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ROBERT
Quella notte l'avevo sognata. Mia madre mi sorrideva. Aveva una veste bianca, i capelli color miele legati in una treccia, gli occhi azzurri sereni. Era bellissima. Stava suonando una canzone familiare di cui non ricordavo il nome.
La musica era sempre stata una costante nelle mie orecchie. Ero certo che mia madre mi facesse addormentare suonando. All'età di sei anni, mio padre mi portò per la prima volta a un concerto della mamma. Fu quel giorno che mi innamorai davvero della musica. La guardavo con occhi sognanti, ne rimasi folgorato: su quel palco era una stella luminosa. Avevo ancora i brividi solo a pensarci. In quel momento decisi che la musica avrebbe fatto parte della mia vita. Forse ero troppo piccolo per pensare una cosa simile, ma la musica mi divertiva. A quale bambino non piace divertirsi? Io la presi come un gioco.
All'inizio non ero in grado di suonare, ma sapevo cantare. Scoprii questa passione nel coro della parrocchia, dove mia madre mi inserì pur di farmi ascoltare la messa. Fu un'esperienza unica. Ormai cantavo ovunque mi trovassi e in qualunque occasione: sotto la doccia, per strada, a Natale. A volte, mi diceva mia madre, anche nel sonno. Però, cantare con lei era tutt'altra cosa. Sentivo una forte emozione, ogni singolo minuto.
A dieci anni, imparai a suonare. Non ero bravo quanto mia madre, ma me la cavavo. Ogni giorno mi insegnava a riconoscere le note, a distinguere i vari stili e le tonalità. Era la mia unica maestra. Grazie a lei, scoprii lati di me sconosciuti. Anche se tendevo a nasconderli. A soffocarli dietro una facciata sempre sorridente e, a volte, anche arrogante.
Ero contento di aver vissuto così la mia infanzia e l'adolescenza. Avevo nostalgia di quei tempi.
Tutto il mio mondo crollò il 20 luglio 2012, un tragico incidente. I miei genitori furono travolti da un camion, guidato da un ubriaco. Per una settimana in casa regnò il silenzio. Io e mio fratello non avevamo voglia di mangiare, parlare o uscire. Non esisteva più nulla. Niente aveva significato. Io a dieci anni avevo conosciuto la vita per la prima volta. Lui invece la morte.
Aprii gli occhi e guardai l'ora sull'iPhone: erano le nove e tutto taceva. Adoravo il sabato mattina. La casa era invasa dal silenzio, sensazione meravigliosa per le mie orecchie che ogni sera dovevano sopportare l'assordante musica del Blue Jeans. Per fortuna Alex non era mattiniero come me. Se non erano le undici, nessuno riusciva a svegliarlo. Nemmeno il continuo risuonare delle campane in festa la domenica mattina. Ogni tanto avevo bisogno di rilassarmi nel letto. La sera prima al locale c'era stata più confusione del solito ed ero davvero esausto. Quei ragazzi non si stancavano mai dei locali, come se bastasse un drink e una donna facile per divertirsi. Non nascondo che all'inizio, il primo anno al Blue Jeans, mi era capitato di intrattenermi con qualche ragazza, dopo il turno. Ma ero stanco della vecchia vita. Ero cambiato.
Richiusi gli occhi e mi addormentai di nuovo. Spero tanto di sognarti di nuovo, mamma
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