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Capitolo 28 : Scacco Matto



L'aria si fece calda e la natura attorno a noi si accese. Un'alta fiamma si levò fra le fitte chiome, divampando pian piano. Qualcuno uscì dalla parrocchia e noi raggiungemmo gli altri, spezzando quell'abbraccio. Attraversammo di corsa la navata, ignorando le domande e le chiacchiere altrui. Tutti ci stavamo chiedendo cosa fosse successo, cosa potesse accadere laggiù, oltretutto non molto lontano da noi. Il sospetto ricadde immediatamente su Gareth e la sua banda. Il cuore mi prese a battere all'impazzata.

-Cosa cazzo sta succedendo? – chiese Michonne, come se qualcuno di noi ne avesse idea.

-Non lo so. – rispose preoccupato Rick – Ma dovremmo controllare.

Kioshi mi guardava impanicato.

-Sei sicuro? – domandò il dottorino – Forse dovremmo barricarci qui.

-Ed aspettare come topi in trappola? – ribatté Carol – Non se ne parla.

-Oltretutto, è pure possibile che qualcuno abbia bisogno d'aiuto. Non possiamo semplicemente restarcene qui a far niente. – aggiunsi.

Kio mi lanciò un'occhiataccia, arrabbiato che non gli avessi dato appoggio. Non era il momento di fare i vigliacchi.

-Kendra ha ragione, dobbiamo muoverci. – esortì Daryl, caricando la balestra.

Rick ci divise in due gruppi. Io, Daryl, Ty e Sasha saremmo andati in avanscoperta assieme a lui, mentre gli altri avrebbero difeso la parrocchia. Carl obiettò.

-Ma papà, voglio venire anch'io. – pregò – Posso darvi una mano.

-Ho bisogno che tu stia con tua sorella e con Beth, devi proteggerle e so che puoi riuscirci. Intesi?

Mi parve strano che non avesse voluto Michonne con sé, ma pensandoci un poco, era giusto così. Serviva qualcuno che fosse in grado di gestire la situazione in caso di vero pericolo, e lei ne era indubbiamente capace. Senza togliere niente a Carol che, effettivamente, a Terminus era stata disumana. Le dovevamo tutti la vita.

-Aspettate! – esclamò Kio – Forse qualcuno ha semplicemente lanciato una molotov e ci stiamo agitando per niente.

Daryl allora si mosse, finendo faccia a faccia con il giapponese.

-Credi davvero che un'esplosione del genere, con delle fiamme così alte, sia riconducibile ad una cazzo di molotov? – lo schernii – Ma non dovevano essere intelligenti gli asiatici?!

Ammonii Daryl con lo sguardo, sebbene non avesse tutti i torti. Kio si zittì e ci lasciò correre in pace. Camminavamo svelti e vigili attraverso i fitti alberi, attenti a non inciampare o incombere in qualche putrido. Decidemmo di dividerci ulteriormente, nel caso si fosse rivelata una trappola qualcuno doveva riuscire a far ritorno alla cappella per avvertire gli altri. Sasha e il fratello si separarono da noi, in modo tale da aggirare l'incendio. Non appena io, Rick e Daryl arrivammo al luogo dell'esplosione, notammo subito un camion ribaltato su una strada secondaria. Qualcuno aveva fatto detonare il mezzo di proposito. Poi, un'enorme mandria di zombie apparve lungo la strada, attratti dal grande baccano.

-E' una fottuta trappola. – urlò rabbioso l'arciere.

-Ci hanno voluti qui per un motivo preciso. – osservò Rick, guardandosi intorno.

Poi degli spari aleggiarono nelle vicinanze.

-Cazzo. – esclamai – Hanno voluto separarci per essere sicuri di abbatterci più facilmente. Dobbiamo immediatamente tornare indietro.

Non aspettammo un minuto di più ed iniziammo a correre come matti, cercando di raggiungere il più in fretta possibile la chiesa. Gli spari indicavano senza ombria di dubbio che Ty e Sasha avevano già avuto modo di scontrarsi coi cannibali. Non sentivo nessun dolore alla gamba, ma sapevo che era tutta colpa della botta di adrenalina. Non appena riemergemmo dal bosco, notammo Michonne correre incontro a Sasha, la quale si teneva il braccio sinistro con espressione dolorante. Era stata colpita.

-Sasha! Michonne! – gridò Rick – Tutto bene? Dov'è Tyreese?

Carl uscì dalla cappella affiancato da Carol, reggendo entrambi una pistola fra le mani.

-Cos'è successo? – urlò il ragazzino.

-Era una cazzo di trappola. – espose Daryl.

-Stanno arrivando. – esortì Sasha – Stavamo tenendo testa ad alcuni di loro, ma non appena abbiamo capito che altri stavano arrivando qui, abbiamo fatto retrofronte. Ty era proprio dietro di me. Io..

Vedevo dal suo sguardo quanto temesse per la vita del fratello, aveva paura che gli fosse successo qualcosa. Fatto da non escludere. Michonne la strattonò, evitando che quella decidesse di correre a cercarlo. Dovevamo metterci in posizione e farci trovare pronti. Un colpo di pistola echeggiò. Qualcuno aveva sparato in aria. Lo stesso qualcuno che stava avanzando verso di noi. Gareth.

-Ma che bel posticino. – disse ironico, procedendo spalleggiato dai suoi uomini – Non sarebbe bello se anche questo posto esplodesse e fosse avvolto da vaganti?

Era chiaro come il sole che si riferisse al loro maestoso rifugio da macellai. Ce l'aveva a morte con noi, avevano perso tutto. Non li avrei biasimati, se non fossero stati degli stronzi. Poi, quando furono più vicini e più visibili, scorsi il profilo di Tyreese. Il capo gli stava puntando una pistola alla nuca, sfidandoci. Sasha abbracciò immediatamente il fucile con l'intenzione di sparare, senza perdersi in inutili chiacchiere, ma Gareth la bloccò.

-Tu spari ed io faccio lo stesso. Non lo salveresti.

Ci scambiammo tutti delle occhiate, parlandoci senza aprir bocca. Era una situazione molto delicata, difficile da gestire.

-Cosa vuoi? – domandò sconfitto Rick – Possiamo trovare un accordo.

Mi voltai subito nella direzione dello sceriffo, incredula di aver udito tali parole. Gareth sorrise.

-Papà sei impazzito? – obiettò Carl.

Comprendevo il suo stupore, ma ero sicura che Rick avesse qualche sorta di piano in mente. Carol pareva fremere, avrebbe resisto ancora poco prima di far fuoco. Daryl, invece, era immobilizzato. Avrebbe voluto spaccare la faccia a quei mostri senz'anima, ma un'azione sprovveduta avrebbe dato una piega decisamente amara al contesto.

-Cosa voglio? Mi pare ovvio. – evidenziò – Vi voglio tutti morti.

Non feci in tempo a gridare di fermarsi, che un boato implose. Il proiettile uscì dalla canna e si conficcò nel cranio di Ty, il quale crollò in un battito di ciglia a terra, come una foglia secca d'autunno. Quel gesto diede il via alle danze. Sasha gridò, sparando colpi a caso fra i bastardi, come se avesse un mitra in mano. Michonne cercò di calmarla, ma, giustamente, c'era poco da fare. Rick si lanciò su Gareth, brandendo il machete. Un paio di loro caddero a terra, colpiti da i proiettili di Sasha. Corsi acquattata, cercando di evitare le pallottole, e li giustiziai. Penetrai la loro fronte con il mio bowie, colpendoli più di una volta. Mi avventavo su di loro, pugnalandoli con brutalità, come se volessi punirli di ogni vita di cui si erano appropriati ingiustamente. I carnefici divennero le vittime. Gabriel ci osservava inorridito dalla finestra. D'istinto mi guardai il corpo, tornando lucida per un istante. Ero a cavalcioni su un corpo ormai privo di vita, il bowie sgocciolava quel liquido ferroso ed io ero zuppa del loro sangue. Mi sollevai di scatto, scuotendo la testa come per negare ciò. Mi parve impossibile credere di avere così rabbia e frustrazione dentro di me. Mi guardai intorno, sperando che nessuno avesse assistito a quella mia scena, ma fui ironicamente tranquillizzata di tale preoccupazione. Non ero colei che aveva dato il peggio di sé. Gareth era morto, disteso a terra. Il suo corpo, il suo volto erano irriconoscibili. Rick lo stava ancora martoriando. La lotta era finita prima di quanto pensassi, ma nessuno di noi sembrava averlo capito. Ci stavamo sfogando su quei mostri, senza nemmeno renderci conto di cosa stessimo facendo, anzi, era liberatorio. Le mie mani colme di sangue iniziarono a tremare. Indietreggiai, allontanandomi da quella carcassa. Carl era pietrificato. Fissava il padre con sguardo glaciale. Non riuscivo a comprendere se ne fosse disgustato o appagato. Udii un pianto isterico e notai Sasha a terra fra l'erba umida. Abbracciava il fratello, cercando di pulire la ferita alla testa, come se fosse possibile salvarlo. Michonne e Carol accorsero. Avrei voluto raggiungerla, ma le mie gambe non si muovevano. Ero scioccata. Poi sentii un conato di vomito e scorsi Kio accovacciato accanto all'angolo della struttura. Mi sforzai e riuscii ad avvicinarmi, sebbene tutto mi appariva confuso.

-Kio, stai bene? – balbettai.

Ogni volta che mi trovavo di fronte ad una grande quantità di sangue, il mio cervello andava in tilt. Ero rimasta traumatizzata.

-Ti pare che stia bene? – disse fra uno sputo e l'altro – Cazzo, guardati. Guardali.

Non mi voltai per scrutare nuovamente quell'immagine, l'avevo già bene impressa in mente.

-Non capisco, non so cosa mi sia preso.

-Sei un mostro, come tutti loro. – grugnì, fuggendo dentro la chiesa.

Andai in iperventilazione. Tentai di gestire quella semi specie di attacco di panico, riprendendo pian piano il controllo del respiro. Rick lanciò il machete molto distante a sé e si lasciò cadere a terra, tenendosi la testa fra le mani imbrattate. Daryl recuperò i dardi e si guardò attorno soddisfatto. Quando però i nostri occhi si incrociarono, mi venne incontro.

-Sei ferita? – domandò, iniziando a tastarmi la maglietta bagnata.

Scacciai via le sue mani.

-Non è mio.

Corrugò la fronte.

-E allora cos'è questa faccia? – chiese innocentemente.

Mi innervosii. Come poteva essere così tranquillo?

-Cos'è questa faccia? Scherzi? – parlai seccata – Tyreese è morto, un'orda di vaganti è qua vicina e noi, noi abbiamo fatto questo.

Mi afferrò per la spalle, tentando di scuotermi.

-Abbiamo fatto quello che andava fatto, e lo sai bene. Non venirmi a dire che non ti è piaciuta la vendetta.

Abbassai lo sguardo ed egli se andò, aiutando Carol a far staccare Sasha dal corpo di Ty. Le parole di Daryl mi ronzavano in testa. I muscoli affermavano la sua supposizione, ma il cuore mi diceva che ciò mi aveva inorridito. Lasciai perdere tali pensieri e raggiunsi Rick. C'era bisogno di un piano. Non potevamo restare là ancora a lungo. Dovevamo spostarci e di corsa. Lo sceriffo fissava inespressivamente ciò che restava di Gareth, senza far caso alle mie parole. Lo afferrai per quei ricci umidi, bagnati sia di sudore che di liquido organico.

-Diamine Rick, ascoltami. – ripetei – Dobbiamo scappare, non possiamo restare qui.

L'odore di cenere e bruciato furono un'ulteriore prova di quanto fosse pericoloso restare. L'incendio stava avanzando.

-E' finita, è finita. – farfugliava.

-Dannazione Rick, non è il momento adatto per impazzire. Coraggio! – insistetti.

Inutile, non mi sentiva. Inspirai e lo colpii dritto in faccia, un bello schiaffo a mano tesa. Subito egli reagì, afferrandomi il polso e squadrandomi con odio.

-Mi hai costretta. – replicai.

Si sollevò come se si fosse appena svegliato da un incubo.

-Cazzo. – capì – Le fiamme sono vicine.

Buongiorno.

-Prendiamo ciò che possiamo e via, non c'è tempo da perdere.

Annuì.

-Carl! Va' a prendere tua sorella. Daryl, assicurati di prendere le scorte. Michonne, pensa alle munizioni. Carol, tira fuori da quel covo Gabriel e il dottore, e ..

Beth, Beth cazzo. Il panico. Non avevamo modo di spostare Beth, se non quella di prenderla in braccio. Ma sarebbe stato un enorme sforzo fisico sia per lei che per il volontario. Ci guardammo in cerca di una soluzione, quand'ecco che il rombo di un nuovo motore ci allarmò. Dalla radura spuntò un camion dei pompieri semi distrutto. Rick mirò, ma abbassò subito l'arma. Vidi Abraham alla guida. Eugene salì sul tetto del camion ed armeggiò con l'idrante, finché questo non riversò un enorme getto d'acqua. Alcuni alberi e vaganti si spensero. Mentre i due uomini si occupavano dell'incendio, Rosita, Tara, Maggie e Glenn scesero di corsa, per capire cosa stesse succedendo. Non appena scorsero la scia di cadaveri, fu facile farsi un'idea. Nessuno di noi osò dire nulla. Loro erano tornati, ma non avevano con sé buone notizie. Non c'era motivo di spiegarsi o di aggiungere altro, quand'ecco che Maggie pronunciò la frase che tutti noi temevamo.

-Dov'è mia sorella?

*

Le prime luci dell'alba si mischiarono fra il fumo che aleggiava ancora nell'aria. L'incendio era stato debellato e con esso anche gran parte dei putrefatti, i quali avevano preso fuoco, spengendosi come micce consumate di candele. Maggie si era chiusa in camera con la sorella e non aveva ancora lasciato la stanza. Glenn era molto provato, ma le lasciava i suoi spazi. A dirla tutta, noi tutti eravamo provati e distrutti. Senza parlare poi delle piccole tensioni che si erano create fra noi. Oltretutto, Abraham era stato preso in giro. Eugene non era chi diceva di essere. Non ne ero rimasta poi così tanto sorpresa, voglio dire, mi pareva quasi ovvio che avesse qualcosa di strano. Ad ogni modo, eravamo punto e a capo. Privi di speranze e privi di una meta. Avevamo deciso di spostarci, migrare come un branco. Stavamo solo aspettando che Beth riposasse, che finisse di soffrire. Ed era orribile starsene lì, credetemi. Buttai i panni ormai rovinati ed indossai la mia vecchia e cara camicetta verde militare, assieme ai jeans neri ormai sfiniti. Pulirmi di tutto quel sangue mi aveva alleggerita nel vero senso della parola, era come se mi fossi pulita anche della morte e del peccato commesso. Mi sciacquai il volto pallido e lasciai il bagno a Carol. Qualcuno mi picchiettò sulla spalla.

-Ehi. – disse Kio – Scusami, non intendevo di dire ciò che ..

-Ma lo hai fatto. – sostenni, scansandolo.

Egli rimase fermo come uno stoccafisso. Raccolsi in capelli in una coda lente e mi sdraiai su una delle panchine, fissando le travi del soffitto. Era orribile starsene con le mani in mano, angosciati dal non poter fare niente. Quella sensazione mi stava divorando dall'interno, si stava facendo spazio fra le viscere.

-Hai bisogno di parlare? – fece capolino Gabriel, oscurando le travi.

-No, grazie. – affrettai – Va' da qualcun altro.

Sasha, ad esempio. Aveva passato tutta la notte in un angolo della parrocchia, senza rivolgere parola a nessuno, sebbene a turni fossimo andati da lei. Come se avessi detto il contrario, si sedette ai miei piedi.

-Beh vedi, loro non sono proprio come te.

-No. – insistetti – Sono un mostro come loro.

Egli mi guardava con un'espressione indecifrabile, mettendomi a disagio.

-Ho visto cosa avete fatto e di certo non voglio negare la bestialità delle vostre azioni. Eravate demoni di fronte alla casa del Signore.

-Dove vuoi arrivare, parroco?

Egli inclinò leggermente la testa, offeso dal mio fare indisponente.

-Il fatto è che, a differenza degli altri, tu hai capito l'orrore.

Allora mi sedetti, arrabbiata.

-Credi forse che a loro sia piaciuto?

-Dico solo che loro lo hanno già accettato. Pensaci, non si stanno torturando come te. Dovresti andartene, finché sei in tempo. – replicò schietto, allontanandosi senza darmi occasione di rispondergli a tono.

Non avrei mai abbandonato queste persone, sebbene avessi dei legami precari con alcuni di loro, ormai restavano l'unica cosa che evitava di farmi spezzare. Erano la mia roccia, la mia nuova famiglia.

-Cosa voleva quello stronzo?

Daryl mi sorprese alle spalle.

-Niente di che. – mentii – E non chiamarlo così, in fondo è grazie a lui se adesso abbiamo un tetto.

Storse la bocca.

-Certo, perché aveva paura che lo uccidessimo.

Feci spallucce, non avevo voglia di discutere. Daryl era parecchio suscettibile e nervoso, a causa dell'intera situazione, ma soprattutto per Beth. Il suo solito modo per sfogarsi era litigare con mezzo mondo, ma stavolta non gli avrei dato motivo per farlo. Doveva imparare a gestire le emozioni. Non che io fossi una maestra in questo.

Si schiarì la voce.

-Insomma.. – indicò Rick con lo sguardo – Che intenzione hai con lui, eh?

Lo fulminai.

-Di cosa diavolo stai parlando?

In realtà, pregavo con tutta me stessa. Speravo che non avesse visto, né sapesse niente al riguardo.

-Credi che sia un'idiota? – disse irato – E poi ho visto come gli sei saltata addosso. Vedo che hai fatto in fretta a dimenticare questo famoso Drake.

Sghignazzava, soddisfatto di avermi sputtanata così. Che immaturo.

-Io gli sarei saltata addosso? E' lui che si è avventato su di me e..

Lì i suoi occhi si fecero d'improvviso freddi come la neve. Divenne serio, all'istante. Allora capii, era stata una furbata, una trappola per vedere se era effettivamente successo qualcosa fra me e lo sceriffo. Daryl aveva avuto solo dei sospetti, ora invece ne aveva la conferma.

-Accidenti, non ci posso davvero credere. – ironizzò – Non pensavo che tu fossi una..

Lasciò la frase in sospeso.

-Una cosa? – insistetti – Sentiamo.

Sapevo cosa stava per dire.

-Una così facile ragazza. – sorrise.

Avrei voluto colpirlo sul naso, ma mi trattenni. Non volevo attirare l'attenzione, né era il momento per bisticciare come bambini.

-Questo, è proprio tipico di te. Parli a vanvera, butti merda su chi ti pare, solo per non pensare a quanto sei incasinato dentro. Oggi però non ci casco, d'accordo? – parlai con calma – Piuttosto, evita di giudicare, visto che non sai nemmeno di cosa stai parlando. Così sembri solo geloso.

Si scostò i capelli dalla fronte, fingendosi a suo agio e affatto incazzato.

-Geloso di te? Figurati. Non ti fotterei neanche se tu fossi l'ultima donna rimasta.

Sorrisi, incanalando l'istinto omicida.

-Buono a sapersi. Almeno posso toglierti dalla lista. – dissi, fingendo di cancellare qualcosa in aria.

Ed egli mi mandò a fanculo con gli occhi. Mi alzai, gli avevo dato anche troppa corda. Ma non appena feci un passo, la porta si aprì e Maggie apparve in lacrime, tanto che cadde sulle proprie ginocchia, preda a gemiti e lamenti. Era successo. Beth se ne era andata. Tutti accorsero per sostenerla, per farle capire che non era sola, che potevamo farcela assieme, che avremmo affrontato qualsiasi cosa. Al contrario, restai immobile a distanza, guardando quella scena a rallentatore. Sapevo che tutte quelle persone, pur provando lei affetto e gratitudine per loro, non le erano effettivamente di conforto. Aveva perso l'ultimo membro di quella che un tempo era la sua vera famiglia. Così come Sasha. Ed essendoci passata io per prima, comprendevo entrambi i loro stati d'animo. Li avevo attraversati come se fossi stata su una giostra, delle montagne russe per esattezza. Ed era un vortice, un caos di emozioni, che non aveva mai fine. Ti faceva rimbalzare da una parte all'altra, sfinendoti pian piano, ma senza mai darti il colpo di grazia.

*

Il sole primeggiava centrale su quella distesa brillante e ricca di delicate nuvole bianche. Camminavamo da ore in silenzio ed ero stanca di fissarmi gli anfibi sporchi di fango. Né erano più interessanti gli alberi con i vaganti alle loro spalle. Un piccolo gruppetto di questi ci seguiva ad una velocità molto limitata, eravamo in vantaggio, perciò non avevamo motivo di allarmarci. Ce ne saremmo preoccupati più avanti, quando avremmo avuto bisogno di una pausa. Eravamo in cammino da giorni. Dovevamo conservare le energie il più possibile. Per questo motivo, mi trascinavo su quelle povere gambe, osservando il cielo, come per fingere che niente del genere fosse intorno a me. Come per rievocare quei momenti da piccola, quando mi sdraiavo in giardino al fianco di mia madre, e facevamo a gara a vedere più animali possibili in quei contorni sfumati e sbiaditi delle nuvole. Sasha e Maggie chiudevano la fila, avanzando come se fossero obbligate dal corpo. Glenn ogni tanto si voltava, cercava dei segnali che lo informassero di poter stare al fianco della donna amata, ma ella lo ignorava. Rick dominava in cima al gruppo, affiancato da un'agguerrita Michonne. Mentre Carl e Carol lo seguivano fiduciosi, sperando di trovare un luogo decente. Tara cercava di consolare Eugene, il quale fissava con rammarico Abraham, dispiaciuto che questo lo evitasse. Rosita, invece, cercava di farlo ragionare, sussurrando parole a me incomprensibili a tale distanza. Daryl andava e spariva di tanto in tanto, si gettava nella boscaglia e rispuntava dopo un miglio, per poi fare di nuovo la stessa cosa. Era quasi divertente immaginarsi da dove sarebbe sbucato la prossima volta. Kioshi era più avanti a me, ma ogni tanto mi chiedeva di parlare, ed io fingevo di non notarlo. Aveva funzionato per un bel lasso di tempo, ma la strategia era scaduta. Kio si proiettò al mio fianco, sforzando il volto in un sorriso più vero possibile.

-Bella giornata, eh? – provò.

Un facepalm ci stava tutto.

-Sul serio? – chiesi sbalordita – E' davvero la prima cosa che la tua testolina bacata ha consigliato di dire?

Sospirò sconfitto, abbassando lo sguardo.

-Sono qui per chiederti nuovamente scusa, non volevo dirlo. Giuro che non lo penso. Mi dispiace. Mi dispiace. – affrettò senza prendere fiato.

Gli afferrai il braccio, evitando che continuasse a ripetere quelle due parole all'infinito.

-Tranquillo, ok? – rassicurai – Mettiamoci una pietra sopra.

Annuì in silenzio, sorridendomi con sincerità. Notai Gabriel camminare lentamente, stringendo a sé la Bibbia. Ero sicura che stesse ripetendo qualche preghiera fra sé e sé, sebbene non vedessi le sue labbra muoversi. Fortunatamente, Kio sembrò essersi tolto un peso dalla coscienza, e non mi disturbò con altre futili chiacchiere, limitandosi a starsene vicino e zitto. Procedemmo per altre due ore buone, prima che quel senso di pace fosse distrutto da un'altra stronzata del giapponese.

-Ehi, ma cosa è successo al burbero? – bisbigliò – Lo hai fatto arrabbiare?

-Fammi capire, deve sempre essere colpa mia? – affrettai.

Daryl era appena riemerso dalla vegetazione con l'espressione più scorbutica che potesse mai assumere. Kioshi alzò le mani al cielo.

-E' il tuo fidanzato, mica il mio.

-Sei un masochista – affermai, squadrandolo con odio.

Egli si discostò con volto interrogativo.

-Tu vuoi essere picchiato di brutto. – continuai – Altrimenti la smetteresti di dire stronzate del genere.

-Ma a me pare..

-Non è il mio f-i-d-a-n-z-a-t-o. – sillabai con rabbia.

-Scusa, non volevo..

Inspirai afflitta, era insostenibile.

-Dio, smettila di chiedermi scusa ogni cinque secondi! – brontolai, affrettando il passo per lasciarlo solo.

Fortunatamente non mi seguì. Cominciava a darmi parecchio sui nervi. D'un tratto il gruppo si fermò, indicando una zona dove potevamo sostare per riprendere un po' le forze. Non appena posai le chiappe sull'erba, fui pervasa da una stanchezza spossante. Aprii lo zaino in cerca di acqua, ma la borraccia era praticamente vuota. Restavano un sorso o due. La ributtai dentro sconsolata e mi sdraiai, tornando a bearmi di quella vista azzurra. Nessuno di noi parlava o aveva voglia di scambiare due pareri sul da farsi. Che fossimo al limite? Forse. Eravamo stati costretti a dormire sotto un ponticello di pietra, poi su dei ciottoli, poi su qualche ramo. Avevo le ossa a pezzi, ma non ci davamo ancora per vinti. Anche se la tensione fra di noi era alle stelle. Inutile dire che eravamo tutti molto nervosi, pronti a scattare d'ira per un non nulla. Senza parlare poi di Abraham, che aveva trovato da qualche parte, forse addosso ad un putrido, una fiaschetta colma di whisky. Non colmava affatto il suo senso di sete, né lo aiutava a calmarsi. Anzi, noi tutti gli stavamo alla larga, temendo di farlo esplodere in qualche modo. Nessuno di noi lo voleva incazzato. Lo stomaco brontolò, ricordandomi che era passato un giorno dall'ultimo scoiattolo ingurgitato. Tra l'altro diviso con Carl. Riuscivo abbastanza bene a tenere a bada la fame, sebbene se ne avessi avuta l'occasione, avrei divorato un bue intero senza problemi. Ma, cercavo di tenere sotto controllo i miei bisogni primari, sperando di resistere fino a quando ce ne sarebbe stato bisogno. Dopo nemmeno dieci minuti, Rick si alzò, proseguendo lungo la strada. Quell'uomo ci stava sfinendo, ma nessuno di noi osava controbattere. Sapevamo che era per il nostro bene, tutto sommato. Mi sgranchii gli arti e ripresi la maratona, pur sapendo che non avremmo trovato nulla nemmeno questo giorno.

-Kendra. – disse dolcemente Glenn – Posso parlarti un attimo?

Mi parve strano che qualcuno dovesse chiedere il permesso per parlare, ma a giudicare dall'umore altrui, ne compresi il gesto.

-Certamente, dimmi pure. – lo rassicurai.

-So che può sembrarti una richiesta un po' strana. – ammise – Ma vedi, per quanto possa provare a parlare con Maggie, non credo di riuscire ad aiutarla a tutti gli effetti.

Iniziai a capire a cosa si riferisse.

-Insomma.. – continuò – Io non ho avuto modo di veder morire un fratello o una sorella minore, non so bene quali tasti toccare. Se non te la senti, non importa. Non ti sto costringendo, voglio che sia chiaro.

Ciò che mi stava chiedendo era molto. Solo il pensiero di dover scavare a fondo dentro il mio subconscio per far riaffiorare quelle terribili sensazioni, immagini e ricordi, era già doloroso di suo. Ma capivo benissimo lo stato d'animo di Glenn e non mi sarei mai tirata indietro per aiutarlo. Dopotutto, aveva ragione.

-Farò del mio meglio, non preoccuparti. – confortai – Ognuno di noi affronta queste tragedie a modo suo, non è detto che la mia chiacchierata le sia d'aiuto, anzi, magari le darà fastidio, ma voglio comunque provarci. Te lo devo.

Mi ringraziò con lo sguardo. Il suo volto, sebbene sporco, emanava una dolcezza pura. Era ovvio quanto amore provasse per quella ragazza. Doveva essere orribile sentirsi impotente. Oltretutto, mi sarebbe piaciuto parlare anche con Sasha, sebbene non avessi la minima confidenza con ella. Proprio mentre stavo per fermarmi, in modo tale da permettere a Maggie di raggiungermi, questa tossì piano, cercando di non farsi sentire. A giudicare dai movimenti fluidi della sua borraccia che penzolava dal fianco, capii quanto fosse vuota. Allora presi la mia.

-Ehi – gliela porsi – Vuoi un sorso?

Finsi naturalezza, come se il mio fosse un gesto del tutto innocente, cosa che era effettivamente, ma senza darle il sospetto che volessi parlarle ulteriormente. Lei scosse la testa, come mi aspettavo.

-No, tienila per te. Grazie comunque.

Dovetti insistere.

-Ne ho altra, non farti problemi. – mentii.

Ella allora ci ripensò, prendendomi delicatamente la borraccia dalle mani. Tenevo il suo passo senza proferir parola, sperando che fosse lei a fare il primo passo. Ero sicura che le ronzasse un qualsiasi pensiero fra la mente, ma non ero altrettanto sicura che volesse esporlo proprio a me.

-Kendra.. – sospirò, sorprendendomi – Vedi, ho parlato molto con Beth.. prima che..

Fece una pausa.

-E ha detto che sei stata tu a trovarla, a portarla nella chiesa..

Vidi la mascella irrigidirsi e gli occhi farsi umidi.

-Maggie, non importa.. – tentai di bloccarla, non volevo sforzarla.

-No. – rispose, un accenno di sorriso con labbra tremolanti – Ti volevo ringraziare..

Portò una mano vicino alla palpebre, asciugandosi le lacrime con la manica della camicia.

-Ho potuto salutarla.. – aggiunse.

Avrei voluto abbraccia, stringerla a me come se fosse stata una mia sorella maggiore. Ma cercai di essere dolce, pur restando discreta. Trovai il coraggio ed allungai la mano, sfiorai la sua credendo in un suo rifiuto, ma questo non vi fu, permettendomi allora di congiungerle.
Volevo farle capire che c'ero, che sapevo cosa provasse. Ero sicura che quando eravamo alla prigione, Glenn avesse riferito qualcosa di me, della mia storia. Si amavano così tanto che era impossibile pensare che potessero non dirsi tutto.

-Sai Maggie, non c'era bisogno che tu mi ringraziassi.. ma lo capisco. E poi non ero sola, Rick, Michonne, Kio.. siamo subito andati a cercarla. A parte questo, so che non hai bisogno, né vuoi sentirti dire uno di quei classici discorsi ormai etichettati "adatti" per queste situazioni. Perché non hanno valore, né mai hanno funzionato. Anzi, non so te, ma a me facevano stare peggio, senza contare poi che mi infuriavo come una iena.

Abbozzò un sorriso.

-Quindi. – continuai – Sarò schietta. Starai bene solo quando tu per prima l'avrai accettato. Non contano Glenn, Rick, Io o gli altri, ma solo tu. Nessun senso di colpa, nessun rammarico. Solo accettazione. Starai bene tu e sarà più felice lei. Io, purtroppo, l'ho capito troppo tardi.

Fu lei ad abbracciarmi, senza se e senza ma. Così, facendomi restare di stucco. Non le avevo detto chissà che cosa, avevo altre mille frasi in testa, ma quella parole mi erano venute dal cuore.

-Avrei solo voluto proteggerla, essere con lei. – sussurrò stringendomi – Ero la maggiore, era il mio compito. Ma ho fallito.

Si stava torturando, così come avevo e continuavo a fare io stessa.

-Io ero con lei.. – dissi, riferendomi a mia sorella – E niente è cambiato. Non abbiamo fallito, Maggie. Abbiamo fatto del nostro meglio e dobbiamo continuare a farlo. Per loro, ma anche per noi.

Guardai Glenn, mentre accarezzavo la schiena di Maggie e percepivo le sue lacrime sul collo. Era lontano, ma a giudicare dal movimento della labbra, distinsi un'unica parola: Grazie.

Angolo autrice
Capitolo bello lunghetto, eh?
Ultimamente ero riuscita a disintossicarmi da Norman Reedus, ma all'improvviso è tornato a torturarmi. Me lo sono pure sognato. No, niente di sconcio. Mi regalava soltanto un coniglietto 😂❤️

😍😍

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