occhi che andavano in fiamme verso di me, per poi ritornare a massaggiarsi con l'indice ed il medio evidentemente esasperata dalla situazione.

"Cosa sei venuto a fare?" Domandò di nuovo con la testa chinata, sorreggendosi successivamente la guancia con la mano stretta a pugno.

"Ho fame. Sono venuto per mangiare. Sono uscito dall'ufficio e mi sono fiondato qui. In questo ristorante, carino lo conoscevo solo di passaggio" mi guardai intorno lanciandole un sorriso impertinente che sapevo la mandava su tutte le furie, il suo sbuffare me lo lasciava più che intuire.

"Che ci fai qui" riformulò la domanda che sembrava più un'affermazione con tono di chi non ha voglia di scherzare.

La guardai in quegli occhi azzurri spenti, non vedevo la sua solita luce brillare.
"Voglio parlarti Cristy. Ti prego" la supplicai con tono dolce e anche i miei occhi potevano parlare.

Scosse la testa ridendo amaramente.
"Non abbiamo nulla da dirci. Adesso che sai chi sono che ti ho confessato tutto non ho nulla d'aggiungere" asserì fredda e distaccata, come se non avesse interesse, ma la sua mascella che tremava mi confermava l'esatto contrario.

"Ma io si. Io devo parlarti ed ascolterai" la ripresi con tono contrariato, indugiando sul suo sguardo che non lasciava trasparire nulla.

Finché non rientrò il suo ex capo, rimettendosi a sedere, ed arrivare il cameriere successivamente.
"Mangia con voi?" Chiese, tirando fuori il blocco con la penna.

Mentre rispondemmo all'unisono.
"Si" affermai assertivo
"No" replicò con vigore maggiore.

"Si mangia con noi" rivelò pacato il suo ex capo, congedando il cameriere per portarmi le posate.

"Alan" sussurrò a denti stretti Cristhina piegando la testa di lato, credendo che non la sentissi.

Rise, aggiustandosi il collo della maglia.
"È simpatico, non vedo dove sia il problema. Ed inoltre ammiriamo la tua bravura" ammise sincero, tamburellando i polpastrelli sulla tovaglia mentre sentivo un senso di compiacimento nascermi sul volto.

"Tanto farò finta che non esisti" mi rimbeccò Cristhina, guardando il mio sorriso, mentre mi aggiustai la giacca con nonchalance.

Arrivò la mia ordinazione. Cristhina non aveva più fiatato, bevendo solo un po' di vino che sembrava le andasse ogni tanto di traverso. Lasciando che parlassi con Alan, su quale lavoro facevo esattamente e varie cose inerenti.

"Cristhina allora ci hai pensato?" La risollevò dai suoi pensieri, guizzando lo sguardo su di lei, che alzò la testa come se si fosse risvegliata solo in quel esatto istante.

"Su cosa?" Domandai a Cristhina, che girò lo sguardo scocciato verso il muro, facendo finta di giocare con l'orecchino.

"Se tornare a lavorare per il mio quotidiano" rivelò semplicemente Alan, versandosi del vino nel calice.

Ne presi un sorso anche io, battendo il bicchiere sul tavolo.
"Non credo che tornerà" gl'intimai risoluto, innalzando un sopracciglio, sentendo la risata di Cristhina.

"Non credo tornerà" mimò il mio tono di voce, facendola sembrare più grossa, scuotendo la testa.
"Non ti è chiaro Mark che non voglio avere nulla a che fare con te. Della mia vita decido io" si puntò l'indice contro il petto, con la voce ghiaccia e aspra.

Sbattei il tovagliolo sulla tovaglia, guardandola dritta negli occhi.
"Forse non ti è chiaro Cristhina che ti voglio nella mia vita" sbottai rivelando più di ciò che avrei voluto. Ma le parole avevano preso il sopravvento. Era testarda, e la cosa iniziava a spazientirmi.  Guizzò lo sguardo verso di me sbigottita, vedevo quell'azzurro espandersi di pura incredulità alle mie parole, colorandosi le guance di rosa ed ero sicuro che non fosse solo per il vino scadente che aveva bevuto.

"Devo andare, ma fammi sapere Cristhina. Mark è stato un piacere" staccò Alan il nostro contatto visivo, riportandoci al presente. Mi tese la mano che accettai di nuovo, guardandolo mettersi il giubbotto di pelle, mentre Cristhina annuì verso di lui.

Si alzò anche lei infilandosi il cappotto, agitata e con le mani che tremavano, cercando di agganciarmi la cintura sulla vita sottile.
Mi rizzai dalla sedia, seguendola fuori dal ristorante.
Camminava spedita, senza darmi adito anche se sapeva che ero dietro di lei. La guardai fermarsi improvvisamente, ridendo come presa da uno scatto d'ira, voltandosi verso di me.
"Le parole con te non servono vero?" Mi scrutò tra lo scocciato e la delusione, strusciandosi le mani tra loro, toccandosi le guance ed il naso divenuti freddi e Rossi, lasciando uscire una nube gelata dalle sue labbra appena screpolate.

Mi avvicinai anche se come facevo un passo lei ne faceva un altro arretrando.
"No Cristy, voglio solo parlarti" ammisi sospirando, mentre dissentiva con la testa, portandosi i capelli indietro.

"Mark abbiamo parlato. Non credo a quello che hai detto nel ristorante. Sarà stata una delle tue tante frasi che usi, portandomi all'esaurimento. Il problema era che io ho sempre creduto in noi, da quando eravamo piccoli. Ho tenuto nascosta la cotta che avevo per te, mentre li parlavi di altre ragazze io ti ascoltavo da buona amica e mi chiedevo perché tu non avessi occhi per me. Non mi vedevi, ero la Cristhina brutta amica di Mark il capitano della squadra. E quindi se davvero mi hai voluto bene, lasciami stare. Hai tuoi occhi sarò sempre quella ragazzina" alzò la mano, chinando la testa, intravedendo una lacrima che le scendeva sul viso.

Le andai in contro, vedendo il taxi fermarsi. La presi per la manica del cappotto, cercando di fermarla. Mi scostò il braccio in modo lento, di una che è stufa di litigare, entrando dentro.
Bussai al finestrino, mentre si girò, parlando con il taxista che annuì, sentendolo ripartire. Si girò piano verso di me, a separarci solo quello strato di vetro. Mi fissava con quegli occhi, ed ero sempre lo stesso che non riusciva a parlare, mentre spariva lenta tra la nebbia fitta di New York, e le tante luci che adesso non sembravano più così luminose e vivaci.

La stavo lasciando andare via di nuovo?! Che cazzo stavo commettendo. Mi avviai alla macchina, aprendo con furia lo sportello, richiudendolo, mettendo subito in moto sfrecciando verso casa sua. Dovevo parlargli. Non potevo più restare fermo a sentire le sue parole insulse, doveva sapere che ero innamorato di lei. Si lo ero, lo potevo ammettere liberamente. Mi aveva fottuto ormai, ma forse da sempre era così.

Non seguii neanche i semafori rossi, e sicuramente mi sarebbero arrivate delle multe salate, ma ora come ora il mio scopo era di dirle tutto. Non m'importava più di stuzzicarla e fare giochetti inutili.

Parcheggiai con una manovra la macchina, scendendo velocemente, vedendo una signora che apriva il portone, fiondandosi dentro, ringraziandola per averlo tenuto aperto, rivolgendomi un sorriso cordiale. Salii le scale a due a due, arrivando sul suo pianerottolo, davanti alla sua maledetta porta. Strinsi la mano destra in un pugno, bussando forte e con veemenza, tanto da farmi male.

"Cristy apri questa cazzo di porta, so che sei in casa. Apri o giuro su Dio che la sfondo" alzai il tono di voce, quasi vociando. E non me ne importava un cazzo se sembravo un ossesso.

Fin quando la porta di Jason non si spalancò, continuando ad imprecare verso la porta.
"Che cazzo succede Mark?!" Più che una domanda era un'affermazione, vedendolo grattarsi la nuca assonnato.

"Hai svegliato un intero palazzo cazzo" continuò imperterrito.

Mi girai fulminandolo.
"Non ora Jason, non rompermi. Devo parlarle. Cristhina Dio santo, apri" urlai ancora frustrato, passandomi una mano tra i capelli, ripetute volte.

"Non è in casa. La cercavo anche io e non è tornata, non è qui e non ho la minima idea di dove sia. Ha spento anche il cellulare. Avevi la possibilità di parlargli Mark ma come sempre non riesci a non fare il coglione" sentii la voce di kitty che mi rimproverava, ed era vero. Cosa potevo dirle per difendermi. Non avevo scusanti.

Appoggiai la fronte contro la porta, girandomi con lo sguardo verso kitty. Uno sguardo pieno di rimorso ed ammissione che era vera la sua constatazione.
Scansò gentilmente Jason venendomi vicina, poggiandomi una mano sulla spalla.

"Prometto che vedrò dove possa essere. Ora è meglio se torni a casa è inutile che rimani qui fuori. Ok?" Aggiunse, passando ripetute volte la mano sulla mia spalla come se avessi bisogno di essere consolato.

Mi staccai dalla porta annuendo, portandomi entrambe le mani tra i capelli, che prudevano.
"Va bene. Appena sai qualcosa ti prego, avvertimi. Non ho scuse ma la amo" confessai anche a lei che non sembrava per nulla turbata.

"Lo so" disse solamente alzando le spalle, guardandomi negli occhi, prima di tornare dentro casa e chiudere la porta. Avviandomi di nuovo giù al portone, ritornando in macchina, sospirando, battendo una mano sul volante per maledirmi.

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