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Un pacifico guerriero <90>

IGINO
Quando arrivo a scuola, per fortuna sento qualche risata in meno. Virginia mi viene subito incontro e chiede: "Igino, come stai? Tutto a posto?"
"Sì, tranquilla. Sto bene" rispondo.
Vedo Matteo venirci incontro e le dico: "Tu vai! Lo trattengo io, vai!"
"No.. stavolta no! Non ti lascio solo con lui."
"Virginia, ti prego!"
"Ma guarda... il piccolo Nerd e la mia ragazza! Che state facendo?"
"Io non sono più la tua ragazza, da quando mi hai messo le mani addosso... da quando hai messo le mani addosso a mia sorella!"
"Era solo uno scherzo, Virginia!"
"Davvero? Beh, va' a scherzare con quegli idioti dei tuoi amichetti, se è uno scherzo come dici!" risponde lei.
"Beh... andiamo che è meglio... prima che il bimbo inizia a piagnucolare per essere arrivato in ritardo!" dice Matteo. Io continuo a camminare, imponendomi di far finta di non sentirlo. Lo devo a sua sorella e a me stesso. Ma c'è qualcosa di più difficile da ignorare. Qualcuno mi mette lo sgambetto e faccio appena in tempo ad allungare le braccia per ripararmi il viso dal colpo. Tutti ridono, ma questa non è una novità. Matteo mi si avvicina e inizia a stuzzicarmi tirandomi i capelli e buttandomi addosso dei bigliettini pieni d'insulti.
"Stamattina ti sei svegliato zoo, secchione?"
"Mi sono svegliato... come?" chiedo.
"Come quelli che meditano! Non mi hai ancora detto: "Ti prego, smettila! Che cosa ti ho fatto di male"?" mi dice Matteo, scimmiottandomi.
Cerco di non farci caso e gli dico: "Ah... forse intendevi dire "zen"."
"Ma che fai? Mi correggi?"
"No, veramente io... io..." balbetto arrossendo. Non devo cedere! Non ora!
"Stammi a sentire, ragazzino: prova a farlo di nuovo e te ne farò pentire..."
"Più di così?" chiedo a mezza voce.
"Non rispondermi in questo modo!" mi minaccia ancora Matteo. "Non ti è bastato privarmi di mia sorella?"
"Non... non sono stato io a privarti di lei! Tu l'hai spinta ad andare via..." dico con voce tremante.
"Ma guarda! Il piccolo Nerd è diventato un piccolo Superman... ti ho già ditto di non replicare... non ti devi permettere, capito?"
"Lascialo in pace, canaglia!"
Una ragazza spunta dal nulla e gli tira un pugno in faccia.
"Vanessa! Che c'è, zuccherino? Non ti è piaciuto il gioco che abbiamo fatto ieri?"
"Vedi di darci un taglio... sai perché io soffro di attacchi di panico? Perché ho avuto come padre un uomo che si comportava anche peggio di te... soprattutto con mia sorella! Credi che mi spaventi mettere ko uno come te, dopo aver sopportato lui?"
Poi si rivolge a me. "Vai in classe... non ne vale la pena, credimi! Giulia ha ragione: non vale la pena di star dietro a uno come lui..."
"Ma... ma..."
"Tranquillo, ci penso io a lui! Io gli ho fatto male e io lo curerò." dice lei. Io, anche se esito, entro in classe e, sorprendendo me, le sue amiche e forse anche se stessa, Marta mi corre incontro, preoccupata. "Come stai, Igino? Come stai? Ti ha fatto del male?"
"No, non... non mi ha fatto nulla" rispondo.
Certo, il cambiamento di Marta mi stupisce moltissimo, ma non posso certo negare di essere felice... e ritorno con la mente al giorno in cui andammo a registrare quel brano che Giulia aveva composto per noi prima di andare via... era così vero... così magico che non potevo crederci!
"Sei sicuro? Se ti ha fatto qualcosa dimmelo, io..."
"Non mi ha fatto nulla, davvero! Non ti preoccupare" le ripeto, prima che Lara si schiarisca la voce per attirare l'attenzione dell'amica. È questo a farmi capire che Matteo e Michele sono appena entrati. Michele mi guarda per qualche istante, con un'espressione che non capisco.
È come se fosse indeciso sul modo in cui guardarmi.
"Avete visto che occhi rossi ha il nostro caro Igino? O ha pianto tanto per l'assenza della sua amichetta, o si è beccato un raffreddore, quindi stategli alla larga!"
"Sì, sì, va bene, abbiamo capito, ora però smettila!" dice Marta, e per la seconda volta resto sorpreso.
"Hai qualcosa da ridire?"
"Sì! È da quando sei arrivato che ho..."
"Niente, niente!" la blocca subito Piera. "È solo un po' nervosa, ma non voleva offenderti... vero, tesoro?"
"Certo, come no?"
"Di' un po', Igino: hai il materiale per il compito d'italiano di oggi? Chissà, magari ti capiterà l'amicizia, o la nostalgia, o il distacco... sì, forse il distacco... e tu mi aiuterai, vero?" continua a dire Matteo.
"Sì, ma... hai detto... che..."
"Bene, mi basta. Ora mettiti con la testa sul banco e non dire altro, capito?"
E, proprio come aveva detto Vanessa poco fa, nella mia mente fa eco la voce della mia migliore amica che dice: "Lascialo perdere, tesoro. Non ne vale la pena...", e ancora una volta abbasso la testa e resto in silenzio mentre tutti ridono e scherzano, commentando modelle e calciatori come se fosse la cosa più importante.
Poi, come se fossimo due calamite, la ragazza che amo viene a sedersi al banco vuoto, accanto al mio.
"Ti manca, vero?" chiede, sorprendendomi a fissare l'altro banco.
"Non sai quanto, Marta!"
"Ma lei si è messa in contatto con te, vero? Sai, me l'ha detto... mi ha detto che sei diventato un eroe per il fratello del suo coinquilino..."
"Sì... l'ha detto anche a me... e io ho sognato tutto, sai? Tutto..." Lei assume un'espressione attonita. "Non mi credi, vero?"
"Ma sì, Igino! Sì che ti credo! Tu e Giulia avete un rapporto molto speciale, lo so! Qualcosa che va oltre l'amicizia, l'amore... oltre tutto!"
"Grazie" dico, prima di voltare per un secondo lo sguardo verso il fondo dell'aula, la zona da cui sono sempre stato escluso. "Se non torni là, tutti si accorgeranno che stai rivolgendo la parola al..."
"Non dirlo! Ci vado subito, ma non dire quella parola!" dice lei, affrettandosi a tornare dagli altri come se niente fosse. E io mi rimetto a scrivere. Scrivo su un quaderno a parte, come se stessi parlando con lei, con la mia migliore amica. Le scrivo tutto quello che sento... tutto! È sciocco, lo so, perché anche se lei fosse qui non potrebbe leggerlo, ma lo faccio lo stesso. Spero solo che Matteo non mi veda, altrimenti prenderà il quaderno e lo leggerà davanti a tutti! Orm,i lo conosco bene.
La professoressa d'italiano entra in classe. Ha un malloppo di fogli tra le mani. Inizia a distribuirli e su uno di essi c'è una frase: "Scrivi una lettera al tuo peggior nemico."
Come faccio a scrivere al mio peggior nemico? Io non sento nessuno come peggior nemico! Nemmeno il mio carnefice lo è... poi, come per magia, le parole escono da sole, passando dalla penna al foglio. È un flusso continuo.
Comincio a scrivere comunque a lui, a colui che dovrebbe essere il mio peggior nemico. Gli scrivo che gli voglio bene, nonostante tutto, forse perché qualcuno mi ha aiutato a credere ancora in lui. Gli dico che può fare tutto quello che vuole, ma io gli vorrò sempre bene. Gli dico che lui potrà anche essere il mio peggior nemico, ma pagherei oro per averlo come amico. Scrivo che lo perdonerei, se anche lui mi perdonasse, qualunque torto gli abbia fatto.
Finisco in poco tempo, e altrettanto poco ci metto a correggerlo per poi consegnarlo.
Voglio liberarmene subito, perché se Matteo lo leggesse sono sicuro che mi deriderebbe ancora, e so già che la giornata non è finita e che dovrò aspettarmi di tutto da lui.
"Vedo che hai fatto in fretta, impiastro! Su, dai un'occhiata a questo ora che la prof non c'è" mi dice, mettendomi davanti un foglio pieno di scarabocchi ed errori grammaticali. Distorcendo un po' la mia calligrafia per fare in modo che somigli alla sua, scrivo la bella copia e correggo la brutta, in modo che sembrino abbastanza simili. Non riesco a credere che la sua lettera sia rivolta a Giulia e che sia piena di cattiverie... ma del resto avrei dovuto immaginarlo, conoscendo il soggetto!
"Posso farti una domanda?" chiedo a bassa voce.
"Certo... tanto, se non mi piacerà, sarai tu a pagare."
"Perché hai scritto proprio a lei?" chiedo.
"Credevi che scrivessi a te?"
"No... non è questo... io..."
"Perché lei è stata l'unica a spodentarmi dal trono! È stata l'unica che non si è piegata e mi ha preso in giro!"
"Spodestato..."
"Ancora? Allora vuoi la guerra?"
"La prof! La prof!" grida Marta dal fondo dell'aula, e prima di correre verso il suo banco, Matteo mi sussurra all'orecchio: "Io e te faremo i conti più tardi, gnomo..."
La prof entra e lui consegna il "suo" lavoro.
"Mi sembra che tu fossi in alto Mare, quando sono andata via. Cos'è successo, Matteo? Ti ha aiutato l'angelo delle penne? O forse... un ragazzo fin troppo disponibile ti ha dato una mano a finire...?"
"No, prof! All'improvviso mi è stato tutto più chiaro!"
"All'improvviso, eh?" dice la prof, poi suoi occhi si posano su di me. "Igino, caro... potresti venire un attimo fuori con me? Vorrei parlarti di una cosa!"
"Certo..." rispondo per poi alzarmi, con le gambe tremanti.
Usciamo dalla classe e ci dirigiamo nella sala professori, che al momento, a quanto pare, è vuota.
"Va tutto bene, caro?" chiede.
"Certo... perché?"
"Ho letto il tuo tema... è perfetto, ma non ho potuto non notare che tu stai soffrendo."
"In che senso?"
"Hai scritto ad un tuo compagno di classe. Gli hai scritto che nonostante tra voi siano accadute delle cose, gli vuoi bene lo stesso."
"Ma no, non era diretta a lui!"
"Però... sono uscita per pochi minuti e ho visto che Matteo aveva finito. Ti ha chiesto... anzi: ti ha per caso imposto di farglielo tu, il compito, caro? Perché se è così, se è stato lui a farti altre cose come tagliarti la maglia o buttarti addosso un sacco di farina, puoi dircelo! Noi possiamo aiutarti, caro!"
"No... non mi riferivo a lui!"
"Va bene, caro. Allora con chi parlavi?"
"Mi è successo anche prima... alle elementari. Anche quel ragazzo... si chiamava così... e... e io sono stato una preda facile dei bulli fin da bambino. È tutto qui... dico davvero!" balbetto arrossendo e abbassando la testa.
"Va bene... se dici questo, non posso fare niente, tesoro!"
"Grazie lo stesso, prof..."
Torno in classe insieme a lei e vedo qualcosa che mi spezza il cuore. Vedo Marta, china sul suo compito, con gli occhi lucidi. Non capisco cosa le sia successo e mi dispiace tanto per lei, ma se le andassi vicino finirei per danneggiarla e trascinarla nell'isolamento.
Con quel pensiero fisso passo anche la seconda ora, poi, all'intervallo, la chiamo in disparte e le chiedo cosa le succede.
"Non è nulla, Igino... non è nulla, davvero!"
"A me puoi dirlo. Io nello stare male sono un professionista!"
"Mi dispiace per quello che sta succedendo a te, Igino... mi dispiace, perché non riesco a fare niente per te... non lo sopporto, Igino, non lo sopporto, è orribile!"
"Sono felice di sentirti dire che t'importa di me. Mi dispiace vederti triste, però... vedi... io... sono felice che qualcuno ricordi che esisto, e che non sono solo quello che passa i compiti! Sono felice che qualcuno ricordi che ho dei sentimenti!"
"Mi dispiace, Igino... mi dispiace tanto!"
"Non voglio più sentirtelo dire! Ti... ti voglio molto bene e non sopporto che tu stia così... sai meglio di me che se mi avvicini finirai per metterti nei guai!"
"Se dipendesse solo da me io ci finirei nei guai, ma..."
"Marta! Marta, che aspetti? Dai, vieni!" la chiamano le sue amiche a gran voce.
"Su, vai! Le ragazze ti aspettano!" dico posandole una mano sulla spalla. "Non preoccuparti per me! Va' da loro, coraggio!"
Lei, anche se riluttante, va via, dirigendosi verso le sue due amiche. Rimango di sasso nel vederla parlare con loro come se nulla fosse, come se cercasse di distoglierle dal lungo interrogatorio che evidentemente le stanno facendo.

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