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Capitolo 80 : Aspettami

Daryl POV

Credo di essermeli meritati questi pugni.
Le sue nocche mi colpiscono senza risentimento, ma io non sento niente. Non penso sia normale, nè che sia colpa dell'alcool.
E allora perché vedo le sue mani colpirmi, ma non provo dolore?
La sua espressione dice tutto, deve odiarmi. Voglio che mi odi. È giusto così.
Non voglio che si fermi, voglio che continui.
Ad ogni colpo, corrisponde una nostra immagine, un nostro ricordo. Non desidero queste memorie. Cancellale. Continua a colpirmi. Sto sanguinando? La sua mano è coperta del mio sangue e ancora non provo niente. Eppure si sta sfogando senza ritegno. Se avesse gli artigli, mi avrebbe già spellato.
Qualcuno la solleva, qualcuno la separa da me. Vorrei protestare, ma ho la gola chiusa. Le parole si sono bloccate fra le corde vocali, formando un nodo. Glenn mi afferra da sotto le braccia, aiutandomi ad alzarmi. Non sento niente, ma cazzo se ho le vertigini. Abraham tiene stretta Kendra a sè. Mi sta maledicendo con gli occhi. Rick si interpone fra noi, cercando di attirare la sua attenzione, ma io continuo a fissarla. Voglio che si liberi, che torni a pestarmi. Sono un masochista, lo so e non mi interessa. Deve annebbiarmi la mente, deve cancellare tutto ciò che è di nostro.

-Ne vuoi ancora, eh? - grida sfinita - Non ti sono bastati?

Assolutamente no. Si sta divincolando, ma Abe aumenta la stretta. Ho gli occhi di tutti addosso e comincio a credermi un coglione. Forse non avrei dovuto parlare, forse non avrei dovuto partecipare a questa cazzo di festa. Glenn e Denise mi spingono per le scale ed io non faccio niente per impedirglielo. Fra l'eco dei rigurgiti di Rosita, vengo chiuso in bagno come un cane pericoloso, come se fosse meglio essere prudenti. Tranquilli, non scappo. Vorrei dirlo, ma resta un pensiero incatenato. Denise parla, parla e parla mentre mi medica. Vedo le sue labbra muoversi, ma non ascolto un briciolo di ciò che ha da dire. Non per cattiveria, ho già tanto altro a cui pensare. Almeno Glenn resta in silenzio. Sono seduto sulla tavoletta del cesso, altrimenti l'infermierina chiacchierona non riuscirebbe a ricucirmi la faccia. Il coreano se ne sta in piedi alla porta, squadrandomi come se avesse già in canna qualche ramanzina da farmi. Scommetto che a breve dovrò sopportare pure lui. Sospiro, chiudendo gli occhi. Mi dispiace. Mi dispiace averle procurato del dolore, ma sono capace di fare solo questo. È ora che lo capisca. È ora che la smetta di fingermi diverso. Adesso che entreremo in guerra, che senso ha prenderci per mano allegramente? Servirebbe a qualcosa? Illuderci di una vita lunga e felice assieme non è la mossa più giusta, più saggia. Moriremo un giorno. Magari domani, magari stanotte. Perché procurarci altro dolore gratuito?
Denise mi mette due stretti cerotti al sopracciglio, chiude la boccetta di disinfettante e mi guarda. Credo che dovrei ringraziarla. O forse si aspetta qualche sentenza post discorso. Il problema è che non ho idea di cosa abbia detto, quindi resto in silenzio, spostando lo sguardo sulla finestra aperta. Se ne va risentita, ma Glenn resta qui. Non ho intenzione di parlare, perciò lo ignoro. Mi alzo, sporgendomi dalla finestra. L'aria è gelida, ma almeno mi concede un poco di sensibilità alla faccia. Estraggo una sigaretta dal gilet e ne accendo la cima, aspirando. Non fumo per calmarmi, ormai lo sono già. Urlare quelle stronzate mi ha liberato di molti pesi che mi portavo appresso. Sono egoista, lo ammetto. Non ho pensato a quale tipo di conseguenze potrebbero esserci all'interno del gruppo. Ho soltanto aperto bocca senza usare il cervello. Odo dei rumori dalla strada, scontrandomi con Kendra che barcolla leggermente. Rick la raggiunge, la chiama e lei nemmeno risponde. Sembra stare bene, tutto sommato. E se non lo è adesso, lo sarà in futuro.

-Sei arrabbiato e lo capisco. Sei preoccupato, è lecito. Ma stavolta andrà bene, deve andare bene. È un salto nel vuoto, ma è necessario. - illustra il coreano alle mie spalle - Farò tutto ciò che è nelle mie possibilità per garantire a mio figlio un futuro sicuro, una possibilità.

Lui non c'entra nulla. Il mio soliloquio non era rivolto a lui. In realtà è come se avessi sputato un mio tumore, un grumo di risentimento.

-Mi dispace.

Quelle due parole mi sfuggono mentre espiro il fumo.

-No, non devi. Ciò che hai detto, più o meno lo abbiamo pensato tutti. Se mi pento di molte scelte che abbiamo preso? Sì. Ma guardandomi indietro, penso che di strada ne abbiamo fatta. E adesso abbiamo questo posto, capisci ciò che dico? Questa comunità, questa non dobbiamo assolutamente perderla.

Sono un codardo, me ne rendo conto. Io ho solo paura. Paura di perdere altre persone, paura di perdere lei. Non voglio più essere legato a nessuno. Non voglio che nessuno mi consideri. Quando è che tutto è cambiato? Quando è che gli altri hanno deciso di avvicinarsi? Ero nessuno, prima, non contavo per nessuno. E ora, ora sembra che tutti vogliano sempre far affidamento su di me. È tutto dannatamente difficile.

-Già. - mugugno - Non volevo comunque rovinarvi la festa.

-Alcool e rabbia repressa non sono mai una scelta intelligente.

Beh, di solito mi aiuta. Più o meno, ma le loro risate.. quelle mi stavano uccidendo. La loro spensieratezza era come veleno. Era nociva. ogni minuto che passavo in quella stanza mi rendeva colmo di rabbia. Ero l'unico a prevedere il pericolo? Possibile che tutti dovessero essere così dannatamente ottimisti? Getto la sigaretta, lanciandola per aria. Fa qualche piroetta, ruotando in una scintilla nell'oscurità, fino a schiantarsi sul suolo.

-Dovresti scusarti con lei. - sussurra - Quello che le hai detto, era ingiusto.

-Sono uno stronzo, non è vero? Un patetico stronzo.

Glenn si gratta la nuca, mentre apre la porta del bagno.

-Sì. - annuisce sorridendo - Più di quanto tu possa immaginare. Fortuna che quella ragazza ha pazienza da vendere.

Sbuffo, non convinto. Io sono sbagliato. Non deve avere pazienza con me, deve estinguerla.

-Ti ama, Daryl. - aggiunge in corridoio - Non farti scappare qualcosa del genere.

È questo il problema. Il problema dei problemi. Vorrei cancellare questa sensazione. Vorrei non aver pensieri, premure. Ma per quanto mi sforzi, lei è al centro di tutto. Io penso alla sua vita, sempre. Non voglio pericoli. Non voglio stupide guerre fra fazioni. Non voglio vederla star male, vederla ferita o, peggio ancora, vederla accasciarsi priva di vita. Eppure, per quanto io mi dica di voler che lei non soffra, sono il primo a procurargli dolore. E per quanto gliene dia, per lei non è abbastanza. Lei continua a restare, non scappa. Perchè? Perché è una deficiente, più di me. Ho terribilmente bisogno di una seconda cicca, ma il pacchetto è vuoto. Anche questo finisce al di fuori dalla finestra, tutto accartocciato.

*

Non so quanto diavolo di tempo sia passato, ma sono ancora in bagno. Quello che ho detto, è vero. Io se sono uscito fottuto, completamente. Ed è colpa di entrambi. Io le ho concesso troppo spazio, ma lei si è annidata in me come un parassita. E ora, temo che non riuscirei a far niente senza percepire la sua presenza. Cristo, Glenn ha ragione. Lei non si merita tutto questo. Lei non si merita uno come me, ma è me che avrà. Devo parlarle, senza urlare o dire stronzate. Devo soltanto parlarle, dire ciò che davvero penso. Mi alzo, barcollo un poco, ma riesco a mantenere l'equilibrio. Mentre mi dirigo all'uscita della stanza, mi intravedo allo specchio. Cavoli, mi ha conciato per bene. Ma credo che lei stia peggio in questo momento. Scendo di fretta fra le scale, reggendomi ad entrambe le pareti. Appena adagio i piedi sull'ultimo scalino, Rick rientra e si blocca alla porta d'ingresso. Ci scambiamo un lungo sguardo. Ha capito immediatamente le mie intenzioni.

-Non è il momento, Daryl.

Non ci sarà mai un momento adatto. Tanto vale togliersi il dente ed ammettere il vero.

-Mi sono calmato, voglio solo parlarle.

Faccio qualche passo in avanti ed egli mi blocca, poggiando una mano sulla mia spalla.

-Vuole stare da sola adesso, concedile un po' di spazio. È il minimo che puoi fare.

È contrariato, anche lui ce l'ha con me. Anche lui mi ritiene un problema. Mi spiace Rick, non do le colpe di tutto a te. Avrei dovuto starmene zitto, non bere e non venire alla festa. Ma sono un coglione, non imparo mai.

-Allora aspetterò un po'.

È il minimo che possa fare, come dice.
Annuisce, ma è distaccato. Cosa ti ha detto Kendra? Sta piangendo adesso, per causa mia? E ci sei stato tu vicino? Sei stato tu a prenderti cura di lei? Lo sceriffo torna al tavolo da Jesus e gli altri con una sola bottiglia, guardandomi di sottecchi. Ha paura che appena abbassi l'attenzione, io possa fuggire da questa casa. Forse è vero, l'intenzione c'è. Ma forse devo dare a Kendra il tempo di calmarsi, così come l'ho avuto io. Mi siedo per le scale e fisso la porta bianca. Aspetterò, quanto basta. Aspetterò, ma ti prego di fare lo stesso. Anche se lo hai fatto fino ad ora, anche se sei stata probabilmente l'unica a credere in un noi, adesso ci sono. Adesso, ho capito. Adesso, sono pronto. Io posso provarci. Non sarò all'altezza, non sarò il massimo, ma giuro che ci metterò l'anima. Quindi, aspettami.

Angolo autrice
Perdonate il piccolo aggiornamento, ma questo doveva appunto essere un intermezzo fra il capitolo precedente e il prossimo, che riprenderà proprio da dove avevo interrotto. Insomma, dalle zozzerie dei due 😂 Daryl è confuso, prima dice una cosa e poi sviluppa un pensiero contrario. Ma almeno vuole parlarle.. che abbia accettato i propri sentimenti?
Voi che ne dite?
Un bacio 💕

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