13
Pov.Cristy
Uscii dall'ufficio, Salutando Mark che ricambiò con un cenno della testa.
Sorreggevo le rose in mano, adagiandole dal lato del passeggero, in macchina.
Davvero avevo creduto per un secondo che fosse stato Mark?! Il mio cervello non funzionava bene da quando era ripiombato nella mia vita, senza che lo sapesse.
Parcheggiai la macchina davanti al marciapiede, al lato opposto del mio appartamento. Tirando fuori le rose e prendendo la cartellina. Quando alzai gli occhi per attraversare, lo vidii a sedere sulle scale del mio palazzo.
Roteai gli occhi infastidita, raggiungendolo, prendendo le chiavi dalla borsa, in maniera frettolosa, per sviare qualsiasi tipo di discorso.
"Cristhina" mi chiamò, senza dargli adito, superandolo sulle scale, per aprire il portone.
"Cristhina" ripeté con una tonalità più alta, come se avesse avuto paura che non l'avessi sentito la volta prima o che non l'avessi visto.
Aprii finalmente il portone con le mani che tremavano, quando stavo per riuscire a chiudere il portone, ignorandolo completamente, premette un palmo sul vetro del portone, aprendolo del tutto, facendomi arretrare fino alla rampa delle scale.
"Che vuoi? Che diavolo vuoi Trevor" ripetei caustica, quasi aspra come un limone che ti bruciava sulle ferite.
"Noto che ti sono piaciute le rose" rivelò guizzando lo sguardo sulle rose che tenevo in mano, per poi riportare i suoi occhi neri su i miei.
"Non sapevo che fossero tua, e comunque le stavo giusto per buttare" ammisi risoluta, buttandole nel cestino di metallo, vicino all'ascensore. Dirigendomi di nuovo verso la rampa, salendo le scale, tenendo un palmo sul corrimano per farlo scorrere.
"Ti prego, devo parlarti Cristhina" mi seguì sentendo la sua presenza dietro di me, fastidiosa.
"Non abbiamo nulla di cui parlare" aprii la porta di casa, entrando, tenendo un palmo sulla soglia.
"Ed anche se lo avessimo, non m'importebbe. Quindi ciao, ciao Trevor" aggiunsi con finto tono gentile, facendo per richiudere la porta, quando rifece la stessa cosa di prima, entrando dentro, mentre mi arrendevo a ciò che mi avrebbe dovuto dire.
Sbuffai irritata, poggiando la borsa sul tavolo, bevendo un sorso d'acqua.
"Dunque, dimmi" lo invitai spazientita a cominciare il discorso, tamburellando i polpastrelli sul tavolo.
Si mise a sedere, scostando la sedia dal tavolo, portando i gomiti sopra di esso, congiungendo le mani. Inalando un'enorme quantità di ossigeno, come se fosse stato messo sotto torchio e a dura prova.
"Ho sbagliato" esultò pacato ma il tono era sommesso. Facendo scorrere giù La zip del giubbotto di pelle color cognac.
Roteai la testa, come per acconsentire, prendendo posto all'altro capo del tavolo, sedendomi.
"Continua. Non ho tempo da perdere, non più" enfatizzai pungente, portando le braccia al petto.
Vidii i suoi occhi stringersi, come se quelle parole fossero stati schiaffi morali. Non m'importava. Il male che mi aveva procurato lui non se lo ricordava bene evidentemente. Quando andai a casa sua una sera per fargli una sorpresa, sapevo che i suoi erano fuori città, e mi sembrava perfetto. Suonai il campanello. Una voce di donna, la porta che si spalanca e rivela una bionda, bella da mozzare il fiato e la mia dignità, che rimaneva su quella soglia. Lui che la raggiunge e sgrana i suoi occhi più scuri rivelando ansia e paura, scosta Lisa, intimandole che ero sua cugina. Lei che m'invita gentilmente ad entrare, ed il mio mondo stava per crollare, insieme a certezze ed un futuro che avevo immaginato.
"Ho fatto molti errori, troppi. Lo so bene questo. Ed uno in particolare è stato lasciarti andare. Mi sono reso conto che provo ancora un sentimento per te" confessò quelle parole come un getto d'acqua in pieno viso per risvegliarti.
Spalancai gli occhi incredula, sbattendo le ciglia, scuotendo la testa. Portandomi le mani a tirare i capelli lunghi indietro.
"Spero tu stia scherzando. Dimmi quando te ne saresti accorto? Quando mi hai visto con Mark? Alla festa? Oppure non ammetti il fatto che sia andata avanti? Che anche io posso essere felice. Dimmi cosa? Hai detto a Lisa che ero tua cugina, santo Dio. La tua cugina dell'Ohio, che si era trasferita magicamente nella grande mela." Sputai quelle parole fuori, come se rigettassi veleno. Sbattendo un palmo sul tavolo, guardandolo serrare le palpebre, con la testa china, per rialzarla e guardarmi dritta negli occhi.
"Se tornassi indietro cambierei tutto, ho fatto un'errore. Ho lasciato Lisa. Quella sera alla festa non c'era non perché fosse via per lavoro, ma perché sapevo d'incontrarti e volevo parlarti. Ma lui era sempre attaccato a te, corrodevo dalla gelosia. Si da quando ti ho visto alla cena. Non sono più riuscito a non pensarti. Ho tentato ma vano. Ho bisogno di te nella mia vita" non ci credevo, era surreale, un'incubo nella realtà. Mi alzai di scatto dal tavolo come se avessi preso una scossa, prendendo un altro sorso d'acqua.
"Mi dispiace non ti credo" affermai, poggiandomi con il fondoschiena contro il mobile della cucina.
"Se è tutto puoi andare" aggiunsi, spostando lo sguardo verso la finestra, ed improvvisamente le righe disegnate sopra la tenda erano interessanti.
"Ti prego Cristhina" ricalcò quasi disperato. Alzandosi dalla sedia, toccandomi il braccio, che scansai.
"La chiesa è qui vicino. Loro accoglieranno le tue preghiere, comprese lacrime di coccodrillo" lo presi in giro esattamente come aveva fatto lui. Rivolgendogli un sorriso tirato alla perfezione e fasullo.
"Non posso cambiare il passato, ma posso modificare il presente e costruire un futuro. Con te, insieme." Replicò di nuovo, cercando di essere il più convincente possibile, supplicandomi con ogni frase. Spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Carina la frase. L'hai tirata fuori dai baci perugina o in qualche sito? E poi come vedi sono fidanzata" mentii su l'ultima parte, ma cercavo di essere risoluta e ferma per non far trapelare che fosse una messa in scena.
"Andiamo basta. Si vede lontano un miglio che non state insieme. Sono un coglione ma non sono cretino" alzò gli occhi al cielo, girandosi, camminando per la stanza, in agitazione.
"Spiegami la differenza tra coglione e cretino. Perché sei entrambe le cose" replicai inacidita. Vedendo il suo tormento.
"Una possibilità, una. Giuro che poi potrai prendermi a schiaffi, ma dammela. Una, solo una" si fermò sul posto, poggiando i palmi sul tavolo, chinandosi in avanti, alzando un dito. Puntava i miei occhi e non li lasciava andare.
Ero in confusione. Mi ripetevo di non cedere a queste suppliche e frasi fatte. Provavo qualcosa per Mark, ho sempre provato qualcosa, ma era inutile crearmi false speranze. Forse era un segno questo. Che con Mark comunque andava non eravamo destinati ad incrociare le stesse strade del destino. Potevo dare una seconda possibilità? Ormai non avevo nulla da perdere, niente da rischiare.
Abbassai lo sguardo incerta, mordendomi il labbro, per poi alzare gli occhi verso i suoi che non mi avevano mollata per un'istante.
Serrai le labbra per poi scoccarle in fuori.
"Ci penserò" rivelai, spostando la testa di lato, per avviarmi ad aprire la porta, attorcigliandomi i capelli.
"Spero dirai di sì" rivelò con un luccichio nello sguardo, tentando di capire se fosse sincero o meno. Vedendolo uscire di spalle, per rigirarsi verso di me, stando sul pianerottolo fermo.
"Ho detto che ci penserò. Ciao Trevor" lo salutai, poggiando la testa sullo stipite della porta, tenendo la maniglia fredda con la mano.
Lo fissai annuire speranzoso, girandosi, guardandolo scendere le scale e subito dopo il rumore del portone che si chiude. Lasciandomi con mille domande, ed incertezze.
Quando stavo per chiudere la porta, vidii quella dello strapazza passere, nonché mio vicino, niente meno che Jason, spalancarsi, e subito dopo la voce ammiccante della mia amica. Oh cavolo. Ancora con lui.
"Si a domani micione" affermò, sentendo un colpo sulla porta.
Micione? Oh mio Dio. Rabbrividii al pensiero, scuotendo le spalle.
Vedendola uscire subito dopo, girandosi, rimanendo impalata e di stucco, mentre innalzai un sopracciglio, riducendo gli occhi a due fessure.
"Ciao Cristhina" esultò un Jason senza maglietta, salutando Kitty con un occhiolino.
"Si, ciao" dissi di rimando, con poca importanza.
Si aggiustò la borsa sulla spalla, avviandosi da me, entrando, chiudendo la porta.
"Lo so, lo so. Stai per farmi una ramanzina. Eh..." si fermò portando due mani avanti come per calmare un mio probabile assalto.
"Avresti tutto il diritto. Ma...mi piace" affermò con voce soffice e sguardo sognante, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, sbattendo la schiena contro la porta.
Alzai le mani in aria.
"Non ti farò una ramanzina. Vedi devo confessarti una cosa" ammisi con l'agitazione a mille, mordendomi il labbro, vedendola rianimarsi, staccandosi dalla porta.
"Sputa il rospo" affermò risoluta, come se volesse spararmi.
Andai sul divano sedendomi, prendendo un cuscino, portandomelo stretto sullo stomaco, come una protezione.
"Trevor. È venuto qui, ha detto che ha lasciato Lisa e vuole una seconda chance" ammisi d'un fiato, lasciando trapelare l'ansia.
La guardai sgranare gli occhi incredula, come lo ero io poco fa, lasciandosi andare accanto a me sul divano.
"Spero fermamente in un tuo no" affermò preoccupata, di un'altra mia risposta.
Cavolo.
Serrai le labbra, socchiudendo gli occhi, dipingendo il dispiacere sul mio volto. Come se fossi stata colta in fragrante di qualche reato.
"In realtà..." non mi lasciò finire, che prese parola, più in ansia di me.
"No, dimmi che non gli hai detto di sì." Si portò una mano sul cuore, come se l'avessi ferita.
Scossi la testa.
"Che ci penserò, ecco tutto" rivelai sincera, guardando il suo sguardo inferocito, come una belva pronta all'attacco.
"Ci penserò, uguale NO" gridò l'ultima parola, come per inculcarmela nella testa.
"Ci penserò è un ci penserò. Ti prego mi devi capire. È solo un'opportunità, non ho nulla da perdere" le spiegai pacata, stringendo più forte il cuscino come per placarmi.
"Si invece. La tua dignità di donna. Calpestata ancora. Finché non ti fai male sul serio non riuscirai mai ad essere meno masochista" mi riprese peggio di mia madre. Ed aveva ragione.
"Lo so. Infatti era un ci penserò" risposi di nuovo perdendo la pazienza.
"Che diventerà automaticamente un si. Ma non ti farò una ramanzina. Sai a cosa vai incontro, e sai che ci sarò per sostenerti. Ma sai anche che sto male quando soffri" rivelò dolcemente, mentre annuii, dandole ragione.
"Ora vado. Ti voglio bene Cry" m'intimò alzandosi, mentre lascia andare il cuscino, abbracciandola.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro