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Capitolo 32 _ Gaia

Tra le sue braccia è come se fossi a casa: mi sento protetta e al sicuro, amata e desiderata.

Non pensavo di riprovare queste emozioni e il mio cuore sta facendo le capriole nel petto, tanto da farmi male per la felicità.

È una delle più belle sorprese che mi abbiano mai fatto. Il suo gesto, questa improvvisata solo per vedere me, significa molto: mi conosce, sa che le piccole cose sono quelle che preferisco e sono certa che l'abbia fatto con naturalezza, senza pensarci troppo. Mi dedica il suo tempo e questo vale più di mille doni materiali.

Stretta a lui mi lascio trasportare completamente dal nostro bacio. È un desiderio che non possiamo placare e che cresce sempre più in questi baci, tanto attesi quanto inaspettati.

Rimaniamo qualche secondo con le fronti appoggiate l'una all'altra e gli occhi chiusi, trasportati ancora dalla passione, e sento le sue mani calde sul mio viso come a non volermi lasciare andar via.

«Mi farai impazzire.» Mi dice in un bisbiglio, e a queste parole accenno un sorriso.

«Mi farai impazzire.» Ripeto io a lui, consapevole che entrambi siamo due folli, ma due folli felici.

«Io non ti farò impazzire, perché sarò qui ad aspettarti. Ma ti prego, trova il modo più veloce per prendere una decisione.» È una richiesta, una supplica.

Devo far chiarezza al più presto con Gabriele per capire cosa fare della nostra vita. Ma se questa fosse solo una scusa? Potrei anche rincorrere la mia felicità senza far chiarezza; a cosa porterebbe alla fine? Mi perdonerebbe per il mio tradimento? Io potrei perdonare lui?

Queste domande iniziano a farsi sempre più strada nella mia mente.

«Hai ragione e lo farò. Si dice che il primo passo per risolvere una situazione è ammettere di avere un problema; io devo ancora capire qual è il vero problema. Sono io a non amarlo più? Sto solo aspettando una scusa per chiudere la storia con Gabriele? È lui che mi ha portato a questo oppure è stato facile arrivare qui? Devo prima capire questo.»

Sono onesta, come sempre con lui, e spero possa comprendere. Senza accorgermene mi sono staccata dal suo corpo nel parlare, colpa del mio gesticolare quando esprimo i miei pensieri, ma lui mi resta comunque vicino.

«Be', su questo posso aiutarti a riflettere, ma purtroppo nulla di più. Dovresti avere fiducia in quello che provi e in quello che senti dentro di te; solitamente è ciò che è giusto. Cosa ne pensi?» La sua voce è affettuosa e il tocco leggero del suo pollice sulla mia guancia mi rassicura sul fatto che mi starà vicino.

«Già...» Le mie parole si perdono a causa del turbinio di pensieri nella mia testa.

«Ti va un aperitivo veloce e poi di mangiare un boccone?» Mi chiede con sguardo attento, pronto a scovare ogni mia reazione ed esser sicuro che non cambi umore. Annuisco con la testa e il suo sorriso diventa contagioso; mi abbraccia un'ultima volta prima di incamminarci verso un bar della zona, e io non perdo l'occasione per sentire ancora il suo contatto afferrandogli la mano, intenzionata a non lasciarla fin tanto che non saremo arrivati a destinazione.

Lungo il tragitto, sotto le luminarie della città, parliamo del più e del meno e ci confrontiamo su come abbiamo passato le ore che ci hanno separati. È facile parlare con lui e riesco sempre ad essere me stessa, senza mai pensare a cosa dire o cosa fare per non offenderlo. Sono libera di esprimermi e mi convinco che qualsiasi cosa possa ostacolare questa libertà non è amore, inteso in senso ampio, ed ora che ne ho un assaggio mi chiedo se potrò farne a meno.

Dopo l'aperitivo mi porta inaspettatamente a cena vicino le terrazze del duomo e la vista è bellissima: la piazza gremita di persone, le luci soffuse nella vie laterali e la musica di sottofondo nel locale vetrato rende tutto più accogliente. L'atmosfera è magica e non servirebbero parole per migliorarla.

Appena seduti al tavolo scrivo un messaggio a Rachele per avvisarla che sarei rincasata più tardi del previsto, così da non farla preoccupare.

«Hai avvisato Gabriele che farai tardi?» Mi chiede serio, ma con tranquillità. Si sente tra l'incudine e il martello e capisco la sua insicurezza in questi momenti.

«No, ho avvisato Rachele. Da ieri sera mi sono trasferita da lei, se così possiamo dire.» Rispondo vaga mentre poso di nuovo il cellulare nella borsa, ma attenta a osservare la sua reazione per pura curiosità. Vorrei spiegargli tutto ciò che ho scoperto, ma allo stesso tempo ho paura che possa fraintendere il mio comportamento di oggi. Sono me stessa e mi sto lasciando guidare dai sentimenti e dalle emozioni, ma potrebbe sorgergli il dubbio.

Mi guarda fisso negli occhi, senza muovere un ciglio. Sorpresa per un mancato segno, alzo un sopracciglio.

«Ah... questo non me lo aspettavo.» Ecco la reazione: poche parole e una mano che sfiora la nuca.

«Sì, alla fine è andata così. Dopo la nostra discussione non potevamo stare sotto lo stesso tetto ed era più semplice per entrambi che fossi io quella ad uscire di casa.»

«È stato così distruttivo il vostro confronto? Ti ha fatto qualcosa di male?» La sua voce è più alta di qualche ottava e piena di preoccupazione, come lo sguardo che gli segna il volto.

«Non mi ha fatto niente, ma abbiamo commesso lo stesso errore. Entrambi non stiamo più bene con l'altro, quindi abbiamo ricercato la felicità e l'amore altrove.»

Alle mie parole abbassa lo sguardo e il terrore si impossessa di me. Sapevo che sarebbe stato pericoloso parlargliene ed ora dovrò affrontare le conseguenze, ma prima decido di esser completamente onesta.

«Michele» richiamo la sua attenzione e cerco la sua mano sul tavolo, intrecciando le mie dita alle sue prima di continuare. «Se solo lo avessi saputo prima avremmo potuto vivere tutto questo molto tempo fa e forse avrei potuto anche evitare il matrimonio. Ho sempre soffocato i miei sentimenti, ho chiesto a te di farlo, mettendo davanti a me e a noi quello che erano le mie responsabilità. Ho sbagliato e devo chiederti scusa.»

«Non devi chiedermi scusa, siamo comunque qui insieme. Ma ho una domanda: da quanto ti tradisce?» I suoi occhi sono due fessure piccole e curiose e si avvicina a me stringendo ancora di più la mia mano.

«Non lo so. Per quanto mi è stato riferito avrebbe dovuto chiudere la sua relazione abusiva prima del matrimonio, ma a quanto pare ancora non l'ha fatto. Sai perché potrebbe esser passato davanti alla palestra ieri sera?»

«No, ma ho paura di sapere quel che mi dirai.»

«Era il compleanno della sua amante e penso le abbia regalato una giornata di passione.» Non riesco più a guardarlo negli occhi e senza capirne il motivo allento la presa della mia mano, tanto da riportarmela sulle gambe. Senza volerlo il mio pensiero prende voce. «Mi sento così stupida.»

«Non sei stupida Gaia, e non devi nemmeno pensarlo. Ne abbiamo parlato più e più volte: è da tempo che eravate distanti, ma non volevi rendertene conto. E così anche lui. Non posso però negarti che sono felice di questa scoperta se giova a me! Perdonami l'egoismo!» Lo guardo mentre mi parla e alle sue ultime parole non posso che ridacchiare insieme a lui.

«Mi togli una curiosità?» Gli chiedo, ancora con il sorriso in volto.

«Certo, chiedimi pure.»

«Ieri mia definita il tuo tulipano rosso. Cosa significa?» Lo dico con affetto e nel mentre riacquisto sicurezza e fiducia in lui, così riprendo contatto con la sua mano senza chiedere il permesso.

«Allora te ne sei accorta! Ieri per un attimo ho avuto la sensazione che non mi stessi ascoltando.»

I suoi occhi non perdono di vista i miei e vi leggo passione e affetto; dopo una breve pausa continua: «Comunque sì, ti ho definita così perché sono fermamente convinto che tu sia il mio amore vero, quello che mai avevo provato prima. Tu mi hai affascinato con la mente, nel tuo essere così genuina e trasparente. Sei il mio amore perfetto e irresistibile, quello a cui difficilmente potrei rinunciare. Inoltre il tulipano è da sempre il mio fiore preferito e so che tu non ami le rose, quindi paragonarti a questo fiore per me vuol dire molto, e spero tu lo comprenda. È un fiore semplice anche nella sua forma, ma ha innumerevoli e coloratissime fioriture, un po' come te per me.»

Provo un'emozione che non riesco a definire e una sensazione di pace si fa strada dentro di me. È una persona sensibile e l'ho fatto soffrire fin troppo.

Sento una lacrima scivolare calda lungo la mia guancia e lui mi porge una mano per raccoglierla e confortarmi. Al contatto mi allungo per avvicinarmi a lui e gli rubo un bacio, veloce ma pieno di sentimenti.

«Grazie.» È l'unica parola che riesco a dire.

Fortunatamente il cameriere si avvicina a noi per prendere la comanda, ma essendo stati distratti dai nostri discorsi non abbiamo ancora letto il menù.

Ci concede ancora qualche minuto e insieme decidiamo di prendere la pietanza che nella lista viene maggiormente magnificata, e sarà una scoperta.

«Ti voglio più che bene.» Mi dice d'un tratto e rimango quasi pietrificata. Ti voglio più che bene? Ma che significa? Penso tra me.

«Scusa?» Glielo chiedo innocentemente, ma con curiosità.

«Sì, hai capito e non far finta che non sia così!» È ironico e scherzoso.

«Mi vuoi più che bene?!» Ripeto a mo' di domanda.

«Non ti voglio bene, ma di più, ma non così tanto da amarti. Almeno per il momento.»

Bam, rivelazione che mi fa mancare un battito al cuore. Ci penso un attimo, ma ha ragione e non ci avevo mai pensato.

«Ti voglio più che bene anche io.» Emtrambi scoppiamo a ridere come due adolescenti.

Non passano più di dieci minuti che il cameriere torna da noi con i nostri piatti e ce li posa davanti.

Curiosi vi guardiamo all'interno per scoprire cosa abbiamo ordinato: polpette in salsa di pomodoro.

Ci guardiamo nello stesso momento, entrambi con uno sguardo meravigliato, e per l'ennesima volta una risata si impossessa di noi.

«Ma come cavolo si fa a vendere delle polpette descrivendole come bocconcini di manzo aromatizzati alle spezie e curcuma?» La sua voce esprime ancora tutta l'incredulità della nostra scoperta.

Ne assaggio una e scopro che sono una delizia. L'apparenza inganna!

«Sono inverosimilmente buone! Dovresti provarle prima di emettere giudizi...io rischio di chiederne una seconda razione!» Dico onesta sperando che non si faccia sovrastare dai pregiudizi che si è creato. Con la forchetta se ne porta una alla bocca e poco dopo chiude gli occhi, emettendo un leggero verso di soddisfazione.

«Hai visto? Sono fantastiche!» E una ad una le finisco troppo presto e guardo il piatto con una certa delusione accorgendomene.

Ride di me e prende seriamente quanto avevo detto poco prima, chiedendo di portarne un altro piatto.

«Michele, perché lo hai fatto?» Chiedo sotto voce appena il ragazzo in divisa si allontana dal nostro tavolo.

«È inutile che dici così, e smettila con questi occhioni! Le condivideremo!»

«Sì, ma saranno molte e non le finiremo, per diamine!» Dico convinta e gesticolando come il mio solito.

«Sì sì, certo...» Ridacchia tra sé soddisfatto di quello che ha fatto.

Quando la seconda portata arriva si dimostra un uomo di parola e condividiamo l'abbondante razione. Lui non perde occasione per ridere di me e del mio buon gusto facendomi divertire con poco più di nulla.

«Piuttosto, guarda il cielo. Cosa vedi?» Lo osservo colpita dalle sue parole e mi chiedo perché mai mi chieda una cosa del genere, ma lo assecondo.

Alzo gli occhi per guardare oltre la vetrata il cielo buio sopra di noi e solo ora mi accorgo che è una bellissima serata stellata. Vengo rapita dalla miriade di stelle che ci sovrastano e mi godo questo momento come non facevo da tempo.

«Stelle... ci sono bellissime stelle.» Le mie parole escono piano mentre ancora mi lascio trasportare rapita dalla bellezza dell'universo sopra di noi.

Riporto lo sguardo sul suo viso quando lo sento accarezzarmi il dorso della mano e mi regala uno dei più bei sorrisi che potessi aspettarmi.

Abbasso gli occhi e mi accorgo che vicino al centrotavola c'è un portachiavi a forma di stella.

«È tuo.» Mi dice, così lo prendo tra le mani: è di legno e la scritta incisa è bellissima "Basta alzare gli occhi, e ti vedo."

«Io... non so cosa dire... grazie... è bellissimo!»

«Vorrei che lo portassi sempre con te se ne avrai voglia. È un modo di saperti sempre al mio fianco e farti sapere che io ci sono, sempre.»

Lo guardo per qualche istante e nella mia mente un groviglio di pensieri che non riescono a trovare il loro posto per la confusione.

«Lo porterò sempre con me, te lo prometto. Ora però andiamo.»

Senza aggiungere altro si alza ed io lo seguo. Una volta pagato il conto ci immettiamo nuovamente sulla via e appena fuori dall'edifico lo trattengo per un braccio ed in punta di piedi faccio mie le sue labbra, posando una mia mano tra i suoi capelli alla base della nuca certa di provocargli piacere. Risponde al mio bacio, desideroso come sempre, e siamo l'uno la rovina dell'altro.

Mi inebrio del suo profumo e appena prendiamo un attimo di respiro ridico lui «Ti voglio più che bene, è certo.»

Sento le sue labbra allargarsi in un sorriso e poco dopo mi riempie di piccoli baci tutt'intorno al viso, punzecchiandomi con la barba ispida.

In questa nostra bolla di sapone mi accompagna alla sua macchina e partiamo.

Arrivati sotto casa di Rachele scherziamo ancora un po' sulla cena e sul modo in cui mi sono affogata di cibo grazie alla sua insistenza.

«Adesso sono completamente dipendente da quelle polpette! E la colpa è solo tua!» Dico senza pensare e lui ridacchia ancora di più.

«Sì, ci avrei scommesso! Prometto che ti riaccompagnerò in quel ristorante.» Sembra convinto della sua affermazione, quindi lo studio con attenzione per esser certa di non aver capito male.

«Lo farò, è uno dei modi che mi permetterà di stare ancora con te, al tuo fianco. Manterrò la mia promessa.» Il suo sguardo parla più di mille parole e il mio cuore si scioglie come burro al fuoco.

Le sue braccia mi attirano a sé e fronte contro fronte prendo la mia decisione. «Farò qualcosa e lo farò per noi: per me e per te.»

Ci guardiamo negli occhi e il desiderio è visibile sul suo volto. Schiudo le labbra e mi avvicino a lui per rubargli l'ultimo bacio della giornata.

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