Capitolo 64 : Tramonto
Il cielo si fece prima rosa, poi sfumò nell'arancione pesca, ed infine si infiammò di un rosso sangue. Osservavo quella distesa scarlatta, chiedendomi se non fosse un presagio di morte. Chiedendomi se a Daryl fosse successo qualcosa. Me ne stavo immobile col naso all'insù ed una dolorosa stretta allo stomaco. Non era nulla di che, eppure mi sentivo infinitamente piccola ed inutile al cospetto di quel manto. La luce a noi attorno era quindi calda, trasformando lo sfondo quasi in un paesaggio autunnale. Mi voltai, rendendomi conto di aver ignorato le parole dello sceriffo. Mi ero incantata, dimenticandomi di avere lui al mio fianco. Mi accorsi che anch'egli si era interrotto, tralasciando il discorso che aveva iniziato, ma non si era perso alla vista del tramonto. I suoi occhi miravano il mio volto. Aveva le labbra dischiuse ed una faccia da pesce lesso, ma mi fece sorridere. Si risvegliò dall'apnea, abbassando lo sguardo imbarazzato ed io feci lo stesso. Posizionai le pupille sul cancello, aspettando che questo vibrasse o si spostasse per permettere l'entrata all'arciere. Non tanto perché lo amassi, quanto perché temevo per la sua incolumità. Oramai avevo ben capito che non sarebbe mai potuto nascere qualcosa di sano fra noi, eravamo entrambi due fiori velenosi. Lui, in qualche modo, lo associavo al crisantemo giapponese dai petali sottili e lunghi quasi fossero aculei. Ne esistono diverse tonalità, ma ovviamente sarebbe stato di un azzurro ghiaccio, come le sue iridi. Quel fiore è di una bellezza unica, eppure tanto fragile. Non è molto tossico, ma una buona percentuale di veleno è comunque contenuta in lui, soprattutto nella testa del fiore stesso. Proprio quei petali tanto delicati e apparentemente innocenti, in realtà sono taglienti ed effimeri come Daryl. Per quanto riguarda la sottoscritta, mi sembrerebbe banale compararmi ad una rosa, sebbene ami ogni sua sfaccettatura. Mi vedo di più in una dalia, anch'essa leggermente tossica, ma caratterizzata dalle più svariate specie. Possono avere petali piccoli e tondeggianti, petali a margherita, o petali lunghi e morbidi, come quella a cui più mi associo : dahlia cactus.
Il colore? Mi piace immaginarmi bianca dalle punte viola. Perché? Perché non mi sento di dire di essere completamente pura, soprattutto oggigiorno, trovo poi azzeccata l'immagine della corruzione, della morte, della sofferenza, che sporca e si inietta nelle pareti bianche del petalo. Un diamante impuro, come diceva Joe. E Daryl proprio come quel fiore non mortale all'uomo, ma capace di infondere una dolorosa orticaria, riusciva a pizzicarmi le viscere quasi fossero corde di violino.
-È davvero un bel tramonto. - sussurrò rauco Rick, quasi temesse di disturbare i miei pensieri.
Tornai a guardare il cielo.
-Sì, lo è.
Alexandria era stranamente silenziosa, sembrava quasi di essere stati gettati su una tela fresca, di vivere in un dipinto.
-Ti va del caffè? - domandai - Del vero caffè italiano, non la nostra schifezza americana.
Rise.
-Mi piace la nostra brodaglia, ma accetto volentieri.
Ci incamminammo verso la mia casa, spiegandogli la differenza fra un buon caffè ed un altro. Per mia fortuna in cucina avevo trovato una moka e della polvere amara niente male. Varcammo la soglia ed egli notò la strisciata di sangue sulla parete.
-Sì, devo ancora pulire. - parlai, aprendo uno scaffale della cucina - Sai mica cosa posso usare?
Osservò la macchia, toccandola.
-Ho visto molte stanze, posti, ricoperti di sangue a causa di omicidi o suicidi. - borbottò, avvicinandosi al tavolo - Ma non mi è mai toccata la pulizia.
Smontai il bricco.
-Già. Mi sono sempre chiesta a chi toccasse.
Si sedette, poggiando la mano al mento.
-Se ne occupava la CSP. Pensano alla decontaminazione, alla rimozione di scarti biologici, alla pulizia di tracce di sangue. In un batter d'occhio torna tutto come prima, quasi non fosse accaduto niente in quel luogo. - disse, ricordando i diversi casi assistiti del proprio lavoro.
Accesi il gas e mi voltai, poggiandomi al piano cottura.
-Deve essere il lavoro meno entusiasmante del mondo.
Corrugò la fronte.
-Sì, credo uno dei peggiori. - ammise - Ricordo ancora quando un ragazzo si buttò sotto ad un treno in corsa. Le sue budella sono state trascinate per qualche chilometro. Puoi immaginare come erano conciati binari e ventre del mezzo.
Non era proprio un discorso allegro, ma erano dati di fatto. Insomma, funzionava così un tempo.
-Credo che proverò con dell'acqua ossigenata. - esposi, controllando la macchia e cercando di non pensare ad un giovane ragazzo spappolato sotto ad un treno - Se poi non viene via, potrei optare con della varichina diluita.
-La varichina funzionerà sicuramente, ma è possibile che venga via la vernice.
Presi due tazzine e lo zucchero.
-Ha giusto una settimana, forse l'acqua ossigenata basterà. - ipotizzai.
Imbronciò le labbra dubbioso. Restammo in silenzio, quasi non sapessimo cosa dirci nonostante l'intera giornata passata assieme. La moka gorgogliò ed io servii il caffè. Versò un cucchiaino di zucchero nella bevanda, mentre io lo sorseggiai così com'era. Assunse un'espressione appagata.
-È ottimo. - disse, bagnandosi nuovamente le labbra - Non me lo aspettavo così buono.
-Beh io c'entro poco, ma sono contenta che ti piaccia.
Mio padre era fissato con l'espresso italiano. In casa aveva una macchina originale degli anni '50, uno dei primi modelli Gaggia che permettevano di ottenere la crema caffè. Svegliarsi con una bella tazza fumante ogni mattina era una vera goduria. Mi manca alzarmi e non percepire quell'odore intenso.
-Tornerà. - dichiarò, finendo il caffè.
Probabilmente avevo un'espressione malinconica ed egli l'aveva erroneamente interpretata.
-Lo spero. - risposi secca, giocherellando con la tazzina in porcellana.
-Se entro stanotte non fa ritorno, domattina vado o mando qualcuno a cercarlo. - mi rassicurò.
Sparecchiai ed egli mi affiancò per aiutarmi, sebbene non ce ne fosse bisogno. Sciacquavo tazzine e cucchiaino, mentre egli pensava ad asciugarli.
-So che muori dalla voglia di sapere com'è andata fra me e Daryl. - pronunciai.
Alzò le sopracciglia, trattenendo un sorrisino.
-Beccato. - scherzò - Ma non fraintendere, non voglio intromettermi nelle vostre faccende, solo sapere se ti ha trattata come meriti.
-Sai già che non lo ha fatto. - annunciai, passandogli parte del bricco - Visto che hai notato gli occhi rossi.
Asciugò l'oggetto con un panno, inclinando la testa di lato.
-So che può essere un argomento delicato di cui discutere, ma non posso accettare la reazione di Daryl. - confessò.
Posai una mano sulla sua, dato che stava strofinando la moka con forza non necessaria.
-Ehi, lo so e ti ringrazio del pensiero. Anzi, ti ringrazio anche di essermi stato accanto tutto il giorno. - precisai - Ma non devi corrucciarti troppo.
Sospirò, posando la moka ed avvolgendo la mia mano con entrambe le sue.
-Non puoi negarmi di essere preoccupato. - proferì serio - Che sia Daryl, uno di famiglia, un nemico, un vagante. Nessuno deve farti del male.
Sfilai l'arto dalla sua presa leggera, spostando una ciocca di riccioli di lato.
-Rick, non puoi evitare che succeda. Significa comunque molto per me, sentirtelo dire. - rivelai.
Sorrise ed io mi asciugai le mani, sperando che lo sceriffo non mi riempisse di altre frasi colme d'affetto, benché mi facessero sentire apprezzata. In un lampo il cielo si era oscurato ed Alexandria era stata attanagliata dalle tenebre. Chissà se Daryl aveva trovato un riparo per la notte. Ero una stupida, continuare a pensarlo non mi avrebbe certo aiutata.
-Sei sicura di voler passare la notte qua da sola? - domandò, scuotendo le dita nel lavabo - Hai sempre la tua camera da noi.
Ci pensai su. Mi piaceva questa casa, sebbene mi ricordasse Philip. Avevo bisogno dei miei spazi, ma in fin dei conti non volevo sentirmi del tutto sola. Diciamo che ero parecchio in confusione, la mia testa andava a casaccio ultimamente.
-Forse, per stanotte posso stare da voi.
Esultò, cercando di strapparmi un sorriso. Cosa che avvenne. Tornammo alla sua abitazione, scrutando quelle brillanti stelle sopra di noi. Mi chiesi se anche Daryl le stesse osservando, ne ero quasi certa. Egli amava la notte, come un vero felino che si rispetti. Era presto, praticamente l'ora di cena, ma mi sentivo esausta. Mi congedai, salutando Carl e Michonne alle prese con della carne, e mi buttai sul mio vecchio letto.
*
L'orologio ticchettava scandendo il tempo con precisione, ritmando il passare dei minuti. Era notte fonda ormai e i miei occhi non parevano intenzionati a far abbassare le palpebre. Se ne restavano lì spalancate, impedendomi ogni sorta di riposo. Non che fossi stanca fisicamente, era più una questione mentale. Avrei preferito addormentarmi, esiliando i mille pensieri che mi affollavano la mente. Invece ero obbligata dal mio stesso corpo a restare vigile. Faceva un caldo terribile, tanto che ero rimasta in una lunga t-shirt bianca da uomo e mutande. Mi rigiravo e rigiravo nel letto, sperando di trovare una posizione comoda che richiamasse Morfeo, ma di lui nemmeno una traccia. Perché senza cercarti, ti incontro ovunque, soprattutto quando chiudo gli occhi? Schopenhauer diceva : se due persone si avvicinano, è probabile che si feriscano. Proprio questo era successo a me e a Daryl, una vicinanza spinata e corrosiva. Tuttavia, ho sempre pensato che uno vive se c'è qualcun altro che crede in lui. Beh, io il mio qualcun altro lo avevo trovato, ed ero felice. Certo, a questo punto non avrei mai avuto il coraggio di chiedere qualcosa di più a Daryl, ma che importa? Mi bastava, mi sarebbe bastato per sempre quel suo unico sguardo, quel suo unico sorriso, sebbene raro. Dicono che il cuore di una donna è misterioso e si nutre di sfumature invisibili all'occhio umano, mentre quello di un uomo, primitivo e famelico, divora quello che gli serve, lasciando poi le carcasse delle sue prede alla mercé degli sciacalli. Mi domandai se potesse definirsi vera questa diceria se il cuore in questione fosse quello di Daryl. Ero dell'idea che egli sapesse amare, ma che ne avesse soltanto paura. Magari non ero io la donna con cui avrebbe passato il resto dei suoi giorni, forse non ero io la donna adatta a lui, ma ero sicura che fosse dotato della capacità di amare. Ho sempre pensato a lui come ad un felino, più precisamente ad una pantera nera, proprio per i suoi comportamenti singolari. Non era altro che un grande gatto nero e come questo aveva bisogno dei propri spazi. Un felino sa apprezzare, un felino sa affezionarsi ed amare, ma è lui a scegliere il come e il quando. È lui a dire 'bene, adesso è il momento di ricevere qualche coccola'. Chi ha mai posseduto un gatto, credo possa capire a pieno. Non puoi obbligare o costringere questo animale a seguire le tue scelte o i tuoi bisogni, saranno sempre loro ad essere padroni di se stessi. Dopotutto, Daryl mi aveva già permesso molto. In quanto felino, mi aveva già permesso di essergli vicino in molte occasioni. Non potevo far altro che accettare il suo essere senza chiedere niente in cambio. Sospirai, voltandomi per l'ennesima volta. L'immagine dell'arciere mi stava torturando intensamente. Mi alzai, ravvivando i riccioli. Adesso che non mi arrivavano al fondo schiena riuscivo a sopportare il caldo più facilmente. Era come essersi privati di una folta coperta di lana. Entrai sul pianerottolo completamente buio, stropicciando gli occhi. Volevo fare qualche passo e magari prepararmi una camomilla per calmare l'anima, ma mi imbattei in qualcuno. A giudicare dal petto duro, mi fu facile capire che si trattasse dello sceriffo.
-Scusami. - sussurrò.
-Fa niente.
Poggiò una mano sulla porta della propria camera, spostandola leggermente in modo da far apparire un fascio di luce che permettesse di osservarci. Non appena mi accorsi che egli era in boxer ed egli notò che ero in mutande sotto quella maglia, chiuse di colpo la porta, facendoci piombare nuovamente al buio. Arrossii di getto, coprendomi la faccia sebbene non potesse vedermi.
-Suppongo che prima o poi sarebbe dovuto succedere. - tentò di riderci su.
-Temo di sì. - ressi il gioco - Non riesci a dormire?
-Come te. - rispose - Stavi per scendere in cucina? Perché mi era venuta voglia di bere qualcosa di fresco con questo caldo.
Mi massaggiai il collo.
-A cosa pensavi?
Dopotutto non era una cattiva idea. Avrei potuto farmi un the ghiacciato invece che una camomilla bollente.
-Pensavo ad una lattina di birra. - confessò, avvicinandosi alle scale - Ti va?
Ma sì, una birra era sempre ben accetta.
-Perché no? - dissi, facendo i primi gradini.
Mi seguì, ma si bloccò a metà scale.
-Forse dovrei mettermi qualcosa prima. - suggerì.
Ridacchiai. Era leggermente imbarazzante sì, ma non c'era niente di strano.
-Suvvia, siamo adulti. - scherzai - Non fare il timido.
Giunsi in salotto ed accesi la luce nell'angolo della stanza, posandovi sopra la striscia di stoffa che decorava il tavolo da caffè. In questo modo la luce non era di un bianco sfavillante, ma di un crema opaco e spento. Illuminava appena il soggiorno. Allungai il lembo della maglia, assicurandomi che mi coprisse per bene, e mi sedetti sul divano. Presi un cuscino e lo misi sulle gambe, in modo che potessi nascondere del tutto le mutande. Rick mi allungò una lattina già aperta e si sedette al mio fianco, pur restando ad una certa distanza. Sorseggiammo quella ghiacciata bevanda in silenzio, godendo di quella fresca sensazione. Mi sentii riavere. Posai la lattina anche sul collo, giusto per riprendermi dal caldo.
-Pensi a lui? - domandò, inghiottendo - È per questo che non riesci a dormire?
Bevvi un sorso.
-Devo sempre pensare a lui? - ribattei.
Scrollò le spalle e tornò alla birra. Forse non era il momento di fare l'acida. Rick era soltanto gentile. Sono io che, quando sono nervosa di mio, le attenzioni mi sembrano più scocciature che premure.
-Vedi. - parlai, come se interrogata - Quello che c'è stato fra me e Daryl non è un altro che uno sbaglio. Anzi, un susseguirsi di sbagli. Non voglio che torni per stare con me, quanto per assicurarmi che stia bene.
-Ne sei sicura? - domandò, osservandomi negli occhi.
-Cosa vuoi dire?
Finì la birra, poggiando la lattina ormai vuota di fronte a sè, su quel basso tavolino.
-Voglio dire, noi tutti abbiamo notato lo scambio di sguardi che c'è fra voi. - parlò rauco - Non si direbbe essere uno sbaglio dall'esterno. Inoltre, non ho mai visto Daryl così protettivo nei confronti di qualcuno e..
-Anche tu non scherzi. - lo interruppi, facendo notare questo particolare dettaglio.
Fece una smorfia, piegando le labbra di lato in un sorriso colpevole.
-Vero. - assentì.
Posò un braccio sullo schienale del divano, fingendo di averlo fatto per stare più comodo. Sapevo che era un invito, ma non sapevo quanto fosse giusto avvicinarmi. Lo guardai ed egli fissò le mie iridi senza proferir parola, quasi aspettasse una mia mossa. Bevvi l'ultimo sorso della bevanda leggermente alcolica e sospirai, strusciando su quei guanciali imbottiti fino ad adagiare la testa alla sua spalla. Mi avvolse e chiusi gli occhi, cercando di imprimere in me quel senso di protezione. Non provavo niente per Rick, niente che non fosse lealtà, stima, gratitudine ed ovviamente affetto, ma comparati ai sentimenti scaturitimi da Daryl, non erano nulla. Non avevo idea di cosa sentisse invece lo sceriffo, di cosa pensasse di me al semplice sguardo, ma temevo che fosse vittima di una infatuazione passeggera. Forse aveva semplicemente bisogno di avere qualcuno vicino. Per me avrebbe rappresentato una cura, un cerotto, un disinfettante. Probabilmente, sarebbe riuscito a farmi dimenticare l'arciere, o almeno lo speravo.
Angolo autrice
Perdonatemi per la lunghissima assenza, ma l'università mi sta davvero mettendo alle strette. Non preoccupatevi, non vi abbandonerò, però gli aggiornamenti saranno meno frequenti.
Lo so, un altro capitolo di passaggio senza Daryl, ma abbassate le lance o i fucili, presto i due si affronteranno di nuovo u.u
Commentate, mi siete mancati!
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro