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Rottura <113>

GIULIA
È il suono del mio cellulare a riscuotermi dal mio primo bacio.
È mia madre a chiamarmi, e quando le rispondo lei è molto agitata.
"Mamma, che succede?" chiedo agitandomi anch'io.
"Matteo... sta per dire tutto a tuo padre! Ho paura di come potrebbe reagire a questo! Vieni a casa, per favore..."
Michele è vicinissimo a me e, non so come, insieme alla sua voce sento quella di Igino che sussurra: "Vai! Tuo fratello ha molto bisogno di te, adesso." Saluto Michele e, con il cuore che sembra voler scoppiare, mi dirigo verso casa. Appena arrivo, Matteo mi raggiunge e mi abbraccia forte. Mi fa ancora strano sentire le sue braccia avvolgere il mio corpo. L'ultima volta che mi ha toccata, prima che partissi, io l'ho respinto, perché prima mi aveva fatto praticamente di tutto. Lo sento accoccolarsi contro di me e le sue lacrime bruciano sulla mia pelle in parte scoperta, perché sta iniziando a fare caldo e ho scelto abiti più leggeri.
"Va bene, Matteo" gli dico dolcemente, "fa bene piangere. Dopo ti sentirai più forte e riuscirai a stare meglio con te stesso."
Poi entriamo in casa insieme.... lui trema! Mio fratello trema e io non sopporto di vederlo così scosso!
"Matteo... che cosa devi dirmi?" domanda papà appena lo vede. Lui trema ancora di più e io stringo di più la sua mano.
"Papà.. si tratta di Igino" balbetta incerto. "Il ragazzo che ha avuto l'incidente a scuola."
"Che cosa c'entra Igino?"
"Papà, io... io non lo trattavo bene! È questo il motivo per cui Giulia se n'è andata. Lei non sopportava più quello che stavo facendo... quello che ero diventato. Mi ero trasformato in una palla demolitrice, io... accidenti! Insomma... il giorno in cui Igino ha avuto l'incidente, stavamo facendo lezione di musica in palestra. La professoressa di musica ha detto che avremmo fatto una sfida rap in pubblico. Diceva che non avremmo avuto voti e io ho deriso Igino, ma quando ci siamo sfidati lui è stato bravissimo! Lui è sempre stato più bravo di me. È solo che, in quella situazione... io non ce l'ho più fatta... anche perché lui alle mie regole non voleva più starci... e..."
"Matteo, che stai dicendo?" salta su mio padre.
"Io... io..."
"No! Non è vero! Non può essere... abbiamo fatto di tutto per te... e tu eri un bullo, un maledetto bullo! Ti rendi conto che un tuo compagno potrebbe lasciarci la pelle?"
"S-sì... sì, me ne rendo conto, papà. Io... io ci sto male..."
"Ah... e così tu ci staresti male! Ma ti prego: tu non sai nemmeno cosa vuol dire star male per qualcuno! Dal punto in cui sei arrivato tu non si torna indietro! Non andartene! Non ho finito con te! Matteo, torna indietro!"
Ma mio fratello non resiste: mi lascia il braccio e scappa via, con mio padre che continua ad urlargli contro.
"Papà, lascialo andare! Posso assicurarti che non l'ho mai visto così abbattuto! Lui ci sta male sul serio... e te lo può confermare chiunque che io sono sempre stata la prima a infuriarmi con lui quando maltrattava Igino! Ci sta male sul serio! Lascia che gli parli io!"
"Piccola" dice mia madre, "raccontagli come ci siamo conosciuti noi!"
"Posso farlo?" chiedo esitante.
"Sì, cara... io e tuo padre ne siamo l'esempio" risponde lei.
Vado a raggiungere Matteo, che è chiuso nella sua stanza. Provo a chiedergli se posso entrare, ma non ottenendo risposta decido di entrare lo stesso, perché sono preoccupata per lui. Raggiungo il letto e lo trovo con le cuffiette. Lui me ne passa una e rimango più che sorpresa nell'ascoltare una canzone di Nina Zilli e J-Ax. Una che mi sembra si chiami: "Grida!", o qualcosa del genere.
"Che ne diresti se stavolta la raccontassi io a te, una storia? Come quando eravamo bambini! Ti va?" gli chiedo tranquillamente.
"Va... va bene" balbetta lui.
"Mettiti giù che te la racconto!" gli dico, ed entrambi ci sfiliamo le cuffie. "Vedi... c'era un ragazzo che si divertiva a fare.. scherzi piuttosto pesanti ai suoi compagni di scuola, e a prenderli in giro! Non che li minacciasse o facesse loro del male fisicamente, ma non si comportava molto bene, e... beh, insomma, era un ragazzo piuttosto popolare, quindi tutti gli davano retta! Questo fino a quando non si presentò a scuola una nuova ragazza! Ne aveva passate tante, ma nonostante non fosse sicura di sé, era abbastanza brava da riuscire a difendere chi si sentiva troppo fragile per alzare la voce."
"Sembriamo noi" dice Matteo.
"Un po' è vero, solo che si conclude in modo un po' diverso. Beh... questo bulletto s'innamorò perdutamente della ragazza, ma lei, impegnata com'era a far fronte a quello che lui combinava, non se lo filava neanche di striscio... e lui fu fortunato, perché questo gli bastò per invertire la rotta. Iniziò a difendere quelli che prima derideva, gradualmente, e si accorse che questo lo faceva stare bene. Il problema è che ora era lui che veniva deriso... e allora, un giorno, lei disse: "Facciamo uno sciopero in massa. Tutti i bullizzati si assenteranno e quelli che vogliono fare i deficienti non avranno nessuno con cui farlo"!"
"Quello che tu ed Igino definivate lo sciopero utile."
"Sì... esatto."
"E come finisce la storia?"
"Cambiarono tutti scuola, ma in compenso: l'ex bullo e la paladina della giustizia si misero insieme e si sposarono... e sai chi erano quei due?"
"Chi erano?"
"I nostri genitori, Matteo. È per questo che papà si è arrabbiato. Tu non lo sai, ma è stato un bullo anche lui. E ne ha dovuta fare di strada, prima di conquistare il cuore della mamma! È per questo che per lui è stato un duro colpo sapere quello che ha saputo... ed è per questo che a lui non l'ho mai detto."
MATTEO
La rivelazione che Giulia mi ha fatto mi ha lasciato letteralmente di stucco. Non avrei mai immaginato che nostro padre fosse stato un bullo. Non avrei mai immaginato che la mamma fosse stata come Giulia: una guerriera pronta a farsi in quattro per i più deboli... ma ora capisco tante cose. Capisco perché lei non si è mai arresa, finché la forza è stata sufficiente per sopportare. Capisco perché è riuscita a sopportare tutto quello che le ho fatto e mi sento ancora più in colpa. Ho ferito lei, ho quasi ucciso un ragazzo che l'unica "colpa", se così si può dire, che aveva, era quella di essere gentile e disponibile con me, e oltre a non sapermi difendere dai miei bulli, ho deluso i miei... forse il mondo starebbe meglio senza di me. Uno in meno non dispiacerà a nessuno. Beh, forse mia sorella e i miei mi piangeranno, ma poi capiranno quello che provo e il motivo per cui ho deciso di chiudere per sempre la porta.
Mi alzo dal letto, cercando di non far rumore, con il cuore che batte così forte da farmi mancare il respiro. Scrivo un biglietto alla mia famiglia, dicendo che voglio bene a tutti e che andrò a raggiungere il Mare. Forse, in fondo, vorrei che qualcuno mi salvasse, ma dall'altra parte prego con tutte le mie forze che non succeda.
Vado a piedi alla spiaggia preferita di Giulia e Igino e quando arrivo ad una scogliera, mi fermo a guardare il Mare. Tutta la vita mi passa davanti agli occhi, in un attimo, e mi lascio cadere bocconi per terra, in lacrime per l'ennesima volta. Quello debole sono io: altro che Igino! Lui ha resistito per due anni... io, quando sono stato circondato dai mostri che avevo creato io stesso, non ho retto che per qualche giorno! Ma chi voglio prendere in giro? Io ho sempre desiderato essere come lui!
GIULIA
Non ho fatto altro che girarmi e rigirarmi nel letto. Non so bene perché, ma sono molto nervosa. Dubito che Matteo sia stato sottoposto a tutta questa pressione in una volta sola e il pensiero che sia così provato mi terrorizza. Cammino avanti e indietro per la stanza, poi mi decido ad aprire la porta e andare a bere un bicchiere di latte, tanto si sono fatte le sei del mattino.
Mentre allungo la mano verso la credenza, tenendo l'altra appoggiata al ripiano, sfioro un pezzetto di carta e, anche se non posso leggerlo, quando lo tocco un brivido percorre il mio corpo. Cerco di fare una foto con il cellulare e la scritta viene passata in forma testuale. "Vi voglio bene. Sto andando ad abbracciare il Mare. Matteo."
Non so bene che cosa significhi questa frase, ma non mi piace.
Prendo i soldi necessari ad un biglietto del treno, sperando di arrivare in tempo. Raggiungo la stazione e lancio letteralmente il denaro sul bancone del bigliettaio che, capendo che sono terrorizzata, mi dà un biglietto e mi accompagna fino alla fermata a cui devo arrivare. Una volta scesa dal treno ringrazio e riprendo a correre verso la spiaggia. Dei singhiozzi mi giungono dall'alto e capisco che Matteo si è arrampicato sulla scogliera.
"MATTEO! MATTEO, SCENDI, TI PREGO!" grido.

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