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Capitolo 22 _ Michele

Non so per quanto tempo siamo rimasti a guardarci, ma la pacca di Mirko sulla mia spalla interrompe la connessione con Gaia.

«Pronta Rachele? Ora tocca a noi!» Le chiede, carico di energia.

«Oh, sì! Pronta a cavalcare questo motore sotto la tua guida!» Risponde innocente, ma tutti scoppiamo a ridere per l'allusione che, senza volere, ha appena fatto.

«Andiamo, prima che tu dica qualcos'altro di controverso!» Interviene Mirko ad un certo punto e le fa cenno di salire in macchina.

Appena si avviano, io e Gaia ci incamminiamo verso gli spalti dell'autodromo.

Lei ha ancora il sorriso dipinto sul volto, come una bambina soddisfatta, e penso di non averla mai vista con questa pace in corpo. Sono contento anche io, per alcuni punti di vista, perché so di essere una delle persone che le ha permesso di farla sentire libera e felice. Farla sentire abbastanza per il mondo. Spero vivamente che anche lei si accorga degli enormi passi fatti in questo anno e mezzo passato, dal giorno in cui ha deciso di prendere in mano la sua vita.

«Wow! È stato così emozionante! Mi sento un'idiota perché non riesco a smettere di sorridere!» Afferma Gaia mentre saliamo sulle gradinate, ancora piena di energia ed entusiasmo.

«Sono davvero felice per te! Ma non puoi aspettarti che ti comprenda appieno, visto che ti sei rubata i miei giri!» Le rispondo con un tono di ironia, ma allegro.

«Si, scusami. Però tu hai detto che ti andava bene, non hai dovuto pensarci quando te l'ho chiesto. Non farmi sentire in colpa, ti prego.» Il suo sorriso scompare mentre mi parla, e mi pento della mia risposta.

«No, certo che non devi sentirti in colpa! Non avrei mai potuto guidare dopo di te. O meglio, non per essere umiliato da te, visto che non ho la tua guida sportiva.» Rispondo onesto «E non avrei voluto! Se ricordi mi hai scritto di non cercare la tua spalla per piangere, in caso di una mia sconfitta! Quindi sono più felice così, giuro!»

«Okay, però troverò un modo per rimediare al mio egoismo e mi inventerò qualcosa da rifare insieme.» Aggiunge, quasi per rimediare.

«Mi stai proponendo un nuovo appuntamento?» Chiedo quasi sorpreso, ma non posso fermare il sorriso che sta per rinascere sul mio viso. Nel frattempo ci sediamo sui seggioli freddi dell'autodromo, in attesa di vedere sfrecciare Mirko con Rachele.

«Sì, esatto, è proprio quello che ti sto proponendo.» Si gira verso di me, con occhi vigili. Prima di continuare mi punzecchia ripetutamente il braccio sinistro per esser certa di avere la mia completa attenzione. «E ti dirò di più: la prossima volta solo tu ed io, io e tu! Vorrei evitare disagi come quelli delle ore passate.»

Mi blocco, non trovando le parole per risponderle. Riesco solo a guardala, studiare i suoi dettagli e le sue reazioni. Nella mia mente cerco di ripassare velocemente i momenti passati con lei questa mattina, e ripenso ai suoi cambi di umore. È ancora molto fragile. Mi distraggo dai pensieri quando la vedo mordersi il labbro inferiore e ravviarsi i capelli con la mano destra. Per un istante ho paura di perdere ancora la ragione e abbandonarmi all'istinto, come qualche ora fa in auto.

«Gaia, le regole...» Dico con un filo di voce, dal tono troppo passionale.

Corruga la fronte, ma poco dopo distende il viso e capisco che ha ricordato a cosa faccio riferimento. Si mette una mano davanti la bocca, quasi in segno di scuse.

«Sei adorabile, lo sai?» Le parole mi escono, senza alcun filtro.

«Michele, le regole...» Mi canzona, imitandomi.

«Uno a uno, palla al centro!» Dico, ed entrambi curviamo gli angoli delle labbra in un risolino. Poi continuo «Comunque va bene, io e te soli. Però, se permetti, sceglierò io cosa fare. Oggi siamo qui grazie a te, quindi vorrei che rispettassi il mio turno!»

«Sì, ci sta!»

«Posso farti una domanda?» Non riesco a non essere titubante, e forse si legge anche in viso.

«Se non è troppo difficile, certo. Ti rispondo volentieri.»

«Questa mattina, mentre venivamo qui, in macchina...» Mi fermo un attimo, per vedere come sta reagendo. I suoi occhi castani diventano più vivi al ricordo, quindi continuo «Cos'è successo?»

«Michele, veramente, non lo so... È come se ad un certo punto fossi tornata indietro di mesi... ti guardavo negli occhi e mi sono persa per un attimo. Un po' come accadeva prima del nostro confronto... prima di trovare insieme un modo per esser amici. Ti posso solo chiedere scusa per esserci ricascata, veramente. Non mi aspettavo che potesse riaccadere. Potremmo fare come se non fosse successo niente?»

La sua sincerità mi spiazza, e non so se esser felice o amareggiato. Forse questa mattina mi si è riaperto un barlume di speranza, anche se sapevo già esser sbagliata l'idea.

Rischio di farmi male. Forse me ne sto già facendo. Mirko ha ragione, ma non posso rinunciare a lei, anche se questo è il solo rapporto che possiamo avere.

«Be', non so se sia una buona idea, ma potremmo...» vengo interrotto dalla suoneria del suo cellulare.

«È Gabriele, scusami.» Risponde alla chiamata e si distanzia per prendersi il suo spazio.

Nell'attesa torno a guardare la pista e aspetto di vedere la Subaru passare davanti a noi, fendendo l'aria per la velocità. Nella mia solitudine momentanea rifletto sulle parole che mi ha detto, sul nostro rapporto, su quello che abbiamo vissuto i primi mesi dopo esserci conosciuti. Ripenso all'abbraccio di qualche ora fa, alla sensazione che ho vissuto. Dio quanto mi manca poterlo fare più spesso. Sentire il suo profumo, le linee morbide del suo corpo addosso al mio e sotto le mie mani, sentirla prendere conforto sul mio petto. Non c'è alcun dubbio: mi sto facendo male e devo fare attenzione che la soluzione trovata a questo problema non sia un problema più grande.

Senza che me ne accorga mi trovo ad osservarla, curioso di vedere i suoi movimenti mentre è al telefono, mentre parla con Gabriele. La vedo dondolarsi piano sui piccoli piedi e giocherellare con i capelli castano chiaro tra le dita, lo sguardo vuoto anche se posizionato verso i seggiolini. Si atteggia così anche quando la chiamo io? Con me sorride o ha questa espressione vuota? Riesco ad attirare la sua attenzione su ciò che le dico? Domande su domande mi riempiono la testa, e di queste non potrò mai avere le risposte.

Mi passo una mano sul volto e cerco di tornare sereno.

«Veramente? Ma adesso?» Sento le sue parole nitide, ha alzato la voce di qualche ottava. Si gira di scatto e mi guarda, con un'espressione felice alla quale non riesco a dare una spiegazione. Cosa può averle detto Gabriele?

«Sì, certo, ora parlo con Michele e trovo il modo di tornare nel tardo pomeriggio!» Continua. Gabriele forse torna a casa dal lavoro? E perché mai oggi, se non l'ha mai fatto prima?

«Tu non ci crederai!» , sono proprio curioso, e vediamo se riesci a convincermi, penso tra me, ma la incentivo a continuare con un cenno della mano ed un'alzata di sopracciglio. «Roberto sta tornando da Berlino! Gabriele lo andrà a prendere in aeroporto verso metà pomeriggio!»

Il suo entusiasmo è quasi incontenibile, quindi pondero le mie parole per non rovinarle questo momento. «Bene, sono contento per te! Vuoi che torniamo subito?»

«No no, possiamo rispettare il nostro piano. Quindi abbiamo tutto il tempo per pranzare e visitare il parco circostante. Se non è un problema, però, vorrei tornare per cena. Va bene per te?»

«Certo, è giusto che sia così.» Rispondo sincero e aggiungo «Come farai con Rachele? So che non sono più in buoni rapporti.»

«Le parlerò quando saremo in macchina, da sole. È comprensiva sul tema, non si intrometterebbe mai nella nostra amicizia. Devo solo trovare un modo per farle metabolizzare la cosa.» È determinata, incisiva.

«Posso farti un'altra domanda? Premetto che è un po' scomoda.» Provo a buttare lì e acconsente con un cenno del capo.

«Gabriele esce appositamente da lavoro per andare a prendere Roberto? Te lo chiedo perché ti lamenti sempre che per te non lo farebbe mai.» Azzardo, tenendo il mio tono pacato.

«Sì, ma si è sempre reso disponibile per queste situazioni. Poi farà piacere anche a lui stare un po' con Roberto, non lo vediamo da cinque mesi.» La ascolto attentamente e poi aggiunge «Dovrebbe partire verso le 17 dal Roxi, quindi se partissimo da qui intorno le 18 dovrei arrivare per tempo.»

«Sì, certo, faremo così...» Rispondo pensieroso.

Perché mai Gabriele dovrebbe partire da quel bar e non dal ristorante in cui lavora? Perché dirle una bugia? Altre domande nascono nella mia testa, finché non inizio a dubitare della fedeltà di quell'uomo.

Decido di cambiare discorso, non vorrei instillarle il dubbio. Se mai dovesse esserci qualcosa il tempo porterà tutto alla luce. È il miglior maestro in tal senso, perché dà le migliori risposte senza far alcuna domanda.

Nel frattempo, io, mi godo questi attimi.

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