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Capitolo 29 : Cielo



Le gambe erano fiacche e rigide. Mi sembrava di trascinare sacchi pesanti quintali. La vista andava e veniva, annebbiandosi di tanto in tanto. Stropicciavo gli occhi, mi davo qualche pizzicotto. Facevo di tutto pur di restare vigile e sveglia. La pressione era al minimo. La gola asciutta, lo stomaco vuoto. Sicuramente ero disidratata e vicino allo svenimento, ma avrei resistito. Nessuno di noi era messo meglio. Ogni ruscello, laghetto o pozza che incrociavamo, era impura. Inoltre, non pioveva da giorni. L'aria era secca, molto arida. Il sole ci irradiava con quei fastidiosi raggi bollenti. Di giorno si sudava e di notte morivamo dal freddo. Accendere il fuoco era escluso, avrebbe attirato l'attenzione dei vaganti. Non facevamo altro che camminare, camminare e camminare. Rick non voleva arrendersi, come noi del resto, ma la situazione era più che critica. Il mio stomaco era così vuoto, che spesso avevo dei conati. Tutto dovuto alla quantità di succhi gastrici che avevo in corpo. Ogni poco alzavo il naso all'insù, sperando di intravedere qualche nuvolone grigio, ma a nostra sfortuna, il cielo era sempre di un limpido ed immacolato azzurro. Sasha mi stava alla larga, pensando che avessi voglia di psicanalizzare anche lei. Ma avrei agito contrariamente a quanto pensasse. Aveva un carattere completamente diverso da Maggie. Se le avessi fatto qualche sorta di discorso mi sarei ritrovata col culo a terra e il naso sanguinante. Avrei semplicemente aspettato che sbollisse prima da sola. Infatti, ciò che successe quando le passai accanto, mi diede completamente ragione, affermando la mia tesi.

-Non provarci nemmeno. – parlò brusca, mentre la superavo.

Le sorrisi, pur avendo il fiatone.

-Sarai tu a venire da me, se ne avrai voglia.

Sasha rimase interdetta, ma subito dopo assunse nuovamente un'espressione accigliata. Rick si fermò, guardandosi attorno come una lepre.

-Due a destra, due a sinistra in cerca di qualche animale. – disse, indicando il bosco – Noi altri ci occupiamo dei vaganti.

L'ordine fu chiaro e coinciso, ma eravamo tutti completamente stanchi e fradici di sudore. Ci guardammo, come per capire chi avesse davvero le forze per inoltrarsi nella vegetazione. Non avendo molta voglia di uccidere altri putrefatti, mi proposi. Daryl e Carol formarono una coppia, e si diressero a destra.

-Vengo io. – farfugliò Eugene.

Poteva andarmi peggio, pensai. Era stato uno stronzo, una bella faccia tosta a mentirci. Ma, stranamente, provavo un senso di pena e tenerezza nei suoi confronti. Almeno era buffo, forse mi avrebbe regalato dei minuti simpatici.

-No. – esclamò sbronzo Abraham – Vado io.

Rosita fece per rimbeccarlo, ma poi scosse la testa afflitta. Oramai Abraham non dava alcuna fiducia al finto scienziato, comprensibile in parte. Ma non è che facessi i salti di gioia a saperlo mio compagno di caccia. Ad ogni modo, lo seguii, inoltrandoci nella boscaglia. La sua andatura era molto vacillante e i movimenti scoordinati. Aveva solo alcool in circolo e ciò non prometteva affatto bene. Restai ad una buona distanza, evitando frasi o parole che potessero infastidirlo. Non dico che mi mettesse soggezione, ma mi dava l'idea di essere una vera furia da incazzato. Pur essendo stanca, cercavo di fare il meno rumore possibile e scrutavo la zona in cerca di possibili tracce. Al contrario, il rosso barcollava chiamando a sé gli scoiattoli, così come quando si richiama un gattino. Sospirai, lasciandolo fare. Speravo che Daryl avesse più fortuna con la caccia.

-Fanculo! – borbottò, buttandosi a terra.

-Abraham.. – dissi, come una madre esausta che vede il figlio fare i capricci.

-Lasciami qui e vattene – ordinò, gettando la bottiglietta lontano – E' finito tutto.

Presa dallo sfinimento, mi sedetti di fronte a lui.

-Il whisky sì, il mondo quasi. – replicai.

La sue gote erano più rosse dei capelli.

-No no, è finito pure quello. – borbottò – E noi con lui.

Dovevo alleggerire l'atmosfera, magari punzecchiandolo un poco. Tanto, irascibile com'era, avrei sbagliato a priori.

-Non ti facevo un tipo del genere..

-Che intendi? – obiettò sfidandomi.

Dovevo prepararmi mentalmente, avrei ricevuto un pugno a breve.

-Pensavo fossi un uomo di una certa stazza, invece stai facendo la vittima, il bambino piagnucolone e capriccioso della situazione.

-Brutta figlia di..

Mi alzai di scatto, pur rischiando di cadere all'indietro per lo sforzo. Egli invece si sporse, credendo di afferrarmi, ma i suoi movimenti furono lenti, come mi aspettavo.

-Guardati. – insistetti – Non hai le forze nemmeno per colpirmi.

Di risposta mi mandò a quel paese.

-Non credo che Rosita abbia bisogno di questa tua versione. Fai pena. Non riusciresti nemmeno a proteggerla.

Allora mi guardò con altra espressione, debellando la rabbia e facendo spazio alla razionalità.

-Tsk, non sono forte come pensi. Ho già perso mia moglie e mia figlia.

-E vuoi perdere anche lei?

Si aggrappò al tronco vicino e cercò di alzarsi, pur facendomi capire quanto gli girasse la testa.

-No. – rispose fiacco – Se sono qui ora, è grazie a lei.

-Bene. – sorrisi – Allora non fare lo stronzo e datti una svegliata.

Ridacchiò sotto quei baffi spessi.

-Tu vuoi proprio un pugno. – scherzò.

Dopo altri minuti inutili e futili di ricerca, decidemmo di tornare indietro. Non avendo udito alcun sparo, eravamo sicuri che si fossero sbarazzati di quei pochi vaganti senza troppi problemi, nonostante la spossatezza generale. Una volta ricongiunti, appurammo con delusione che pure Daryl e Carol avevano fatto cilecca. Lo sconforto era palpabile. Rick fece cenno di ripartire. Camminammo senza sosta per altre due o tre ore, bruciando su quell'asfalto rovente. Daryl si fermò, squadrandoci uno ad uno, come se si sentisse responsabile.

-Non mi arrendo. – sentenziò – Vado a cercare qualcosa.

Si avviò senza aspettare il parere di Rick, pur sapendo quanto egli amasse avere il controllo della situazione.

-Resta in zona. – ammonì lo sceriffo.

Daryl scomparve fra quella natura maligna e noi riprendemmo il viaggio, buttando ogni tanto un occhio alla radura intorno, sperando di veder spuntare l'arciere con qualche succoso bottino. Ma il tempo passava e le nostre bocche erano sempre asciutte. Mi voltai, notando quanto stessimo avanzando lentamente. Molti putridi ci erano alle calcagna e si muovevano con più rapidità. Ci avrebbero raggiunto a breve, questione di minuti. Eravamo così stanchi, da non esserci nemmeno accorti dei loro lamenti. Se avessimo continuato di questo passo, saremmo finiti a terra. Morti di fame e stenti. Dovevamo trovare una soluzione. Ad ogni modo, mi affrettai ad avvertirli del pericolo imminente. Ci posizionammo parallelamente in due file, distanziandoci di quanto bastasse per avere il controllo della 'pulizia'. Uno ad uno i vaganti si tuffavano in mezzo e poi barcollavano verso uno di noi. Stringevo il bowie, concentrandomi su quel movimento affatto fluido del putrido a me di fronte. Appena fu abbastanza vicino, lo infilzai dritto nella fronte. Il pugnale rimase attaccato al cranio, per quanto molle fosse. Non riuscivo ad estrarlo. Non ne avevo la forza. Mi aiutai con un piede, tirando un calcio al petto del putrefatto. La lama si sfilò, schizzandomi di cervella. D'un tratto, Sasha sbottò. Uscì dalla posizione che le era stata assegnata e si lanciò su di loro con furia. Tutto andò a pezzi. Rompemmo le righe ed affiancammo la pazza, cercando di contenere la mandria di vaganti. Loro erano tanti e noi eravamo a pezzi. Non riuscivamo a tenergli testa, essendo ormai praticamente circondati. Il braccio mi faceva male, lo sentivo intorpidito. Nonostante ciò, continuavo a conficcare il bowie nelle loro teste marce. Finché, uno di questi, ormai morto definitivamente, mi cadde addosso. Le mie gambe tremarono, ma non riuscendo a trattenere il peso, caddi anch'io con esso. La botta sull'asfalto fu dolorosa, ma non ebbi il tempo per lamentarmene, che subito altri schifosi si avventarono su di me. Vedevo le loro facce moltiplicarsi, oscurandomi quel cielo candido. Dannazione. Cercavo di allontanare le loro fauci spingendoli per il collo o il petto con la mano sinistra, mentre con la destra li pugnalavo con rabbia. Si addossavano su di me uno ad uno, limitando sempre di più i miei movimenti. Vidi Tara ed Abraham cercare di sfoltirli.

-Kendra! – gridò Michonne, spappolando un cranio.

Furono costretti a sparare. Udivo le raffiche di proiettili perforare quei morti viventi, percependo il rumore distinto dei loro corpi afflosciarsi a terra come fiori appassiti. Eugene e Rosita mi sfilavano di dosso quelle cose sanguinolente, cercando di alleggerire il peso affinché potessi liberarmi. Rick apparve alle mie spalle e, afferrandomi da sotto le braccia, mi trascinò fuori da quel cumolo. Iniziai a strusciarmi le braccia coi palmi delle mani, come per pulirmi di quel sangue fetido. Ne ero zuppa. Kioshi si accucciò su di me, esaminandomi in cerca di graffi o morsi.

-Stai bene? – chiese lo sceriffo ansimando – Sei stata morsa?

Ero sicura che a breve avrebbe avuto un infarto. Carl mi guardava, tenendo in braccio la piccola. Se non fossimo riusciti a fermarli, si sarebbe messa davvero male per tutti. Abraham si gettò su Sasha, iniziando ad urlarle contro.

-Cosa cazzo ti è preso, uh? – smanettò – Facci un fischio la prossima volta che vuoi ucciderci!

Lei respirava a fatica, un misto di stanchezza e ansia da attacco di panico.

-Sto bene, sto bene. – ripetei, come se ciò fosse d'aiuto alla loro convinzione.

-E' pulita. – affermò Kio, tendendomi il braccio per farmi alzare.

Una volta in piedi, vacillai un poco, ma, fortunatamente, riuscii a trovare l'equilibrio.

-Non sembra. – rispose lo sceriffo alla mia precedente affermazione.

In realtà mi sentivo completamente svuotata e la testa mi doleva, oltre che darmi un senso di vertigini fisse, forse dovute all'urto.

-Ci hai messo tutti in pericolo, Abraham ha ragione. – sottolineò con voce rauca – Provaci un'altra volta e sei fuori.

Sasha non rispose. L'avevamo scampata per un pelo. Poi mi guardai attorno, preoccupata.

-Daryl? – osservai – E' strano che non sia arrivato sentendo gli spari.

Rick si passò le mani fra i ricci zuppi di sudore. Michonne e Glenn si lanciarono da una parte della strada, inoltrandosi nel bosco. Guardai Rick, aspettando il consenso. Non appena incrociò il mio sguardo ed abbassò la testa annuendomi, mi feci forza e partii alla ricerca dell'arciere. La testa mi girava parecchio, ma allo stesso tempo sentivo una vocina che mi spronava a cercare quell'uomo, come un campanello d'allarme. Riuscivo difficilmente ad immaginarmelo in pericolo, ma temevo comunque che avesse potuto fare qualche stronzata delle sue. Era capace di mascherare benissimo il proprio malessere fisico, quindi era pure probabile che fosse svenuto da qualche parte. Nel terreno secco e frantumato, decorato da quelle linee e spaccature sottili, distinsi quelle che potevano essere ricondotte alle sue orme. Procedetti in quella direzione, sostenendomi a qualche ramo e sgattaiolando quatta alla vista di vaganti, finché non mi apparve in lontananza la sua figura. Sembrava star bene. Tirai un sospiro di sollievo, sebbene provassi ancora del risentimento nei suoi confronti. Adagiai le mani sui fianchi, annaspando nel fiatone. Vedevo la terra ondeggiare. La vista mi stava giocando brutti scherzi. Feci un passo in avanti, pestando un ramoscello secco. Daryl si voltò all'istante, mirandomi con la balestra. Alzai le braccia al cielo.

-Sono io. – annunciai, facendomi spazio fra gli arbusti.

Egli abbassò l'arma.

-Che diavolo hai combinato? – chiese senza muoversi – Stanno bene gli altri?

Feci spallucce.

-Sì, loro stanno bene. Abbiamo avuto solo qualche piccolo problemino con dei vaganti.

-Si vede. – schernì – Ci hai fatto il bagno.

Facevo abbastanza schifo, lo ammetto. Puzzavo terribilmente.

-Perché ti sei allontanato tanto? Rick .. – dissi, avanzando.

-Ferma! – ordinò, mostrandomi il palmo della mano.

Mi bloccai come una brava soldatina, pur non capendo la motivazione.

-Non lo senti? – bisbigliò, controllandosi attorno – C'è qualcosa qui.

Con la testa in quelle condizioni, era già tanto che non avessi le allucinazioni. Non distinguevo nessun suono preciso.

-Cosa c'è? – domandai innocentemente.

Egli mi squadrò.

-Shhh – sussurrò, accucciandosi e tastando il terreno a sé vicino.

Fu in quel momento che iniziai a notare qualcosa di strano sulla superficie, come se le foglie e la terra fossero state aggiunte in un secondo momento. Concentrandomi a fatica, udii dei gorgogli, dei lamenti distinti di un gruppo di putrefatti. Ma intorno non c'era nulla. Era così strano, come se provenissero da sotto terra. Non appena capii, lanciai un'occhiata a Daryl, notando che aveva avuto la stessa intuizione. Feci per parlare, ma vidi la sue espressione cambiare, come se stesse osservando qualcosa alle mie spalle. Allungò le braccia, gridando a qualcuno di fermarsi. Il tempo rallentò ai miei occhi. Vidi Kioshi superarmi di un passo. Un rumore secco, una rete che si stacca. Il suolo crollò ai suoi piedi. Il terrore nel suo volto. La sua mano che mi raggiunge, mi afferra. Cado assieme a lui in quella enorme fossa. Un dolore lancinante, pungente. Mi guardo la mano, il polso è slogato. Kio grida e cerca di strattonarmi. Lentamente, tutto torna a scorrere in modo naturale, tanto che persino i suoni mi giungono reali. Sono di nuovo a terra, sdraiata, e intorno a noi è pieno di putridi affamati. Alzo gli occhi al cielo, consapevole che sarà l'ultima volta che potrò farlo.

E' arrivato il mio momento, Cassie.

Angolo autrice
Lunedì 😭
Ho la strana sensazione che il team #hatekioshi sarà in parte felice di questo finale capitolo ^^'

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