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Capitolo 52 _ Michele

Vengo svegliato da uno spiffero di aria fredda sul collo, quindi mi rigiro nel letto tirando le coperte più su, così da coprirmi bene.

Riacquisto una posizione comoda, ma presto sento di nuovo il piumoncino muoversi, una vocina flessibile chiamarmi.

"Papà? Papà devi svegliarti!"

Mi volto piano verso Rebecca, cercando di non svegliare Gaia, e le do il buongiorno.

"Dai, papà, alzati che dobbiamo preparare le cose per partire" mi sussurra nell'orecchio e mi scuote piano un braccio.

"Va bene, mi alzo..."

Appena appoggio i piedi per terra prendo in braccio Rebecca, e come sua abitudine mi abbraccia avvinghiandosi al mio collo e regalandomi un delicato bacio sulla guancia.

Arrivati in cucina mi aiuta a preparare la colazione.
Dall'armadietto prende i cereali per lei e le fette biscottate per me e Gaia, recupera il vasetto di marmellata dal piano basso del frigorifero e la spalma sulle fette, disponendole dopo sui piattini che le avevo messo a disposizione sul tavolo.
La guardo orgoglioso, e credo che sia invidiabile la sintonia che esiste tra noi.

"Rebe, ti propongo una cosa, ma non devi dire nulla alla mamma, va bene?"

"Che cosa, papà?" Mi chiede, portando a me tutta l'attenzione.

"Oggi potresti non andare a scuola, così nel corso della mattinata prepariamo con calma le borse per il fine settimana. Nel pomeriggio andiamo a ritirare l'anello che ho comprato per la mamma, e poi le facciamo una sorpresa, facendoci trovare sotto il suo ufficio quando finirà di lavorare. La rapiamo da lì. Ti piace come idea?"

"Sì, mi piace!" Dice sorridente ed euforica.

È questione di pochi secondi e il suo visino si fa pensieroso.
"Ma ci scoprirà. Come facciamo se mi accompagna lei a scuola?" Chiede incrociando le braccia al petto.

"Semplice: le diciamo che ti porterò io, così lei si prepara con più tranquillità. Vedrai che accetterà!"
Ridiamo insieme prima di andare a svegliarla.

Rebecca sale sul letto e con un movimento improvviso salta su Gaia urlando "mammaaaaaa! Devi alzarti, abbiamo preparato la colazione!"

"Oh...buongiorno, eh!"

Gaia si stropiccia gli occhi, dopo averli spalancati per lo spavento iniziale, e poi tira verso di sé la bambina e l'abbraccia stretta.

"Mamma, dai, piantala. Andiamo a fare colazione" si libera dall'abbraccio e si incammina verso la cucina.

"Oggi mi porta papà, così tu puoi stare più tranquilla" è così entusiasta da non riuscire a trattenere le parole.

"Ma che ore sono?" Mi chiede Gaia alzandosi.

"Sono solo le sei e un quarto" rispondo alzando le sopracciglia.

Si avvicina e mi dà il bacio del buongiorno, che ricambio volentieri.

"È sveglia da molto? E come mai ha svegliato te?"

"Sarà sveglia da una ventina di minuti, e non so come mai sia venuta da me. Beh, per una volta  che succede, dovresti esser felice, no?" Le cingo le spalle mentre le rispondo e raggiungiamo in cucina Rebecca.

"Come mai vuoi portarla tu?"

"Oggi sono libero, quindi posso permettermi di lasciare i miei collaboratori in palestra e dedicarmi alla piccola...magari la tengo anche a casa da scuola."

"No, questo no. Sai che non voglio che salti la scuola senza un motivo importante."

"E va bene, mamma!" Canzono per prenderla in giro e prima di entrare nella stanza.

Insieme facciamo colazione e dopo circa un'oretta Rebecca è pronta per portare con me Gaia in stazione.
In macchina la piccola non dice una parola, ma dall'espressione che ha sul volto capisco che è felice e non vede l'ora di domani mattina.

La giornata passa più veloce di quanto mi aspettassi, ma sono soddisfatto, perché sono riuscito a far tutto quello che avevo in programma.

Mancano pochi minuti alle diciotto e siamo seduti fuori dal grande edificio dove lavora Gaia.
Ansia, paura, agitazione sono le emozioni più forti che sento in questo momento. Se non accettasse? Se fosse dubbiosa? Se dirà 'sì' solo perché ci sarà con noi Rebecca? Domande su domande iniziano a riempire la mia testa, e questo non fa che amplificare le mie emozioni.

"Papà, ecco la mamma!"
La vocina di Rebecca mi distrae e d'istinto guardo la porta scorrevole di uscita del palazzo. La piccola corre verso di lei e sul volto di Gaia si dipinge un'espressione di sorpresa, ma si può vedere lontano un miglio la sua felicità.

Saluta la figlia e poi saluta me.
"Cosa ci fate voi qui?" Chiede con un ampio sorriso sulle labbra.

"Ti abbiamo fatto una sorpresa!" Esclama gioiosa Rebecca.

"Questo l'ho visto, e sono felice!"

"Posso dirglielo, papà?"

"Certo!"

"Andiamo in gita, mamma! E partiamo ora, perché ti stiamo rapendo!" Dice allegra mentre allunga le braccine per farsi prendere in braccio da sua mamma.

"Mi state rapendo? Davvero? E dove pensate di portarmi?" Le risponde Gaia stando al gioco.

"È un segreto! Lo scoprirai!" Intervengo io, così da non svelare tutto subito, mentre prendo sotto braccio Gaia e la conduco al parcheggio.

È divertita quanto Rebecca, e mi piace questa nostra leggerezza quando siamo insieme.
Siamo come tre candele, dove la fiamma di una accende le altre senza spegnersi, e insieme, poi, balliamo con l'aria che ci muove. Un amore incondizionato.

Lungo il tragitto ci fermiamo per una sosta, in autogrill, così da mangiare un boccone per cena, e per il resto del viaggio Gaia mi tiene sempre la mano. Gli sguardi che mi regala di tanto in tanto sono curiosi, divertiti, ma a tratti anche indagatori, ma non chiede e capisco che sta impazzendo per non farlo, per trattenersi.

Rebecca nel frattempo si è addormentata. Mi dispiacerebbe non farle vivere la reazione di Gaia, quindi inizio a chiamarla, così da svegliarla.

"Rebe, amore...devi svegliarti, siamo quasi arrivati" dico a volte alta, lo sguardo di Gaia addosso per capire come mai la volessi svegliare.

"Rebecca..."

"Sì, papà..." la sua è voce roca, bassa.

E intanto imbocco l'uscita dall'autostrada.

"Ma stiamo andando dove penso io?" La voce di Gaia è profonda, quasi commossa, e intanto si guarda intorno, fuori dal finestrino.

"Sei contenta, mamma?"

"Certo amore, sono felicissima!" Mi stringe più forte la mano, e capisco che si sta emozionando più ci avviciniamo alla nostra meta.

Si volta e sottovoce mi dice "ti amo."
Non rispondo, ma questa volta sono io a stringere la sua mano.

In silenzio arriviamo alla villa storica, prendiamo la nostra camera e parlando del più e del meno riusciamo poi a mettere a letto la nostra piccola peste.

Ci stiamo cambiando per indossare i pigiami e con un gesto veloce la trascino sul letto, posando prontamente una mano sulla sua bocca per esser sicuro che non svegli Rebecca nella piccola stanza accanto.
Mi sciolgo nel suo sguardo e il desiderio aumenta sempre di più; la bacio con passione, con trasporto e lei risponde senza opporre resistenza.

"Mi rendi felice..." dico dopo qualche minuto, passandole un dito sopra le labbra ora rosse e gonfie per i nostri baci.

"Anche tu, e non sai quanto" mi risponde, passando una mano tra i miei capelli.

"Ricordo ancora, momento per momento, quando siamo stati qui la prima volta. La tua dolcezza, la tua passione, la tua sfrontatezza...tutto. Rifarei ogni cosa."

"Facciamolo...possiamo..." la guardo sbalordito, dimenticando come può essere così sicura di sé a volte.

"Gaia, ma Rebecca è a dieci centimetri da noi, non è come a casa!"

"Michele, quanto pudore! Il bagno è distante, e dell'ultima volta io ricordo bene i momenti nella vasca!" Mi propone insolente, e non posso far altro che imitare il suo sorrido.

"Ah, sì?" Annuisce con la testa e si morde il labbro inferiore, una cosa che ancora oggi mi fa impazzire.

Non perdo l'occasione, senza farmelo ripetere due volte, e la sollevo prendendola in braccio. Ride con me e inizio a baciarle il collo, mordicchiandola per coglierla di sorpresa.

Entro nel piccolo bagno e la stringo ancora di più contro il mio corpo.
"Ogni tuo desiderio è un ordine"

Chiudo la porta alle mie spalle, così come il resto del mondo fuori da questa stanza.

***

Sono così emozionato da non esser riuscito a chiuder occhio questa notte.
Accarezzo Gaia lungo il fianco, guardandola dormire pacifica e serena vicina a me.

Diventerà mia moglie. Moglie.
Sono sicuro che non serva il contratto matrimoniale per renderci uniti per sempre, perché so che io e lei, in fondo, lo siamo sempre stati, anche quando ancora non ne eravamo consapevoli.

Ho paura che possa reagire male, che non la prenda bene.
Da quando siamo insieme, le poche volte che ne abbiamo parlato, non ha avuto belle parole per descrivere il suo matrimonio, e non vorrei rievocare brutti ricordi, nonostante ora sia tutto risolto.

Si muove piano sotto il mio contatto, e senza volerlo mi fermo nel coccolarla.
Si gira una volta, poi un'altra ancora, il suo respiro meno profondo. Decido di continuare a sfiorarla.

"Ehi, buongiorno. Ma che ore sono?" Mi chiede ancora assonnata mentre si avvina a me, mettendo la sua testa nello spazio libero tra il mio collo e la spalla.

"Manca poco alle cinque. Comunque tra qualche minuto dovremo svegliarci..." le accarezzo la guancia con delicatezza.

"Giro in mongolfiera?" Dice ironica.

"Sì."

Con uno scatto si alza su un gomito, e nella debole luce notturna vedo lo stupore nella sua espressione.

"Dici sul serio? Con Rebecca?"

"Sì! In realtà è una sua idea. Settimana scorsa le ho raccontato della prima nostra vacanza insieme, e ha voluto replicarla. Quindi, eccoci qui!" La riporto vicino a me, posandole un bacio sulle labbra morbide.

"Wow, sarà bellissimo...immagino già cosa dirà appena saremo in cielo!"

"Oh, beh, sono molto curioso anche io!" Sembro tranquillo all'apparenza, ma dentro ho una grandissima paura. Sono stato così spaventato poche volte in passato, almeno per quel che ricordo.

"C'è solo una cosa che non mi piacerà..."

"Cosa?" Sono allarmato.

"La colazioneeee... ho già fame!" Insieme ridiamo di gusto e in mente il ricordo di lei con lo stomaco che brontolava così forte da metterla in imbarazzo.

"Mamma, papà, è già ora di andare?" La voce di Rebecca ci sorprende ed entrambi la guardiamo: i capelli spettinati ed arruffati, le guance rosse dal cuscino.

"No, ma vieni qui pulce!"
Corre veloce saltando sul letto appena Gaia la chiama, utilizzando un vecchio nomignolo che Roberto aveva ideato per lei.

Ci coccoliamo un po' tutte e tre nel letto caldo e pieno di un amore familiare di cui non potrei più fare a meno.

Solo dopo più di un'ora siamo già in auto, diretti al punto di ritrovo per la partenza con la mongolfiera.
Quando siamo vicini al campo dico a Rebecca di sporgersi così da poter vedere il pallone colorato, e lei rimane stupefatta e impressionata dall'enormità e dalla bellezza che ha di fronte.
Io e Gaia sorridiamo complici.

"Buongiorno signor Barbera! Come sta? È un piacere rivederla" dico salutando l'uomo che ci condurrà in questa avventura.

"Buongiorno e ben trovati signori Bertazzi! Io tutto bene, vedo anche voi. Ma che bella bambina! Come ti chiami?"

"Rebecca..."

"Oh, ma che bel nome! Sei felice di questo giro in alto nel cielo?"

Timida annuisce muovendo ampiamente la testa, cercando le nostre mani come per trovare sicurezza.

"Bene, pronti a partire?" Mi guarda curioso, consapevole di quello che accadrà durante il viaggio, in quanto ci ho tenuto ad avvisarlo quando ho prenotato, richiedendo che ci potesse esser lui così da evitare un ulteriore imbarazzo.

"Sì, pronti" rispondo monotono, con l'agitazione ora viva in tutto il corpo.

Saliamo uno ad uno, e piano piano prendiamo quota.
Come sempre è bellissimo, nonostante sia una giornata di marzo, e avere la piccola con noi rende tutto ancora più bello in questo viaggio.

Ad un certo punto, con una mano di Gaia stretta nella mia per un po' di paura per l'altitudine, richiamo l'attenzione di Rebecca, che subito capisce e si gira sorridendo, ma senza farsi notare troppo.

"Gaia, io..."

Mi guarda dritta negli occhi, sicura e curiosa, e io mi blocco per un attimo. Se dovesse rispondere di no?

"Tu?" Mi invita a continuare.

"Ecco...io e Rebecca vorremmo chiederti una cosa. Vero tesoro?" Prendo fiato distogliendo gli occhi da Gaia e portandoli su nostra figlia.

"Sì, è vero mamma!"

Ritorno a guardare la ragazza che amo più di qualsiasi altra cosa al mondo, e senza che se ne accorga, come avevamo pianifico, Rebecca sfila dalla mia tasca il pacchettino e me lo posa nella mano libera.

Lascio la mano di Gaia, sentendo un vuoto vertiginoso farsi largo in me.

"Ecco, insomma...Gaia, conosci i miei sentimenti nei tuoi confronti e sai che abbiamo raggiunto tutto questo con sacrifici e momenti particolari, ma che rifarei uno ad uno se me lo richiedessi. Abbiamo avuto questo splendore..." guardo Rebecca per un attimo, i suoi occhi sono lucidi "...e credo che nulla ci possa più separare, ma vorrei chiederti, insomma...vuoi sposarmi?"

Alzo la scatolina, aprendola, ma senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi.

Si porta le mani sul viso, coprendosi la bocca. Mille emozioni le si disegnano sul volto, una lacrima scende da un occhio e la attiro a me.
Voglio abbracciarla, voglio sentirla vicina e farle capire che comunque vada non cambierà niente.

"Mamma, perché piangi?"

Guardo la piccola, mettendo un indice davanti alla mia bocca per dirle di non aggiungere altro, e lei capisce. Sembra diventare triste, infelice, come se avesse commesso lei un errore.

Gaia mi abbraccia forte, e io faccio lo stesso.
È un momento intimo, tranquillo, ma mi rassegno nel capire che non avrei dovuto fare questo passo. Non ora.

Mi perdo per qualche istante nei miei pensieri, con lei tra le braccia e Rebecca attaccata alla mia gamba.
Ad un tratto dei pugni alla schiena di riportano alla realtà.

"Gaia, ma che cavolo! Potresti dire solo no, anziché picchiarmi!" Mi sto innervosendo, e voglio trattenermi perché c'è la bambina, non vorrei farla sentire in colpa per aver insisto su questo tema.

"Io voglio sposarti" dice mentre mi prende il viso tra le mani, con gli occhi bagnati dalle lacrime, ma pieni di emozioni.

"Veramente?" Chiedo incredulo.

"Sì, lo voglio" mi guarda per un tempo che non riesco a definire prima di baciarmi con passione.

Stacchiamo le labbra quando il pianto di Rebecca si fa forte, incessante.

"Amore mio, cosa ti prende? Non sei felice?" Le chiede Gaia abbassandosi per essere alla sua altezza, inconsapevole che è grazie a lei che siamo qui, ora, e con un matrimonio da organizzare.

"Sì, ma hai picchiato il papà...tu non vuoi diventare la moglie di papà e la mia mamma" dice tra i singhiozzi, straparlando.

"Rebe, ascoltami. Io sono già la tua mamma e il matrimonio non cambierà nulla per questo aspetto. Vuoi sapere perché mi sono comportata così? Anzi, lo volete sapere entrambi?" Mi guarda mentre completa la frase.

Entrambi annuiamo, muovendo solo la testa; siamo proprio padre e figlia.

"Ecco, in realtà io..." dice mentre cerca disperatamente qualcosa nella sua enorme borsa "ah, ecco qui. Io avevo comprato queste."
Mi allunga una scatola che è il doppio rispetto quella che contiene il suo anello.
La apro piano. Scorgo due fedine di oro bianco. La guardo sorpreso, sperando di non aver capito le sue intenzioni.

"È da due settimane che le ho in borsa, e stavo aspettando il momento giusto per dartele e chiederti di diventare mio marito."

I nostri occhi fissi in quelli dell'altro, i cuori che battono così forti che l'eco è udibile anche a chi ci è vicino a questa altezza.
Mi sorride, e io sorrido di rimando, prendendola per un braccio e farla rialzare.

"Vuoi chiedermelo veramente anche tu?"

"Sì, scemo."

"Chiedimelo allora..."

"Ma stai scherzando?" È colpita, non si aspettava da me questa reazione.

"Ti pare che io stia scherzando?"

"No."

"E quindi?"

Alza un angolo della bocca prima di mordersi il labbro inferiore, istigandomi in un momento poco opportuno.

"Michele, vuoi diventare mio marito?"

"Sì, lo voglio!"

Rebecca batte le mani, felice, e a lei si unisce anche il nostro accompagnatore. Con quel suono di sottofondo bacio la mia futura moglie.

"Bene! Allora se volete, dopo che vi sarete scambiati gli anelli, c'è una sorpresa per voi!" La voce del signor Barbera non ci distrae subito, ma Rebecca si avvicina e ci abbraccia entrambi sulle gambe.

"Posso metterti gli anelli?" Chiedo, per una questione di pura cortesia, a Gaia.

"Oh, sì. Certo che puoi!" Dice ridendo e allungandomi la mano sinistra.
Metto sia l'anello che le ho regalato sia la fedina che ha comprato lei.

Una volta indossati guarda la mano commossa, e capisco che se fossimo sulla terra ferma dondolerebbe sulle sue gambe per l'emozione.

"Ora è il mio turno, tesoro. Voglio il mio anello!" La prendo in giro.

Sento il metallo avvolgermi il dito, e un calore si fa strada lungo il mio corpo. Mi fa sentire completo, apprezzato e amato.
Sono uomo, padre e tra poco dovrò essere un compagno di vita eccezionale, ancora più di quello che sono stato fino ad ora, perché diventerò marito.

"Qual'è la sorpresa?" Rebecca non aspetta un minuto e chiede subito curiosa, visto che il rito dello scambio è terminato.

"Oh, ecco a voi! Essendo mattina presto e sapendo della proposta che avrebbe fatto Michele a lei Gaia, ho predisposto una 'colazione in aria'!" Dice mentre scopre un cesto che era posato all'angolo dell'abitacolo.

Rebecca e Gaia strabuzzano gli occhi, contente nel vedere croissant di ogni genere e termos con bevande calde. Non si smentiscono mai quando capitano queste cose.
Non so se io debba esser geloso.

Facciamo colazione in questo modo inusuale, ma bellissimo.
Sorseggiare caffè e mangiar brioche in alto nel cielo, al fresco di un mattino di marzo, ha qualcosa di veramente unico ed eccezionale.

Finite le prelibatezze prendo in braccio Rebecca e abbraccio Gaia posandole un braccio intorno alle spalle.
Entrambe appoggiano la testa su di me, e dopo aver dato un bacio leggero sulla testolina della mia peste mi volto verso Gaia.
"Ti amo, veramente tanto" le dico, quasi sussurrandoglielo.

"Ti amo anche io. Mi devi fare una promessa."

"Tutto quello che vuoi, tesoro."

"Se mi vorrai sempre felice, portami ovunque tu andrai, ovunque sia."
La sua voce è così profonda che mi fa accelerare i battiti del cuore.

Le poso un bacio sulla fronte e la stringo ancora più forte.
"Staremo insieme. Per sempre."

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