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Era stato inutile. Sorrisi e frecciatine per pungerlo ed invece quella rimasta con un pugno di mosche in mano ero stata io.

Dovevo farmene una ragione che era tornato con la sua ex. Chi ero io per impedirgli e sbarrargli la strada?! Eppure leggevo nei suoi occhi cristallini la voglia di avermi, lo sentivo dalle sue mani strette su di me, da come ironizzava e subito dopo tornava serio guardandomi di sfuggita. O forse era solo la mia immaginazione, un'utopia che mi ero creata sperando che gl'importasse ancora. Non mi ero mai ridotta a questi punti. Ma lui era diverso, tirava il peggio ed il meglio che non sapevo di avere di me stessa. Ed ora dovevo solo comportarmi come la Maggie di sempre. Stufa di mille strategie e stratagemmi.

Frugai nella borsa, trovando nella tasca interna, il ciondolo che mi aveva regalato, stringendolo nel pugno della mano. Sentivo gli occhi divenirmi umidi, mentre cercai di ricacciare delle stupide lacrime che non servivano a nulla, ributtando il ciondolo nella borsa come se avesse poco valore, ed invece per qualche strano motivo ne aveva per me.

Sentii dei passi da dietro le mie spalle, ed un profumo avvolgermi. Quel profumo che non era di lui. E subito dopo una mano toccare la mia spalla.
"Serata difficile" esordì come se già sapesse. Non era una domanda, ma una affermazione su ciò che era visibile agli occhi di chi sapeva e forse anche di chi non sapeva. Lo spettacolino lasciava intendere. Mi ero comportata come una bambina viziata. Forse ero davvero io la ridicola. Sorrisi amaramente dentro.

"Già" sospirai, rilasciando un sospiro flebile dalle labbra secche.

Sentii la gente uscire fuori, salutandosi tra loro, quando vidii Anny venire verso di me, senza dire nulla, solo abbracciandomi.
"Tranquilla" sussurrò strusciando i palmi sulle mie scapole come per rassicurarmi, mentre annuii scostandomi, rivelando un sorriso anche se stropicciato.

Finché non udii le voci di Jasmine e Brian, ed i loro passi scendere le scale.
Cercai di non guardare nella loro direzione, deglutendo.
"Vuoi andare via?" Mormorò Davide, avvicinandosi al mio orecchio, ricevendo un assenso da parte mia, salutando di nuovo Anny ed Anthony che sembrava dispiaciuto, avviandomi verso la moto.

Guardai di striscio Brian montare in macchina, gettandomi un'occhiata dal finestrino, mentre distolsi subito lo sguardo anche se ormai ero stata colta in fragrante. Montai sulla moto, tornando in Hotel ringraziando Davide con un bacio sulla guancia, vedendolo ripartire, mentre Brian stava venendo nella mia direzione. Entrammo dentro in religioso silenzio, ritirando le chiavi alla hall, entrando in ascensore con un'altra coppia che si davano teneri baci.

Eravamo ai lati opposti dell'ascensore, restando dritti con i visi e lo sguardo incollato sulla coppia come se fosse un film, in realtà era solo per non guardarci e distrarci.
Quando le porte si aprirono lasciando uscire la coppia felice, rimanendo da soli.

"Domani dobbiamo andare ad addobbare il ristorante" iniziò la conversazione, informandomi su quello che già sapevo, sentendo una tensione che si poteva tagliare con il coltello.

"Lo sapevo" gli rivelai acida come ero sempre. Riuscivo solo ad essere così con lui.
Lo notai guardarmi per poi uscire dall'ascensore, tornando in camera sentendo calare di nuovo il gelo.

Andai in camera, vedendo la luce della sua abat-jour spegnersi come tutte le possibilità che avevamo. Mi rigirai premendo la guancia sotto al palmo sopra il cuscino, prendendo sonno piano, sognando ciò che avrei voluto.
Ovvero le mani di Brian che percorrevano il mio corpo, e le sue labbra carnose che mi baciavano in ogni angolo possibile, sapendo che non sarebbe mai finito, che sarebbe stata una notte lunga ed intensa, ed invece non c'era, era solo buio ed io da sola in quella stanza troppo piccola per i sentimenti che conteneva.

Mi svegliai sentendo lo scroscio dell'acqua. Strusciandomi gli occhi con il dorso della mano, stirando indietro le braccia, scostando le lenzuola scendendo piano.
Arrivai davanti la porta del bagno, poggiando la mano sulla maniglia fredda, quando si aprì rivelando un Brian con l'asciugamano avvolto intorno ai fianchi delineati, e piccole gocce cadevano dalle ciocche biondo cenere, imperlandogli l'addome.

"Non credevo ci fossi te" parlai con tono ispido, vedendolo mordersi il labbro per trattenere la sua solita risata che ora mi urtava i nervi, benché li avessi già a fior di pelle.

Lo scansai entrando dentro, mentre si passò una mano tra i capelli bagnati, tirandoseli in avanti, uscendo per lasciarmi il posto. Sentivo il suo odore di bagnoschiuma e dopobarba. Uno di quei profumi che ti entrano sotto pelle e non ti scordi più. Maledetti flaconi. Imprecavo anche su di loro adesso.

Mi ripresi, truccandomi leggermente allo specchio, vedendo una Maggie diversa. Quell'aria da ragazza strafottente era volata via chissà dove, ma era lì presente per aiutarmi a non sembrare una baccalà davanti al principe Erik.

Uscii dalla stanza vestita, vedendo la sua folta chioma, al di là del poggiatesta del divano, mentre un formicolio fastidioso si espandeva a vista d'occhio.

"Buongiorno" proclamai cortesemente, per non sembrare una zitellona acida, e se avesse avuto il dono di leggermi nel pensiero avrebbe capito quanto la detestassi con tutto il cuore.

"Ciao Maggie" ricambiò con voce limpida, sorseggiando il caffè. Accattona. Non poteva prenderselo in qualche bar? Firenze ne era piena. No giustamente lei veniva in camera del suo amato per un caffè. Tra l'altro non era neanche bravo, sembrava più acqua sporca.

L'acido muriatico sarebbe sembrato più loquace e simpatico, di me in quel preciso istante. Mentre aspettavamo Brian a sedere, vedendola osservarsi le unghia, probabile avesse una fissa. Mentre io le gettavo occhiate fulminee ticchettando i polpastrelli sull'isola della cucina che diventavano di colpo amichevoli quando alzava il suo sorriso finto verso di me.

Quando entrò Brian, si alzò di colpo dal divano andandogli incontro, poggiando il palmo sulla sua maglia, lisciandola.
"Stai benissimo così" rivelò seducente, sbattendo le ciglia. Gatta morta.

Lo guardai guizzare lo sguardo su di me, quasi come una sorta di sfida, come a lasciarmi intendere che qualcuno lo apprezzava. Lo odiavo immensamente, e cavolo se era bello, con o senza maglia. Ed io ero solo una spettatrice di quel ridicolo teatrino, mentre mi sentivo buttata in un triangolo amoroso in cui non sarei voluta finire.

Battei una mano sul tavolo, prima di prendere la borsa, ed aprire la porta seguita da loro.

Lasciai le chiavi alla reception, mentre vedevo Jasmine avviarsi fuori dalla hall con lui per braccetto. Che scena altamente patetica. Alimentavo solo rabbia, ma non potevo dire niente. Aveva preso la sua decisione.

Vidii Brian aprire lo sportello davanti, lasciando entrare Jasmine. Quel posto che prima occupavo io. Quel gesto che prima riservava a me. Ora ero una riserva che stava in panchina, ma non mi avrebbe messa sul campo a suo piacimento, non ero una pedina di un gioco, ero una donna matura che sapeva cosa voleva e di certo lui non rientrava in quella lista.

Chiusi lo sportello con forza, mentre innestò la prima, partendo. Lo vedevo alzare lo sguardo sullo specchietto soffermandosi su i miei occhi che sembravano lame, e speravo gli facessero male. Ed invece teneva la sua postura ferma. Tornando a guardare fuori dal finestrino, mentre lui cambiava le marce dove una Jasmine portò la sua mano ingioiellata sopra la sua, come per farmi intendere che io non ero nessuno, solo un incomodo.

Mi sentivo tipo Jennifer Lopez nel film "prima o poi mi sposo". La scena in cui Jennifer è in macchina con la bionda e con lo sporco traditore. Ecco più o meno vi ho fatto il quadro della situazione, e fidatevi non era un posto comodo.

Arrivammo nel giardino del ristorante, vedendo i fiorai già portare i fiori dentro, ed altri addobbavano.
Frenò la macchina in uno spazio ghiaioso, sentendo le ruote scricchiolare, mentre scesi senza aspettarli, guardando il lavoro eseguito benissimo.

Un arco di fiori lilla e piante, contornava il gazebo dove si teneva il rinfresco. Mentre orchidee nei vasi erano poste in fila verticale, a destra e sinistra, lungo il tappeto rosso dove sarebbero passati gli sposi.

Mi avviai dentro al ristorante, guardando i tavoli rotondi già adornati con tovaglie bianche con ricami lilla in fondo. Dovevamo solo mettere i centri tavola ed i biglietti con i posti.

Presi il necessario in macchina, iniziando a portare dei vasi trasparenti, per mettere all'interno della sabbia lilla e finti diamanti.
Guardai Brian fare lo stesso, per aiutarmi, mentre Jasmine si mise a sedere in giardino, schioccando le dita per ordinare del the, accavallando le gambe.

Riempii ogni vaso con cura, mentre sentivo Brian lanciarmi sguardi che ignoravo prontamente.
Finché non mi girai andando a sbattere contro di lui, che riprese il vaso in tempo, con i riflessi pronti prima che si frantumasse a terra.

Alzai gli occhi su i suoi cristallini splendenti. Dio se era maledettamente bello e la sua vicinanza mi portava a deglutire cercando di non sembrare un peperone rosso appena cotto.

Ripresi il vaso, girando su i tacchi per posizionarlo nell'ultimo tavolo rimasto, sentendo la sua presenza dietro, che mi mandava in fibrillazione ed al contempo noia. Perché non potevo averlo mi rammentavo.

"Grazie Brian" esultò sarcastico, mimando il mio tono di voce acido. Mi girai verso di lui vedendo spuntare la sua fossetta nel mezzo, e subito dopo il suo sorriso insolente su quelle labbra carnose, che avrei baciato volentieri. Ma pensa te che vado a pensare.

Non mi presi la briga di rispondere, facendo spallucce, quando mi riprese di nuovo.
"Acidella sarà il tuo nuovo soprannome" si beffeggiò, mentre segnava i segnaposti su i tavoli.

Mi girai di nuovo spazientita, puntandogli un dito contro.
"Perché invece di pensare a me non pensi alla tua amata?!" Dissi in modo sarcastico, sottolineando amata.
"È tre ore che mi guarda come un pitbull affamato. Dille pure di non preoccuparsi che non ti prendo neanche se fossi in offerta. Già che ci sei, dille anche ti guardare meno il culo del fioraio. Se lo sta mangiando letteralmente con gli occhi" aggiunsi inacidita sempre di più, e con tono sgarbato. Scuotendo la testa, stufa dei suoi continui giochetti.

"Ti dà fastidio?" Mi rimbeccò quasi con un sorriso trionfante dipinto su quel volto che avrei preso volentieri a schiaffi. Ma non potevo prendermi in giro da sola. Ostentando una finta calma che invece era un tornado dentro.

Lo guardai avvicinarsi, sentendomi la salivazione venire a mancare, ed i palpiti aumentare. Questo era l'effetto che mi faceva. Mi catapultava in una dimensione in cui non ricordavo più chi fosse quella donna che vedevo ogni mattina davanti allo specchio, ferma e sicura di se.

"Puoi farmi credere quello che vuoi, ma questi occhi non mentono come non mente il tuo tono di voce, che anche se suona acido, trema. Ed adesso puoi anche dissentire, ma non ha importanza. Se permetti ora avrei finito, vado dalla mia amata" m'intimò alitando sul mio collo, facendomi provare scariche che si riverberavano dentro, per poi trafiggermi come una lancia, ricalcando amata in modo secco e risoluto.

Poteva capire, ed aveva capito. Ciò che non capivo era il suo modo di fare. Ero priva di difese, vedendolo allontanarsi verso una Jasmine raggiante, mentre di me rimaneva solo un cartoncino bianco che stringevo tra le mani, ed il mio nome impresso sopra.

Non importa quanto proviate ad odiarlo. Lui ti può scavare nell'anima e leggervi dentro. E voi potete solo osservare. Se sarete più furbe anticiperete una sua mossa. Ma forse a quel gioco non ero mai stata tanto brava.

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