4.
E L I S A B E T H
Aveva delle piccole labbra a cuoricino. I suoi occhi marroni mi squadravano da capo a piedi senza tralasciare nessun dettaglio. I morbidi capelli ricci erano smossi dal vento e alcuni ciuffi gli ricadevano sul viso. Feci finta di niente e aprii il cancello, ammirando il piccolo giardino al retro. Infine salii i piccoli tre scalini per arrivare all'ingresso. Aprii la porta e mi trovai dentro un ambiente completamente arredato, così iniziai a girovagare per la casa.
≪Che te ne pare?≫ Chiese mia madre.
≪È magnifica!≫ Risposi ammirandola.
≪Sono contenta che ti piaccia tesoro. Puoi anche iniziare a disfare le valigie, io intanto preparerò qualcosa da mangiare.≫ Disse affrettata.
Non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che chiuse la porta, diretta in cucina. Lasciai le valigie in salotto e prosegui passo dopo passo fino ad arrivare alle scale, spalancando tutte le porte per scoprire la mia nuova stanza e raggruppai tutte le mie cose che successivamente portai in camera mia. Era molto accogliente, abbastanza spaziosa e allo stesso tempo semplice, dalle pareti color pastello, con un letto matrimoniale dalle coperte bianche, scrivania, grande televisore nero appeso al muro, climatizzatore sia per l'aria calda che per quella fredda e una piccola finestra.
Ero stanchissima a causa del viaggio e delle poche ore di sonno. Volevo dormire il più possibile prima che incominciasse la scuola. Presi il telefono da dentro la tasca dei miei jeans e decisi di chiamare Ashley, lei rispose all'istante.
≪Elisabeth!≫ Rispose euforica.
≪Come va? Com'è la casa?≫ Riprese.
≪Per ora prosegue tutto normalmente e la casa è stupenda!≫ Dissi ridendo a causa della sua reazione.
≪Poi mi mandi qualche foto, vero?≫ Domandò.
≪Certo.≫ Risposi uscendo dalla camera per dirigermi in cucina.
≪Io ora devo andare, ci sentiamo domani?≫
≪Promesso?≫ Domandai ridendo.
≪Promesso, ciao.≫
Approfittai della magnifica giornata per prendere una boccata d'aria, ma soprattutto per ambientarmi.
≪Mamma, più tardi esco.≫ Urlai dall'altra parte della stanza.
Così dopo essermi preparata, presi le chiavi di casa, misi le cuffie e indossai uno dei miei zainetti preferiti dai motivi neri floreali. I bar erano affollati, i taxi sfrecciavano avanti e indietro, i turisti si muovevano in gruppo seguendo una guida locale che mostrava loro le bellezze della città, come probabilmente aveva già fatto altre mille volte solo quella settimana. Mi guardai intorno mentre camminavo a passo spedito, pienamente consapevole di essere leggermente in ritardo. L'indomani sarei dovuta andare a scuola, così passai in segreteria per chiedere l'orario e l'armadietto.
≪Ciao mi chiamo Sabrina.≫ Si avvicinò una ragazza.
≪Io sono Elisabeth.≫ Sorrisi.
≪La tua prima lezione?≫ Chiese elogiando il piccolo foglio.
Presi in fretta l'orario e lo lessi.
≪Matematica.≫ Risposi.
≪Io pure.≫ Affermò.
Parlammo a lungo, creando subito un forte legame. Non era la classica ragazza che ti lasciava a bocca aperta, ma aveva comunque qualcosa di interessante che mi spingeva sempre più a conoscerla meglio. Non era il solito prototipo di ragazza da discoteca, anzi, piuttosto preferiva sdraiarsi sul divano con un libro e una tazza di tè. I rossi capelli ondulati arrivavano fino alle spalle e la sua pelle bianca e candida era ricoperta da graziose lentiggini. Aveva un sorriso di quelli che ti facevano sognare, uno di quelli che ti poteva rallegrare la giornata. Alcuni ragazzi si fermavano accanto a lei e ammiravano i suoi occhi color blu oceano, dentro i quali ci si perdeva. Era una ragazza calma e tranquilla, di certo era indifferente a molte persone ma non aveva un atteggiamento scorbutico o acido. Amava i suoi amici, li amava con tutto il cuore, erano gli unici per cui avrebbe dato la vita, lo si leggeva nel suo modo di fare, nei suoi gesti. La sua passione era sempre stata la scrittura, passava intere giornate a scrivere, ma nessuno aveva mai potuto leggere ciò che in tre, quattro, cinque, pagine buttava giù. I suoi pensieri sarebbero dovuti appartenere solo a lei.
Poco dopo uscii dalla scuola. Iniziai a camminare per il paese e un passo dopo l'altro arrivai in un grande parco. Un silenzio piuttosto gradevole dominava l'atmosfera, si poteva sentire solo il fruscio delle foglie e il dolce suono dell'acqua scorrere nella fontanella. Mi capitava sempre di pensare a tantissime cose, a quello che avevo fatto fino ad ora, a quello che potrò fare in futuro, chi erano le persone che avevo perso, quelle che mi erano ancora accanto e a quelle che entreranno un giorno a fare parte della mia vita. Era mia abitudine pormi delle domande alle quali non riuscivo a dare una risposta apparente, eppure ero sempre pronta a farne di nuove.
Mi guardai intorno in cerca di qualcosa di interessante da osservare, in fondo ero così, mi piaceva rimanere nell'ombra, non essere notata da nessuno, ma intanto osservavo quello che accadeva intorno a me al di fuori della mia vita. Nulla di interessante, eppure qui era così affollato. Tolsi le cuffie dalle orecchie e le staccai accuratamente dal telefono. Stavo lì, seduta su una panchina a guardare quanto fosse frenetico il mondo attorno a me, era anche un modo per distrarmi dalla mia vita.
C'erano solo ragazzi della mia età o poco più grandi. Vidi in lontananza qualche gruppo di ragazze qua e là sedute con un gelato che continuavano a farmi facce strane, me ne fregai e continuai a camminare dritto, per la mia strada. All'improvviso però caddi su qualcosa, ma due braccia mi presero in tempo impedendomi di cascare giù. Alzai lo sguardo un po' intimorita. La sua mano era più grossa della mia, avrei voluto stringerla ancora per un po', ma non volevo passare per pazza. Portai le mie mani sulle cosce per ripulirmi dallo sporco. Subito dopo lo guardai negli occhi luminosi, erano di un color verde chiaro come quelli di un gatto, tendente al marrone, ma riuscivano ad esprimere molto. Non pensavo che si potesse percepire un'emozione così grande attraverso un semplice sguardo.
≪Ciao, ti sei fatta male?≫ Chiese preoccupato.
≪No, no.≫ Mentii.
Gli sorrisi gentilmente, spostando una piccola ciocca di capelli che era finita davanti al mio viso, dietro l'orecchio.
≪Come ti chiami bella?≫ Domandò.
≪Elisabeth.≫ Risposi fredda come una lastra di marmo.
Avrei voluto tempestarlo di domande, fino a fargli fischiare le orecchie, ma avevo paura.
≪Che bel nome.≫ Sussurrò.
≪Io sono James, piacere.≫ Riprese il discorso dopo pochi secondi e un forte imbarazzo si creò fra noi.
≪Io ora devo andare.≫ Feci notare, interrompendo il forte silenzio.
≪D'accordo. Aspetta però! Ti lascio il mio numero, così ci sentiamo su Whatsapp. Sembri una ragazza interessante e vorrei fare amicizia con nuove persone.≫ Propose.
≪Okay, questo è il mio.≫ Dissi sorridendo.
≪Perfetto.≫ Rispose.
Mi girai e tornai a casa, non smettevo più di sorridere, ero troppo felice. Però non sapevo per quale ragione, non riuscivo a smettere di pensare al riccio di prima.
J A M E S
Sembrava avere tutti i pregi e tutti i difetti che un adolescente potesse avere. Era la normale ragazza castana con gli occhi marroni, quel genere di persona che aveva paura di tutto, soprattutto di deludere i suoi genitori. Sicuramente non aveva mai avuto una prima volta, per nulla, lo si leggeva dalla sua forte preoccupazione che riuscivano ad emanare i suoi grandi occhi scuri. Sembrava essere una ragazza così simile alle altre, ma allo stesso tempo diversa.
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Cosa ne pensate del personaggio di James?
/pianetadidelusioni
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