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Capitolo 33 _ Gaia

Sento la sveglia suonare, ma non trovo il telefono per poter porre fine al suono. Saranno passati solo trenta secondi prima di riuscire a spegnerla quando sento la porta della cameretta in cui sono ospite aprirsi, e il brontolio di Rachele mentre si fa strada nel buio della stanza.

«Amica, ti voglio bene, ma se non ti velocizzi nel spegnere le sveglie abbiamo un problema di convivenza.» La sua voce assonata mi fa sorridere, ma devo essere cordiale e mi trattengo nel prenderla in giro.

«Buongiorno, tesoro.» La stuzzico educatamente.

«Buongiorno. Facciamo colazione? Sempre il solito per te?» Mi chiede mentre si lega i lunghi capelli biondi dopo aver acceso la luce del corridoio.

«Sì, sempre il solito al mattino.»

«Va bene, ti aspetto di là, tu fa' con comodo.» Sorrido per il suo modo di fare e l'adoro per com'è.

Prima di raggiungerla guardo il telefono: ancora nessun messaggio da Gabriele e due messaggi da Michele. Me lo potevo aspettare? Sì, penso proprio di sì.

Curiosa apro i messaggi e mi accorgo di averli ricevuti in piena notte; rimango a bocca aperta nel leggerli:

mar 22 gen 02:58
Ti penso, e non dormo...ora posso dirtelo, senza paura e senza riserve. Tutto quello che ti ho detto questa sera è vero, parola dopo parola, e sono sicuro che anche tutto quello che mi hai detto tu sia vero. Sarò egoista, ma sono felice di quanto hai scoperto perché forse sarà l'unico appiglio a cui tenderai la mano per aggrapparti e uscire da questa situazione che viviamo, tutti e tre. Senza paura ti dico che ti voglio più che bene!

mar 22 gen 03:37
Ancora ti penso, e ancora non dormo. Ho pensato di dedicarti le parole di Khalil Gibran, della sua poesia "Segui l'amore":
"L'amore non dà nulla fuorché sé stesso
e non coglie nulla se non da sé stesso.
L'amore non possiede,
né vorrebbe essere posseduto
poiché l'amore basta a all'amore."
Ti auguro un buon risveglio ed un buongiorno mio tulipano rosso.

La sua dolcezza e le sue attenzioni sono elementi a cui farò fatica ad abituarmi, ma quando accadrà diventeranno parte di noi.

Mi attorciglio i capelli su un dito e con l'altro digito una risposta che spero possa scaldare il suo cuore come lui è riuscito a scaldare il mio: Buongiorno a te, amico e amante. La tua dolcezza è unica e non perdere mai questo tuo dono, forse io non potrei farne a meno. La poesia è bellissima e non avrei potuto trovare parole migliori. Ti vorrei solo dire grazie, un grazie che arriva dal cuore, perché riesci a farmi vivere in un sogno.

Raggiungo Rachele nell'ampia cucina e l'abbraccio di schiena per esprimerle la mia gratitudine oltre che per augurarle il buongiorno.

«Com'è andata ieri sera? Non ti ho sentita rincasare.» Mi chiede con la sua solita curiosità, ma pronta ad ascoltarmi senza giudicare.

«Molto bene. Mi ha fatto una bellissima sorpresa venendo sotto l'ufficio per incontrarmi, e le ore passate insieme sono state fantastiche...»

«Immagino visto i tuoi occhi a cuore che ti illuminano il viso.» Mi risponde intenta nel prepararsi i pancake con crema di pistacchio, e io l'aiuto negli ultimi passaggi.

«Sì, sono stata bene. Grazie per avermi raccontato quanto successo tra te e Roberto e, allo stesso tempo, anche dell'errore di Gabriele. Riuscirò a rimediare a questa situazione e lo farò per il bene di tutti.»

«Bene...ti ha chiamato Gabriele?» Mi chiede senza alzare ancora lo sguardo.

«Gabri? Lui no; è da quando sono uscita di casa domenica sera che non si è fatto vivo. Credo di scrivergli oggi, così da organizzare un veloce incontro e chiarirci.» Rispondo con sincerità mentre ci spostiamo sull'alto tavolo bianco per gustare la colazione.

«Mi ha chiamata ieri mattina, credo sia giusto tu lo sappia. Gli ho detto di averti raccontato la sua storia con Sabine e che dovrebbe essermi grata per avergli tolto il disturbo di trovare il coraggio per parlartene finalmente.» Mi guarda con uno sguardo intenso, come in attesa di un mio consenso su quanto ha fatto.

Dopo un boccone al suo pancake perfetto aggiunge «Voleva sapere se ti servisse qualcosa e quindi poteva portarlo qui. Non so che intenzioni hai con lui, ma sono felice che tu voglia confrontarti per trovare una via di uscita da questo casino che avete combinato.»

«Casino? Bè, non ho mai pensato di vederlo come un casino, ma forse hai ragione...io e Michele, lui e Sabine, un quadretto fantastico.» Dico con leggerezza e riesco a strapparle una risata di prima mattina.

Sorseggio il mio caffè-latte e penso a come siamo cambiati io e Gabriele in questi anni: eravamo una cosa sola i primi mesi, l'uno l'ombra dell'altra e l'affetto che provavamo era visibile oltre che palpabile nell'aria, da chiunque ci stava intorno. Il nostro errore è stato quello di cadere nell'abitudine e la routine ci ha distrutto piano piano.

Ci saremmo dovuti sforzare di più entrambi e mantenere alta la passione, ma così non è successo. Potrò mai imparare da questa situazione? Spero di sì: per me, per Gabriele e spero anche per Michele.

«A cosa stai pensando?» La voce squillante di Rachele mi riporta al presente.

«A come siamo cambiati io e Gabriele. Io avevo trovato il mio porto sicuro dopo la rottura con Roberto e Gabriele aveva ottenuto finalmente il suo oggetto del desiderio. Non siamo stati però bravi a crescere insieme... Sai, a volte vorrei credere nell'amore come ci credi tu.» La mia voce trasmette tutta la stima che provo nei suoi confronti.

«Mah, non so quanto conviene! Le delusioni sono più frequenti, questo è sicuro!» Le sue labbra si incurvano verso l'alto e vedo dai suoi occhi che sta pensando ad altro e non voglio interrompere il flusso dei suoi pensieri e delle sue emozioni.

Finiamo la colazione aggiungendo poco altro prima di prepararci per andare al lavoro.

Salgo in macchina e raggiungo la stazione; prenderò il treno con mezz'ora di ritardo perché mi sono concessa del tempo con la mia amica, ma arriverò comunque in orario al lavoro.

Comoda sul sedile all'interno del vagone rumoroso ripenso alla chiacchierata fatta poco fa e decido di scrivere a Gabriele; se ha deciso di confrontarsi con Rachele anziché con me vorrei capirne il motivo. Penso bene a cosa dirgli, perché non voglio risultare distante e scontrosa, ma vorrei che accettasse di rispondere a una possibile chiamata. Alla fine trovo le parole che credo siano quelle giuste per lui: Ciao Gabri, so che domenica hai visto qualcosa che ti ha ferito e, dopo, la nostra reazione è stata esagerata. So che anche tu hai qualcosa da raccontarmi e credo sia una buona idea incontrarci per mettere insieme i tasselli e capire insieme cosa fare del puzzle che ne uscirà. Vorrei chiamarti per accordarci, se sei d'accordo.

Premo invio e torno a guardare oltre il finestrino cercando di scorgere le varie figure che corrono intorno a me veloci. Con le cuffie nelle orecchie mi perdo tra i ricordi degli ultimi giorni e sulle note di Last Time I Say Sorry sospiro silenziosamente e chiudo gli occhi.

Cosa voglio per me? È una domanda così banale, ma non riesco a trovare la risposta giusta.

Sono in grado di amare come una volta e come ho amato Roberto? Non lo so, e questa insicurezza mi blocca.

Ho paura? Sì, ed è l'unica cosa che so per certo. Ho paura per me, di farmi ancora male, ma soprattutto ho paura per Michele, per non essere in grado di amarlo come si meriterebbe, e per Gabriele, per rovinargli la vita.

Immersa nei pensieri il tempo passa velocemente e mi accorgo di essere già alle porte di Milano. Raccolgo le cose mentre attendo che le persone scendano dal treno senza fretta e sento la vibrazione del cellulare nella tasca destra del piumino. Lo afferro ed è Gabriele che mi chiama, quindi rispondo «Pronto?»

«Ciao Gaia, disturbo?» Nel suo tono traspare un po' di agitazione.

«No, non mi disturbi. Se senti confusione è perché sto per scendere dal treno e come ogni mattina c'è molta gente.» Rispondo mettendolo al corrente dei fatti, così che non si lamenti in seguito nel caso non dovesse sentire la mia voce o io debba chiedergli di ripetermi qualcosa.

«Non preoccuparti. Ti chiamo perché ho letto il tuo messaggio. Vuoi che ci incontriamo già questa sera?» È diretto, ma lo apprezzo.

«Certo, per me va bene. Ti raggiungo a casa?»

«Sì, come vuoi. Ovviamente ceniamo insieme, fammi solo sapere a che ora arriverai.» È una sorpresa questa sua sicurezza, e spero porterà bene.

«Okay. Dovrei arrivare per le otto, ma ti scrivo quando parto dall'ufficio così hai modo di regolarti per preparare.»

«Sì, va bene, a dopo allora. Ti amo.» Mi si gela il cuore per un attimo; non mi diceva ti amo dal giorno del matrimonio e il silenzio crea per un attimo imbarazzo.

«Scusami, l'ho detto senza pensarci. A questa sera.» E senza aggiungere altro lui chiude la conversazione.

Vorrei richiamarlo per chiedere il perché si sia fatto sfuggire quelle parole e perché fosse così freddo e distaccato mentre le pronunciava. Purtroppo, più che la sensazione di sorpresa, non mi hanno lasciato altro e questo è un chiaro segnale di ciò che provo e di dove siamo arrivati in questo preciso istante. Non ho più voglia di pensarci e non lo richiamerò, avrò tutto il tempo questa sera per affrontare l'argomento.

Nel mentre salgo sulla metropolitana e do un'occhiata ai messaggi; Michele si sarà fortunatamente addormentato e non ha ancora letto la mia risposta.

Il mio cuore spera che lui si svegli prima di arrivare in ufficio, perché ho voglia di sentire la sua voce.

Mi sento osservata e provo una sensazione strana, quasi di smarrimento, così inizio a guardarmi intorno nella metro affollata sperando di non dar nell'occhio, ma non vedo nessuno con lo sguardo rivolto verso di me. Deglutisco sentendo l'ansia farsi strada e ad un certo punto mi sento tirare dal fondo del mio piumino: è una bambina, avrà forse cinque anni, e mi guarda intensamente con gli occhioni dolci, e appena ha la mia attenzione mi chiede con una vocina zuccherina «Perché stavi sorridendo poco fa? Eri bella mentre sorridevi.»

Questo esserino minuscolo è in grado di trasformare la mia ansia in gioia, quindi decido di dedicarle il poco tempo che ho a disposizione prima di scendere alla mia fermata rispondendole con voce affettuosa «Stavo sorridendo perché pensavo ad una persona a me cara.»

«A tuo marito? Hai la fede, come la mia mamma.» Dice mentre solleva la mano della donna seduta accanto a lei che ci guarda mentre dialoghiamo come due sorelle.

Posso mentire a questa bambina per non rovinarle l'idea che potrà farsi dell'amore? Mi chiedo mentre muovo per atteggiamento riflesso la fede sul dito, e decido che per questa buona causa potrei non mentire, ma omettere qualche informazione dando la risposta che si aspetta.

«Penso alla persona che mi rende felice! È questo l'importante.» Vedo le sue guanciotte gonfiarsi mentre sorride imbarazzata, e porta il suo volto all'interno della sciarpina di lana che l'avvolge, senza staccare gli occhi dai miei.

"Cordusio, fermata Cordusio" l'altoparlante segna la fermata a cui devo scendere, ma prima di farlo mi abbasso verso la bambina e la madre per augurarle un buongiorno pieno di speranze. «Ti auguro una buona giornata e una vita piena d'amore, tesoro!» Lascio lei un buffetto sulla guancia.

Salgo le scale che conducono alla piazza e il freddo invernale sul volto mi coglie impreparata, tanto da accorgermi che sto ancora sorridendo libera e non ho pensieri, se non per Michele e questa bambina che mi ha regalato un momento di sincerità con me stessa.

Sto per entrare nell'edificio quando provo un'ultima volta a guardare lo schermo del cellulare e sono contenta di leggere il messaggio di Michele: Buongiorno tesoro, sei già in ufficio? Posso chiamarti nel caso tu sia ancora per strada?

Non ci penso due volte e avvio la chiamata; lui risponde al primo squillo. «Buongiorno, dolcezza.» Ha ancora la voce assonnata e sono felice di esser stata il suo primo pensiero, così come lui è stato il mio.

«Buongiorno a te!» Rispondo mentre mi dondolo sulle gambe, senza badare alla gente intorno che cammina in fretta.

«Nessun nomignolo per me? Io ne ho tanti per te!» Mi chiede curioso e con voce infantile, sapendo già che non sono forte in questo, ma stimolandomi per trovare un modo per esprimere la mia dolcezza anche a parole e a volte nei fatti.

«Ancora no, mi dispiace per te caro uomo!»

«Rimedieremo anche a questo, ma sono felice di aver letto il tuo messaggio di questa mattina, è già un passo avanti e lo apprezzo» Le sue parole sono sempre perfette, come i suoi modi.

«Ti ringrazio per saper aspettare.» La mia voce è limpida e traspare tutta la sincerità che voglio regalare lui.

«Non smetterò mai di dimostrartelo...» Mi conforta sempre, e poi aggiunge «questa sera ci vediamo?»

«Mmm, purtroppo non posso. Questa sera mi incontrerò con Gabriele, così potremo confrontarci su tutti i casini che abbiamo creato. Però avrei preferito passare la serata con te, voglio che tu lo sappia.»

«Lo so, non preoccuparti. Ti confesso, tuttavia, che sono più felice così, perché posso sperare di averti tutta per me dopo questa sera. Devi però promettermi una cosa.» La sua voce è dolce, ma riesco ad intercettare la sua assertività.

«Se posso, dimmi.»

«Devi farmi sapere dove vi incontrerete, perché se dovesse succedere qualcosa vorrei venire da te. Niente di più.» Devo avere paura di questo suo atteggiamento protettivo? O forse non sono più abituata ad avere al mio fianco un uomo così premuroso?

«Andrò a casa nostra. Ceneremo insieme e appena terminato tornerò da Rachele.»

«No, non tornerai da Rachele.» La sua affermazione mi lascia senza parole; sgrano gli occhi per capire perché mai possa pensare ad un ripensamento dopo quanto è successo. Non riesco a rispondere, tra stupore e incomprensione.

«Mi spiego meglio: non tornerai subito da Rachele, perché mi piacerebbe mi raggiungessi per raccontarmi come andrà la vostra serata. Non mi accontenterò di una telefonata, qualunque decisione tu prenda dal vostro confronto. Siete sposati, sono pronto a tutto.»

«Ah, ok...per un momento pensavo di non aver capito. Comunque sì, passerò volentieri da te. Di una cosa però sono certa, e voglio che tu lo sappia già da ora: non starò a casa mia, non starò con Gabriele. Tu sei entrato a passo lento nel mio cuore e ora sei parte di me, più di chiunque altro. Che sia un bene o un male, bè, questo me lo dirà solo il tempo.»

Lo sento sorridere dall'altro capo del telefono e lo imito.

«Sarà un bene, ne sono certo. Ti ricordi? Io ti voglio più che bene.» Le sue parole mi riempiono il cuore e mi sento libera di poterlo avere al mio fianco.

«Ti voglio più che bene anche io.»

E con tale certezza ci promettiamo di sentirci questa sera.

Entro nell'edifico e mi dirigo negli ascensori quando Samuel, il portinaio del palazzo, attira la mia attenzione salutandomi.

«Ciao Samu! Scusami se non ti ho salutato quando sono entrata, ero soprappensiero.»  Cerco di giustificarmi raccontando comunque la verità.

«Figurati. Ti ho vista al telefono e immaginavo stessi ancora riflettendo.» Gli sorrido e premo il tasto di chiamata dell'ascensore quando lo sento aggiungere «Oggi risplendi di una luce diversa, dovresti esser sempre così!»

Abbasso gli occhi imbarazzata e penso di esser innamorata. Mia madre e mio padre mi hanno insegnato che l'amore è la luce che ci portiamo dentro: più è grande e più risplendiamo.

Se oggi risplendo così lo devo solo a Michele.

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