Verità <15>
...UNA SETTIMANA DOPO...
GIULIA
Sono per strada, insieme al ragazzo che ormai considero il mio migliore amico. Stiamo tornando dal vecchio teatro in disuso e lui è contento. Oggi abbiamo fatto una Cover insieme: io il ritornello e lui le strofe, per la maggior parte rap. Ormai in quel teatro ci andiamo sempre insieme, perché vedo che la cosa sembra sortire qualche effetto sulla sua autostima. Mentre camminiamo vengo letteralmente colpita da un pensiero che mi frulla nella testa da giorni.
"Hai mai pensato di registrare una Demo? Anche di una Cover, volendo." dico.
"No. Non credo che sia il caso." risponde.
"Perché no? Non avevi detto che quando fai rap riesci ad evadere dalla negatività della realtà di tutti i giorni? Come se vivessi in un altro mondo?"
"Certo, però... non è un granché, quello che scrivo, e temo che non sia il caso di esporlo. Già mi deridono adesso perché sono assennato e mi piace molto studiare... figurati cosa succederebbe se provassi a registrare una canzone?"
"Capisco. Beh, se non te la senti non voglio obbligarti... basta che tu non lo tolga anche a me il piacere di ascoltarti... e smettila di dire che scrivi male, perché se facessi una battuta di freestyle contro quel montato di mio fratello lo mangeresti vivo, ne sono più che sicura."
Poi ricordo una cosa che ho pensato di fare.
"Ho completato il tuo testo." gli dico. "Non sono un'esperta, ma è per darti qualche spunto."
"Grazie." mi dice lui per poi prendere quel foglio stampato.
"Ma guarda chi si rivede! La pupa e il... anzi, no! La cieca e il secchione!" esclama mio fratello. Io apro lo zaino dal quale estraggo un secchio. Ormai lo porto sempre con me, perché so benissimo che mio fratello ha una fissa per secchi giganti e gavettoni.
"Per la cieca ci troviamo: eccomi. Il secchione è questo" dico battendo le dita contro di esso, "se vuoi puoi anche prendertelo e sparire. Poi c'è il migliore amico della cieca, che se tu non gli avessi fatto terra bruciata attorno potrebbe avere di meglio... e poi c'è lo scemo del paese."
"Lo scemo del paese? Chi è?" chiede mio fratello.
"Ti sei risposto da solo, mi sembra" rispondo indicandolo.
"Ma come ti permetti? Stammi a sentire: adesso torniamo a casa e tu mi passi tutti i compiti visto che ormai questo povero disadattato è sotto la tua ala protettiva... o preferisci che ti chiuda nel bagno degli uomini e ti scatti una foto che vedrà tutta la scuola?"
"Fai quello che ti pare, non m'interessa! E poi... davanti a chi vorresti screditarmi, eh? Tre gatti e quattro galline? E cosa vuoi che me ne importi? Le ragazze della classe mi conoscono e non sono galline: se ti danno corda è perché tu rendi la vita impossibile a chiunque sia diverso, non certo perché sei un grande, un forte, uno tosto! No, tesoro mio! Per essere tosti bisogna SEMPRE essere umili... sempre, e non far leva sulla fragilità altrui per sentirsi dei grandi... e non mi toccare!"
"Come? Abbandoneresti tuo fratello?" chiede con una voce smielata, letteralmente.
"Chissà come mai tu sei mio fratello solo quando ti serve? Quando ci sono i compiti da fare, quando devo suggerirti durante un'interrogazione visto che gli insegnanti non accettano più neanche me, e tu tra parentesi sei anche sordo! Ti dico: "Martin Luther King", e tu dici: "Stephen King", che, tanto per sapere, vorrei capire come fai a conoscere uno scrittore visto che non leggi neanche sotto minaccia!" dico.
"Dai, fai la brava... non vorrai mica perdere la faccia, tesoro?"
"Ti ho già detto che non devi toccarmi! E poi: fa' come ti pare, tanto la faccia l'hai persa tu e non certo oggi... hai perso la faccia quando ti sei associato a quel branco di stupidi sbandati della nostra vecchia scuola!"
Mio fratello fa uno scatto verso di me e il mio amico, non sapendo come aiutarmi, mi spinge indietro e si mette in mezzo.
"Fermati... non è giusto quello che stai facendo, capisci?"
"Chi ti ha dato il permesso di parlare e soprattutto intrometterti?"
"Non volevo irritarti, ma... lei la vedi anche a casa. Siete fratelli. Non trattarla male, perché io l'ho conosciuta e tutto questo proprio non se lo merita... anche perché per lei è un continuo. Vivete insieme, non continuate a ferirvi. Non vi fa certo bene."
"Hai finito, Martin King-Kong?"
Lui è proprio davanti a me e lo sento tremare leggermente.
"Vuoi tacere, che non sai neanche il nome di quella persona, eh?" urlo contro mio fratello. "E poi, sembra più che sia lui mio fratello di quanto non lo sia tu, che non fai altro che darmi il tormento! Adesso vai per la tua strada, a ubriacarti, a fare qualche festino rap, come dici tu, o a dare calci al pallone, ammesso che i compagni di squadra non prendano a calci prima te come fossi un pallone... l'importante è che te ne vada!"
"Tu non mi dici quello che devo fare, chiaro?"
"Beh, neanche tu a me lo dirai, quindi cambio strada! Prenditela con il secchione... quello che hai in mano, però!" gli urlo contro.
Ci allontaniamo velocemente. Lui è ancora tremante e quando gli sfioro il braccio involontariamente, lui ha un leggero sussulto.
"Mi dispiace... non sono riuscito a fare niente!" mi dice sempre con voce tremante.
"Non è colpa tua... anche se tremi, sei il mio eroe! Non sai che ci vuole molto coraggio per fronteggiare un tipo come lui, eh? Non te la prendere se le cose sono andate in questo modo! Ci sono molti modi per reagire e questo è uno di essi!"
"Tu ne hai un altro, però... anzi: la cosa del secchio è stata forte!" mi dice.
"Non era una battuta! Per me "secchione" non significa "ragazzo studioso e introverso", ma "secchio gigante e a volte pieno d'acqua, adatto ai gavettoni"."
"Sai cosa? Sto pensando di andarci a registrare... ma soltanto se canti con me..."
"Io? Ma guarda che mi dovranno trasformare la voce, eh?"
"Non è vero! Per favore, dai! Possiamo andare domani, tanto è sabato!"
"Va bene... a proposito: chissà perché mio fratello mi ha chiesto i compiti in anticipo!"
"Non è una novità. Lui li chiede sempre in anticipo, per poter leggere la scrittura e abituare l'occhio."
"Ah... bel furbetto!"
"Ti andrebbe se ti portassi a vedere un posto speciale?"
"Certo."
"Però dobbiamo prendere il treno e raggiungere la città per arrivarci."
"D'accordo. Allora andiamo alla stazione!" rispondo per poi iniziare a correre per quanto il bastone bianco me lo permette. Lui mi rincorre e mi afferra al volo per la vita.
"Presa!" esclama ridendo.
Arriviamo alla stazione. "Dai, vado a pagare!"
"No, Giulia! Ti porto io nel mio posto segreto, quindi pago io!" ribatte lui.
Ricomincio a correre, afferro una moneta da 2€ e corro verso la biglietteria. Lui mi corre dietro e letteralmente lanciamo insieme le monete sul bancone.
"Facciamo una cosa, ragazzi: i biglietti ve li regalo io! Ormai io e il biondino siamo diventati amici, e vedo che si è scelto una bella fidanzatina!"
"No, signore... non stiamo insieme!" rispondo imbarazzata. Vorrei che lui fosse il mio ragazzo, però non oso dirlo.
"Allora non fartela scappare, giovanotto! Questa ragazzina vale oro!" dice il bigliettaio. "Su, andate e divertitevi!"
"Grazie!" rispondo per poi recuperare le due monete e passarne una al meraviglioso ragazzo fermo accanto a me. Saliamo sul treno. Non c'è un posto per sederci, per cui ci aggrappiamo entrambi alla prima sbarra che troviamo e lui tiene ferma la sua mano sulla mia, stringendola forte. Il treno corre, ma io non ho paura. Sono rilassata.
"Manca poco" mi dice lui, improvvisamente.
Mi riscuoto del tutto dal filo dei miei pensieri perché il treno frena di colpo e lui mi ferma per le spalle e mi tiene vicina a sé per non farmi finire a terra.
"Attenta al movimento dei treni!" mi dice.
Sorrido a quell'uscita. È bello che lui riesca a fare dello spirito in mia compagnia. È un ulteriore passo avanti verso la sua serenità e questo mi rende felice.
"Allora? Quant'è lontano questo posto?" gli chiedo una volta scesa dal treno.
"Chiudi gli occhi. È una sorpresa!" dice.
Io scoppio a ridere e lo abbraccio. "Ecco! Li ho chiusi, ma mettimi pure una benda, se vuoi! Almeno sarai certo che io non imbrogli" dico.
"Non serve! Mi fido." mi dice.
Iniziamo a correre insieme sottobraccio e improvvisamente, quasi avessi avuto un'illuminazione, io mi fermo e inciampo su un rialzo. Lui mi blocca, ma resto comunque sconcertata quando mi giunge alle orecchie un suono che mi è molto familiare... un suono che mi piace e mi rilassa incredibilmente.
Il rumore delle onde del Mare!
"Il Mare! È questo il tuo posto!" esclamo.
"Esatto! Vieni con me! Il meglio deve ancora venire!"
"Cioè?"
"Lasciamo tutto qui, corriamo in spiaggia e ci buttiamo in acqua! Giuro che non guardo!"
Io mi svesto restando solo in intimo, anche se mi sento in soggezione. Non mi sono mai mostrata così ad un ragazzo, nemmeno a mio fratello, tranne forse quando eravamo bambini, quando la mamma ci faceva fare il "bagnetto" in contemporanea. Spero non abbia foto a riguardo. Sarebbe davvero imbarazzante! In ogni caso mi libero dai miei indumenti. È ottobre, eppure fa ancora caldo!
Credo che lui abbia fatto lo stesso, mi prende per mano e corriamo fino all'acqua. Ci gettiamo in acqua e iniziamo a schizzarci sul viso. È così divertente!
"Sai, credevo che la prima persona che avrei portato qui potesse essere la ragazza di cui sono innamorato. Non immaginavo che ci avrei portato la mia migliore amica!"
A quelle parole sussulto. La ragazza di cui sono innamorato!
Sapevo di non avere alcuna speranza con lui, ma sentirmelo dire è un'altra cosa.
In ogni caso, però, non merita che lo tratti male o che mi mostri triste, quindi mi sforzo di sorridergli.
"Chissà perché, immagino chi è" gli dico.
"Davvero?" chiede lui, con voce tremante.
"Certo. Secondo me..." gli dico, avvicinandomi al suo orecchio per parlargli sottovoce, anche se tecnicamente siamo soli, "è la nostra compagna dell'ultimo banco. È vero?"
Lui s'irrigidisce per qualche istante, poi lo sento annuire contro la mia spalla. Mi concentro sul ritmico suono delle onde e sul loro movimento, che solleva dolcemente il mio corpo per poi lasciarlo cadere giù, sempre con delicatezza... una delicatezza quasi materna, potrei dire. Lo faccio per non pensare a quello che il mio migliore amico mi ha detto. Il mio migliore amico... se solo potessi essere qualcosa di più!
"Dai, ora ci conviene andare. Temo che si stia facendo tardi" gli dico.
Restiamo ad asciugarci sotto quel Sole provvidenziale, ci rivestiamo e prendiamo il treno per il ritorno. Quando arriviamo quasi sotto casa sua, però, un gemito mi fa bloccare.
"Che cosa vedi?" chiedo al mio amico visto che lui trattiene il respiro e mi stringe la mano.
"Non posso crederci!" esclama lui, che sembra più atterrito di me.
"A cosa?" chiedo, dato che quella voce mi sembra sempre più familiare.
"Quello è... è tuo fratello..."
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