Capitolo 55 : Resurrezione
Il tempo era distorto. Non capivo quanto fosse passato dall'ultima chiacchierata, o meglio, dall'ultima confessione ricevuta. Padre Gabriel era venuto più volte per regalarmi qualche preghiera, ma vivevo ogni secondo delle sue visite come un incubo. Non volevo ascoltare quelle sciocchezze. Le tenebre si erano distese, facendosi impercettibilmente più chiare. Pian piano avevo riacquistato sensibilità nel corpo. Ero riuscita a percepire le lacrime di Maggie sul mio braccio e le carezze di Rick. Mi era sembrato addirittura di sentire l'odore dei biscotti di Carol. Non so dire se fosse solo opera di una fervida immaginazione, ma avevo l'idea che da qui a poco mi sarei finalmente svegliata. Aspettavo soltanto che Denise mi privasse di quei medicinali, che mi permettesse di vivere alla luce. Restai immobile in quell'atmosfera stranamente tetra e confortevole, attendendo il mio momento. Lì mi sembravano minuti, ma avevo il timore che nella realtà fossero ore. Ero bloccata in un sogno eterno. D'un tratto un vento si abbatté nel mio subconscio, una terribile tempesta cacciò via quello sfondo oscuro, lasciando che quel luogo si riempisse di un bianco accecante, doloroso agli occhi. Tutto era diventato così luminoso e silenzioso. All'improvviso riuscivo a percepire il battito del mio cuore. Cosa stava succedendo? Mi stavo svegliando? Feci qualche passo in avanti, finalmente mi era concesso muovermi. Il mio avanzare però non produceva alcun suono, come se quella specie di pavimento bianco fosse completamente etereo. Un fischio insopportabile si schiantò in quel luogo, obbligandomi a tappare le orecchie. Mi accasciai a terra. Chiusi gli occhi dal fastidio e dal dolore provato, ma quando questo cessò, apparvero a me di fronte due porte nere, due portali. Mi alzai a fatica, avvicinandomi a quelle cose. Affondai titubante una mano in quell'oscuro passaggio e questa scomparve al suo interno. Ritrassi immediatamente il braccio, indietreggiando.
-E così è quello che hai scelto?
Mi voltai, avendo riconosciuto la voce.
-Cassie. Allora sono davvero morta. Non ce l'ho fatta.
Scosse la testa, facendo vibrare quelle ciocche dorate.
-In realtà non ancora, sta a te scegliere.
Il fischio riapparve più violento di prima.
-Cos'è questo? - gridai per farmi sentire, ma ella sembrava non essere disturbata da quel suono.
-In questo momento ti stanno rianimando.
Quell'atroce rumore mi entrava nelle membra.
-Allora hanno sospeso il cocktail.
Annuì.
-Ma il tuo cuore sta collassando.
-Perché? E cos'è questo? Tu non sei Cassie, non è vero?
Fece spallucce, avvicinandosi.
-Fate sempre così tante domande quando arrivate qui. Non credo sia davvero importante dirti cosa sono. In questo momento dovresti pensare ad altro. Scegliere : vita o morte?
Indicò i due portali, soffermandosi sul destro al pronunciamento dell'ultima parola. Avevo immerso la mano in quello sbagliato. Non volevo morire, avevo scelto di lottare.
-Questa.. Questa è soltanto un'allucinazione dovuta ai farmaci. Non esistono inferno e paradiso, giusto?
Mi sorrise. Amavo ed odiavo fissare il volto di mia sorella.
-Chissà, forse sono soltanto la tua coscienza adesso.
-E perché mai dovresti essere sotto forma di Cassie?
Mi prese per mano.
-Pensavo ti fosse di conforto.
In quel momento mi sentivo soltanto terribilmente a disagio. Il suono ripiombò fra noi più acuto delle precedenti scosse.
-Tic Tac, Kendra. Il tempo sta scadendo.
Mi accompagnò in mezzo ai due portali, squadrandomi con quegli occhi blu notte.
-E se non volessi scegliere?
Si massaggiò il mento come se dovesse pensarci.
-Beh a quel punto sarà il destino a scegliere per te, ma io non te lo consiglio. Potresti anche restare bloccata qui in eterno.
Lasciai la sua mano, cercando però di imprimere quella sensazione sulla mia pelle. Sembrava così reale, mi pareva davvero di stringere mia sorella.
-Se le cose stanno in questo modo, allora opterò per la vita.
Mi avvicinai a quella strana porta sulla sinistra, fissando quel vortice intenso.
-Hai davvero così tanta paura?
Sbuffai.
-Forse, ho paura di dover affrontare nuovamente tante prove. - affermai sorridendo - Ma ho una voglia matta di rivedere quelle loro brutte facce.
-Allora, a presto sorellona.
-Preferirei un ' al più tardi possibile ' .
Dissi, immergendomi in quel portale.
*
Riemersi annaspando come se non avessi più fiato in corpo, come se avessi rischiato di affogare in fondo al mare. Riemersi e il petto si infiammò, irradiandomi di elettricità. Uno spasmo mi fece scattare in avanti e qualcuno mi sorresse. Non riuscivo a vedere, era tutto completamente buio. Mi tastavo le palpebre, sforzandomi di aprirle. Una luce mi investì e tutto mi apparve di un bianco immacolato. Vedevo delle ombre di fronte a me, ma non riuscivo a focalizzarle. Il cuore mi batteva all'impazzata, tanto che temevo mi scoppiasse. Qualcuno afferrò il mio volto, puntandolo su di sè. Ma vedevo soltanto una macchia rosa. Pian piano riuscii a percepire dei suoni e la vista parve tornare.
-Kendra, Kendra riesci a sentirmi? - esclamava Rick in preda al panico - Sei viva, va tutto bene.
Respiravo a fatica, la testa mi doleva. Il petto bruciava e l'addome mi dava soltanto fitte. Cercai di concentrarmi su quegli occhi azzurri, su quei piccoli occhi corrugati.
-Va tutto bene. - balbettai piangendo.
Mi sorrise.
-Sì, va tutto bene. - ripetè, abbracciandomi.
Ero viva. Ero sveglia. Udii un rumore e mi voltai di scatto, quasi fossi spaventata che si trattasse solo di un sogno. Denise posò qualcosa e si avvicinò sorridendomi, sebbene fosse completamente sudata. Posai una mano sul petto, percepivo un leggero ed orticante fastidio.
-Scusami! - esclamò - Forse ho esagerato con il defibrillatore.
-No. - ridacchiai, pensando a quel fastidioso fischio - Mi è servito.
Le lacrime continuavano a scendere imperterrite lungo le guance, ma era un pianto liberativo, di gioia. Rick teneva strette le mie mani, quasi non volesse credere che fossi sveglia. Mi sentivo strana, era frastornante tornare alla realtà. Mi sentivo fiacca, ma ero comunque felice di provare qualcosa.
-Quanto.. - dissi col fiatone -.. Per quanto tempo sono stata in coma?
Denise prese una sedia e si accomodò vicino a Rick. Si aggiustò gli occhiali prima di rispondere incredula.
-Come fai a sapere del coma?
Rick mi fissava con fronte corrugata, ma non smetteva di giocherellare con le mie dita. Il suo improvviso comportamento dolce mi confondeva, ma mi rassicurava.
-Io, beh, sentivo tutto.
Lo sceriffo spalancò le labbra in uno sfavillante sorriso, guardando la dottoressa come per esclamare 'te l'avevo detto'. Denise spostò il ciuffo biondo di lato e scosse la testa.
-Ancora non riesco a credere che ti sia svegliata, pensavo di aver combinato un disastro.
-Ehi, sono viva grazie a te. - la rassicurai - Non sei affatto male come dottore, guarda che risultato!
Si fece seria e così pure lo sceriffo, questo fece per spiegarmi qualcosa ma io lo interruppi, posando una mano sul basso ventre.
-Ripeto. Ho sentito tutto.
Parlavo del bambino, delle lesioni all'utero. Abbassarono lo sguardo entrambi, ma in quel momento non volevo compassione.
-Toglietevi quest'espressione dalla faccia, vi prego.
Michonne entrò in stanza e non appena mi vide seduta sul lettino, si lanciò su di me in un abbraccio che mi fece scrocchiare tutte le ossa.
-Brutta stupida! - borbottò - Ci hai fatto dannare per una settimana.
Dopotutto non era passato molto tempo, anche se percepivo il corpo spossato e un certo languorino allo stomaco.
-Come ti senti? - chiese tutta allegra, liberandomi da quella morsa.
Passai una mani fra i riccioli.
-Strana. Difficile da spiegare.
Mi sorrideva con quei suoi bianchi denti perfetti e si avvicinò ai due già presenti, poggiandosi sulla parete.
-Sappi che ti abbiamo fatto tutti compagnia, facevamo dei turni e..
-Lo so bene. - la precedetti - Come dicevo a loro prima, non ero proprio k.o. Non del tutto almeno. Riuscivo a sentirvi chiaramente.
Sbarrò gli occhi quasi le sembrasse impossibile, poi guardò Rick e Denise che annuirono.
-Quindi, sai praticamente tutto tutto? Voglio dire, quello che sta succedendo qua e quello che è successo a te? Ogni cosa?
Feci una smorfia, non tanto per il dolore che provavo, quanto per ciò che aveva appena sottinteso samurai. Ma Denise scattò in piedi per mettermi in vena qualche cc di morfina, per placare un poco quel fastidio.
-Proprio così, ogni cosa. - sostenni - Degli altri ancora nessuna notizia?
Cercai di deviare il discorso sul gruppetto disperso, sperando che non volessero parlarmi dell'aborto e delle lesioni subite. Ma Michonne non parve della stessa idea.
-Kendra, dovremmo parlarne. Non ha senso far finta di nulla.
-No, non ha senso parlarne. - ribattei - Non c'è assolutamente nulla da dire al riguardo. Dopotutto, non era ancora un bambino. Ed io avevo già tentato di ucciderlo.
Si morse il labbro e guardò Denise, quasi sperasse in un supporto. Ella infatti abboccò.
-Questo lo sappiamo Kendra, ma parlarne ti farà bene. Insomma, è già un trauma di per sé.
Sospirai affranta, guardando in basso per scorgere la medicazione. Mi sarebbe rimasta un'altra bella cicatrice. Così come al braccio sinistro, dove avevo una fasciatura per coprire lo squarcio fatto dalla falce. Senza dimenticarci della spalla forata da un proiettile. Ero una cicatrice vivente. Invece del bambino, in quel momento pensai a Phil. Non ero riuscita a salvarlo, a differenza sua, avevo fallito.
-Mi ha salvato la vita, due volte. Ha impedito un mio stupro e la morte, facendomi da scudo. - parlai con flebile voce.
Calò il silenzio.
-Per questo gliene sono grato. - ammise Rick - L'ho perdonato, su letto di morte.
Mi asciugai le lacrime, sorridendo allo sceriffo. Almeno non era morto circondato da odio.
-E per quanto riguarda l'avere figli, non sono triste al riguardo. Credetemi. - mentii.
Finsero di essere convinti di ciò, ma apprezzai il loro gesto. Dopotutto, mi ero appena ripresa. Avevo bisogno di tempo per digerire la cosa e per parlarne come se niente fosse. Rick allungò un braccio sul tavolo dietro a sè e mi passò un piatto colmo di biscotti.
-Fatti stamattina. - annunciò lo sceriffo - Sai, Carol ne sfornava parecchi, ma qualcuno li mangiava di continuo.
Michonne si parò le labbra con una mano, ridacchiando. Compresi che era lei la colpevole. Mi allungai per afferrare il piatto con ingordigia, ma l'addome stramazzò. Assunsi probabilmente un'espressione dolorante, poiché Rick scattò immediatamente in avanti per sorreggermi.
-Ehi sto bene, tranquillo. - lo calmai - Devo evitare sforzi.
Denise si alzò ancora un poco scossa e stanca, ma mi disse che sarebbe andata a dare la buona notizia. Le diedi il permesso, volevo vedere ognuno di loro. Ringraziare ed abbracciare tutti, senza distinzioni. Addentai un biscotto, affogando in quella dolce e fragrante ambrosia.
*
Passai la mattinata in compagnia della mia famiglia, ignorando possibili rancori o ferite ancora non guarite. Eravamo semplicemente noi, allegri e spensierati, a fingere che tutto andasse bene, a fingere che tutto si sarebbe sistemato. Beh, in realtà ci speravo davvero. D'un tratto, però, un rumore assordante fece tremare il suolo. Uno schianto metallico. Si affacciarono tutti alla finestra e a giudicare dalle imprecazioni che furono gettate in quelle mura, qualcosa di terribile era appena successo. Afferrarono le proprie armi ed iniziarono a correre in strada. Rick passò a Eugene una pistola, ordinandogli di restare qui con me e di chiuderci in casa. Non parve felice del compito datogli, ma annuì e corse a chiudere finestre e quant'altro. Cercai di sporgermi dal lettino, di affacciarmi al vetro prima che Eugene abbassasse la tapparella, ma quello che vidi mi terrorizzò. La torretta di guardia era crollata, abbattendo parte della recinzione laminata che ci separava dai vaganti. Un'orda enorme di putrefatti aveva appena invaso Alexandria. Eugene mi guardò nel panico ed abbassò subito la tapparella, indietreggiando con la pistola fra le mani.
-Dobbiamo fare silenzio, nessun rumore che possa attirarli. - balbettò.
Scesi dal lettino, tornando finalmente in piedi dopo una lunga settimana di riposo obbligato. I muscoli erano completamente intorpiditi.
-Perché ti sei alzata? - brontolò sussurrando - Non hai le forze.
Arrancai appoggiandomi alla parete, sperando di riattivare lentamente le membra. Lo scienziato mi guardava con le sopracciglia inarcate.
-Lasciami fare due passi. Non potevo resistere minuto in più su quel letto.
Mi avvicinai ad egli ed entrambi ci lasciammo cadere a terra, facendo scivolare la schiena lungo il muro.
-Bella merda. - osservai.
Annuì, sospirando.
-Non potevo svegliarmi prima? - sbuffai - Cosa diavolo ci facciamo qui? Dovremmo essere là fuori a dar loro una mano.
Scosse la testa convinto.
-Io dovrei esserci, tu no. Non in queste condizioni. Sono stato incaricato di proteggerti ed è quello che farò.
Inclinai la testa all'indietro, ritrovandomi a fissare il soffitto. Sentivo le grida e il mormorio del gregge di vaganti. Chiusi le palpebre. Non potevo accettarlo, non potevo restarmene con le mani in mano. Sapevo di non essere nelle condizioni fisiche più favorevoli per affrontare una situazione apocalittica del genere, ma era anche vero che non potevo essermi svegliata senza un motivo preciso. Dovevo fare assolutamente qualcosa. Mi alzai a fatica, aprendo tutti gli scaffali dell'ambulatorio.
-Che stai facendo adesso? - domandò spazientito.
-Cerco la mia roba, Denise dovrà pur averla messa da qualche parte.
Notai in un angolo un piccolo armadietto blu. Mi ci fiondai speranzosa.
-E a cosa ti serve adesso?
Bingo.
-Mi equipaggio. - esclamai vittoriosa, facendo scorrere la cintura con la fondina attraverso i diversi passanti.
Si alzò sbraitando nervoso, pur mantenendo un tono della voce basso e profondo.
-Assolutamente no. Hai sentito bene cosa ha detto il capo : chiudetevi dentro, barrica ogni infisso, e bada a lei.
Raccolsi i capelli in una coda stretta ed alta. Machete, Glock e coltellaccio. Non mancava nulla. Feci qualche saltello sul posto, in modo da capire in che stato fosse il mio corpo. Acciaccato, un poco dolorante, ma pur sempre abbastanza reattivo. La morfina aveva alleviato le sofferenze, ma allo stesso tempo mi aveva donato l'assurda credenza di poter affrontare l'inferno all'esterno. Mi avvicinai alla porta, ma Eugene mi trattenne goffamente per la maglietta.
-Devi badare a me, giusto?
-Sì. - disse fiero - Devo proteggerti.
Inspirai, tenendo ben stretta fra le dita la maniglia.
-Allora vedi di non perdermi d'occhio.
Scattai in avanti, oltrepassando la porta della stanza e giungendo di corsa a quella dell'ingresso. Non appena la aprii, un odore nauseabondo e persistente ci inghiottì. Eugene apparve alle mie spalle preda a brividi. Non avevo mai visto così tanti vaganti.
-Questa è la fine. - pronunciò.
Afferrai il machete. Sparare adesso non aveva senso, avrebbe soltanto attirato una cospicua massa di belve assetate. Dovevamo agire nel silenzio, nell'ombra.
-Scienziato, benvenuto al livello finale. E in come ogni gioco che si rispetti, eccoti il boss. - parlai, indicando con la lama l'intera orda - Pensa in fretta ad un piano, ad una strategia per eliminarlo. Condizioni : nessun rientro in partita. Missione secondaria : mantenermi in vita.
Lo guardai con decisione in volto, sperando che l'idea di calarsi in un videogame con relativa quest lo aiutasse ad affrontare quegli esseri decomposti. Deglutì rumorosamente, facendosi serio.
-Bene. - dissi con tono solenne - Che la partita abbia inizio.
Angolo autrice
'Sera carissimi, finalmente ho aggiornato. Scusate l'attesa e l'assenza di azione generale in questo capitolo, ma era dovere farne uno di passaggio. Nel prossimo avremo come protagonisti Kendra e Eugene, che amabile coppia.. Vero? 😂 Già sento le lamentele per la mancata presenza di Daryl, ma tutto al suo tempo.
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