Capitolo 42 _ Gabriele
È vero che si ama una persona quando non è disponibile?
Un po' come quando non si hanno soldi, in quel caso si bramano e si vuole il cibo. Un po' come quando si desidera avere un oggetto e poi, quando lo abbiamo tra le mani, non ne cogliamo più il suo valore.
Ho parlato molto con Roberto nei giorni scorsi, e avrei preferito prendere consapevolezza prima, a poco a poco, di quello che stava succedendo a me e a Gaia.
Eppure il nostro amore si è trasformato in un inferno, ed entrambi ci siamo bruciati.
Non ci siamo accorti che volevamo abbandonarci, non abbiamo notato i nostri gesti e non abbiamo dato il giusto peso alle parole che popolavano i nostri discorsi.
Sono le undici di giovedì sera, e non riesco a credere che siano passati solo quattro giorni dal nostro litigio, dalla nostra rottura. Sembra passato molto più tempo.
Era quello che volevo, sì, ma ora che l'ho ottenuto mi sento vuoto, perso nella mia stessa vita. Penso sia stato inevitabile arrivare a questo punto, perché entrambi eravamo più felici con gli altri che quando eravamo da soli, tra noi.
Questo turbinio di pensieri nella mia mente è incessante mentre sono seduto in auto, parcheggiato vicino al Roxi, con la fronte appoggiata al volante. Fatico a trovare la forza per incamminarmi e raggiungere Sabine all'interno del bar.
Alzo la testa per dirigere il mio sguardo verso le vetrine del locale e la scorgo dietro il bancone, intenta a sistemare alcuni strumenti e a parlare con dei clienti.
È veramente bella. I suoi ricci rosso fuoco incorniciano il viso così pallido, tanto che sembra fatto di cera.
Come ha fatto ad aspettare così tanto per me? In questi cinque anni è stata al mio fianco, senza mai obiettare su nulla e accontentandosi dei pochi momenti che le concedevo. Anche se l'ho lasciata in un angolo della mia vita per molto tempo, lei è ancora qui e io sono il solito codardo che non sa se è quello che veramente vuole.
Le scrivo un messaggio per dirle che l'aspetto fuori, in macchina, e la guardo mentre alza gli occhi verso l'esterno dopo aver letto le mie parole, sollevando una mano a mo' di saluto.
Io rimango immobile.
Passa poco più di un'ora quando sento lo sportello dell'auto aprirsi e il freddo entrare nell'abitacolo.
«Ciao» la sua voce è calda, ma nei suoi occhi si legge tristezza.
«Ciao»
«Perché non sei entrato oggi?» Sapevo che me l'avrebbe chiesto.
«Non mi andava, tutto qui» rispondo freddo e tornando a guardare di fronte a noi, nel vuoto.
«Non sono Gaia per avere queste risposte. Se non avevi alcuna voglia di passare del tempo insieme avresti potuto anche non venire, non mi sarei offesa» il suo tono tagliente mi sorprende, ma allo stesso tempo mi porta alla realtà.
«Non è questo, ma...»
«Secondo me sì, quindi ci vediamo» interrompe le mie parole con prepotenza e si affretta a scendere, aprendo lo sportello della macchina.
«Sabine, mi fai spiegare per cortesia?» Si ferma un istante e sposta lo sguardo verso il basso.
Con un gesto che non sento mio, provo a spostarle il viso con il tocco della mano per farmi guardare negli occhi. Le lacrime scorrono veloci sulle sue guance e per un istante il cuore manca dei battiti.
«Sabine non ti tratto come trattavo Gaia. Non sono entrato perché ora non ho più la necessità di scappare per tornare a casa, possiamo stare insieme. Mi piacerebbe venire da te.»
Alza le sopracciglia e un sorriso sarcastico le si disegna sul viso.
«Certo, come no» il suo tono ironico mi fa male, perché non crede alle mie parole. Mi conosce fin troppo bene e ha sentito più volte le conversazioni con Gaia che non posso mentirle sotto questo aspetto, stupido io a non averci riflettuto prima.
«Ok, magari non era quello che avrei voluto inizialmente, ma ora che sei qui con me è quello che vorrei» decido di esser onesto.
«Sai, Gabriele, qual'è il tuo problema? Che ti preoccupi solo di te stesso, di quello che vuoi tu. Non pensi mai a quello che vorrebbero gli altri o a quello che si aspettano da te» man mano che parla il suo tono si fa più acuto e severo «inizio ad invidiare Gaia per aver trovato la forza di allontanarsi da te e non incastrarsi in alcun modo.»
«Be, è qui che ti sbagli. Lei è mia moglie. È incastrata in qualche modo con me, e finché non troveremo un accordo lei rimarrà mia moglie» dico soddisfatto nel correggerla nel suo errore.
«Sei una persona orrenda. Come puoi dirmi una cosa del genere? A me poi! Allora, sentiamo un po', che ruolo dovrei ricoprire nel tuo prossimo futuro?»
«Tecnicamente rimarrai la mia amante, semplice» non provo emozioni in questo momento, ma solo una forte ossessione per far prevalere il mio orgoglio.
Ride di gusto, tanto che il suo fiato di fa corto. Non so come e non so perché, ma mi trovo a ridere anche io.
«È buffo sentirtelo dire, ma va bene. Posso chiederti però cosa faresti se io non volessi più esser la tua amante?»
«E perché mai non vorresti più esserlo?» Perché mai dovrebbe pensare una cosa del genere? Queste parole prendono subito piede nella mia testa.
«Perché voglio avere un ruolo nella tua vita, un ruolo ben definito. Sono stufa di essere la ragazza precaria, quella che quando chiami corre o ti apre la porta. Se hai chiuso con Gaia, perché non dovresti stare con me? C'è un motivo valido?» la sua voce passa da un tono alto ad uno più basso, con una lieve flessione e una particolare intensità. Devo essere sincero fino all'ultimo con lei? Sì, lo voglio essere, almeno con lei.
«Perché sono vuoto in questo momento. Non pensavo che Gaia potesse farmi smarrire così tanto, e tu invece sei ancora qui. Non so neanche se sei la persona giusta per me, o se io sono la persona giusta per te.»
Finisco di parlare, parole piene di onestà, e la guardo fisso negli occhi per scorgere la sua reazione, valutare la sua emotività. Mi guarda e mi accorgo che i suoi occhi si fanno sempre un po' più lucidi, ma riesce a trattenere le lacrime.
Questa è la dimostrazione della persona che sono. Un uomo che non è in grado di pensare agli altri.
«Sabine, devo fare chiarezza, dammi del tempo» le chiedo e tento di prendere una sua mano, ma con un movimento brusco si allontana.
«Vedi di muoverti allora, perché sono arrivata al limite della mia pazienza» esce veloce dalla macchina e il vuoto dentro di me aumenta, quasi a livello esponenziale.
Non posso fare altro che scendere anche io dall'abitacolo e inseguirla, sorpreso di me stesso.
«Sabine! Aspetta, per cortesia.»
«NO! Non aspetto più! Sono veramente stufa» si mette le mani nei capelli e si guarda intorno prima di continuare «io pensavo che fosse arrivato il nostro momento, la mia occasione, e invece? Non riesci a legarti a nessuno, non riesci ad amare. Io non voglio una persona così al mio fianco. Avrò nuove responsabilità e non potrò affrontarle con te, e dopo il discorso illogico che hai fatto in macchina me ne hai dato la conferma.»
«Che cavolo di responsabilità avrai in più, eh? Dimmi un po', perché sono curioso!» Anche io alzo il tono della voce e rimango sarcastico. La sua voce così fredda e tagliente mi ha irritato e non sopporto questo ultimatum, non da parte sua.
«Lo vuoi proprio sapere? Non so se ne sarai felice» il suo sguardo diventa freddo, quasi glaciale, e questo suo coraggio mi destabilizza sotto certi aspetti.
«Sì, lo voglio sapere.»
«Aspetto un bambino. Nostro figlio.»
Aspettiamo un figlio. Dovrebbero essere parole belle, che donano felicità, ma un brivido di paura si fa largo lungo la schiena.
Non riesco a muovermi, non riesco a parlare. Per la prima volta è come se il mondo intorno a me svanisse e sono solo, con Sabine di fronte a me.
La guardo con occhi diversi, come se non l'avessi mai vista davvero prima d'ora. Non so da cosa, come e perché, ma provo una sensazione di protezione verso di lei, verso di loro.
«La tua reazione è una chiara risposta» la sua voce mi riporta alla realtà e inizio ad avere paura. «Gabriele, devi crescere. Una volta per tutte» e con queste parole si gira e si allontana.
Vorrei correrle dietro, abbracciarla, confortarla e dirle che cambierò. Sono pronto a cambiare per lei e per nostro figlio.
Forse tutto questo è successo per una ragione. Questi erano i nostri destini. Gaia ora è felice, e forse lo potrò essere anche io, davvero.
Riuscirò ad amare davvero?
Riuscirò a ricambiare i sentimenti di Sabine? Sarò un buon padre?
Milioni di parole si susseguono a formulare i miei pensieri: penso a Gaia, al nostro rapporto, a quello che abbiamo perso, a quello che ho davanti nel mio futuro, e penso a Sabine.
Mi ha aspettato per così tanto tempo e se fosse stato solo per me ora non potrei viverla, perché in fondo sono e rimarrò un codardo.
Sabine mi avrebbe confessato di aspettare un bambino, nel caso in cui Gaia non mi avesse parlato dell'infatuazione di Michele e fossimo ancora insieme?
Ancora immobile la guardo allontanarsi in macchina e ancora una volta, questa sera, mi accorgo delle sue lacrime, che lucenti le rigano il viso.
Vorrei chiamarla, ma ormai è troppo tardi. Solo un sussurro a sfiorarmi le labbra «Sabine...»
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