Capitolo 49 _ Michele
Le due settimane con Gaia sono passate veloci, e inizio a sentire una lieve sensazione di vuoto nel petto sapendo che martedì sera ripartirà.
Saranno solo tre giorni, sì, ma tutto tornerà come prima.
È domenica e stiamo tornando a casa dopo un pomeriggio passato con i nostri amici. Il sole sta per tramontare e dona una luce bellissima, il cielo cambia colore, come le poche nuvole che lo popolano.
Mi volto verso Gaia e la guardo per un istante veloce. È serena e tranquilla, risplende alla luce del sole calante. Nonostante abbia riposato e sia molto più sorridente rispetto a quando è arrivata, la vedo ancora stanca e spossata, e non so se preoccuparmi seriamente.
Alla fine si è convinta e ha fatto delle analisi per controllo. Testarda non si è voluta far accompagnare, ma almeno mi ha assicurato che tutto è andato bene.
Deve essersi sentita osservata, perché si gira verso di me.
"Che c'è?" Mi chiede sorridendomi.
"Niente, volevo solo guardarti alla luce del tramonto."
"Sei sempre romantico!" Mi regala questa parole e mi posa la mano sulla gamba; la stringo forte, perché ne sento il bisogno.
"Sicuro che sia tutto ok?" Continua, non convinta che io sia stato completamente sincero.
"Sì, ma sto già pensando a martedì, alla tua partenza, e mi sento già solo." Mi lamento come un adolescente, consapevole che non dovrei farlo.
"Hai ragione, ma saranno solo tre giorni, poi saremo ancora insieme" prova a distrarmi, ma sento nella sua voce un filo di tristezza e malinconia.
"Vediamola così..." sono le uniche parole che riesco a pronunciare.
"Vediamola come guardi me!" Sorride e scherza per sdrammatizzare e stemperare la tensione che si stava per creare.
"In che senso?" Chiedo, perché non credo di aver capito.
"Ti ho visto come mi guardavi oggi, non credere...quindi pensa a quando mi rivedrai venerdì. Ricorda questi istanti e vivili quando saremo insieme."
"E come ti avrei guardata oggi, scusa?"
"Mi mangiavi con gli occhi! Se mi muovevo, tu ti muovevi. Se sorridevo, tu sorridevi di rimando. Pensa che potrai e potrò farlo ogni volta che saremo insieme, e quando non ci sarò pensa che potrai farle appena torno. Sei tu tra i due quello che di solito è il positivo, cosa ti sta succedendo?"
Ha ragione, oggi ero ipnotizzato da lei, più del solito. Ha una luce diversa negli occhi, e il viso è leggermente diverso, forse per la stanchezza che dice di sentire.
Nell'insieme Gaia è come un incrocio meraviglioso di dolcezza, tenerezza e sensualità. Un misto a cui non potrei far a meno.
"Quindi, potrebbe essere una cosa fattibile, anche se troppo 'astratta'?" Continua, distraendomi dai miei pensieri e riportandomi alla realtà.
"Sì, ma forse queste due settimane mi hanno fatto capire quanto abbiamo, e a quanto mi mancherà tutto questo. Me ne farò una ragione, ma seguirò il tuo consiglio" dico un po' scocciato, mentre stringo forte la presa al volante, tanto che le mie nocche diventano bianche. Mi sento impotente in questa situazione.
Vorrei che le nostre vie e i nostri sogni possano incrociarsi ancora, come ad inizio anno; eppure sembra impossibile.
Non so da cosa, ma un pensiero diventa fisso nella mia testa, tanto da concretizzarsi a parole: "E se dovessi rilevare la gestione di una palestra a Roma, così vivremo lì insieme e non ci pensiamo più? Cosa ne pensi?"
È da circa tre mesi che io e Gaia parliamo di questo mio sogno e voglia di realizzarmi. Lei mi ha da subito supportato e insieme stiamo facendo delle verifiche per poter rilevare una attività sportiva qui in zona, ma a questo punto mi chiedo perché non prendere una strada alternativa, pensare fuori dagli schemi.
"Non sono certa sia una buona idea. Poi sei così innamorato del centro che abbiamo visto lo scorso mese vicino casa, che ti faresti un torto se decidessi di cambiare idea. Io, poi, non potrei mai perdonarmi se tu non fossi felice o soddisfatto appieno."
"Sì, ma fare questo passo a Roma sarebbe diverso. Potremmo stare vicini!"
"No, fallo qui. A Roma non conviene" la guardo togliendo ancora per un attimo l'attenzione dalla strada, perché non capisco come mai non vorrebbe e perché la sua voce è così severa. Da come mi osserva intuisco che dalla mia espressione sul viso ha letto il mio pensiero.
"Ti dico questo perché potrebbe essere una delle ultime volte che parto e che andrò a Roma. Quindi sarei più felice che rilevassi la gestione di una palestra qui" le sue parole mi sorprendono e la guardo ancora dritta negli occhi, quasi vorrei fermare la macchina per capire se ho sentito bene o meno, concentrandomi al meglio su questa strana conversazione.
"Stai scherzando o cosa?"
"Non volevo dirtelo, perché non so ancora quando, ma prima o poi l'emergenza sul progetto rientrerà. Servirà una persona che possa dedicarsene a tempo pieno, e con competenze diverse da quelle che ho io, anche più tecniche per poter innovare. Quindi direi che prima o poi arriverà l'ultimo treno sul quale salirò diretto a Milano. O almeno ci sarà una più bassa frequenza nelle trasferte."
Il mio cuore accelera, all'impazzata, quindi fermo subito l'auto in una spiazzo che me lo permetta.
"Ma che ti prende?" Mi chiede, ma senza dirle una parola sgancio la cintura e mi lancio verso di lei, come un bambino che ha ricevuto un regalo inaspettato, e che desiderava da molto. Inizio a baciarla con forza, quasi da toglierle in fiato.
Non so quanto tempo trascorra, ma ad un certo punto appoggio la mia fronte alla sua e le sussurro sulle labbra "Sarebbe la cosa più bella che mi potresti regalare."
"Spero di no!" Risponde sorridendo e togliendosi dal viso l'espressione severa che aveva prima.
"E cosa ci sarebbe di più bello?" Provo a chiederle.
"Non lo so, ma sicuramente ci sarà...ora torniamo a casa, godiamoci quest'ultima serata prima di tornare al lavoro."
Non me lo faccio ripetere una seconda volta e riparto con una nuova gioia nel cuore.
Una volta arrivati a casa iniziamo a preparare la cena insieme, mettendo sul tavolo qualcosa di leggero dato che sono le quasi le nove e trenta.
Ci stiamo per accomodare quando lei sgattaiola veloce fuori dalla cucina.
"Gaia dove stai andando?" Chiedo curioso e affacciandomi alla porta.
"Arrivo subito, mi sono dimenticata di prendere una cosa. Tu siediti pure" urla dalla camera.
Quando torna da me è un po' rossa sulla guance e non riesce a trattenere il sorriso. Allunga le braccia e mi posa davanti un pacchettino ben incartato con la carta da pacco e un nastro di tela forata bianca.
È emozionata.
La guardo curioso e incredulo. Perché un regalo?
Sorrido e le tendo una mano per farle capire di sedersi sulle mie gambe. Timorosa si avvicina e si siede su di me, mettendo un braccio intorno alle mie spalle, dietro il collo.
"Sei così emozionata che mi sto per emozionare anche io!"
"Piantala e apri" risponde secca, picchiando delicatamente sulla mia spalla sinistra.
Prendo un lembo del nastrino e tiro piano, perdendo tempo, perché la sento impaziente e voglio giocare un po' con lei.
Scarto piano e intravedo all'interno un piccolo contenitore.
La curiosità sale sempre più e guardo Gaia, sperando mi dia un indizio. La trovo a guardarmi fissa, intenta a scovare una mia reazione, sento il suo respiro pesante, l'agitazione scorrerle nelle vene.
Sulla scatolina dallo sfondo blu scuro sono disegnate tantissime stelline e nuvole bianche.
Apro il coperchio e vedo un paio di scarpette da culla per bambini.
Le prendo in mano e le ispeziono con attenzione.
Dopo qualche secondo il mio cuore manca di un battito e di scatto sposto il mio sguardo su Gaia.
Non dice nulla, ma mi guarda carica d'amore.
"È quello che penso?" Sento la mia voce esser un sussurro tremante, il cuore che ancora batte piano.
Senza staccare gli occhi dai miei annuisce sorridendo, e il suo volto inizia a brillare per le lacrime che lente le rigano le guance.
L'abbraccio forte e lei ricambia. Appoggio la testa vicino al suo collo e mi ritrovo a piangere e singhiozzare per questa felicità, una felicità nuova, dai colori diversi e di una profondità mia vissuta prima.
"Pensi ancora che tornare da Roma sia il regalo più bello che potrei farti?" Mi chiede cercando di sollevarmi il viso e guardarmi ancora negli occhi.
Non riesco a parlare, le emozioni sono tante e non sono più in grado di gestirle.
Troppe belle notizie in poche ore, non sono abituato.
Mi bacia e sento le lacrime salate unirsi alla nostra intimità.
"Dimmi qualcosa, ti prego..." mi sprona non appena si allontana dalle mie labbra.
"Sono così felice...mi hai lasciato senza parole..." rispondo flebile, mentre con le dita cerco di asciugarmi le lacrime sul volto.
"Quindi...cosa ne pensi del regalo: meglio questo o il ritorno da Roma?"
"Nessuno dei due..." dico mentre cerco di ricompormi, ma senza smettere di stringerla.
"Ma come?" Sgrana gli occhi come se non credesse alle mie parole, ma sono convinto di quello che le ho detto. La faccio girare su di me, così da averla di fronte.
"Il regalo più bello sarà quando nascerà!" La riempio di piccoli e veloci baci sulle labbra.
"Hai ragione...ci vogliono ancora otto mesi più o meno però..."
"Non ho fretta! Esattamente da quanto aspetti? E quando hai scoperto di esser in dolce attesa?" Le chiedo, perché non penso che abbia potuto tenermi nascosta questa informazione per troppo tempo.
"Sono di cinque settimane, e l'ho scoperto ieri pomeriggio, quando ho ricevuto gli esiti degli ultimi esami. Il dubbio di essere incinta, però, mi è venuto mentre parlavo con Sabine. Mi stava raccontando di come sono stati nove mesi particolari e come si senta una persona diversa ora, tanto che sente le emozioni con un'intensità diversa. Nel chiacchierare le ho raccontato che stava capitando anche a me un qualcosa di simile, come se tutto fosse amplificato, ma era dovuto alla stanchezza. Mi ha guardata e mi ha chiesto solo 'sei sicura?' e in quel momento mi è venuto il dubbio. Ho iniziato a pensare e mi sono resa conto del mio ritardo, quindi ho approfondito facendo delle analisi in più. Ieri ero frastornata quando ho letto i risultati, ma felice. Avrei voluto dirtelo subito, ma ho pensato di farti questa sorpresa. Non ti sei accorto perché sono uscita a comprare le scarpine quando eri a correre." Mi accarezza una guancia con una delicatezza che mi disarma ulteriormente.
"Immagino che è ancora presto per sapere il sesso, vero?"
"Sì, ancora sì. Si potrà vedere qualcosa dalla decima alla quattordicesima settimana. Però credo e spero sia una femmina."
"Credi? In che senso? Comunque anche io preferirei una femminuccia. Potrebbe esser la tua copia, quindi non rischio di litigarci troppo quando crescerà. Un maschietto, se come me, saranno liti già alle prime parole che pronuncerà!" Ci scherzo sopra, ma ricordo quanto ero scontroso da bambino.
"Iniziamo con il piede giusto vedo! Comunque boh, è come se mi sentissi fosse una bambina...una sorta di sesto senso, non so spiegarti" risponde attorcigliandosi dei capelli intorno ad un dito.
"E da ieri hai già iniziato a fantasticare su dei nomi?"
"Sì, lo ammetto! Ma alla fine non ho trovato nulla che mi convincesse."
"Se fosse una femmina mi piacerebbe chiamarla Rebecca, è un nome che ho sempre amato..." azzardo per vedere la sua reazione.
"Rebecca...Rebecca..." si guarda intorno mentre pensa e ripete più volte il nome. Ad un certo punto si blocca e afferma "mi piace!"
"Wow! Allora speriamo che sia femmina! Posso chiederti una cosa?" Ho paura di rovinare l'atmosfera.
"Certo, chiedimi ciò che vuoi."
"È a causa della gravidanza che sei così stanca?"
"Sì, la ginecologa dice che è normale nei primi mesi. Presto tutto tornerà alla normalità." Sposta la mano che prima era sul mio fianco al collo, intrufolando poi le dita tra i miei capelli. Il suo tocco mi conforta ancora di più.
"Diventeremo una famiglia..." le dico guardandola nelle sue iridi castane.
"Lo siamo già. Tu sei già la mia famiglia, e ti amo più di qualsiasi altra cosa al mondo."
L'avvicino di più a me e mi impossesso delle sue labbra, cercando di trasmetterle tutte le emozioni che provo in questo momento.
Mi alzo dalla sedia tenendola in braccio e mi dirigo verso il divano.
"Ehi, ma la cena?" Prova a chiedermi quando prende respiro.
"Può aspettare. Ora sono più affamato di te" la sento sorridere sulle mie labbra e questo aumenta ancor di più il mio desiderio.
Ho una così voglia di sentirla mia, ma paura allo stesso tempo. Cerco di essere delicato e mi lascio guidare da lei e dalla sua passione. In questo momento non riesco a pensare ad altro che alla nostra felicità, e di come tutto si stia sistemando nelle nostre vite, a differenza di quanto credevo al rientro a casa.
Che voglia o no, l'accompagnerò ovunque quando sarà qui con me, e sarò sempre presente, d'ora in poi, in tutte le visite che dovrà fare.
Vorrò esser presente quando scopriremo se il frutto del nostro amore sarà maschio o femmina, e comunque a tutte le ecografie così da vedere come cresce.
Voglio esser un buon compagno e un buon padre, e nulla potrà impedirmi di esserlo.
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