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"Vinceremo contro tutti e resteremo in piedi!" <19>

MATTEO
Mentre torniamo a casa, Giulia è molto silenziosa. So benissimo di averla delusa, ma non posso tornare indietro, anche se mi piacerebbe tanto. Poi, oggi, ha avuto il colpo di grazia: mi ha visto in tutta la mia debolezza. Io so perfettamente com'è quando qualcuno si sente in diritto di farti del male... eppure non riesco a smettere di fare lo stesso con lei e altri due ragazzi della mia scuola, solo che lei è l'unica che mi tiene semplicemente testa, invece di cercare di difendersi come se fosse davvero in torto. Entriamo in casa e lei si dimostra gentile come io non le ho permesso di essere da un bel po' di tempo.
"Vieni, fratellino. Sdraiati, che ti cambio la fasciatura" dice con dolcezza. Porta la mia sedia accanto al divano, io faccio leva sulla gamba buona e sulle braccia e riesco a sdraiarmici. Lei corre verso l'armadietto delle medicine e torna indietro con una crema in una mano e una benda nell'altra.
"Adesso rilassati il più possibile... ecco, bravo! Più sei rilassato, meno male rischio di farti." mi dice.
Lei, infatti, toglie la vecchia fascia con delicatezza.
Anche se fa la dura, lei è buona esattamente come il biondino, ma ormai si è congelata e non se ne rende più conto. La benda scivola via dalla mia gamba, senza che io me ne renda conto.
"Chi ti ha insegnato a fare questo?" chiedo sorpreso, visto che mia sorella non ha mai provato a fare l'infermiera prima di perdere la vista.
"Me l'ha insegnato il sec... Igino! Accidenti a te! Ti rendi conto di quello che mi stavi facendo dire, Matteo?"
Quella frase non è detta con cattiveria, ma in tono scherzoso... e nonostante questo io non so se essere felice del fatto che lei, a furia di provocarmi, stesse per dire "secchione" o se preoccuparmene.
"E lui come le sa queste cose?"
"Ha imparato osservando suo padre, che è un medico. Lui è stato molto disponibile quando gli ho chiesto d'insegnarmi qualcosa... soprattutto ultimamente, per la storia della tua gamba." Lei mi passa una crema, ma al suono di quelle parole io sussulto e provo dolore, quindi mi lascio sfuggire un gemito. "Oh, scusa. Ti ho fatto molto male, Matteo?" chiede con un tono un po' più conciliante.
"No... no, tranquilla." rispondo, mentre le sue dita scorrono delicatamente sulla mia pelle.
Mi passa la crema sulla gamba con una cura che ha sempre sostenuto di non poter più avere per me, dopo quello che le ho fatto.
"Ecco! Adesso cerca di rilassarti. Bisogna aspettare che la crema si asciughi." dice.
"Certo che il tuo maestro ha fatto davvero un ottimo lavoro!"
"Certo. Di sicuro migliore di quello che tu hai fatto con lui da un anno."
Nonostante stia cercando di non farsi prendere dalla rabbia, so che quello che faccio in classe le dà fastidio.
Questa frase, ad esempio, le è venuta fuori in modo tagliente.
"Scusami... non volevo, Matteo! Ti giuro che non volevo dirti quelle cose... io..."
E per un attimo rivedo la mia sorellina. Quella ragazza fragile, timida, innocente... la ragazza a cui io ho fatto del male, quella che non esiste più.
A detta sua, ovviamente, perché ora, mentre si scusa, io la rivedo quella sorellina che per più di un anno mi è mancata.
"No, anzi! Non devi chiedermi scusa, tranquilla." le dico.
"Aspetta. Mi fai controllare se la crema si è asciugata?" mi chiede.
"Va bene." Lei posa dolcemente le dita sulla caviglia. Io rimango calmo e lei, sempre con delicatezza, avvolge la mia caviglia con la nuova benda e la lascia cadere sul divano. Anzi: l'accompagna sul materasso.
"Io adesso devo andare. Tu sei più tranquillo, vero?" chiede.
Non riesco a risponderle. Mi viene quasi da piangere e non voglio che lei mi veda. Cioè, in teoria non mi vedrebbe, ma il pianto in qualche modo si nota lo stesso.
"Ti lascio tranquillo, Mr OrgoglioFerito." mi prende in giro, ma non con cattiveria. Mi lascia un bacio sulla fronte e si allontana.
GIULIA
Corro, perché voglio arrivare presto. Corro, perché ho bisogno di parlare con l'angelo biondo.
Corro, perché stavolta sono io che devo chiedere aiuto a lui. Corro, perché il senso di colpa corre a sua volta. Mi rincorre, mi respira sulla pelle e fa male.
Lui sta rientrando proprio ora, a quanto pare, e vedendomi mi corre incontro. È allora che scoppio in lacrime, per la terza volta in meno di una settimana.
"Giulia! Cos'è successo? Ehi!" mi chiede agitato.
L'unica risposta che riesco a dare, però, non è soddisfacente: "Aiutami... ti prego, aiutami!"
"Vieni qui!" mi dice lui. "Andrà tutto bene, vedrai!"
"Non andrà più bene... non più! Io l'ho visto! Anche lui... lui è come te... alla scuola di calcio... il dottore aveva ragione e anch'io lo sapevo! Lui..."
Il mio migliore amico mi abbraccia ancora più forte. Ho la testa premuta contro il suo petto, le sue mani che scorrono su e giù per la mia schiena e il suo mento posato sulla mia testa.
"Vieni, andiamo dentro" mi dice gentilmente, senza sciogliere l'abbraccio. Il mio bastone finisce a terra, ma non riesco a muovermi e nonostante questo sono agitata. "Tranquilla, lo raccolgo io." dice, sempre con dolcezza.
Entriamo in casa e lui mi fa sedere su una sedia di legno. Mi prende una mano e la porta sulla superficie del tavolo. È come se sapesse da tutta la vita come comportarsi con una ragazza come me.
"Tieni" mi dice mettendo nella mia mano un bicchiere d'acqua, che però non riesco a sollevare perché mi tremano le mani.
Lui mette la sua mano sulla mia e mi aiuta a reggere il bicchiere. Mando giù l'acqua, ma non riesco a calmarmi.
"Ti riferisci a tuo fratello." afferma e io annuisco semplicemente, perché non ho neanche la forza di parlare. "I suoi compagni della scuola di calcio gli hanno fatto qualcosa?" Annuisco nuovamente.
"Mi sono comportata male con lui, Igino" riesco a dire dopo un po'.
"Non sei stata cattiva, Giulia. Il fatto è che i rapporti tra voi si sono raffreddati."
"Avrei dovuto stargli più vicino!"
"Lui ti avrebbe mandata via, Giulia! È un tipo orgoglioso, lo sai meglio di me." mi dice.
"Che devo fare, adesso?" chiedo a mezza voce.
"Ti aiuterò io" mi dice lui.

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