VIII
Merlino stava correndo a perdifiato per cercare di salvarsi e si chiese se fosse stata una buona idea travestirsi da cavaliere e fare da esca. Il lungo mantello rosso che portava sulle spalle gli si attorcigliava sulle gambe, rischiando quasi di farlo cadere nel bel mezzo della corsa. Le urla degli uomini alle sue spalle, armati e agguerriti fino ai denti, gli ricordarono che doveva muoversi se non voleva finire nelle loro mani.
È stata una pessima idea, come le solite idee geniali di Artù, mentre accelerava la corsa. Si lasciò la vallata alle spalle e si inoltrò nella foresta. Si voltò indietro e si fermò per riprendere fiato, ma un'ascia volteggiò in aria, scagliandosi contro di lui. L'arma si conficcò sul tessuto del mantello e il mago cadde a terra.
Non poteva perdere tempo, le urla degli uomini erano dietro l'angolo. Si liberò e si rialzò, riprendendo la corsa forsennata. Tuttavia dopo qualche metro si bloccò e si guardò attorno. Nessuno accorse in suo soccorso e la paura di finire nelle grinfie nemiche si materializzò nei suoi occhi.
Dove sono andati a finire?, si domandò, ma il rumore di passi alle sue spalle lo costrinse a voltarsi. Gli uomini lo avevano appena raggiunto e stavano avanzando verso di lui, perciò impugnò l'ascia pronto a difendersi.
<<Sei in trappola, non credi?>> gli chiese uno di loro, sorridendo in segno di vittoria.
Una freccia si scagliò contro di loro, colpendo uno dei nemici e tutti alzarono le teste verso l'alto. In cima al dirupo c'erano Artù e infiniti cavalieri di Camelot che li circondavano. Merlino esibì un accenno di sorriso, sollevato di essere finalmente in salvo.
<<Io no, non credo>> commentò.
I nemici capirono di essere caduti in trappola, inseguendo il moro.
<<Con me!>> urlò Artù, gettandosi dal dirupo pronto a combattere.
In pochi minuti la battaglia si concluse con la vittoria del principe e dei suoi cavalieri. I nemici furono catturati e Artù fu pronto per tornare a Camelot.
<<Artù, guarda qui>> lo fermò Agravaine, trattenendo per le spalle uno degli uomini appena sconfitti.
Aveva i capelli scuri e una folta barba brizzolata per via della mezza età, ma Artù non lo riconobbe come fece subito Agravaine.
<<Lui viene con noi, penserò agli altri prigionieri a Camelot>> disse.
<<Questo non è un prigioniero qualunque>> accennò suo zio, strappandogli dal collo un amuleto a forma di mezza luna orizzontale.
Glielo porse e fu allora che il principe capì l'identità dell'uomo davanti a sé. Non lo aveva riconosciuto per via dell'aspetto trasandato e dall'armatura che indossava e non era una situazione di tutti i giorni trovarsi reali a combattere con i propri uomini come fossero semplici cavalieri.
<<Bene, bene!>> commentò.
<<Che cos'è?>> si intromise Merlino dietro di lui, osservando lo strano ciondolo che il suo padrone teneva in mano.
<<Questo, Merlino, è lo stemma reale di Caerleon. Non è vero, Vostra Altezza?>> spiegò lui, rivolgendosi all'uomo di mezz'età.
Il nemico sollevò il mento in segno di sfida, ma non rispose. Legarono l'uomo e si preparano per tornare a Camelot. Scese presto la notte e il gruppo fu costretto a fermarsi per il buio pesto.
<<Non è la prima volta che sconfina nelle nostre terre>> rammentò Artù ad Agravaine, mentre i suoi cavalieri sorvegliavano il prigioniero.
<<No, la settimana scorsa ha conquistato Stonedown al confine Ovest>> affermò lui.
<<Ma ora non siamo ai confini, Agravaine. Questo è il cuore del regno, ha corso un grosso rischio a venire qui>> ribatté il biondo.
<<Può darsi che lui non la pensi così. Non è una coincidenza che sia successo dopo la morte di Uther>> rifletté lo zio e Artù lo fissò con espressione confusa.
<<Che vuol dire?>> lo interrogò.
Agravaine si affrettò a spiegare.
<<Artù, tuo padre aveva una grande forza e i suoi nemici lo temevano e lo rispettavano>>.
<<Stai dicendo che non sono degno di quel rispetto?>> intuì il nipote.
<<No, niente affatto! Non c'è cittadino di Camelot che non si sacrificherebbe per te, Artù, ma ai tuoi nemici, ai nemici di Camelot, non hai ancora dimostrato niente come re. Devi mandare un chiaro messaggio: che ogni azione contro Camelot non verrà assolutamente perdonata>> gli fece notare Agravaine.
<<È il messaggio che abbiamo mandato oggi>> ribatté Artù, ma suo zio scosse la testa.
<<No, Artù, non è abbastanza. Non per dissuadere Odin, Bayard e gli altri che bramano le ricchezze di Camelot>>.
Merlino stava ascoltando la loro conversazione e ciò che udì non gli piacque affatto, considerando che lo zio tanto stimato da Artù era un alleato fidato di Morgana.
<<Che cosa suggerisci?>> gli chiese il reale.
Proprio come aveva ipotizzato Agravaine assieme a Morgana, Artù si stava affidando a lui per dei consigli e come aveva promesso alla sua padrona, avrebbe fatto in modo che fallisce.
<<Io suggerisco di costringerlo ad accettare un trattato alle nostre condizioni. Dovrà ritirare i suoi uomini dalle nostre terre, restituirci i nostri possedimenti e dovrà cedere Everwick>>.
<<Preferirebbe morire che accettare queste condizioni>> commentò contrariato Artù.
<<Allora non ti rimane scelta>> lo incitò suo zio.
<<Non posso uccidere un uomo a sangue freddo>> si oppose Artù.
<<Devi fare ciò che è necessario per affermare la tua autorità>> insistette Agravaine.
Artù non poteva credere che suo zio gli stesse consigliando di uccidere un nemico solo sulla base di un rifiuto a delle condizioni di pace.
<<Deve esserci un altro modo>>.
<<Non c'è un altro modo. Pensaci, decidi per domani>> gli consigliò l'uomo.
Agravaine si allontanò, lasciando Artù in preda a mille dubbi. Davvero suo padre avrebbe agito così? Davvero doveva macchiarsi le mani di sangue solo per dimostrare di essere il degno figlio di Uther Pendragon? Davvero appariva così debole e insignificante agli occhi dei suoi nemici tanto che quest'ultimi si prendevano la leggerezza di invadere le sue terre a loro piacimento?
Merlino approfittò di quel momento di solitudine per cercare di far rinsavire Artù, vedendolo crogiolarsi nelle parole dello zio. Agravaine collaborava con Morgana e sapeva che tutto quello che stava facendo e dicendo era contro l'interesse del nipote e di Camelot, ma ciò il principe non lo sapeva e il servo avrebbe tanto voluto poterglielo confessare prima o poi.
<<Artù...>> lo chiamò.
<<Non ora, Merlino>> lo mise duramente a tacere lui.
Merlino non ebbe modo di poter aggiungere altro, perciò a una certa se ne andò a dormire.
Appena riaprì gli occhi, al mattino, la prima cosa che vide fu il posto affianco a sé vuoto. Artù non c'era e lo trovò seduto sul tronco di un albero con i gomiti poggiate sulle ginocchia, il mento tra le dita e lo sguardo perso nel vuoto. Conosceva troppo bene il suo padrone da sapere che dalla conversazione avuta con Agravaine lui non si era mai mosso da lì, rimanendo tutta la notte sveglio a tormentarsi davanti al fuoco.
Si alzò e pensò di offrirgli un bicchiere d'acqua, sperando di poterlo confortare in qualche modo. Il principe lo ringraziò e il servo si chinò sul fuoco morto che emetteva ancora una scia di fumo denso per ravvivarlo.
<<Non avete dormito?>> gli chiese.
<<Sto pensando>> fu la risposta di Artù.
<<A quello che ha detto Agravaine?>> suppose lui e l'amico affermò con un debole accenno di capo.
<<Allora, che cosa volete fare?>> volle sapere Merlino, sedendosi affianco a lui sul tronco di legno.
<<Mio padre era un grande re, ma io non ho né la sua saggezza né la sua determinazione. Posso solo seguire il suo esempio e agire come lui>> accennò Artù e Merlino capì che lui stava pensando di seguire i pessimi consigli dello zio.
Tutto ciò non faceva piacere al mago perché sapeva che Agravaine lo stava indirizzando a governare il regno in maniera errata.
<<Volete proporre questo trattato?>>.
Artù affermò.
<<Devo mostrare la mia forza, mostrare che sono degno del nome di mio padre>>.
<<Caerleon non lo firmerà, lo sapete>> ribatté Merlino.
<<Caerleon ha oltrepassato i limiti>> controbatté il biondo.
<<Artù, avete sempre mostrato pietà e non avete mai cercato di umiliare il nemico in battaglia. Questo non è da voi, voi non siete...>> cercò di farlo ragionare, ma Artù lo interruppe bruscamente.
<<Tu non hai idea di che significhi prendere decisioni che graveranno sul futuro di questa terra, quindi, ti prego pensa agli affari tuoi!>>.
<<Artù...>>.
Ma il principe si alzò e si allontanò, lasciandolo solo e deluso dalle sue parole amare. Più tardi Agravaine consegnò a Caerleon un rotolo di carta dove fu stato scritto il trattato da firmare e, dato che il reale era immobilizzato, Agravaine lo allungò a Sir Leon, il quale srotolò il trattato e glielo fece leggere.
<<Ti aspetti che io lo firmi? Che mi umili dinanzi a tutti voi?>> provocò.
<<Hai invaso questo regno, hai preso ciò che non ti apparteneva>> gli ricordò Agravaine.
<<E se non lo firmassi?>> lo sbeffeggiò.
<<Pagheresti con la tua vita>> lo minacciò lo zio di Artù.
<<E chi ha stabilito questi termini?>> domandò Caerleon.
<<Artù Pendragon, re di Camelot>> si intromise il principe, avanzando verso di lui.
Caerleon rifiutò il trattato con un semplice gesto della mano e si avvicinò al reale.
<<Molto bene. Che sia una cosa veloce>> concluse, inginocchiandosi davanti a lui.
Artù gli concesse una seconda possibilità.
<<Pensaci bene, Caerleon. Questo trattato potrebbe sancire una tregua tra di noi, ci sarebbe la pace come quella tra tuo padre e il mio>>.
<<Io non sono mio padre e tu non sei Uther. Avresti davvero il coraggio di uccidermi?>> affermò con decisione l'uomo e Artù non poté contestare.
Carleon aveva ragione: loro era completamente diversi dai modi e dagli atteggiamenti dei loro padri e Artù non voleva uccidere un uomo indifeso e strapparlo prematuramente alla vita come era accaduto ingiustamente con Uther, ma sentiva di non avere scelta in quel momento.
La sua mente era completamente plagiata dal giustizio sbagliato dello zio per cercare di rendere fiero il ricordo del padre scomparso e Merlino sapeva che stava agendo scorrettamente sin dalla convenzione avuta con lui la sera precedente.
<<Non mi lasci scelta>> concluse Artù.
<<No, tu non scegli un bel niente. Sono io che ho scelto di morire. Facciamola finita!>> ribatté Caerleon, chinando la schiena in attesa del colpo di grazia.
<<Va bene>> decretò il biondo.
Merlino si voltò verso Agravaine e scorse l'accenno di un ghigno malefico sulle labbra. Fino all'ultimo sperò che il suo migliore amico cambiasse idea e che trovasse un altro modo, più pacifico e meno peccaminoso, per riconciliarsi con Caerleon, ma capì che non si poteva più tornare indietro.
Scosse la testa, deluso e dispiaciuto per Caerleon che avrebbe pagato con la vita per un errore di Artù. Uno sbaglio che nel giro delle prossime ore avrebbe portato Camelot sull'orlo di una guerra guidata dal desiderio di vendetta e dal dolore causato. Rientrarono a Camelot e il consiglio accolse Artù ai gradini del palazzo con grande approvazione dopo quello che fu costretto a fare.
<<La tua decisione ti ha già fatto guadagnare il rispetto del consiglio e del popolo. Tuo padre sarebbe stato fiero di te>> lo adulò Agravaine, arrivati davanti ai suoi alloggi.
<<Grazie, zio. Non so che cosa farei senza il tuo sostegno e consiglio>> gli rispose il nipote, ancora ignaro delle conseguenze che la morte di Caerleon avrebbero portato su di lui e sul suo popolo innocente.
Con la coda dell'occhio riconobbe la figura di Ginevra che attendeva impaziente il suo ritorno. Il principe si avvicinò a lei e si abbracciarono, mentre Merlino stava portando i bagagli, ignorando completamente sia Agravaine che i due amanti.
Agravaine li guardò contemplarsi con amore e si ricordò che doveva risolvere una volta per tutte la questione della relazione clandestina tra il re di Camelot e una semplice serva e impedire così che il sogno premonitore di Morgana si avverasse. Più tardi Artù si tolse l'armatura e si cambiò vestiti.
<<Non deve essere stato facile uccidere un uomo così>> prese parola Merlino, intento a rimettere gli indumenti del principe nell'armadio.
<<Non avevo scelta, una dimostrazione di forza necessaria>> si giustificò il nobile, mentre si sciacquava il viso da una bacinella d'acqua fresca e pulita.
<<Anche la compassione può dimostrare forza, non credete?>> gli fece notare.
<<Non a quelli come Caerleon, no. Bisognava dare un esempio per il bene del regno>> si impuntò Artù.
In quel momento agiva e pensava esattamente come avrebbe voluto Agravaine.
<<Non rimpiangete niente?>> gli chiese.
Il principe colse una punta di disapprovazione nei toni del servo, ma decise di non farci caso.
<<La mia coscienza è pulita al contrario della mia stanza, quindi fai il tuo dovere e sbrigati>> gli ordinò.
<<Sentite, sto solo dicendo che se c'è qualcosa che vi turba, parlate con me. Non respingete i vostri amici, non ora che ne avete più bisogno>> lo rassicurò il mago.
<<Ti sbagli, Merlino. Non ho bisogno di nessuno, non posso permettermelo. Il regno è sotto la mia responsabilità, mia soltanto e tu devi imparare ad accettarlo>> dichiarò Artù e Merlino si sentì offeso da quelle dure parole.
Si limitò a un semplice cenno di assenso e finse che tutto andasse bene tra loro.
Contro ogni aspettativa di Merlino, quella mattina Artù decise di allenarsi al campo di addestramento. Tuttavia il mago intuì subito che qualcosa non andasse in Artù. Sembrava in collera e fuori di sé e i pugni potenti che colpivano a ripetizione il sacco che Merlino teneva fermo lo dimostravano.
<<Mi sembrate teso>> constatò.
<<Che vuol dire teso?>> finse Artù per non lasciar trasparire il tormento che lo attagliava da ieri sera, quando ebbe una spiacevole conversazione con suo zio riguardo alla sua relazione con Ginevra.
A lui non importava minimamente che la sua amata fosse una semplice serva e la figlia di un fabbro, ma Agravaine gli fece notare che non era una semplice questione di cuore. Era un re e il suo popolo si aspettava di vederlo con una donna del suo stesso rango. Doveva governare il regno con la forza e non con il cuore, esattamente come avrebbe desiderato Uther, quando lo fece quasi convogliare a nozze con la principessa Elena, figlia di un vecchio amico di suo padre.
Doveva chiudere la sua relazione con Ginevra e concentrarsi solo sul suo regno e sul suo popolo. Queste furono le raccomandazioni di Agravaine e Artù ripensò all'infinito alla loro conversazione, non chiudendo occhio per la seconda notte di fila e sfogando tutte le sue ultime frustrazioni su quel sacco.
<<Insomma... agitato, nervoso, arrabbiato>> gli fece notare Merlino che stava avendo delle difficoltà a sostenere il sacco.
<<Non è rabbia, Merlino, questa è aggressività controllata>> mise in chiaro il principe, scagliando un pugno talmente forte che la catenella che sosteneva in aria il sacco si ruppe e il servo barcollò a terra.
Sir Leon si avvicinò a loro.
<<Sire, è appena arrivato un messaggero>> rivelò ad Artù.
<<Che succede?>> gli chiese quest'ultimo, togliendosi il tessuto nero che gli avvolgeva le nocche dolenti.
<<Un esercito ha superato il confine all'alba>> proseguì Leon.
<<Un esercito? Di chi?>> non capì il principe.
<<Della regina di Caerleon>> rispose Leon e la tensione si liberò tutt' di un colpo nell'aria mattutina.
Artù lasciò il campo di addestramento e si cambiò velocemente per andare nella sala del consiglio, dove tutta la corte si riunì per ascoltare le prossime decisioni del principe.
<<Di questo passo gli uomini di Caerleon arriveranno a Camelot domani al tramonto, il che vuol dire che non abbiamo scelta. Li intrecceremo prima che arrivino alla catena di Landshire, saremo avvantaggiati per il terreno. I cavalieri di Camelot si preparino immediatamente, partiremo all'alba>>.
<<Lunga vita al re!>> esclamò Agravaine e tutti i presenti lo seguirono in un coro di incitazione.
Per quanto tutti sembrassero approvare la nuova strategia di determinazione e forza di Artù, soltanto Merlino sapeva che la situazione stava sfuggendo di mano e ad sfruttare l'occasione fu Morgana.
Quella stessa notte si recò a Caerleon e si introdusse nei sotterranei del regno per non passare inosservata. Tuttavia non conosceva il luogo come Camelot e due uomini di turno la scoprirono girovagare tra le mura di cinta.
<<Chi è là?>>.
<<Ti prego, non ho cattive intenzioni. Voglio solo parlare con la regina>> rivelò a uno dei due cavalieri, sorridendogli meschinamente.
Lo trovava attraente con i lunghi capelli biondi sulla schiena, le spalle muscolose e la spada che impugnava con maestria. Peccato che non fosse lì per concedersi una notte di piacere con un bell'uomo, aveva altri piani in mente da soddisfare. I due uomini scortarono Morgana dentro al castello e la condussero dalla persona da lei desiderata.
<<Morgana Pendragon che entra nel mio castello nel cuore della notte. Evidentemente cerchi la morte>> la accolse la regina, una donna di mezz'età dai lunghi capelli castani e gli occhi azzurri.
Sulla fronte portava una sottile coroncina dorata e il trono al suo fianco era vuoto, come lo era la sua anima da quando aveva scoperto della morte recente del marito.
<<Ti chiedo perdono, Annis, sono qui per un'urgente proposta>> si giustificò lei.
<<Quale tipo di proposta vorresti farmi, strega?>> le domandò la regina.
<<Sono venuta nel nome di mia madre>> accennò Morgana senza battere ciglio.
<<Davvero? Da quanto ho sentito, tu e lei...>>.
La donna la interruppe subito. <<Non parlo di Vivianne, ma di Igraine>>.
<<Igraine? La madre di Artù Pendragon?>> le chiese conferma.
<<Vivianne è solo mia madre di sangue, Igraine mi ha cresciuta. Mi ha fatto diventare come sono>> spiegò lei.
<<Lo ricordo bene. Era una bravissima donna ed era una donna d'onore>> affermò la regina.
<<Sì, è così e la sua ricompensa è stata la morte. Tradita dal suo re>> proseguì Morgana.
La regina non si lasciò impietosire dalle parole confortevoli della donna e, alzandosi dal suo trono, le si avvicinò.
<<Bene, allora. Sembra che abbiamo entrambe perso qualcuno per mano di un Pendragon. Per l'ultima volta, che cosa ci fai qui?>>.
Morgana avanzò di un passo e si inginocchiò davanti alla reale.
<<Annis, Uther era una piaga per questa terra, così come lo è ora suo figlio. Io cerco vendetta per le ferite che mi hanno inflitto e tu? Se vuoi accettarlo, ti voglio offrire il mio aiuto>> propose.
Annis la guardò in silenzio con un'espressione sul volto dura come la pietra. Non si fidava di lei, tuttavia non aveva avuto ancora modo di piangere sul corpo senza vita del marito, troppo accecata dal dolore e dal desiderio di vendetta nei confronti di Artù e di tutta Camelot, motivo per cui aveva subito movimentato i suoi uomini non appena ebbe visto con i proprio occhi il terribile errore che Artù commise.
A Camelot...
Merlino ebbe appena finito di sistemare il letto matrimoniale di Artù, quando si accorse che il suo padrone stava indossando un mantello blu e si stava accingendo a lasciare le sue stanze in fretta e furia.
<<Dove andate?>> gli chiese il servo.
<<Sono affari miei. Merlino, non farti trovare qui al mio ritorno>> fu la risposta secca del principe.
Quella sarebbe stata l'ultima notte che avrebbe passato a Camelot in vista di una lunga settimana nella foresta tra gli animali senza il vizio di un bagno caldo e un letto comodo e non poteva lasciare Camelot senza prima risolvere la questione che lo affliggeva da tutto il giorno.
Si diresse a casa di Gwen e le rivelò di non poterla più frequentare per la loro differenza di classe sociale, essendo ora il re di Camelot e avendo solo interessi nei confronti del suo popolo.
Gwen intuì subito che le sue parole non erano sincere, ma dettate solo dall'influenza negativa di Agravaine, tuttavia Artù le garantì che era una decisione che aveva preso lui soltanto.
Avevano già affrontato questa discussione in passato, ma fino a quel momento erano fiduciosi nella promessa che si erano giurati di nascosto. Quando sarà re, potremmo stare insieme.
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