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Capitolo 48 : Mozziconi



Come ogni giorno, il sole batteva incessantemente sulle nostre minuscole teste, facendoci grondare di sudore sin dalle prime ore del mattino. Affondavo la pala nel terreno, smuovendolo e spostandolo in parte. Stavo scavando la fossa per Reg e Pete, aiutata da Aaron. Avevamo pensato di organizzare un angolo verde di Alexandria in una specie di cimitero. Foscolo diceva che le lapidi esistono solo per i vivi, che sono inutili ai morti, che in poche parole servono soltanto per mantenere vivo il loro ricordo. Ovviamente ero d'accordo con la sua filosofia, ma questa caratteristica non l'avremmo certo abbandonata. Era un'azione che rafforzava la nostra umanità, impedendole di cadere a pezzi e frantumarsi dinanzi al deturpamento del mondo a noi intorno. Scavavamo senza proferir parola, scambiandoci ogni tanto un'occhiata. Ora che Pete era morto, Denise era andata nel panico. Mi aveva detto che in passato aveva studiato chirurgia, ma che a causa di frequenti attacchi di panico, si era buttata sul ramo psicologico. Adesso, però, tutta la baracca spettava a lei. Si era poi chiusa nell'infermeria, recuperando ogni libro sulla materia. Ero sicura che non l'avrei rivista prima di mesi. Asciugai la fronte col dorso della mano, poggiando poi mani e mento sul bordo del palo di legno. Aaron fece lo stesso, tirando un grosso respiro. Quel caldo era estenuante, rendeva più pesante e difficile ogni più banale azione. Avevo rinunciato ai pantaloni lunghi, adesso indossavo un paio di shorts non fabbricati da me. I lividi erano quasi scomparsi del tutto, quindi non mi facevo tanti problemi al riguardo. Aaron arrotolò le maniche della sua camicia blu a scacchi, sperando di ricevere un poco di sollievo. Afferrammo il cadavere di Reg, poggiandolo con delicatezza nella fossa. Gettavo una cospicua porzione di terreno alla volta, pensando a quanto fosse ironico il destino. Alexandria si reggeva in piedi grazie al suo lavoro. Le forti mura erano state progettate proprio dall'uomo che adesso giaceva nel suo perimetro. Assestammo il terreno, appiattendolo con colpi di pala. Presi la croce che precedentemente avevamo fabbricato, piantandola nell'erba. Aaron fece forza su quelle due assi di legno, assicurandosi che fosse ben conficcata. Ci guardammo soddisfatti e ci avvicinammo al corpo di Pete.

-Fermi. – ordinò Rick.

Morgan apparve alle sue spalle con una strana espressione in volto. Mi parve che non fosse d'accordo con quello che aveva in mente lo sceriffo.

-Lui non verrà sotterrato qui ad Alexandria. – annunciò con disprezzo – Lo faremo fuori.

Aaron scosse la testa, poggiando la pala alla parete laminata.

-Faceva parte di questo posto. – spiegò cercando di restare calmo – Si merita di essere seppellito qui.

-Accanto all'uomo che ha ucciso? – evidenziò rauco.

Guardai sconsolata la fossa vuota. Avremmo dovuto farne un'altra in un differente punto.

-Ascolta, Rick. – parlai, strusciando le mani fra loro per scuotermi dei residui di terra – Avrà pure ucciso Reg, ma era un chirurgo. Ha salvato delle vite ed era parte della loro famiglia. Vuoi negare ai suoi figli di venire sulla tomba del padre?

Inarcò le sopracciglia, avendo a noia il fatto che lo contradicessi. Ma, dopotutto, non era una novità.

-Quell'essere non merita di essere definito padre.

Morgan abbozzò una smorfia e fece qualche passo avanti, superando lo sceriffo.

-Lo accompagno io fuori. – parlò al rosso – Mi assicurerò che abbia una degna sepoltura.

Aaron sbuffò infastidito, afferrò la pala e se ne andò, lasciando capire che se ne tirava fuori. Morgan allora passò a me, aspettando una mia risposta.

-Se Deanna vi dà l'okay, sono anch'io d'accordo.

Rick si diresse verso l'abitazione della donna, mentre Morgan si fermò davanti alla fossa di Reg, congiungendo le mani in preghiera. Abbassò le palpebre ed io rimasi lì a fissarlo. Era un particolare individuo. Ancora non avevo avuto modo di farmi un'idea obiettiva sulla sua persona, ma sembrava essere un pacifista. Un tipo tutto yen ed incenso.

-Finita l'analisi? – domandò, aprendo gli occhi.

Perspicace il tizio. Posai le mani sui fianchi.

-Diciamo di sì.

-E ti vado a genio? – scherzò.

-Per il momento non ho niente da ridire.

Mi sorrise ed io contraccambiai.

-A Rick ci penso io, non preoccuparti.

Lo guardai sollevando un sopracciglio.

-Hai completamente toppato.

Passò l'indice sulla superficie del proprio bastone, quasi fosse in cerca di qualche irregolarità.

-Non sei l'unica analitica qui.

Aveva capito che era successo qualcosa fra me e Rick, ma non sapevo con quali occhi l'avessi guardato. Risentimento, odio, rancore? Poi l'uomo si voltò, aspettando che lo sceriffo ci raggiungesse. Arrivò caricando la Colt.

-Abbiamo la sua approvazione. – informò soddisfatto.

Alzai le mani all'altezza delle spalle, mostrando loro i palmi, e me ne andai senza dire nulla. Non mi piaceva la cosa, ma se Deanna aveva dato il proprio consenso, non potevo farci niente. A giro non c'era praticamente nessuno, come se le persone avessero paura di incontrare noi del gruppo. Maggie mi passò accanto, ma mi ignorò. Non insistetti, non volevo inclinare maggiormente il nostro rapporto. Ultimamente ci eravamo avvicinate molto, ma con la mossa del Governatore avevo mandato tutto all'aria. Incrociai Daryl alle prese con la proprio moto. Se ne stava lì sotto al sole, incurante del sudore sulla schiena e dei capelli appiccicati alla fronte, a lucidare la propria motocicletta. Aveva una sigaretta fra le labbra, giunta quasi al termine. Non si accorse di me, tanto era occupato con quella ferraglia. Mi fermai dall'altro lato della moto, oscurandolo. Fece uno scatto con la testa, in modo da spostare il ciuffo di lato, e puntò gli occhi su di me.

-Che vuoi? – borbottò a labbra serrate.

Mi sedetti sul marciapiede, distendendo le gambe.

-Una sigaretta.

Sghignazzò non prendendomi sul serio, ma gli porsi una mano, aspettando che mi desse ciò che avevo chiesto. Mi guardò torvo e poi gettò lo straccio sulla sella, sedendosi accanto a me. Estrasse il pacchetto dalla tasca della camicia smanicata che stava indossando, passandomi poi una cicca un po' storta. Presi l'accendino che era ai suoi piedi e colorai di fiamme vive la punta di questa. Aspirai, senza buttare giù, affinché la sigaretta si infiammasse, e liberai il fumo nell'aria. La gola si seccò all'istante, graffiando, ma riuscii in qualche modo ad impormi sulla tosse. Daryl mi squadrava, quasi attendesse una mia resa, un colpo di tosse od un lamento. Trattenni il suo sguardo, mostrandomi impassibile, ed egli corrugò la fronte.

-Vuoi impressionarmi? – schernì.

Mi chiesi come facesse a piacergli questo sapore amaro.

-Ti credi così importante?

Si massaggiò il pizzetto biondo, inspirando altra nicotina. Per quanto mi sforzassi di buttare giù quella roba, il tabacco non faceva proprio per me. Preferivo di gran lunga l'alcool come vizio. Sebbene entrambe le cose fossero veleno puro per il corpo, vedi polmoni e fegato. Fece un cenno.

-Ehi guarda, sta arrivando il tuo spasimante.

Notai Spencer venirci incontro.

-Chi dei due ne ha? – parlò, riferendosi alle sigarette.

Daryl sbuffò, ma gli lanciò comunque il pacchetto addosso.

-E' l'ultima. – esaminò Spencer.

L'arciere mosse le spalle in un 'me ne frego'. Si sedette anch'egli al mio fianco ed io gli passai l'accendino. Accese quell'effimera striscia bianca e sorrise, come se gli fosse mancata. Fumavamo senza dirci nulla, divertendoci a fare figure con quelle dense e bianche nuvole che producevamo. Spencer realizzò dei cerchi nell'aria, allora Daryl ne fece due. Uno che entrava nell'altro. Si stavano sfidando implicitamente ed io nascondevo dei sorrisi. D'un tratto una quarta ombra si aggiunse alle nostre. Alzammo tutti e tre gli occhi, scontrandoci con la figura di Abraham.

-E' questa la zona fumatori? – scherzò.

-Sei arrivato tardi. – rispose Daryl – Le abbiamo finite.

Abe ci guardò mettendo una mano sulla fronte, evitando così che il sole lo accecasse.

-Quelle schifezze non fanno per me. – sorrise, mostrandoci un sigaro – Io ho questi bimbi.

Si accomodò accanto all'arciere, sporgendosi per cercare l'accendino. Spencer si allungò su di me per passaglierlo. E così, eravamo in quattro. Il fumo del sigaro era molto più pungente delle nostre sigarette, tanto che persino Daryl cercò di scacciare con una mano quell'ammasso di vapore. Abraham ridacchiò. Nonostante avessimo un nuovo componente alla squadra fumatori, nessuno aprì bocca. Era come se fosse un angolo di relax, un pezzo di marciapiede dedicato al riposo, ed io non me ne lamentavo. Il silenzio mi era sempre piaciuto. Ovviamente quel momento non poteva durare in eterno. Michonne apparve di fronte a noi con le mani in vita e un'espressione corrucciata.

-Cosa sarebbe questo, un circolo fumatori?

-E' forse un crimine? – ironizzò baffone.

Rise.

-Potreste occuparvi delle mura magari. – consigliò – Fare qualcosa di utile insomma.

-Sbirro infame. – finsi un colpo di tosse, come per non farmi sentire da samurai.

Daryl stranamente rise divertito da ciò che avevo detto e continuò la frase, non abbassando però il tono della voce.

-Per te solo le lame.

Michonne ci lanciò un'occhiataccia e ci colpì in testa con le nocche avente una mano stretta in pugno. Daryl ed io posammo all'unisono entrambe le mani sulla zona colpita, massaggiandoci la nuca.

-Vi prego ragazzi. – esortò la donna – Già nessuno mi prende sul serio vestita così.

Abraham scoppiò in una fragorosa risata.

-Rilassati spadaccina, qua è tutto a posto.

-Già. – sottolineò Spencer – Finché non c'è il cowboy a picchiare gente a caso, possiamo stare tranquilli.

Michonne sospirò, arrendendosi alla nostra apparente pigrizia. Levò le mani al cielo e ci lasciò in pace. Notai i maschietti fissare la sua figura allontanarsi, sebbene fossero più occupati a guardare una zona in particolare del suo corpo. Sorrisi, spengendo la sigaretta sull'asfalto.

-Davvero sodo. – esclamai.

I tre distolsero subito lo sguardo, fingendo di star osservando altro. Ma Abraham fu l'unico ad ammettere la propria azione, ridendo e facendomi l'occhiolino. Spencer arrossì e finì col fissarsi le punte delle scarpe, mentre Daryl gettò lontano il mozzicone.

-Quindi.. – esclamai, stiracchiandomi – Che si fa?

Abraham fece una smorfia e l'arciere si alzò, tornando alla moto.

-Capito. – sospirai – Tornerò ad ignorarvi.

Mi alzai, sgranchendo le gambe.

-Perché ignorare? – domandò confuso Spencer.

Già, mi ero dimentica che egli non sapeva niente al riguardo della mia espulsione.

-Beh, diciamo che Rick mi ha gentilmente ordinato di stare alla larga da lui e compagnia bella.

Spencer buttò a terra la sigaretta, spengendola poi con la suola della scarpa.

-Cos'è, un'ordinanza restrittiva? – disse ironico – Che stronzata.

Daryl borbottò qualcosa a denti stretti e Spencer lo guardò in cagnesco, avendo capito che ce l'aveva col sottoscritto. Allora l'arciere ci ripensò, lanciando nuovamente lo straccio sulla sella, e si avvicinò con fare intimidatorio.

-L'uomo che ha portato è pericoloso. – ringhiò – Già è tanto se non l'ha buttata fuori a calci in culo.

Agitai una mano, attirando l'attenzione.

-Daryl caro, sono qui eh.

Mi puntò l'indice sul petto.

-E non chiamarmi così. – minacciò.

Spencer cacciò via il braccio dell'arciere, mentre Abe spense il sigaro sebbene non fosse finito. Si alzò pacato e si avvicinò a Daryl fissandolo negli occhi con fare affatto amichevole.

-Direi che un proiettile al braccio è già abbastanza.

Non mi aspettavo che il rosso prendesse le mie parti, praticamente non era mai successo.

-Non aveva sparato a lei. – grugnì.

Abe abbozzò un sorriso, sebbene finto.

-Ascolta biker. – lo sfottè – Capisco che qualunque cosa dica il tuo capo, esegui senza far domande, ma quando dà di matto va riconosciuto.

Daryl mantenne il contatto visivo, sfidandolo. Erano muso a muso, muscoli rigidi e sguardo fisso.

-Ti consiglio di levare la tua cazzo di faccia lentigginosa dalla mia. – sibilò furioso.

-Altrimenti?

Spencer roteò gli occhi al cielo. Già non aveva molto a genio il cacciatore, se poi questo si metteva a fare il bulletto della situazione, il sentimento certo non migliorava. Posai le mani sulle spalle dei due cani rabbiosi.

-Suvvia, siate gentili. – pregai – Stavamo andando così bene.

Fecero entrambi qualche passo indietro, pur non tralasciando occhiatacce di odio.

-Beh io me ne frego di quello che ha detto Rick. – farneticò Abe – Puoi starmi fra i piedi quanto vuoi.

Daryl lo guardò stranito, anch'egli non comprendeva la sua improvvisa simpatia nei mie confronti. Insomma, visto i precedenti nessuno l'avrebbe immaginato. Io per prima.

-Ti ricordo di non essere stato io a tirarle un pugno in bocca. – abbaiò.

Spencer mi osservò affranto. Più mi conosceva e più scopriva quante botte mi ero presa. Chissà che strana idea si stava facendo sul mio conto. Gli riservai un sorrisetto imbarazzata ed egli mi rispose con una smorfia che non riuscii ad interpretare.

-Beh tu mi hai sparato un dardo. – sottolineai all'arciere.

-Questo non c'entra. – si sbracciò – Pensavo tu avessi ferito Carl. Lui non ha scuse, se non quella di essere uno stronzo pel di carota.

-Attento a come parli, cane! – si infiammò – Le tirai quel pugno perché pensavo avesse mollato. Ed io odio i deboli, mi stanno sul cazzo quelli che si arrendono.

Poi si voltò, puntando un dito verso di me.

-Mentre adesso questa stronza ha tirato fuori le palle. Cosa che apprezzo.

Non erano certo le parole più gentili che mi fossero state donate o il complimento più carino che avessi ricevuto, ma quel discorso mi riempì di gioia. Ero felice che qualcuno mi vedesse con occhi diversi. Odiavo essere trattata come la mocciosa di turno, perché non mi consideravo affatto tale. Inoltre, Abe non aveva idea di quello che avevo dovuto passare, ma il fatto che adesso mi ritenesse cazzuta, mi bastava. Daryl scosse la testa, spostandosi alcune ciocche di capelli.

-Sei solo un povero pazzo. – blaterò tornando alla motocicletta – E adesso levatevi dai coglioni.

Spencer adagiò una mano sulla mia schiena, spingendomi per strada, e Abraham ci seguì. Lungo il tragitto non parlammo della scenata avvenuta, ci limitammo a raggiungere il cancello. Rosita stava facendo il turno di guardia. Sentendoci arrivare ci salutò e sorrise al proprio fidanzato. Abe la guardò dolcemente e poi tornò serio. Non era un tipo molto baci e coccole. Spencer fece a cambio con la donna e i due piccioncini si allontanarono. Avrei voluto ringraziare quel bestione rosso, ma sapevo che ne era in parte già a conoscenza. Sospirai, contenta che un membro del gruppo mi ritenesse ancora parte della famiglia.

Angolo autrice
'Giorno gente, eccovi un capitoletto a sgamo nell'ora di pranzo. Purtroppo sono sotterrata dai libri e da esami, ma sto cercando di trovare spazio per pubblicare abbastanza spesso ✌🏻️
Questa parte doveva essere una specie di 'momento felice' (?) Insomma, una pausa. Anche se ovviamente c'è di mezzo un bisticcio, altrimenti non mi diverto 👅

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