36.
E L I S A B E T H
Oggi dovevo uscire con Jade, in questi ultimi giorni avevamo parlato di ogni cosa, del più e del meno fino a diventare amiche inseparabili.
Ultimamente ero sempre insieme a lei, quasi come migliori amiche, e io pian piano mi stavo unendo a quel gruppo. Però tra Mirko e questa storia, quasi a tradimento, riuscivamo a stare insieme poco tempo, ma quando succedeva ce lo godevamo alla grande!
Indossai un vestito bianco che arrivava a metà coscia con dei brillantini argentati, una giacca di jeans e una borsetta a tracolla nera in pelle, il tutto abbinato alle mie inseparabili vans nere. Non mi piaceva essere troppo elegante.
Infine per il trucco riempii le sopracciglia per renderle più evidenti e utilizzai il solito rossetto della tonalità leggera rosa della Mac.
Stasera sarà la prima volta che mangerò giapponese. Erano già da cinque giorni che ci pensavo, avevo paura di fare la figura di quella che magari non mangiava niente, sicuramente lei sarà esperta con i nomi e i piatti giapponesi, mentre io non sapevo usare nemmeno le bacchette, dato che non avevo mai provato.
Ed ecco che appena ci sedemmo Jade mi chiese: ≪Allora, le sai usare le bacchette? È difficilissimo! Io ci ho messo un anno intero per imparare!≫ Esclamò.
Io per un attimo mi sentii persa. E ora cosa potevo fare? Mi guardai attorno con aria smarrita.
Poi d'un tratto Jade scoppiò a ridere: ≪Ma dai, stavo scherzando!≫
Era un bel locale, con un ampia sala interna, era arredata in tipico stile vintage con una suggestiva terrazza panoramica, pieno di bella gente vestita bene che ovviamente ci andava da una vita e in effetti non vedevo nessuno che stava mangiando con le posate. Il posto era molto accogliente, le luci erano soffuse, i tavoli erano di un legno antico, al centro della sala c'era un bancone a forma rotonda di mogano. Dietro di esso, c'era un uomo sulla cinquantina con un asciugamano appoggiato sulla spalla ed un elegante camicia nera aperta. Cinque uomini erano seduti ad uno dei tavoli in fondo e discutevano sui risultati di una partita di football con un bicchiere di birra in mano.
Ci appoggiammo su uno degli sgabelli alti in piccolo tavolo apparecchiato con cura. Emise un piccolo cigolio quando mi ci sedetti sopra.
Mi affrettai a prendere il cellulare, quando la suoneria proveniente dal mio zaino si diffuse tra i muri chiari della grande sala.
≪Ti tengo d'occhio.≫
Ridacchiai scuotendo la testa nel leggere quel messaggio di Mirko e mi guardai automaticamente attorno, ma non c'era alcuna traccia del moro.
≪Dovete ordinare?≫ Chiese gentilmente il cameriere.
Leggemmo insieme lo stesso menù.
≪Secondo me il nigiri ti piacerà di sicuro!≫ Esclamò.
≪Davvero?≫ Chiesi.
≪Sì. Poi semmai ti faccio provare io qualche cosa, tanto ordino praticamente tutto.≫ Sorrise.
Il cameriere dopo aver preso nota, si allontanò dal nostro tavolo dirigendosi a quello accanto.
Ormai Jade aveva capito che ero un po' insicura, quasi disorientata, così fece qualche battuta prendendomi in giro, però in modo affettuoso, divertente.
Notai che quello che guardava verso il nostro tavolo aveva una faccia familiare, mi ricordava qualcuno.
Era brutto vedere una persona che ti sembrava di conoscere, ma non sapevi chi era. Avevi sempre questa insicurezza e paura di fare una figura nel salutarlo perché forse nemmeno vi conoscevate, oppure di non salutarlo quindi di far capire che non ti ricordavi più di lui.
In quel momento non sapevo se continuare a guardare verso quel tavolo oppure no.
Ero timida, troppo. Avevo letto una settimana fa su una rivista così per caso, che le persone timide solitamente non guardavano negli occhi quando parlavano, gesticolavano molto o stavano completamente ferme, arrossivano o deglutivano spesso, dovevano sempre sistemarsi qualcosa, per esempio i capelli o l'orlo della maglietta e a volte morsicavano il labbro inferiore.
Lui era un ragazzo alto e abbastanza muscoloso, aveva viso ovale, la carnagione chiara, gli occhi marroni, un naso non troppo pronunciato, le labbra carnose e le guance leggermente arrossate.
≪Tu lo conosci per caso?≫ Chiesi mentre lui continuò a fissarci.
≪No, però so che è un ragazzo dell'ultimo anno.≫ Affermò.
Ah ecco, l'avevo visto, a scuola!
Alle undici e mezza mi arrivò un messaggio: era mia madre.
Arrivo fra dieci minuti, vieni subito senza farmi aspettare
Così uscii per aspettarla e fuori dal ristorante trovai il ragazzo di prima appoggiato con le spalle contro al muro e lo sguardo perso.
Io ero lì con il telefono in mano che aspettavo quando ad un certo punto mi squadrò dall'alto verso il basso.
≪Ma tu sei la nuova ragazza di prima giusto?≫ Chiese.
Io non mi aspettavo che mi parlasse, non sapevo cosa dire. Gli risposi senza avere il coraggio di fargli altre domande o semplicemente continuare la conversazione.
≪Io sono Loris, sono in quinta A.≫
Per fortuna si presentò lui colmando quei pochi minuti di silenzio imbarazzanti.
Poco dopo mi allontanai per chiamare mia mamma.
≪Sei già arrivata? Aspetta vengo io, non venire davanti al ristorante che ti sto venendo in contro.≫
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