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Capitolo 74 : Condannati


Il sasso lo avevo lanciato, la freccia era stata scoccata, ma Daryl non mostrò segno di essere stato colpito, come se le mie parole lo avessero attraversato senza aggrapparsi. Se mi sentivo in colpa? Terribilmente. Il mio inconscio, però, la pensava diversamente. Aveva ritenuto opportuno metterlo alla prova, scuoterlo. Ottenni comunque l'esatto opposto. Il nulla più totale. La sua difesa era semplice ed efficace. Si chiudeva in se stesso, come un riccio avvertito dal pericolo. Inutile allungare una mano per confortarlo, gli aculei ti avrebbero ferito. Inutile aggiungere un parola di più, gli aculei sarebbero stati lanciati come proiettili. Inutile cercare di aggiustare le cose, gli aculei sarebbero rimasti. Ignorandomi, riprese a camminare. Rovesciai le patatine rancide sull'asfalto, calciando il sacchetto. Sei una stupida, Kendra Moore. Aggiustai lo zaino sulle spalle e seguii Daryl, fissando la sua ombra. Non parlammo, nessuno dei due ebbe il coraggio di aprire un dialogo. Nessuno dei due era dell'umore di chiacchiere come se niente fosse. Perciò, riprendemmo il cammino verso casa nel più totale silenzio corrosivo. Se era vero quello che avevo detto? No, assolutamente. Anzi, in parte. Se pensavo che tutto questo non avrebbe mai avuto un epilogo rosa e fiori? Sì. Se l'unica cosa che mi spingeva a non uccidermi fosse la vigliaccheria? No. Perché, in un modo o nell'altro, sentivo di aver trovato molto. Avevo perso tanto, ma avevo anche guadagnato qualcosa. Una famiglia, una speranza, Daryl. Non avrei mai potuto gettare al vento tutto questo, non avrei mai potuto arrendermi. Non più, ci ero già cascata fin troppo. Dopo qualche miglio, cominciai a sentirmi abbastanza fiacca. Avevo bisogno di fermarmi, di riposare e mangiare qualcosa. L'unica cosa che mi frenava era il dover chiedere una pausa all'arciere, il quale sembrava molto determinato nel voler arrivare ad Alexandria il prima possibile, come se la mia compagnia fosse un incubo. Sempre a testa china, notai la figura di Daryl bloccarsi. Appena alzai lo sguardo, percepii il sangue gelarsi dalla punta dei capillari. Un'orda, una fottuta orda in migrazione. Dio aveva un perverso senso dell'ironia.

-Merda. - sibilò, prima di afferrarmi per il polso e trascinarmi in una retromarcia disperata.

Così come noi avevamo avuto l'occasione di notarli, loro avevano avuto lo stesso vantaggio. Non avevamo molte opzioni se non correre. Non che questo sarebbe bastato. I putridi non ci avrebbero mai mollato, tanto affamati che erano sembravano aver messo il turbo. Ma, soprattutto, non avrebbero mai percepito un briciolo di stanchezza. E noi, per quanto potessimo essere allenati in questo genere di cose, avremmo finito col perdere il fiato molto presto. Mentre i miei piedi scattavano fra scatoloni e cadaveri, mentre il mio corpo cercava di scansare le auto, la mia mente viaggiava in cerca di una soluzione. Un salto dalla sopraelevata e non saremmo sopravvissuti. Un salto sopra il tettuccio di un auto e saremmo stati afferrati. Una scivolata sotto la macchina e ci avrebbero comunque trascinato fuori. Non c'era niente che potessimo fare, non c'era niente che avrebbe potuto garantirci la salvezza certa. Dovevamo rischiare.

-Daryl, quella nera!

Annuì, come se avesse avuto la stessa idea. Ci lanciammo all'interno dell'abitacolo, chiudendo le portiere. E in un millesimo di secondo, i putrefatti ci avevano circondato. Spingevano contro le lamiere, si arrampicavano sopra al telaio. Gorgogliavano sbavando sui finestrini. Eravamo fottuti, punto e basta. La Morte ci aveva ingabbiati, più aggressivamente del solito. Probabilmente stava vincendo a scacchi contro la Vita. Non sapevo quante altre vite ci erano rimaste, ultimamente ne avevamo consumate parecchie. E noi, non eravamo certo gatti molto fortunati.

-Eccoti accontentata. - sentenziò l'arciere, accomodandosi sul sedile del guidatore.

-Non cominciare, non adesso.

Avevamo avuto ore per discuterne e questa non era certamente la situazione più adatta per dare il via ad una diatriba inconcludente.

-E perché no? Dovresti essere felice, presto saremo bello che andati.

Il rumore delle loro fauci scattanti, il rumore delle loro unghie sugli sportelli, il rumore della loro sete di sangue mi dava alla testa.

-Ci provi gusto a discutere nei momenti meno opportuni? - sottolineai, squadrandolo - Se stiamo per morire, non voglio certo una tua scenata come ultimo ricordo.

Scrollò le spalle, puntando lo sguardo in basso.


Comprendevo il suo risentimento, i suoi pensieri negativi. Insomma, l'intero pacchetto. Ma non era il momento di metterci a discutere. Dovevamo pensare a qualcosa, avevamo il tempo per ipotizzare una soluzione.

-Adesso togliti quest'espressione da corvaccio, mi servi lucido e concentrato.

Mi riservò un'occhiata affatto amichevole.

-Da lucido e concentrato, ti dico che siamo nella merda. - ribatté, avendo capito cosa avessi in mente - Non possiamo fare niente.

Sospirai, massaggiandomi le tempie come per attivare i neuroni.

-C'è sempre un'uscita.

Daryl tornò a fissare i volti dei putridi sul finestrino, mentre io non volevo darmi per vinta. Tutti questi vaganti un tempo erano persone. Chissà quale storia avevano alle spalle, chissà se in un briciolo del loro animo era racchiusa ancora una traccia di umanità. Forse desideravano soltanto la morte, quella vera, definitiva.

-Apriamo un finestrino e li pugnaliamo nel cranio uno alla volta? - proposi a corto di ipotesi. 

Il mio cervello non faceva altro che formulare a scartare idee su idee, lasciandomi sprovvista di possibilità.

-Ti sembra un'opzione ragionevole? - borbottò scocciato - Hai visto quanti ce ne sono?

Beh, almeno avevo tentato. Saremmo riusciti a sfoltirne un po', ma non sarebbe bastato. Sbuffai, controllando i lati del sedile in cerca della manopola per regolarne la posizione.

-Adesso che fai? - domandò con la fronte aggrottata.

Inclinai lo schienale il più possibile, in modo da stendermi con le gambe allungate sul cruscotto.

-Mi metto comoda. - spiegai ironica.

Borbottò a denti stretti, impedendomi di udire un suo probabile commento saccente. L'auto vibrava sotto alle spinte delle bestie decomposte. Non era una situazione molto piacevole. La consapevolezza di essere ingabbiati, letteralmente, in una accozzaglia di ferro arrugginito. La consapevolezza di non avere una via di fuga, un piano b da attuare. La consapevolezza di essere condannati. Insomma, pensai guardandomi la mano mutilata, un dito perso per niente. A quel punto, sarei potuta morire nel bosco. Salvarmi non si era svelata la scelta più corretta. Aveva comportamento unicamente ad un prolungamento delle mie sofferenze. La solita fortuna sfacciata. Un colpo più potente degli altri mi fece sussultare. I vaganti sul parabrezza stavano sbattendo quelle loro braccia ossute contro il vetro, con una violenza e avarizia da lasciar basiti. Uno, in particolare, sembrava intenzionato ad irrompere a tutti i costi all'interno. Tanto forti erano i suoi pugni, che la superficie si stava sporcando del suo stesso sangue. Pregavo fra me e me che la macchina resistesse. Avrei preferito morire di sete e fame, piuttosto che essere divorata viva. Solo in quel momento, però, mi resi conto di essere faccia a faccia con la fine, con il punto in fondo alla sentenza. Sorrisi nevrotica.

-Che c'è da ridere adesso?

Tutto. Ecco cosa. L'intera situazione.

-Se moriamo, altro che mazzate, Aaron farà una brutta fine.

Mi avrebbe maledetto in eterno, fra le altre cose. Daryl sospirò, poggiando le braccia alle ginocchia.

-Cristo, Rick darebbe di matto.

Il tempo di capire che non avremmo più fatto ritorno e sì che avrebbe ribaltato l'intero Stato pur di ritrovarci e menarci le ossa.

-Rick dà sempre di matto. - sottolineai.

Fece una smorfia accondiscendente, facendosi sfuggire un sorriso. Gli strepiti esterni erano sempre più insopportabili, sempre più invadenti.

-Daryl..

-Cosa?

-Niente, non importa. - restammo sospesi in uno sguardo prolungato.

Avrei voluto gridargli quanto fosse importante. Avrei voluto ringraziarlo per essermi stato accanto in questo percorso, riuscendo a tenermi integra, forte. Avrei voluto spiegargli quanto mi avesse insegnato, quanto, a modo suo, era stato capace di farmi maturare.
Avrei...

Ma sapete una cosa? Ero ancora in tempo per farlo.

-Se mai usciremo vivi da questo catorcio, sappi che non me ne andrò, Dixon. Non mi lascerò morire, nè mi farò uccidere. Devi abituarti all'idea che mi avrai sempre fra i piedi. Io, io non me ne vado da nessuna parte. Lo capisci questo?

Le sue mezzelune glaciali trattenevano il mio sguardo, pur essendo nascoste da qualche ciocca ribelle. Mano sul mento, sguardo serio. Mi chiedevo cosa stesse pensando. Se ce l'avesse ancora con me per quello stupido discorso sul suicidio. L'unica cosa che avevo imparato nei numerosi confronti con l'arciere, era evitare a tutti i costi il parlare di sentimenti in modo scoperto. Se proprio non se ne può fare a meno, allora bisogna applicare un po' di strategia, un po' di velo. Altrimenti si spaventa come un passerotto al suono di un colpo di fucile.

-Volevo solo che tu lo sapessi, tutto qua.

In realtà ciò che avevo appena confessato, non era altro che la conseguenza della sua presenza.  Speravo che, per quanto cocciuto e a tratti bipolare, fosse riuscito a leggere fra le righe. Non che non gli avessi mai confessato i miei sentimenti. Le sue labbra si schiusero con l'intenzione di spezzare il silenzio ed io vi rimasi aggrappata nell'attesa di udire una sua risposta. Ma, proprio in quel fatidico momento, un suono acuto si frappose fra noi. Una linea debole si fece spazio sul vetro, suddividendosi in tante altre copie di se stessa, fino a ramificarsi per buona parte della superficie. Il parabrezza si era appena fratturato all'angolo sinistro. Agimmo di conseguenza, puntando i piedi sul vetro per contrapporre forza e sostenerlo dall'altro lato. Il peso dei vaganti stava gravando. Pareva di osservare una lastra di ghiaccio incrinarsi. Secondi, ecco cosa, solo pochi secondi prima della fine.

-Come non detto. - ironizzai - Moriremo sbranati.

-Fanculo, non lo permetterò.

Il vetro implose, finendoci addosso. Le schegge si abbatterono su di noi come la più violenta tempesta, come gocce di pioggia abbondante. Gli arti dei vaganti erano già protesi, pronti ad afferrarci. Iniziarono ad entrare, a farsi spazio nell'abitacolo. Colpimmo alcuni nel cranio, altri li tenevamo semplicemente lontani a forza di pedate sulla bocca e trachea, ma erano decisamente troppi. Il panico salì al sistema nervoso, rilasciando adrenalina. Questa, però, non sarebbe bastata. Ci avrebbero sopraffatti, ben presto sarebbe accaduto. Impossibile convincersi del contrario. All'ennesimo schizzo di sangue cerebrale, Daryl tirò un calcio al putrido più vicino.

-Al diavolo! - ringhiò, prima di gettarsi su di me.

Rimasi bloccata sotto di lui, confusa.
Mi copriva col suo corpo, puntando fronte a fronte, labbra a pochi centimetri e iridi ben salde.

-Cosa cavolo stai facendo?

Alzati idiota.

Avevo già capito cosa avesse in mente, ma non volevo elaborarlo.

Non provarci.

Era tutto ciò che riuscivo a pensare.

Non provarci.

-Ti concedo una possibilità.

Altri vaganti si arrampicarono sui cadaveri dei loro compagni, eccitati di poter entrare.

-Non dirlo nemmeno. - sbottai, cercando di divincolarmi.

Ma egli bloccava le mie braccia con decisione, impedendomi di sottrarmi al suo volere.

Non ti azzardare, stupido di un Dixon.

-Ferma. - ordinò - E chiudi gli occhi.

Intanto, gli artigli di quei bastardi erano sempre più vicini. Così come le loro voci gorgoglianti.

-Col cazzo, tu non puoi morirmi addosso. Tu non puoi farmi questo.

Era il piano più stupido, più crudele che avesse mai potuto avere. Farmi da scudo. Obbligarmi a sentir dilaniare la sua carne. Che stronzata. Non poteva andarsene così, non poteva trascinarmi in questa tragedia. Eppure, la fermezza del suo sguardo mi faceva comprendere quanto egli fosse deciso, sicuro. Io, d'altro canto, non potevo accettarlo. Non mi interessava. Approfittare del suo banchetto per fuggire, per sottrarmi alla morte? Non avrei mai potuto. Non avrei mai permesso una cosa del genere. Se mai ne fossi uscita, ne sarei rimasta traumatizzata a vita. Avrei continuato a sognare questo momento ogni istante della giornata.

-Non provarci. - singhiozzai, cercando di tirargli dei pugni sul petto - Così mi uccidi.

Le loro unghie si stavano arrampicando sulle sue gambe. Stava per succedere, era arrivato il momento.

-Ti prego. - sussurrai, prima di ricevere le sue labbra.

Come un fulmine nell'oscurità, come la pioggia nel deserto, come una scintilla nel ghiaccio, un bacio. Un bacio sentito, prolungato e logorroico. C'era tanto in quel gesto, più di quanto Daryl potesse proferir a voce. Ma, quello non era soltanto un bacio. Era qualcosa che non avrei mai voluto affrontare, qualcosa che cercavo di ricacciare nelle impossibilità. Era un addio. Un fottuto addio.

Angolo autrice
Ehm, sono già fuggita nell'ennesimo bunker.. non uccidetemi 😅
Il 'maiunagioia' continua a regnare, ma ce la faranno i nostri eroi ad uscirne?
E dire che mi limito pure con i drammi, incredibile vero? 😂

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