Ti salvo il cuore >39>
GIULIA
Finalmente la scuola è finita!
È la Vigilia di Natale ed io sono felice che questo momento sia arrivato, ma se mio fratello sentisse i miei pensieri, probabilmente, ne rimarrebbe molto sorpreso. Per lui è inconcepibile che una "cervellona", per non dire un'altra parola, sia felice che la scuola sia finita! Di certo per me non sarebbe un modo adatto a liberarmi del mio persecutore, visto che quello ce l'ho in casa, ma almeno per qualche giorno non dovrò stressarmi a studiare come una matta. Ho usato un trucchetto che mi ha insegnato Igino: quello di fare più cose possibili in modo abbastanza soddisfacente... lui una volta ha detto che, non avendo una vita sociale, passava molto tempo sui libri.
Mi è dispiaciuto da matti per lui, ma ho cercato di buttarla sullo scherzo, (in modo non offensivo, ovviamente), e gli ho detto: "Allora questo significa che tu non hai più nemmeno bisogno di aprirlo, il libro, tanto sai già tutto!", e lui mi ha sorriso. A quel punto io gli ho detto: "Ma tu sei un genio!", ma sono rimasta come una stupida quando lui mi ha risposto: "No, sono solo un Nerd.", e avrei voluto fare non so cosa a mio fratello.
"Buongiorno, tesoro!" mi dice mia madre chinandosi su di me per darmi un bacio sulla fronte. Io le sorrido e ricambio il è una donna davvero straordinaria, perché ha cercato, per quanto fosse possibile, di alleviare la tensione che aleggiava in famiglia, soprattutto tra me e mio fratello, che, tra parentesi, non so che fine abbia fatto, ma l'ho sentito uscire molto presto, stamattina. Spero che non gli sia successo qualcosa con quegli altri idioti dei suoi compagni della scuola di calcio, perché prometto a me stessa che stavolta non interverrò per difenderlo. Non dopo quello che mi ha fatto. Non dopo quello che ha detto ieri al mio migliore amico, davanti a suo fratello, che ha voluto che lo sapessi per quanto quel poveretto provasse vergogna per qualcosa di cui, per inciso, non aveva neanche colpa! La colpa è di quel gran cervellone di mio fratello, che insulta che è una meraviglia. Se esistesse una scuola di cattiverie ben architettate, si potrebbe dire che in questo caso il secchione è lui!
"Matteo?" chiedo rivolta a mia madre.
"È uscito molto presto. Non mi ha detto dove doveva andare." mi risponde lei.
"Capisco." dico a bassa voce. Mi alzo dal letto e mi decido ad affrontare il freddo del 24 dicembre. Mando giù qualcosa al volo, poi vado a vestirmi ed esco velocemente di casa. Vado in giro, senza una meta precisa. C'è molta gente per strada, e questo un po' m'intimorisce, ma continuo comunque a camminare, almeno fino a quando non sento una mano posarsi con delicatezza sulla mia spalla. Mi giro verso destra e la persona alle mie spalle mi parla, facendomi capire che è la madre del mio migliore amico. "Posso parlarti un momento, tesoro?" chiede.
"Certo" rispondo per poi appoggiarmi al suo braccio e lasciarmi condurre fino ad una panchina. Si mette seduta accanto a me e mi dice: "Giulia, io lavoro alla scuola di calcio a cui è iscritto tuo fratello... ho visto delle cose che non mi sono piaciute affatto, per questo sono venuta a parlare con te." dice. Il mio cuore prende a battere molto velocemente, perché ho una mezza idea di quello che sta per dirmi, ma devo stare calma ed ascoltare tutto quanto, fino alla fine, quindi prendo respiri profondi e, tenendo il bastone appoggiato alla spalla, porto l'altra mano al petto, come per paura che il cuore possa uscirmi dal petto da un momento all'altro. "Ho visto tuo fratello pulire le scarpe di tutti i suoi compagni, e ho visto che loro gli lanciavano addosso cartacce e gomme da masticare. Temo di aver visto volare anche una maglietta, ma credo che non l'abbia colpito, fortunatamente. Ho visto anche un ragazzo che riprendeva tutto con un cellulare e gli diceva che se lui non fosse stato tranquillo avrebbe postato il video su tutti i social."
Sento che la terra mi è appena crollata sotto i piedi. Se da una parte sono preoccupata per Matteo come non mai, dall'altra sono arrabbiata con lui, perché questi ridicoli scherzi lui li fa ad Igino quando lui prova anche solo ad ipotizzare di non passargli il compito di questa o di quella materia. Stringo la mano che ho sul petto fino a formare un pugno e chiedo: "Perché è venuta a parlarmi di questo? Io... io so che Matteo è vittima di bullismo alla scuola di calcio, ma lui non si lascia aiutare e sfoga i suoi malumori con... con me e con gli altri della classe. Io non so più come comportarmi, davvero!"
"Te lo dico proprio per questo, cara. Io so com'è. Ho vissuto quest'esperienza prima con il mio figlio maggiore, Michele, e poi in forma più evidente con il mio Igino... in realtà lui non mi dice nulla, ma a volte fatica anche ad alzarsi dal letto e ha paura di uscire di casa quando non ci sei tu... ma fino a quando non mi dirà cosa gli succede, io non potrò fare niente per lui!"
E ancora una volta mi sento piccola. Troppo piccola, rispetto a Igino e alla sua famiglia. Lui non vuole che io litighi con mio fratello e fa di tutto perché io mi riavvicini a lui, e ora sua madre viene a dirmi che è preoccupata per lui e per il fatto che subisce continue vessazioni da parte dei compagni della scuola di calcio. Mi sento decisamente inferiore a loro, che sono così buoni da preoccuparsi persino per colui che è un po' un carnefice di uno di loro.
"Non devi sentirti in colpa, tesoro... oh mio Dio! Igino mi aveva detto che sei sensibile e che saresti stata male se ti avessi detto questo con tutto quello che tuo fratello fa a lui, ma io dovevo dirtelo!"
"Non importa... ma adesso lui è lì?" le chiedo.
"Sì, tesoro mio! Ma che cosa vuoi fare?"
"Me lo vado a riprendere" rispondo per poi alzarmi. "Dove si trova questa scuola?"
"Tesoro, è pericoloso!" mi dice lei.
"Mio fratello è un pericolo pubblico a scuola, ed io ci convivo tutti i giorni, lì e anche a casa! Ecco, guardi!" dico spostando di poco la mia maglietta. Tiro via un cerotto, cercando di non farmi male, ma mi tocca strizzare gli occhi, perché la bruciatura, seppur lieve, mi fa ancora male.
Ci dirigiamo alla scuola di calcio di mio fratello e in effetti lui è in cortile, da quanto dice la madre del mio amico è bianco come un fantasma e ha gli occhi gonfi e rossi. Deve aver pianto un bel po', quando quei deficienti dei suoi amichetti se ne sono andati! Sono combattuta come non mai. In questo momento lui mi sembra così fragile, ma non riesco a dimenticare quella parola orribile con la quale ha ribattezzato il mio migliore amico. In ogni caso mi avvicino a lui, posandogli una mano sulla spalla. Lui sussulta sotto il mio tocco.
"Che hai alla spalla?" chiedo.
"Niente! Vattene!" mi dice in risposta Matteo. Prova a spostarsi da dove si trova, ma inciampa, fallendo miseramente.
"Ma smettila di fare il bambino che non ti reggi neanche in piedi!" dico prendendolo per un braccio, ma lui mi respinge.
"Non mi toccare e ricordati di startene..." mi dice, ma lo interrompo subito.
"Non azzardarti a mettermi a tacere, Matteo! Ti ho detto mille volte che non sono gentile come Igino e se non la smetti di mettermi all'angolo giuro che dico a tutta la scuola quello che ti fanno qua! Come potresti sentirti se tutti sapessero che tu sei ridotto persino peggio di quel poveretto? E guardami quando ti parlo, accidenti! Almeno lui ti passa soltanto i compiti, mentre tu devi pulire le scarpe a tutti, ti tirano addosso magliette sudate e per giunta ti obbligano a portare uno ad uno tutti gli zaini degli altri ragazzi... umiliante, no?"
"Tu non dirai niente a nessuno!" dice afferrandomi per un braccio. Io non ritiro il polso, perché so con assoluta certezza che se strattonassi il braccio dalla sua presa, lui finirebbe per cadere sulla schiena per quanto è debilitato oggi.
"Forse hai ragione... forse è vero che io sono una stupida. È vero che non sono come lui, come il mio migliore amico, ma so con certezza che sono una stupida perché continuo a darti retta!"
"Matteo, lasciala andare" interviene la madre di Igino.
"Lei non si preoccupi di questo. Si preoccupi del suo bambino, del povero..."
"Devi smetterla di parlare così di lui, Matteo!" esclamo. A quel punto, infischiandomene di tutto, tiro forte il braccio dalla sua presa e, come previsto, lui cade a terra di spalle. "Arrangiati, adesso! Col cavolo che ti aiuto, Matteo!"
Lui arranca e la parte buona che è in me mi dice che dovrei inginocchiarmi vicino a lui, prendergli le mani ed aiutarlo a tirarsi su, ma m'impongo di rimanere al mio posto. Mi costa tanto, ma devo.
"Giulia, non riesce ad alzarsi" mi dice la madre di Igino. "Devono averlo sfinito facendogli portare tutti quegli zaini..."
Stringo forte i denti. "Dietro di te c'è la balaustra. Appoggiati lì con le spalle e tirati su. Io la mano non te la prendo" dico.
Credo che alla fine lui si sia alzato, ma barcolla e io non sono abbastanza cattiva da farlo rimanere appeso alla balaustra.
"Va bene. Vieni, appoggiati" dico calma. "Adesso ascoltami: vai a casa a sdraiarti. Mi occupo io della tua schiena. Non ti farò soffrire, o almeno cercherò di farlo il meno possibile. Non so cosa mi stia aiutando a sorreggerti invece di buttarti a terra dopo tutto quello che mi hai fatto... dopo tutto quello che hai fatto ad Igino, soprattutto. Forse è merito di quel ragazzo, quello che hai preso in giro per un anno intero senza farti scrupoli!"
Lui non risponde e io me lo riporto a casa. Quando la mamma ci vede, ovviamente, si agita, ma io le dico che Matteo ha solo fatto un allenamento più intenso del solito e che per questo gli fa male la schiena.
"Ecco. Sai dov'è il tuo letto, no?" dico tranquilla.
"Certo! Non sono mica una talpa come te!" mi risponde lui.
"Beh, allora tieniti il dolore, Matteo! La talpa non ti aiuterà" dico secca.
"No... no, ti prego!" balbetta mio fratello, e alla fine io accetto di aiutarlo.
"Mettiti giù e girati con la faccia sul cuscino!" gli dico con un tono assolutamente neutro. Mi avvicino a lui e gli tasto piano le spalle e la schiena. È completamente indurito, quindi vado a riempire una bottiglia d'acqua calda. So che è utile in questi casi. Gli poso dolcemente la bottiglietta calda sulla schiena. "Come vedi, non lo faccio per la stessa ragione per cui l'hai fatto tu con me" gli dico, e lui non ribatte. Dopo un po' tolgo la bottiglia e, poiché ho anche le mani calde cerco di dargli sollievo premendo, sempre delicatamente, la sua schiena e le sue spalle. Continuo a frizionarlo fino a quando lui non emette un gemito. "Oh mio Dio... tranquillo, tranquillo. Non volevo farti male, sul serio! Farò più piano, va bene?"
Di nuovo ritrovo quella me che mi è mancata incredibilmente.
"Grazie." mi dice Matteo. "Tu e quella donna mi avete salvato."
"Magari potessi salvare il tuo cuore" gli dico.Sì, perché posso negarlo quanto voglio, e a chiunque, ma non adesso e non a me stessa, che io voglio bene a questo scapestrato che ho per fratello.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro