Ruoli invertiti <75>
GIULIA
Oggi sono felice! È una felicità un po' sadica, lo ammetto, ma sono felice che finalmente Matteo abbia avuto la minima parte di quello che meritava, e la parte migliore è che sarà sospeso con obbligo di frequenza, quindi potrò fare una cosa che volevo fare da un bel pezzo!
In quarta ora, oggi, avremo di nuovo musica e spero ci faccia proporre una canzone a scelta e personalizzarla.
Purtroppo, però, ho passato l'ennesima notte in bianco.
Mio fratello, come suo solito, non fa altro che lanciarmi frecciatine alle quali mi tocca rispondere.
"Di' un po', Giulia... hai intenzione di stare ancora a lungo appiccicata a quel ragazzino?"
"Si chiama Igino e, sì, finché lui non mi caccia a calci io resterò appiccicata a lui come quella sanguisuga della tua ragazza fa con qualunque ragazzo le capiti a tiro!" dico schietta, riferendomi alle cose che ha detto a Michele l'altro giorno.
"Matteo, abbiamo avuto una comunicazione da scuola" dice mio padre. "Che è successo?"
Matteo resta in silenzio. Io non oso dire quello che è accaduto davvero, perché so che mio padre ne soffrirebbe!
"Matteo ha avuto un diverbio con un nostro compagno" dico, notando la sua difficoltà. "Niente di grave, papà, ma a scuola non transigono su certe questioni, quindi l'hanno sospeso per tre giorni con obbligo di frequenza e gli hanno detto che dovrà rimanere a scuola a fare le pulizie, sotto sorveglianza di don Peppino. Non lo invidio affatto, poveretto!" dico riferendomi a quell'uomo, ma per fortuna mio padre ha creduto che parlassi di mio fratello. Sentendosi più sollevato, dice: "Va bene... allora è solo una ragazzata... meno male, credevo fosse qualcosa di molto peggio..."
Quando ci alziamo da tavola, Matteo mi sussurra un grazie che non è sentito e che mi fa infuriare.
"L'ho fatto per papà, non certo per te! Stammi lontano, chiaro? Io non voglio sapere niente di te e dei tuoi amici!"
"Preferisci lui, sorellina?"
"Sì, mille volte, Matteo!"
Forse in fondo io l'ho fatto per lui, ma non glielo dirò mai!
"Davvero preferisci stare con quel disadattato piuttosto che con tuo fratello?"
"Non solo lo preferisco, ma vorrei tanto imparare da lui! Sai perché lui sta zitto? Perché è buono e intelligente e ha capito che quando l'ignoranza parla, l'intelligenza tace! Secondo: io sono la prima disadattata, e la colpa è tua!"
Me ne vado correndo, perché non ho intenzione di entrare con lui.
IGINO
Quando Giulia viene a prendermi, noto subito che qualcosa non va.
"Ehi! Va tutto bene?" le chiedo. In realtà è una domanda retorica e lei lo capisce.
"Qualunque cosa io ti dica, capirai comunque che non sto affatto bene! Nessuno mi conosce come te, Igino, nemmeno lui!" risponde.
"Che ti ha fatto stavolta?"
"Cos'ha fatto a te, piuttosto!"
"Ma no! Senti, io ci stavo male quando non avevo te che mi tiravi su ogni volta... ma non sopporto che tu soffra perché lui se la prende con me, non lo sopporto!"
"Io... io sono furiosa! Odio quando ti dà quei soprannomi ridicoli... e poi ha detto che sei disadattato e la prima disadattata sono proprio io! Lo sono da sempre! Da molto prima dell'incidente! Ma tanto lui che ne sa? Lui sa solo tirar calci ad uno stupido pallone, o farsi prendere a calci come un pallone e io... io lo detesto! Non lo vedrei più, se potessi evitarlo, te l'assicuro..." Lei serra il pugno della mano libera dal bastoncino e questo per me è un pessimo segnale. Temo proprio che a breve lei sarà obbligata a partire, perché suo fratello non la smetterà mai di tormentarci!
Io ci sono abituato, forse per vigliaccheria o per rassegnazione, non lo so, ma lei no... e del resto, come potrebbe? È suo fratello! Chi accetterebbe un fratello simile?
"Mi dispiace tanto, credimi!"
"Lui dovrebbe essere dispiaciuto, non tu" dice lei, "e sai una cosa? Stamattina mio padre ha chiesto per quale motivo fosse giunta una comunicazione dalla scuola, ma io ho coperto Matteo dicendo che si era scontrato con un ragazzo. A lui ho detto che lo facevo solo per papà, ma in realtà non lo so nemmeno io cosa mi abbia spinta a proteggerlo!"
"Questo, se vuoi, posso spiegartelo io."
"Vuoi venirmi a dire che sono buona, piccolo koala?"
"Sì, perché è vero, per quanto tu non ci voglia credere!"
"Ma ho detto di odiarlo, Igino... e oggi ho scelto un brano per lui... per dirgli cosa penso del suo modo di fare..."
"Una cosa è dire "ti odio" e un'altra è odiare davvero."
"E tu come lo sai?"
"Vieni, andiamo dentro" le dico prendendola sottobraccio e conducendola in classe. Chiudo la porta e andiamo a sederci insieme.
"Per farti un esempio, forse lui mi odia. Non so bene per quale motivo, ma credo proprio che sia così... chi ti odia non è che se ne freghi di quello che provi... al contrario: gl'importa molto come stai, ma perché più ti fa male, più gusto ci prova. Chi dice di detestare qualcuno per poi difenderlo, non prova veramente odio per quella persona. Tu sei più buona di quanto credi... ci sono moltissimi modi di essere buoni. Io, a quanto dicono, lo sono perché non parlo male a nessuno e non sono scortese con il mio bullo... perdonami! Tu sei buona perché non solo mi hai sempre protetto da lui, ma hai sempre protetto anche lui dai suoi carnefici!"
"Lo dici perché mi vuoi bene e sai che, visto che non sono affatto bella, spero almeno di essere buona..."
"Sei fuori strada! Tu sei molto bella, fuori e dentro."
"Come no? Con i ricci che mi coprono la faccia, gli occhi color terra, tra l'altro utilizzabili come soprammobili dato che ora non mi servono più a niente e questa faccia da oca malriuscita che mi ritrovo" dice lei, abbassando la testa.
"Coma? Perché fai così? Ti vergogni di me?"
"Di te? Tu sei l'unica persona sulla faccia della Terra di cui non mi vergogno! Ci sono cose che non ho detto nemmeno a Matias, e pensa che lui mi ha vista praticamente mezza nuda... per la storia della foto, voglio dire."
"Però, aspetta. Se loro ti hanno fatto una foto in quella posizione è perché volevano mercificare la tua bellezza, non solo a livello di viso, in linea generale, non ti pare? A me dicono "secchione", a te "cieca di Sorrento", e quella ragazza era bellissima!"
"Toglimi una curiosità... da dove sei uscito, Igino?" chiede lei sorridendo.
"Da dove sei uscita tu, spero" rispondo.
La campanella suona e l'incubo inizia! Ormai anch'io odio la scuola! Non lo studio, ma l'edificio, quasi tutti i compagni, tranne lei e altre tre ragazze, tra cui Vanessa, che è ancora ricoverata, poverina! Lei ha visto la mia foto su Facebook e mi ha detto che se io sono un pupazzo di neve, loro sono le carote usate per creargli un pezzo del corpo.
I ragazzi entrano in classe. Stranamente oggi è una giornata abbastanza tranquilla, perché prima dell'ora di musica ci sono tre ore buche, e se da una parte sono felice di non dovermi immolare per coprire gli altri, dall'altra ho paura che possano combinarmene di tutti i colori. Ho giurato di non cedere, stavolta, ma non sarà semplice.
"Hai visto, Michè? Ho vinto la scommessa! Mia sorella è andata a sedersi vicino all'impiastro!" esclama Matteo.
Non gli rispondo. Non riesco a farlo. Perché, maledizione? Perché, perché?
"Non te la prendere, tesoro." mi dice Giulia. "Sai quanto vale la parola di questo ragazzino senza cervello?"
"A chi hai dato del ragazzino senza cervello?"
"A te, Matteo! Ormai dovresti saperlo che io non sono più quella che subisce gli insulti e basta! Però c'è una differenza tra me e lui: io lo facevo perché fino all'ultimo ho creduto che ti stancassi e la smettessi: lui lo fa perché è superiore a certe cose" dice lei, e forse ci crede, ma non è vero. Anch'io vorrei tanto che la smettessero.
"Eppure ha una faccia simile a quella dei bambini quando stanno per piangere!" continua ad infierire lui. Getto la testa all'indietro, passandomi entrambe le mani sulla fronte. "Ah... senti, caro: oggi devi darmi la merenda perché non l'ho portata!"
"Io... io posso darti quello che vuoi, ma potresti anche chiedermelo. Io non ti direi di no, se me lo chiedessi" dico.
"Ah, maledizione! Ma quante volte te lo devo dire che tu devi ubbidirmi e basta, senza fare commenti? Non ti sopporto quando lo fai!"
"Michele, fammi il santo piacere di venire a prenderti questo deficiente o gli faccio cadere quei ricci per terra e li stendo come un tappeto per tutta la classe" dice Giulia, esasperata.
"E tu che vuoi? Lui conosce le regole e se non le rispetta deve essere punito! Avanti, alzati!"
Rimango immobile. Non gli darò corda, non questa volta!
"Alzati, ti ho detto! Che vuoi fare? L'eroe?"
"Smettila, accidenti!" dice Giulia serrando entrambi i pugni e appoggiandoli sul banco. Si graffia con le unghie a forza di stringere i pugni.
"Alzati, Igino!" mi dice ancora Matteo.
"No... stavolta non lo farò..."
"Michè, vallo a prendere!"
"Tu non ti smentisci mai, eh?" gli chiedo.
"In che senso?"
"Come? Non l'hai capito? "Michè, portami qua il ragazzino! Michè, vai a prendere il Nerd! Michè, portami qui la ragazzina e falle una foto!" Ma non ti vergogni? Sei così codardo che non osi nemmeno prendertele da solo, le tue vittime! Igino, ho detto "nerd" perché lo dice sempre lui, ma è una parola che non sopporto..."
"Davvero? Beh, vedremo, ragazzina! Me lo vengo a prendere io, il tuo protetto..."
"Prima dovrai togliere di mezzo me!" dice lei alzandosi di scatto e parandosi di fronte a lui, con le mani sollevate all'altezza della testa.
"Davvero? Molto bene!" le dice lui. La spinge a terra e la trattiene per i capelli. Le lega le mani sulla testa e la fa girare a faccia in giù, sul pavimento. "Tesoro, questa me la pagherai! Ti farò rivivere un'esperienza del passato!" E tende le mani verso la maglietta della mia amica.
"Non starai esagerando un po' Mattè?" gli chiede Michele spalancando gli occhi. Lui non è cattivo, si fa solo deviare!
"Niente è troppo per una come lei!" esclama Matteo.
Le alza la testa con violenza e lei serra le labbra.
Lui le preme un oggetto contro la bocca: la solita pallina di gomma, ma lei continua a tenere la bocca chiusa e, poiché può ancora muovere un po' la testa, la volta da un lato. Matteo lascia cadere l'oggetto e dice a Michele di prendergli un pezzo di scotch.
Michele si alza, obbediente, e prende quello che gli è stato chiesto, ma vedo che è esitante.
"Michele, no... non lo fare, ti prego" gli dico prendendogli il braccio appena mi passa vicino.
"Non posso, Igino." mi dice in un soffio, e per la prima volta mi rivolge la parola in modo diverso dal solito.
"Michele, ti prego!" gli dico stringendogli il braccio. "Ti scongiuro, non farle questo! Lei non ti ha fatto niente..."
"E tu che cosa vuoi, moccioso?"
"Perché le fai questo? Le hai già fatto molto male, Matteo... ti prego, lasciala stare!"
"Non sono affari tuoi... e dopo ce n'è anche per te, fallito!" mi dice lui.
"A me puoi dire quello che ti pare... ma lei è tua sorella! Come puoi farle questo? Lasciala stare, ti prego!"
"Per-do-na-mi... Igino... io... io non volevo... che vedessi questo!"
La guardo e vedo i suoi occhi pieni di lacrime.
"Matteo, guardala! Non puoi farle questo! È tua sorella e nonostante tutto sta continuando a proteggerti!"
"Ti ho detto di chiudere la bocca! Mi stai facendo venire mal di testa..."
"Sei... sei solo una bestia" balbetta lei, tra i singhiozzi. Lui le lega un polso alla gamba di una sedia e l'altro a quella di un banco. È in una posizione di sottomissione orribile, ma nonostante quella posa e le lacrime, conserva un'espressione fiera e io mi sento un mostro.
Cosa posso fare per lei? Che cosa posso fare?
"Lascia perdere, Igino! Che lo faccia! Ci penserà la voce della sua coscienza a chiudergli la bocca, un giorno!" mi dice lei, capendo quello che intendo.
"Michele, dammi il nastro" dice Matteo. Michele, obbediente, glielo passa e lui le chiude la bocca con quello. Lei rimane immobile.
Matteo fa l'atto di alzare la maglietta a Giulia e le punta il telefono dritto in faccia... e dato che ce l'ho vicino, allungo il braccio sinistro di scatto e glielo strappo di mano.
"A me puoi fare tutto quello che vuoi, ma non posso permetterti di fare questo! Slegala e ti ridarò il telefono!" dico.
"Ridammelo subito, Igino!"
"Scordatelo!" gli dico, e io stesso mi stupisco del fatto che, nonostante la mia voce tremi, suona comunque ferma e sicura.
"RIDAMMELO!" urla Matteo, afferrandomi per il polso che regge il cellulare. Io stringo forte il suo cellulare e riesco a passarmelo nell'altra mano.
"L-liberala, ti dico, o... o ti giuro che me lo porto a casa!" gli dico. Lei, intanto, è riuscita a liberarsi un labbro. Avvicina il più possibile la testa al braccio e si stacca dalle labbra il nastro adesivo.
"LASCIALO!" gli urla contro.
"Come fai a parlare se..." dice, poi la guarda e, sorpreso, mi lascia il polso.
Io reggo il cellulare di Matteo con una mano e cerco di arrivare al banco al quale è legata Giulia.
"DAMMI IL TELEFONO, MALEDETTO SECCHIONE!" mi urla Matteo, ma ormai la cosa non mi tocca neanche più.
"Urla quanto ti pare, se non la lasci io... io non te lo restituisco... il cellulare..."
"Caro, non ti viene bene la parte del duro."
"E a te quella del capo!" esclama Giulia.
Facendo molta fatica, spinge la sedia verso di lui. "Forza, chiama il tuo schiavo e digli di farmi quella famosa foto compromettente!"
"No! La voglio pubblicare io!"
"Te la fai mandare su WhatsApp e la pubblichi tu stesso, Matteo" dice lei.
Lui fa l'atto di rispondere, ma proprio in quell'istante don Peppino fa il suo ingresso.
"Giulia! Che ci fai là?" dice allarmato. Le si avvicina, s'inginocchia e taglia le corde.
"Grazie" dice lei, alzandosi a fatica. "Ahi... che dolore, accidenti!" dice lei, alzandosi.
"Mattè, vuoi arrivare a un mese di pulizie? Guarda che io non ti voglio sopportare per tutto questo tempo, eh?" Poi si rivolge a Giulia. "Come stai, bella?" le chiede.
"Lei è così gentile... ma se vuole che sia sincera, dovrò darle una risposta orribile. Starei decisamente meglio se mio fratello non fosse una carogna!" A quelle parole, Matteo fa uno scatto verso di lei. "Ora vediamo chi è la carogna, ragazzina!" dice per poi tentare di assestarle un altro ceffone. Don Peppino lo afferra per il colletto della camicia e lo blocca. "Non ti azzardare nemmeno, Mattè! Già hai dato!"
"E poi, lo vuoi negare? Tu non sei altro che una carogna, una carogna!" grida lei agitando le braccia che devono farle piuttosto male a giudicare dal rossore dei suoi polsi. Anche i suoi ricci sono più gonfi del solito, forse perché Matteo li ha tirati per farla cadere. Lascio cadere quel maledetto cellulare sul banco e mi avvicino a lei per aiutarla a sedersi, perché le sue gambe tremano al punto da farmi temere che possa mettersi a sedere per terra all'improvviso.
"Grazie Igino" mi dice a bassa voce. "Sei stato l'unico che ha provato a difendermi, lo apprezzo molto."
"Te lo dovevo."
"No! Tu non mi dovevi niente!"
Le due ore successive, dato che il preside è stato informato di quello che è successo, ha deciso che starà lui di guardia.
Don Peppino ha accompagnato subito Giulia in infermeria... aveva la faccia di una che sta per svenire, e lo credo, dopo il dolore che le è piombato addosso tutto in una volta.
Quando rientra dopo quasi un'ora, ha delle fasce sulle braccia e sotto una di esse posso vedere l'ago di una flebo Temo che la febbre sia salita ulteriormente, ma Giulia non vuole andarsene.
"Come stai?" le chiedo.
"Ora che ci sei tu, bene" risponde lei, ma non sta proprio bene come al solito. È pallida, malferma sulle gambe, e ha le braccia gonfie. I suoi occhi sono più gonfi che mai, e tutto per quello che le ha fatto suo fratello. Provo una fitta di dolore a vederla così.
Quando finalmente la professoressa di musica entra in classe, il solo vederla in quello stato la mette in allarme.
"Tesoro, ma che ti è successo?"
"Non importa... però, professoressa, io avrei l'esigenza di fare una cosa, se mi permette."
"Certo, dimmi."
"Lei ha la base di: "Piccoli Eroi"?" chiede.
"Certo, cara." risponde la prof. "Vieni, siediti accanto a me. Potrai eseguirla senza stare in piedi!"
Lei, muovendosi un po' a fatica, si siede accanto alla professoressa, ad un banco vicino alla cattedra.
"L'ho un po' personalizzata."
"Bene, cara. Ora te la faccio partire."
La base parte e lei, nonostante la sofferenza fisica e morale, inizia a cantare, piano, sottovoce.
"Apro bocca, ma non so cosa penso. Apro il cuore, ma non so cosa ho dentro.
Scusate se non vi so dire l'ora esatta in cui stavo per morire, ma non ce l'ho fatta. Forse è l'inizio di una storia vissuta."
Le si spezza la voce, ma lei insiste, anche se le tremano le gambe. "Di una vita da sopravvissuta... chiedendo e sperando nel lieto fine. Chiedendo e pregando per una fine, o per l'inizio di qualcosa di buono, di qualcosa di nuovo. E nella mia mente ho un pensiero positivo, ma il pensiero negativo è la mia casa per oggi. E nella mia mente ho un pensiero positivo, MA IL PENSIERO NEGATIVO È LA MIA CASA PER OGGI... Buongiorno, mamma! Sai, ho mal di testa! Apri la finestra, che magari migliora.
Non me la sento... no... Non posso andare a scuola.
Forse è meglio se resto a casa, da sola... o se vuoi, resta tu con me. Sì, sì, va tutto bene."
Ma quel suo tono lascia intendere che niente va bene. Assolutamente niente, ed è un'ingiustizia!
"Ho sedici anni... che vuoi che possa accadere? E nella mia mente ho un pensiero positivo, ma il pensiero negativo è la mia casa per oggi... E NELLA MIA MENTE HO UN PENSIERO POSITIVO, MA IL PENSIERO NEGATIVO È LA MIA CASA PER OGGI! Scusa, papà, se non so spiegarti i lividi, le emozioni ed i brividi, le parole indelebili... mio fratello non mi parla da un po'... Sai, lui non può... il mio bullo è suo amico, adesso." A quel punto Matteo cambia espressione e io mi alzo e corro verso Giulia per poi intonare: "Mi dicono: "Devi tacere, smetto di parlare!", e lei: "Mi dicono che sono brutta! BASTA RESPIRARE!" "Sono stupido!"
"Sono stupida!"
Lo diciamo insieme, ognuno con la sua vocale, e da lì continuiamo insieme fino a un certo punto. "Non riesco a parlare, ce!ca di capire: ho la mia guerra da finire! E nella mia mente ho un pensiero positivo, ma il pensiero negativo è la mia casa per oggi... E NELLA MIA MENTE HO UN PENSIERO POSITIVO, MA IL PENSIERO NEGATIVO È LA MIA CASA PER OGGI... E se morirò, mani sul pianoforte! La mia piccola morte gioca col fuoco e la sorte! Quando dicono che sono un fallimento, prendo ed alzo di livello tutto ciò che faccio." IO: "Se m'insultano io taccio." Lei: "Tu colpiscimi e ti schiaccio..." E poi di nuovo insieme. "Questa è la mia canzone dedicata a noi."
Poi parte un coro collettivo.
"Piccoli eroi."
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