Capitolo 1 _ Gaia
Guardo fuori dal finestrino della mia toyota nera, ferma ad un semaforo rosso, e mi chiedo quanti sacrifici ancora sono disposta a fare per raggiungere un obiettivo che sento così distante da me, da come sono.
Non mi spaventano i giudizi degli altri, nonostante penso sia una speranza infinita non essere giudicati e giudicare.
Quello che mi spaventa davvero è il matrimonio: sarò abbastanza magra? Sarò abbastanza bella? Riuscirò a soddisfare tutti gli ospiti? Sarò abbastanza forte per affrontare quel giorno?
Domande su domande si fanno strada nella mia testa, e so che non troverò una risposta con molta facilità, almeno non prima del giorno tanto atteso.
Scatta il verde, quindi lascio il freno e con un'alzata di occhi al cielo proseguo su questa strada piovosa che conduce alla palestra, conscia del mio ritardo per la lezione di acqua gym.
Su certe cose non potrò mai cambiare, ma alla fine è quello che sono, e chi mi vuole mi accetterà anche così: una ritardataria cronica!
Parcheggio l'auto vicino alla struttura sportiva e mi precipito nel prendere la borsa dal bagagliaio.
Sono senza ombrello, perciò corro senza sosta sotto la pioggia per cercare di raggiungere il prima possibile il porticato, facendo attenzione a non scivolare. Appena varco la porta scorrevole dell'ingresso saluto velocemente Marta, la receptionist, e mi dirigo ai tornelli, pronta a fiondarmi nello spogliatoio per indossare il costume.
«Ehi, Gaia! Ciao!» Una voce mi distrae dalla mia impresa, e mi volto verso la direzione dalla quale proveniva.
«Ciao, Michele!» Saluto il mio personal trainer, appoggiato al muro vicino alla reception in attesa di chi sa cosa. Ogni volta che incrocio il suo sguardo, nei primi istanti, provo un po' di imbarazzo, perché la sua bellezza mi lascia senza fiato, soprattutto il suo modo di essere e di fare. Non è uno di quei ragazzi che sorride spesso, ma sono convinta che quando si affeziona ad una persona dona tutto sé stesso. Questo pensiero è radicato in me, perché lo vedo nell'attenzione che pone nei miei confronti, per come ha fatto "suo" il mio obiettivo personale, e soprattutto per l'attenzione con la quale mi ascolta e per i consigli che sempre è in grado di dispensare.
«Sei in ritardo come al solito, vero?» Mi chiede con un sorriso ironico dipinto sulle labbra, mentre ancora tento di aprire senza successo il tornello d'ingresso con il braccialetto elettronico.
«Eh, sì. Mi conosci!» Rispondo con un sorriso e una voce infantile, e mentre parlo sento le guance diventare rosse. "Ma perché questo maledetto braccialetto non funziona quando dovrebbe?" Penso tra me.
«Ho una lezione con una cliente tra poco, ma se hai piacere possiamo prenderci un piatto freddo al bar qui accanto più tardi. Immagino che anche tu non abbia ancora cenato.»
Rimango pietrificata; non mi aspettavo un invito da parte sua.
Cerco di nascondere la mia sorpresa e mi affretto ad allontanarmi.
«Grazie mille per il gesto e per avermelo chiesto; mi farebbe piacere! Se ti trovo qui quando finisco la lezione volentieri, nel caso sarà per la prossima volta.» Rispondo con finta euforia, nella speranza di aver nascosto la mia agitazione.
Sta per dirmi qualcosa, ma non ho tempo e forse non ho voglia di ascoltare la sua risposta, quindi fingo di non accorgermene e imbocco a gran velocità le scale per gli spogliatoi, vittoriosa per esser riuscita ad aprire il tornello nel frattempo.
La fuga mi fa sentire l'adrenalina in corpo e questo mi carica per la lezione, e il che mi rende stranamente felice se ripenso a come mi sono dovuta trascinare fuori di casa per la poca voglia e il poco amore per la palestra.
Solo pochi minuti dopo sono seduta sul bordo piscina e indosso la cuffia per potermi tuffare in acqua, dove già altre ragazze hanno iniziato con gli esercizi di riscaldamento.
L'istruttore si avvicina e mi rimprovera per l'ennesimo ritardo. È buffo il suo voler sembrare minaccioso battendo freneticamente un dito sul polso. Sorrido e alzo gli occhi al soffitto, arresa.
La lezione passa velocemente, troppo velocemente, e il pensiero di incontrare Michele torna prepotente nella mia mente.
«Gaia, la prossima volta non ti farò entrare in acqua se arriverai ancora in ritardo» È Andrea, l'istruttore di acqua gym, e dal tono della sua voce capisco che ho sorpassato il limite, abusando della sua gentilezza e della sua pazienza.
«Hai ragione, perdonami. Vorrei tanto dare la colpa a Michele, che mi ha bloccata per scambiare due chiacchiere quando sono arrivata, ma sarebbe scorretto. Ero già in ritardo, come al mio solito!» Sorrido mentre canzono questa risposta e lui solleva gli angoli della bocca di rimando.
«Ultima chance, ma non una di più. Solo perché il tuo gran giorno si sta avvicinando. Non vorrei influire sull'ottimo lavoro che hai fatto su te stessa nei mesi passati.» Strizza l'occhio per sdrammatizzare il mio imbarazzo.
«Manca poco, vero?» Mi chiede mentre riposiziona le corse nella vasca.
«Sì, ormai sì. Sembra ieri quando ho iniziato a fare allenamento e i preparativi, e
ormai siamo agli sgoccioli.» Recupero il mio accappatoio appeso ai ganci e abbasso lo sguardo. Ci sono momenti in cui non vorrei parlare del mio matrimonio,
di quel che sarà e altro, e questo è proprio uno di questi.
«Andrà tutto per il meglio, e tu sarai bellissima, come ogni sposa.»
«Già! Va bene... ci vediamo la prossima settimana! Ciao!» Rispondo frettolosa, sperando di non offenderlo.
«Ciao, Gaia. A mercoledì.»
Non aggiungo altro e mi dirigo verso l'uscita.
Mentre cammino guardo il mio corpo riflesso sulle vetrate che contornano il perimetro della piscina, e sorrido soddisfatta di me. Non smetterò mai di ringraziare le persone che mi sono state vicine in questi mesi e mi hanno supportata.
Arrivo davanti al mio armadietto e guardo l'ora; sono da poco passate le nove.
Ripenso alla veloce conversazione con Michele e mi domando se sia opportuno
andare a cena con lui. Nella mia mente inizio a stilare una breve lista di pro e contro su questa possibilità e subito mi accorgo che i contro sono di gran lunga maggiori rispetto i punti a favore. Il nostro rapporto è particolare e non vorrei commettere errori.
Riguardo l'orologio; sono passati solo cinque minuti.
Ragiono e faccio delle ipotesi sui tempi: Michele dovrebbe aver iniziato la lezione come personal trainer per le otto e trenta; se considero i possibili cinque minuti di
ritardo, potrebbe scendere in questo istante dalla sala fitness; dovrebbe aver bisogno di un quarto d'ora per darsi una rinfrescata e uscire dal centro.
Devo fare velocemente se voglio esser certa di non incontrarlo e non dover dare delle spiegazioni. Nel caso riuscissi in questo intento potrei contare sull'appoggio di
Marta, che, seduta all'ingresso, potrebbe dirgli di avermi vista uscire.
Decido di asciugarmi semplicemente nell'accappatoio, senza fare la doccia, e mi vesto frettolosamente, perdendo solo qualche istante per legare i miei lunghi capelli castani in una crocchia alta; sono ancora bagnati e questo mi aiuterà a nascondere il segno lasciato della cuffia.
Corro su per le scale con le borse in spalla e il braccialetto in mano, così da esser pronta per uscire, speranzosa che il tornello non giochi ancora brutti scherzi. Non penso di aver mai lasciato lo spogliatoio nei dieci minuti successivi il termine di una lezione.
Tutto sembra filare liscio e, fiera nell'aver raggiunto il mio intento, saluto Marta con
un sorriso e dicendole che ci rivedremo da lì a poco, consapevole che dipenderà solo dalla mia volontà.
«È così che rispondi al mio invito?» Mi blocco, pietrificata nell'udire la sua voce. Non riesco a voltarmi per guardarlo, ma lui continua: «presuppongo che tu non voglia cenare con me, o comunque non ti sia gradita la mia compagnia. Ma va bene. Ci vediamo venerdì sera, alle otto e trenta. Non fare tardi alla mia lezione, per cortesia, perché ho già impegni per sera.»
Le sue parole sono come uno schiaffo che arriva dritto sulla mia guancia e fa male.
Mi giro lentamente e lo vedo seduto su una poltroncina bianca dell'ingresso. Mi guarda con i suoi occhi verdi, visibilmente impenetrabili, e lo sguardo tra il deluso e la rassegnazione. Senza spezzare il contatto visivo con me, si alza e prende la sua borsa per poi dirigersi verso i tornelli, nella mia direzione. La sua espressione amareggiata è in contrasto con il suo corpo tonico e muscolo, ma quando il suo sguardo si fa più duro mi pento della scelta che ho fatto. "Cosa sarebbe potuto succedere?" Mi chiedo e capisco di esser stata una stupida.
«E per darti un po' di contesto: la mia lezione è saltata all'ultimo minuto, ma ho pensato di aspettarti comunque, perché avrei voluto scambiare due parole con te.» Aggiunge appena mi è di fronte.
Rimango ferma immobile, ipnotizzata dal suo sguardo, e non riesco a reagire se non spostando freneticamente il mio sguardo tra i suoi occhi e le sue labbra racchiuse dalla barba ispida.
Lo osservo mentre mi oltrepassa ed esce dalla porta.
Provo a riprendere controllo del mio corpo, dei miei pensieri, e cerco di dirigermi anche io verso l'uscita. In quell'esatto momento mi accorgo dello sguardo confuso, ma curioso, che definisce l'espressione che Marta ha disegnata in volto.
«Tutto bene, Gaia?» Nella sua voce conferma la sua perplessità.
«Ehm, sì, è tutto ok. Ci vediamo presto.» Rispondo distante e cercando di abbozzare un sorriso.
Se solo sapesse cosa mi sta passando per la testa. Se solo sapesse leggere i non detti.
Mi volto senza perdere altro tempo e raggiungo veloce l'esterno, forse nella vana speranza di vederlo ancora nel parcheggio e poter rimediare a quello che potrebbe
essere uno dei più grandi errori della mia vita, ma purtroppo è già andato via. Sento il cuore battere forte nel petto, le gambe molli e le mani che tremano impercettibilmente. Se solo avessi più coraggio forse non vivrei queste sensazioni.
Immersa tra questi pensieri mi ritrovo ancora una volta a correre sotto la pioggia, che non ha intenzione di cessare. Almeno non per questa notte.
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