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Una Seconda Occasione

Mi svegliai di soprassalto a causa di un brutto sogno. Avevo il magone, era sempre dura rivedere lui nei miei sogni, ogni tanto. In quei momenti il senso di colpa mi logorava dall'interno; come se qualcuno avesse versato una tanica di benzina nelle mie vene e poi gli avesse dato fuoco. Fiamme colpevoli, brucianti, ardevano mescolandosi col sangue in un crescendo di sensazioni orribili.

Mi guardai intorno. Le veneziane erano chiuse, ma la luce del mattino filtrava attraverso queste come tante spade dorate. A occhio e croce dovevano essere circa le sei. Strano per me, svegliarmi a quell'ora. Di solito dormivo come se fossi stata sotto effetto dell'incantesimo di Flora, Fauna e Serenella.

Avevo uno strano ritmo del sonno, per cui decisi di alzarmi: sapevo che per tornare a dormire avrei solo dovuto tirarmi una padella sulla testa. E a dire il vero l'idea di un bernoccolo non era così allettante, tantomeno quella di dormire sul pavimento.

La casa era ancora buia, ma piena di decorazioni natalizie. Mi ero divertita moltissimo ad agghindarla insieme ai miei genitori e ad Amy. Anche se poi papà era inciampato sulla stupida bambola di mia sorella finendo per spalmarsi contro l'albero. Nessuno di noi sapeva se ridere, preoccuparsi o sgridare Amy. Alla fine avevamo fatto tutte e tre le cose, solo in ordine inverso.

In salotto, le braci del camino erano ormai quasi spente, ma ancora emanavano un pizzico di calore. Sotto l'albero – poi rifatto da me – il mio regalo attirò subito la mia attenzione. Avevo pregato i miei di dirmi cosa fosse, ma non mi avevano voluto dare indizi. Lo scossi leggermente, ma non sentii niente, la busta era mica vuota?

Feci per andare a prendere da bere, ma qualcosa mi fermò. Le braci del camino iniziarono a crepitare, come se qualche fantasma l'avesse acceso. Eppure c'ero solo io... Poi, il salotto fu invaso dalla luce. Sembrava che il sole si fosse fatto un giro proprio in casa mia, per questo mi coprii gli occhi.

Quando l'ondata di luce svanì, feci un passo indietro e caddi di sedere. La sera prima avevo solo bevuto mezzo bicchiere di champagne, quindi le spiegazioni per quello che vedevo e sentivo potevano essere solo due: o ero astemia, oppure qualcuno mi aveva drogata mentre dormivo. Eppure ero lucida...
Non volevo credere ai miei occhi: uno Spirito del Natale con una fantastica tunica blu trapuntata di stelle ed un cappello a punta logoro, mi stava chiedendo di scegliere un Natale da rivivere.

Non mi accorsi del momento esatto in cui i miei pensieri dirottarono verso la sua strana richiesta. Natale dell'anno scorso, pensai subito. C'era una cosa che dovevo fare, un peso bruciante da togliermi dal petto. Sapevo quello che i fardelli facevano: ti spegnevano ogni cosa buona che avevi dentro. Piano piano, ti invadevano con il loro grigiore e restava solo la pioggia.

«Oh, bene, vedo che hai deciso subito» esclamò l'uomo – mi aveva davvero  letto nel pensiero?! – «Natale dell'anno scorso sia!» finì la frase, prima di schioccare le dita e sparire nel nulla. Dio, se mai qualcuno fosse venuto a sapere di ciò mi avrebbe spedita al manicomio con la camicia di forza.

All'inizio non successe niente. Per un secondo, tutto tornò esattamente come prima della strana comparsa. Stavo quasi per convincermi di aver avuto un'allucinazione, quando una luce bianca invase il salotto, e poi si scompose in mille colori. Verde, giallo, rosso... Sembrava che l'arcobaleno si fosse spostato dal cielo per attaccarsi tutto intorno a me.

E poi, le pareti sembrarono assorbirlo. E all'improvviso, una voce da bambino mi strappò dai miei pensieri, come fossi stata fatta di carta. «Sophie, corri, Kyle e Gravity stanno litigando!» urlò Amy.

Non capii subito, fino a quando non diedi un'occhiata al mio abbigliamento. Indossavo il mio vestito preferito, quello rosso con la gonna a campana, e gli stivali che mi avevano regalato i miei genitori. Era davvero il Natale dell'anno precedente.

«Te lo sei meritato, buona fortuna!» sentii nella mia testa. Fui sicura che quella era la voce dell'uomo con quella fantastica tunica, per questo sorrisi. «Chiunque tu sia, Spirito del Natale passato, grazie di cuore» sussurrai carica, prima di prestare attenzione a mia sorella e correre a separare i miei cugini. Ricordavo come avevo sedato il battibecco, quindi tutto finì con una risata collettiva.

Rivissi tutto con la stessa allegria. Le risate, i brindisi, lo champagne, e persino quel burlone di nonno Thomas, che si divertiva a rubare i fermagli di Natale dalla testa di Lizzie per fingersi una renna.

Fu divertente persino rivedere la pro-zia Gertrude, che continuava a ripetere quanto fosse bella la sua nipotina tredicenne. Ci avevo già provato a dirle che non avevo tredici anni, quando ne avevo compiuti quattordici, quindici e anche sedici, poi ci avevo rinunciato. Se lo dimenticava dopo un minuto e mi diceva di non fare la sciocchina. Sarei rimasta la sua nipotina tredicenne ancora per un po', se non ricordo male fino ai vent'anni.

La stessa gioia me la procurò anche l'arrivo della mia migliore amica Casey, dopo un po'. Come ben ricordavo, mi saltò al collo e mi avvolse in uno dei suoi super-abbracci stritola-tutto. Aveva la stessa forza di un boa constrictor, ma a me stava bene. «Buon compleanno, Sophie!» esclamò felice. Credo proprio di essermi dimenticata di dire che il mio compleanno cade lo stesso giorno di Natale.

Dopo una giornata così ero felice, ma c'era ancora una cosa che dovevo fare, l'ultima ma non per importanza. Ne avevo un bisogno disperato. Afferrai il cappotto nero, cappello e sciarpa, e corsi via a casa di Aiden.

Il suo pensiero mi faceva sempre stringere il cuore, mi provocava una morsa al centro del petto, che prendeva tutto il mio essere. Aiden era una delle persone migliori che conoscessi, e con lui avevo sbagliato. L'avevo aggredito per una stupidaggine, avevamo finito per dirci cose orribili, ed ero stata così orgogliosa da non chiedergli scusa. E così l'avevo perso.

Ma non avrei sprecato questa preziosa seconda occasione. Avevo capito il mio errore con il tempo e la sua mancanza mi aveva distrutta: ma ora potevo rimediare. In tasca, la collana che gli avevo regalato: l'avevo vista due settimane prima e mi aveva fatto pensare a lui, per questo l'avevo presa di getto.

Ero ancora in tempo per chiedergli scusa, volevo che si risolvesse tutto perché amavo davvero Aiden. Casa sua non distava molto dalla mia, per questo arrivai lì presto. Non avevo idea di cosa dirgli, non avevo preparato alcun discorso, e a dire il vero sarebbe stato inutile. Tutto quello che programmavo non lo facevo mai, di solito mi sembrava tutto così stupido che poi agivo d'impulso.

Ansiosa, bussai alla porta di casa sua. Erano soltanto le sette, quindi non c'era pericolo che dormisse.

Fu proprio lui ad aprire. Era così bello che a volte faceva male. I capelli castano scuro gli cadevano ricci sulla fronte, gli occhi verdi mischiati al colore dell'ambra sgranati, cercando di capire cosa ci facessi lì.

Quando deglutí il suo pomo d'Adamo fece su e giù. Bene, era sorpreso. «Ciao Sophie» disse, freddo. Il suo tono fu come una stilettata al cuore, ma non mi lasciai intimidire. «Hai un minuto per parlare, per favore?» andai diritta al punto.

Lui sorrise, per qualche ragione che non capii. «Certo» rispose poi, afferrando un cappotto ed sporgendosi sul portico. Lo guardai negli occhi, non aveva bisogno di parlare perché io capissi che aspettava me. Dovevo essere un disastro, gli occhi verdi sgranati e le guance rosse, ma non ci badai.

Le parole mi uscirono di getto. Gli dissi che mi dispiaceva, che ero stata stupida a urlargli contro, e che alla fine tutte le cose orribili che ci eravamo gridati non le pensavo sul serio. Feci per continuare, ma lui mi fermò. Aveva un bellissimo sorriso sulle labbra piene, che mi fece accendere il cuore di una luce calda e splendente.

«Va tutto bene, Sophie. Dispiace anche a me, in fondo si litiga in due. Sono felice che tu abbia capito, e che tu sia venuta fin qui per scusarti e-» si interruppe «oh, d'accordo» bofonchiò, prima di posare le sue labbra sulle mie. Mi baciò con dolcezza, con amore; mi fece rivivere. Può un bacio farti illuminare così?

Quando ci staccammo, il mio cuore ancora leggero batteva veloce come le ali di un colibrì. Riuscimmo a sorriderci a vicenda  prima che il mondo sparisse intorno a me, di nuovo.

Ed ecco che, di nuovo nel presente, i ricordi si rimescolarono, ma nel mio cuore libero dai fardelli c'era la felicità. La stessa di quando Aiden arrivò quella sera, per farmi gli auguri e passare del tempo insieme. Per farmi brillare d'amore come una supernova, senza mai spegnere altri.

Sentivo la felicità, quella sera.
Aveva il suo nome.

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