Capitolo 29 _ Gabriele
Sono ancora elettrizzato dalla giornata trascorsa in montagna con Sabine e il ritorno in auto è stato leggero e anch'esso divertente. Abbiamo ascoltato le canzoni trasmesse dalla digital radio anziché il classico elenco di una playlist, e sentirla canticchiare mi ha trasmesso una gioia immensa. Abbiamo vissuto momenti così naturali che mi hanno confermato che sto per fare la cosa giusta: è lei che vorrei avere al mio fianco e non posso più rimandare il confronto con Gaia.
Di tanto in tanto mi tornava in mente, perché l'allusione che ha fatto questa mattina sui fustacchioni della palestra ha instillato in me alcuni dubbi, e questo mi distraeva.
Ho appena lasciato Sabine sotto casa e sono solo le sei di sera, quindi decido di passare davanti alla palestra per vedere se Gaia è ancora all'interno della struttura oppure è già rincasata.
Appena varcato l'ingresso allo spiazzo del parcheggio noto la sua macchina e scorgo due persone in piedi a parlare. Sto per dirigermi in una piazzola libera vicino alla sua auto quando un dubbio mi assale: è Gaia la ragazza?
Mi volto verso le due figure per togliermi qualsiasi sospetto e li osservo meglio: è Gaia, ne sono certo, e mi rendo conto che davanti a lei c'è Michele.
Ma come? Inizio a pensare e trovare una spiegazione del perché lui è davanti a lei, con una mano sulla sua guancia.
Sono incredulo e la rabbia cresce dentro di me. Mi sento preso in giro.
Fermo la macchina con un colpo secco al freno e senza preoccuparmi di quello che c'è intorno; mi fiondo fuori dall'abitacolo perché mi manca il fiato, ma voglio delle risposte anche se mi mancano le parole.
Vedo lei adagiarsi sulla mano di lui appena la sfiora e sento la terra franarmi sotto i piedi, le gambe molli, ma nonostante questo riesco comunque a muovermi.
Come anni addietro il mio cuore riceve una pugnalata, e non credo di poter sopportare ancora questa situazione.
«GAIA!» la chiamo con foga nella speranza di fermare quello che potrebbe accadere tra loro.
Si girano entrambi sorpresi: lui con lo sguardo sconcertato e negli occhi di Gaia, invece, riesco a leggere paura e senso di colpa. La conosco e sono sicuro che questo sguardo è la conferma di ciò che speravo non potesse mai capitare.
«Che diamine sta succedendo qui?» Chiedo con gli occhi socchiusi in due fessure per la rabbia.
«Gabriele, non è come pensi. Io...» La voce di Gaia è flebile, palesemente in preda al panico.
«Tu cosa? Ho visto fin troppo e voi due mi state nascondendo qualcosa. Non è così? Gaia non posso credere che tu mi stia facendo questo!» Non riesco ad abbassare i miei toni.
Lei non risponde e trema dall'agitazione. Rimango meravigliato quando Michele interviene in sua difesa e senza esser stato interpellato.
«Gabriele credo che tu stia esagerando. Quello che hai visto è solo colpa mia e non sua. Quindi se ti devi sfogare con qualcuno fallo con me, ma non te la prendere con Gaia. Lei ha ben chiare le sue responsabilità e ci tiene a te.»
«Puoi anche evitare di prendere le sue difese Michele. È matura per poterlo fare da sola, non pensi?»
Si guardano negli occhi e questa loro complicità mi lascia basito, frastornato.
Mi giro su me stesso per tornare alla macchina e questo suscita una reazione in Gaia che mi chiama, quasi implorandomi.
«Se vuoi parlarne ne parliamo a casa, non davanti al tuo amichetto.» Dico indicando Michele con occhi minacciosi e rimanendo fermo, ma la mia ira è visibile.
Salgo in auto senza aspettare una sua risposta e mentre chiudo lo sportello lancio un'occhiata nella loro direzione: si guardano ancora una volta, anche se per un solo istante, e nel mentre riesco a leggere sulle labbra di Gaia la parola "scusa".
Parto a tutta velocità, sicuro che lei mi seguirà per finire la discussione in un ambiente familiare.
A casa, uno di fronte l'altra, non voglio essere io il primo a parlare, ma la incito ad iniziare perché mi deve delle risposte e dobbiamo risolvere i nostri problemi.
«Gabriele, ti prego, calmati e ascoltami senza dare giudizi.» La guardo sollevando un sopracciglio e mi chiedo come possa chiedermi indirettamente una cosa del genere. Senza giudicare? Impossibile.
Le continua, con voce calma, ma dai movimenti del suo corpo traspare tutta la sua agitazione. «Penso che tu abbia frainteso quello che stava succedendo.»
«Dici? Sul serio? Io non credo. Forse non sarebbe successo niente, o forse vi ho interrotto prima, o forse è già successo. Sbaglio anche su questo?»
Il suo sguardo si abbassa e si infila una mano tra i capelli. Non insisto, ma attendo perché voglio avere una risposta, e questa tarda a venire.
«Allora? Sto aspettando.» Mi guarda negli occhi e vedo che sono lucidi e tondi come ciliegie mature tanto li ha spalancati. Dentro di me non solo rabbia, ma anche paura di perderla e di scoprire la verità.
«Gabriele, non trovo le parole più adatte per spiegare, ma è giusto che tu sappia, quindi...»
«Ma porc...»
«No, Gabri, non iniziare ad inveire! Non posso negare che ci sia qualcosa tra me e Michele, ma io sono tua moglie e nessuno potrà mettersi tra me e te. Ho sbagliato, è vero, ma abbiamo deciso di non incontrarci più per evitare qualsiasi cosa, perché l'affetto che provo per te non può cambiare.» È sincera, lo riconosco, ma da una parte spero di non aver capito bene quanto mi ha detto.
«Mi stai dicendo tra le righe che vi siete baciati?» Sono le uniche parole che riesco a pronunciare, e lei esita per un attimo prima di rispondere.
«Sì.»
«E c'è stato qualcosa di più?» Ho bisogno di sapere.
«No, assolutamente no! Non avrei mai potuto. Ma come puoi pensarlo?»
Mi passo una mano sul volto e mi accorgo solo ora di sudare freddo.
La osservo attentamente e non la sento più mia. Sapere che è stata tra le braccia di un altro uomo, che le sue labbra si sono bagnate al contatto di altre labbra maschili, che il suo cuore ora non è solo per me, be', mi fa male.
Sono sorpreso da me stesso, perché nonostante questi pensieri rimango calmo alla sua vista, anche se dentro ho guerrieri che stanno combattendo una guerra fredda, e ad un certo punto esplodo.
«Sai cosa mi dà più fastidio? Che hai fatto tutto alle mie spalle! Lo hai anche voluto al nostro matrimonio, e hai abusato della mia fiducia e della libertà che ti ho sempre lasciato! E poi mi chiedo: come ha fatto uno come lui ad esser attratto da una come te? Io non potevo pensare che la palestra potesse esser una minaccia alla nostra relazione!» La verità mi si palesa davanti agli occhi e da quanto ho alzato la voce sento la gola bruciare.
«Ma non è così! Tutto è successo negli ultimi mesi, non prima. Potevi capirlo: non lo incontravo da un mese e mezzo e potevi arrivarci da solo!» Nella sua voce ora sento anche la rabbia, e non perde tempo per rinfacciarmi la mia continua assenza nella nostra vita, ma decido di colpirla ancora.
«E be', è ovvio. Prima il tuo corpo non era alla sua altezza.»
«Scusa?» I suoi occhi sono due fessure e il tono della sua voce ora è molto, molto più basso.
«Hai capito bene: prima non ti si filava perché eri così grossa che non poteva averti al suo fianco, lo avresti fatto sfigurare, ma ora che sei tornata quasi al tuo peso forma ovviamente ha potuto mettere gli occhi su di te, facendoti credere chissà cosa. Dovresti vergognarti di esser caduta così in basso.» Dico tutto d'un fiato, senza pensare troppo e senza alcun filtro tra testa e bocca.
«Gabriele, tu mi stai offendendo ora. Se solo tu potessi esser un po' più aperto di mente e non legare tutto all'aspetto fisico ti accorgeresti di un sacco di cose.»
«Ah, dici? Io non credo.»
«Sì, dico! Se vuoi tutta la verità c'era già qualcosa prima del matrimonio, ma non è mai successo nulla fino a poco tempo fa. Lui mi capisce, mi supporta, mi ascolta ed è presente nei momenti di difficoltà. Tu invece? Tu non ci sei mai! Non ti accorgi di quello che vorrei darti e non mi permetti di farlo! Ti avevo chiesto di non giudicare, ma non ne sei in grado. Ti fermi alle apparenze e non vai mai oltre. Una volta eri diverso, ora non combatti più per noi. Sai cosa me ne farò delle tue parole? Un emerito niente.»
«Quindi tu avresti voluto che succedesse prima quel vostro bacio!?» La mia voce così alta è quasi irriconoscibile.
«Vuoi la verità?»
«Sì.»
«Sì, lo avrei voluto! Ma non solo il bacio, avrei voluto avere una persona così al mio fianco per il resto della vita. E dato che siamo in vena di sincerità posso dirti ancora una cosa?»
Rimango in silenzio, consapevole che lei sarebbe comunque andata avanti nel suo monologo. La tensione tra noi potrebbe tagliarsi con un coltello, ma lei continua.
«Tornassi indietro non ti chiederei più di sposarmi. Sono ancora convinta che tu abbia risposto di sì solo perché non avresti potuto far diversamente, altrimenti avresti rovinato la tua candida reputazione con la tua famiglia, con la mia, e sei stato abbastanza codardo da proseguire nel nostro declino.»
«Hai ragione! Hai maledettamente ragione! E vuoi anche tu la verità? Potrei esser considerato più codardo per un'altra storia rispetto al sì per il matrimonio. Ma sei talmente concentrata su te stessa che non sei in grado di vedere oltre al tuo naso!»
«Pensa quello che vuoi. Ti ho detto di aver sbagliato e se non vuoi perdonarmi non posso farci niente, ma non sono disposta ad ascoltare ancora i tuoi insulti.» Abbassa gli occhi mentre mi parla e scocciato decido di allontanarmi.
«Per questa sera vado a dormire da Mattia. Ne ho abbastanza di questa storia.» È senza aggiungere altro mi direziono verso la porta di ingresso, ma lei mi ferma.
«No, sarò io ad andare da Rachele e tu rimani qui. Non so quando tornerò, ma se mai dovesse venirti voglia di parlarmi o confrontarti in maniera costruttiva il numero lo conosci.»
Non riesco a guardarla quando prepara il borsone infilandoci vestiti e altri accessori, quindi mi siedo sul letto della cameretta con la testa tra le mani e i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Ancora una volta non sono riuscito a parlare di Sabine e questa sarebbe stata l'occasione perfetta, invece sto scaricando tutta la colpa su di lei.
Tra i pensieri sento un forte rumore e capisco che è Gaia ad uscire dalla porta di ingresso, sbattendola, e mi chiedo se sta uscendo anche dalla mia vita.
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