Capitolo 6 🎁
UNA SECONDA POSSIBILITÀ
DI NATALE
Capitolo 6 - Finale
Camille Gilbert - Amybeth McNulty
Jack Harkins - Timothée Chalamet
Christmas Edition
Jack
«Allora?» domandai a Terry che era attaccata al cellulare per tentare di contattare Camille. «Niente?»
«Immagino che ora siamo tutti nella cuccia.» rispose appoggiando l'aggeggio sul tavolo e alzai gli occhi verso il soffitto, sospirando pesantemente.
"Dio... Perché era così difficile? Se solo mi avesse dato la possibilità di spiegarmi come avrei voluto, senza decidere di andarsene a casa dei suoi."
Camille
Varcare la porta dei miei il giorno di Natale era stato devastante, anche perché appena mi videro alla soglia del salone mi chiesero dove fosse Jack e se potessi aiutarlo con i regali... Abbassai la testa e cercai di spiegare a grandi linee quale fosse stato l'ennesimo problema.
«Tesoro, so che non vuoi pensarci in questo momento, ma tra una settimana verranno molte persone alla vostra festa. Non c'è più tempo per disdire.»
«Mamma, perché la gente viene alla nostra festa? Se ci conoscevamo abbastanza, probabilmente sapevano che eravamo sull'orlo del divorzio.»
«Forse vedono soltanto il meglio delle persone e non il peggio.» si intromise papà, accarezzandomi la schiena per rincuorarmi e mi girai verso quest'ultimo.
«Tesoro... Lo so che Jack potrebbe non fare tutto bene. Ma non si arrende mai.» aggiunse mia madre facendomi abbassare lo sguardo sul pacco posato sulle mie gambe. «E questa è una grande qualità in un coniuge.»
In quel momento, mentre le lanciavo uno sguardo, il cellulare squillò per la millionesima volta e lo afferrai per leggere il mittente: Terry.
Feci cessare quello squillo snervante, diminuendo il volume con il testo al lato prima di rimetterlo sopra il divano. Ora non mi andava di parlarle.
Jack
Un languido mugolio proveniente direttamente da Scotty mi fece spostare lo sguardo dal piatto che ero intento a sciacquare. «So cosa vuoi, piccolo, ma la mamma è arrabbiata con me, ok?» Mi osservava con i suoi occhietti scuri e la testolina che inclinò da un lato, stando fermo accanto alle sue ciotole. «Non è colpa tua.» Chiusi la manopola dell'acqua calda con un sospiro e posai il piatto nel mobile prima di uscire dalla cucina.
Scotty mi seguì a ruota, portando stretto tra i denti il suo guinzaglio con cui lo portavo spesso a fare passeggiate. Mi convinse così a uscire di casa e a incamminarmi a piedi verso quella dei miei suoceri.
Iniziò a strattonarmi di più nel sentiero (come se avesse già capito dove eravamo diretti) e bussai. Si arrampicò con le zampe anteriori vicino alla porta, abbaiando e, poco dopo, mio suocero la spalancò.
«Ehi, a Scotty mancava... ehm... Camille.» Lasciai andare il guinzaglio e il cucciolo corse dentro immediatamente superando agilmente la figura di Peggy.
«Vuoi entrare anche tu?» mi propose Bill.
«No, non importa.»
«Ho ricevuto il tuo regalo di Natale e ti ho preparato gli avanzi.» Disse Peggy.
«Non devi... non devi farlo.»
«No, devi mangiare qualcosa.» Insisté testarda, dandoci le spalle per rientrare e prendere ciò che aveva detto.
Camille
«Ehi!» esclamai quando il cagnolino balzò sul mio letto e guardai in direzione della porta. «Che ci fai tu qui?» Sul suo dorso, notai una specie di marsupio rosso a tema natalizio e lo aprii, estraendo un libricino. Sulla copertina, il disegno di una coppia con dei buffi cappelli da babbo natale, che si scambiavano un tenero bacio. "La ragazza che ha dimenticato", era il suo titolo. Passai alla prima pagina dove c'era un'altra dedica "A Camille, in caso dimenticassi di nuovo..." e sfogliando le successive trovai altri disegni - probabilmente realizzati da Jack - e mi soffermai su quello dove indossavo un abito bianco e le nostre mani erano intrecciate, i nostri corpi attaccati da essere una sola anima. Mi spostai verso la mia finestra spostando la tenda per guardare all'esterno, osservando il moro allontanarsi con tanti pacchetti in braccio, ma la testa rivolta in un'altra direzione.
A quel punto, mi misi seduta, accesi il computer e aprii il file personale.
Negli ultimi giorni avevo sempre scelto di cliccare sulla x, ma stavolta la curiosità prese il sopravvento. Cliccai sul tasto play e la schermata si ingradì.
In sottofondo c'era quella canzone, Perfect, e noi che ballavamo.
"Ogni volta che sentirai questa canzone..." Alzai la testa e lo guardai con il sorriso sulle labbra. "Non importa quale stupida cosa abbia detto o fatto... ricorderai che ci amiamo." Sorrisi, senza dire nulla e posò le labbra sulla mia fronte. Appoggiai di nuovo la testa sul petto di Jack, chiusi gli occhi e mi lasciai cullare da quel dolce movimento.
«Ogni volta che ascolto questa canzone...» Presi un respiro. «Mi innamoro di nuovo di te.»
In quel lasso di secondi, mi passarono nel cervello tutti i momenti che avevo trascorso con lui, i primi momenti della nostra convivenza, un episodio in cui cercava di avvicinarmi il cucchiaio alle labbra, i palloncini con cui mi aveva stupito a quella festa di tanti anni fa. Il giorno del diploma quando io e Terry avevamo indossato la toga e il cappello alla cerimonia e la foto in cui eravamo spensierate. Il regalo con cui avevo stupito Jack con l'arrivo di Scotty nella nostra piccola famiglia, che avevamo deciso di adottare. Quando Jack mi propose di sposarlo e l'anello, che mi ero messa all'anulare. Quel giorno di lavoro in cui avevo urlato contro Joey perché ero nervosa, io che confessavo al mio riflesso allo specchio di essere sfinita, che buttavo gli anelli in quel contenitore.
L'incidente...
Tutto quello che avevo rimosso, tornò magicamente alla luce e così, ancora confusa, mi affrettai a scendere le scale. «È tornato! È tornato! È tutto tornato!» gridai arrivando nel soggiorno per avvisare i miei.
«Mio Dio. Chiamiamo il dottore!» rispose mia madre spaventata stringendo forte la mano di papà.
«No, no, no. Ho troppo da fare. Ho una seconda possibilità.»
Non riuscivano a capire se il mio straparlare fosse dovuto al problema dell'amnesia o se fossi peggiorata, ma ormai era acqua passata. Stavo bene, ora.
Ero di nuovo la Camille di prima, quella sicura di sé, intenzionata a prendere in mano la situazione...
***
«Ok, quindi assicurati che il camion sia ancora in programma per il ritiro delle sedie a noleggio. Oh, e ho bisogno che inserissi in rete l'annuncio per un nuovo assistente.» informai Joey che si fermò, diventando più bianco della neve che stava imbiancando le strade di Londra.
Scosse la testa. «Perché? Cosa... Cos'ho fatto?»
«Be', sei riuscito a gestire tutto da solo nella nostra stagione commerciale. E... mi hai sempre detto la verità.» Il mio interlocutore corrugò la fronte. «Ricordo perché ti ho assunto. Perché pensavo che non saresti stato di grande aiuto, perché non volevo aiuto. Ma ora lo voglio.»
Il giovane accennò un movimento confuso del capo e - come se gli stessi facendo una proposta - mi prostrai davanti a lui. «Joey... Vuoi diventare il mio socio in affari?»
«Non sei seria.»
«Che un camion mi colpisca per strada se sto mentendo!» Ironizzai sollevando il braccio a mezz'aria di fronte a un Joey ancora sbalordito.
«Sì!» Esclamò euforico.
«Sì?» Ripetei contenta.
«Certo...» Mi lanciai a capofitto fra le braccia del giovane poi mi staccai. «Oh, e ho bisogno che mi aiuti a recuperare e modificare la mia festa di Capodanno.»
«Capodanno è domani.»
«Lo so, e non puoi convincere nessun amico o parente a farlo.»
«Possono venire alla festa?»
«Sei tu il capo.» gli feci notare con un sorriso smagliante.
«Sono io il capo!»
Nel frattempo che continuava a essere emozionato per la sua promozione, il mio cellulare ci interruppe. «Mark, hai messo al sicuro il pacco? Cosa? No! Mark, non può! Quei documenti sono firmati!» Strillai per poi rivolgermi a Joey dicendogli che ce ne saremmo occupati dopo dei dettagli. «Sto arrivando...» continuai dirigendomi verso la mia auto parcheggiata lì. «Non permettergli di consegnare quei documenti! Mark, devo richiamarti.» Feci il giro della vettura e mi infilai al posto di guida, lanciando la borsa sul sedile affianco, mantenendo il telefono all'orecchio con la spalla, mentre allacciavo la cintura. «Signor... Lehmann, per favore... Sono Camille Harkins. È urgente!» Misi in moto per raggiungere mio marito, prima che commettesse una follia, la stessa che stavo per commettere anch'io e continuai a lasciare messaggi in segreteria a quell'uomo. «Signor Lehmann, credo che mio marito stia arrivando al suo ufficio per finalizzare i nostri documenti del divorzio. Non elabori quei documenti!» urlai a pieni polmoni, mentre schiacciavo il pedale dell'acceleratore.
Non riuscivo a credere che volesse farlo e si fosse arreso per le nostre sciocche insicurezze, Jack credeva più di me nei nostri sentimenti e nel nostro amore.
Quando arrivai, una figura buia che stava attraversando la strada apparve nella mia visuale e frenai di colpo, costringendo le ruote a stridere sull'asfalto. I fanali del'auto mi mostrarono il volto e scesi immediatamente. «Dio mio. Jack! Ti stavo quasi per investire...» Corsi dal moretto, spaventata da quella prospettiva.
«No, va bene. Non mi hai nemmeno sfiorato.» rispose e lo abbracciai di slancio, avvolgendo le braccia attorno al suo corpo, traendo un sospiro di sollievo. Poi mi staccò da sé. «Credo di poter imparare dagli errori del passato, dopotutto, eh?»
«Anch'io!» Jack sospirò. «Dio mio... non avrai consegnato quei documenti? Per favore, dillo che non l'hai fatto.» bisbigliai.
"Ero arrivata in ritardo?"
Mi osservò per qualche istante e poi scosse la testa. «No. No.»
«No?» ripetei sollevata al pensiero che eravamo ancora sposati e abbassai lo sguardo, alternando un altro sospiro. «Jack... Possiamo perdonare e dimenticare?»
«E se faccio ancora molti sbagli?»
«Allora non ci resta che continuare a fare le cose per bene...» Le sue labbra si aprirono in un piccolo sorriso. «Be', io... Non ricordavo cos'avevamo detto della nostra canzone la prima volta che l'ho sentita.»
«Ma ora tu.» Feci un cenno affermativo. «Tu ricordi?»
«È così. E mi sono innamorata di te. Tutto daccapo.» Sorrisi. «Con la stessa velocità della prima notte in cui i nostri occhi si sono incrociati sulla pista da ballo. Ho premuto il tasto reset.» Al ragazzo brillarono gli occhi e si strinse nelle spalle, probabilmente per il freddo che ci stava congelando, ma nulla aveva importanza. «E... Ora so chi sono, Jack. E non sono io... Senza di te.»
«Quindi, vuoi tornare a casa e lasciarti alle spalle l'anno passato?»
«Più di qualsiasi altra cosa al mondo.» Jack si abbassò e ci scambiammo un bacio, avvolta tra il calore delle sue mani guantate e dei cappotti pesanti.
«Andiamo.» disse tenendomi ancora le manine, che si separarono solo quando entrambi salimmo nella vettura.
***
"Butta il vecchio, lascia passare il nuovo..." Era questo che decidemmo di fare, partendo dal countdown del 31 dicembre che era il momento in cui avremmo dato il benvenuto al nuovo anno, brindando nel calore della nostra casa sul divano. Jack alzò il calice e imitammo i milioni di telespettatori che dal televisore gridavano.
«Tre! Due! Uno! Felice anno nuovo!» Con sorrisi colmi di spensieratezza, dopo aver fatto un brindisi, le nostre labbra si unirono in un bacio a stampo e mi accoccolai contro di lui.
«Qualcuno sa davvero cosa significa "Auld Lang Syne"?»
«Significa: "in memoria dei vecchi tempi".»
Si girò, accennando un sorrisino. «La signorina- so-tutto-io.»
«Mi dispiace...»
Mi diede un altro bacio. «Sai che mi è venuto in mente?»
«Illuminami, signor Harkins.» Lo presi in giro a mia volta.
Jack
«Tu, Jack... Vuoi prendere la qui presente Camille Gilbert come tua moglie... Di nuovo?» chiese il parroco durante quella cerimonia che avevamo letteralmente improvvisato. A quella domanda di rito, guardai la biondina negli occhi e annuii con la consapevolezza che stavamo scrivendo un nuovo inizio.
«Sì, lo voglio.»
«E tu, Camille... prendi Jack come tuo marito... Di nuovo?»
«Sì, lo voglio.» rispose con la stessa emozione che le faceva brillare gli occhi.
«Con il potere conferitomi, vi dichiaro marito e moglie un'altra volta. Ora può baciare la sposa.»
Tra applausi e fischi, suggellammo la nostra ritrovata unione scambiandoci un profondo bacio sotto un bucolico pergolato di luci natalizie e non appena gli applausi terminarono, andammo di persona a salutare gli invitati. Camille fu catturata da Peggy che la strinse a sé con le lacrime agli occhi, mentre Mark mi diede una pacca amichevole. Quando partì la nostra canzone, lasciammo da parte gli auguri, e la strinsi a me per ballare.
Ero contento di aver vissuto un altro Natale in compagnia della donna che amavo, non volevo che questo momento finisse.
Camille allacciò le braccia attorno al mio collo. «Oh... Dimenticavo una cosa. Ho un altro regalo per te. È grande.»
«Sì?»
«Ti cambia la vita in grande. Tipo, la nostra casetta non è abbastanza per questo.»
Il mio sguardo cadde effettivamente sul suo addome mentre il mio cervello stava elaborando quale potesse essere la soluzione dell'indovinello. «Non dirmi che... Noi... cioè... Tu... bambino?»
Camille si accigliò e inclinò leggermente la testa. «Flipper.»
«Oh, sì... Giusto.» Scossi il capo più volte per cancellare quell'idea. «Però posso giocarci solo di notte, perché il mio nuovo editore fa davvero schioccare la frusta.»
«Nuovo editore?»
«Mh-hmm... Per la serie "la ragazza che ha dimenticato."»
«E tu soltanto ora me ne parli?» si finse offesa mentre le mie mani erano ancora sui suoi fianchi.
«Oh, ci risiamo...» Ridacchiai e mia moglie fece scivolare la mano dietro la mia nuca per baciarmi. Ancora. E ancora, fino a che non avremmo consumato ogni respiro...
Un anno dopo
La nuova serie che aveva preso spunto dagli eventi dell'anno prima fu un autentico successo e il mio editore restò soddisfatto del risultato tanto che riuscii a vendere abbastanza copie per poter acquistare una casa più spaziosa e che avesse un bel cortile in modo che Scotty avesse tutto lo spazio per scorrazzare e il cucciolo l'aveva adorato dal primo momento in cui ci avevamo messo piede.
Mancava un giorno a Natale... E l'attesa stava letteralmente crescendo.
«Cazzo, Mark! Puoi posare quella maledetta fotocamera che già ho i nervi a pezzi!» sbottai passando nervosamente le mani tra i ricci, camminando avanti e indietro e misurando ogni centimetro di quel pavimento.
«Amico... Perché non mi hai chiesto dei consigli?» mi sfottò dato che aveva già avuto a che fare con i lattanti. «E poi, dovresti sapere che questo momento deve essere ripreso dal primo all'ultimo secondo.»
«Dammi.» Gli strappai quella dannata fotocamera dalle mani e Terry spuntò dal corridoio, facendomi prendere quasi un epico colpo per la sua faccia.
«Camille ha chiesto di te.»
Mark mi fece l'occhiolino e fu prontamente fulminato dalla moglie.
«Ok, fatemi gli auguri...» Li abbandonai nel corridoio dell'ospedale per poi introdurmi premuroso nella camera. «Ehi...»
«Ehi...» Camille aveva la fronte imperlata dal sudore e una grossa fascia le avvolgeva il pancione, collegata ad un macchinario che emetteva dei bip continui. Le presi la mano e mi sedetti accanto.
«Come va? Scusa, domanda stupida.»
Camille abbozzò un sorriso e cominciò ad attuare una sorta di respirazione al sopraggiungere di una contrazione.
«Direi... non bene.»
«È una fissa che deve succedere sempre qualcosa a Natale.»
Effettivamente, l'anno scorso eravamo stati sul punto di chiudere il matrimonio e nemmeno pensava a voler mettere su famiglia con il sottoscritto. Poi, all'improvviso, in estate la notizia che nessuno aveva mai creduto arrivasse, attraverso un test positivo.
«Stavolta è una cosa bella.»
«Sì.» appoggiai la sua mano sulla mia guancia e puntai lo sguardo sul monitor che segnava il battito della bambina. «Ci siamo quasi...»
Mi alzai per baciarle la fronte e ci vollero quasi quattro ore prima che il dottore avvisasse che fosse arrivato il momento. Ero incredulo, nonostante stessi vivendo in prima persona l'esperienza di vedere mia figlia venire al mondo. Le donne in questo senso avevano una forza spaventosa, io non sarei stato in grado di restare lucido, mentre i dolori mi squarciavano.
Camille eseguiva quello che le veniva detto, non sbagliava una virgola e, grazie a lei, il nostro progetto di avere una famiglia si stava concretizzando. Quando la piccolina emise il suo primissimo vagito, il mio cuore per poco esplose nello sterno. Appena i suoi occhietti raggrinziti si schiusero, osservando i due genitori che le erano capitati in sorte, fece un mezzo sorrisetto con la bocca rosea e screpolata.
Era nata a mezzanotte in punto, nella notte giorno di Natale.
Era come un piccolo miracolo.
«Noelle, ti piace come nome?» chiese Camille voltandosi verso il sottoscritto, nonostante stravolta dalle fatiche del parto, cullava la bambina.
«Mhm... Noelle...»
«È francese, significa nata "di natale". È perfetto.» dichiarò la biondina con gli occhi lucidi, guardando il prezioso angioletto.
«Benvenuta, Noelle.» Le accarezzai le manine strette in piccoli pugni e quei piedini che lo erano altrettanto baciandoli.
La nostra storia aveva avuto alti e bassi, così tanti che sarebbe stato impossibile raccontare a nostra figlia come i suoi genitori testardi avevano ricevuto una seconda possibilità di Natale.
FINE
ALLORA... con questo ultimo capitolo, cala il sipario sulla storia di Cami e Jack e sul Mood natalizio (suppongo che l'anno prossimo avrete un'altra storia)
Ringrazio tutti per la vostra presenza, i commenti e il supporto che mi avete dato in questa piccolissima avventura.
Questo finale è molto dolce (ammetto che non volevo scrivere subito della piccola Noelle, ma comunque non importa, perché ho scelto di inserire la scena) allora aspetto i vostri commenti a caldo e intanto torniamo al drama vincente con Il Gioco del Destino. ♥️
Grazie mille per tutto.
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