Rivelazioni per Matteo <120>
MATTEO
Oggi ho deciso di tornare a scuola. Ci sono andato tardi, però. Sono entrato in seconda ora, probabilmente quando Giulia è arrivata dove voleva arrivare.
Cammino a testa bassa, per i corridoi scolastici, cercando di tenermi sempre rasente al muro.
Improvvisamente, però, mi arriva un secchio d'acqua dritto in testa.
"Vedi cosa si prova, Matteo?"
Un ragazzo che non avevo mai visto mi ha appena bagnato tutto. Mi guarda con malignità, ma io non gli rispondo, perché proprio non ne ho la forza. Ma evidentemente a quel ragazzo la mia umiliazione non basta, perché mi prende per un braccio, mi batte contro il muro con tanto di zaino e dice: "Avanti, rispondi! Cosa si prova ad essere umiliati in questo modo tutti i giorni?"
"Guido, smettila! Lascialo stare" dice una voce familiare. Vedo Vanessa dirigersi verso di noi a grandi falcate. Il ragazzo continua a tenermi fermo e lei, visto che la situazione è rimasta invariata, lo tira per la maglietta e gli dice: "Guido, ho detto basta!"
"Senti, a me ha sempre dato fastidio questo comportamento che lui ha... quel comportamento che lui aveva assunto con il povero Igino!" esclama Guido.
"Sì, e ti sei messo a fare il bullo per questo motivo? Ma non farmi ridere! Comunque basta: ti assicuro che Matteo ne ha già avute abbastanza: ora lascialo in pace e vai in classe che si sta facendo tardi!"
"E va bene, hai ragione. Ci manca solo che mi becchi un richiamo per colpa di questo..." inizia quel ragazzo, ma Vanessa gli fa segno di tacere.
"Su, vieni con me! Non puoi certo entrare in classe così!" mi dice e, senza attendere una risposta, mi afferra il polso e mi porta via.
Siamo negli spogliatoi che danno sulla piscina e Vanessa sembra infischiarsene del fatto che siamo nello spogliatoio maschile. Prende un asciugacapelli e inizia a passarmelo sulla maglietta fino a quando quella non si asciuga completamente, poi prende del Talco per togliere qualche eventuale macchia.
"Vediamo in che condizioni è lo zaino" dice e la vedo aprirlo.
"No, aspetta... io..."
"Matteo, che bello!" esclama.
"Di... di cosa stai parlando?" chiedo, anche se so che si riferisce al quaderno che ho lasciato piegato in modo da poter continuare a studiare senza perdere troppo tempo a cercare la pagina.
"Ti sei messo a studiare! Sono così contenta!"
"Sei una delle poche persone a sostenere di essere contenta del fatto che io sia diventato un sec..." dico, ma naturalmente Vanessa mi ferma: "Allora vuoi prendere il posto di Igino in tutto e per tutto? Beh, non ci provare con me! Non ti permetterò di autodefinirti in quel modo! È bello che tu ti sia messo a studiare! Basta che non inizi a farlo per far copiare gli altri... posso assicurarti che Igino non te lo augurerebbe..."
"Eppure tu sei sempre stata una grande amica di Igino... cos'è cambiato, Vanessa? Quando c'è stato l'incidente, a momenti mi cacciavi a forza di calci!" dico ricordando quel giorno con un brivido che mi percorre la schiena andata e ritorno.
"È vero, e io non ho smesso di essere amica di Igino... ma tu credi veramente che se si fosse già ripreso, Igino avrebbe voluto lasciarti solo? Lui sa bene cosa si prova e non lo augurerebbe a nessuno... neanche a te. E poi... a me dava fastidio il modo in cui ti comportavi, non lo nego, però... beh... non è che non ti volessi bene..."
"E adesso... mi vuoi bene?" le chiedo, sentendo il cuore accelerare vertiginosamente i suoi battiti.
Siamo molto vicini. Sento che il suo respiro è fin troppo accelerato e sinceramente non so se sia effettivamente così o se, più semplicemente, stia succedendo qualcosa a me.
"S-si è... fatto tardi. Io... io devo tornare in classe, e... e anche tu, immagino." balbetta lei, rossa in faccia.
"S-sì... certo" le dico. "Allora, magari... ci vediamo all'intervallo."
"Con piacere!" dice lei. "Ciao, Matteo! Ci vediamo più tardi, allora!"
Usciamo dagli spogliatoi. La vedo entrare in classe... lei è turbata per Igino, ma in classe sta bene.
C'è anche quel tale, Guido, ma nessuno dei ragazzi se la prende con lei. Al contrario: i ragazzi la rispettano, le vogliono bene, e lei è gentile con tutti. Non c'è chi fa tutto il lavoro degli altri... ognuno fa del suo meglio per tutti e chi è più interessato allo studio non viene deriso. Al contrario: riesce ad integrarsi senza tanti problemi.
Mi dirigo verso la mia classe con un peso opprimente sul petto. Michele capisce che sto male, mi si avvicina e si siede accanto a me senza proferire parola. Lui mi è sempre stato accanto, cercando di non farmi sentire in colpa. Aveva paura di me, ma mi voleva anche molto bene ed ha deciso di supportarmi in tutto, anche se non era d'accordo. L'ha fatto per me... e io l'ho sempre trattato come l'ultima ruota del carro.
"Scusa" gli dico con un filo di voce, appoggiandomi alla sua spalla.
"Mattè, tranquillo" mi dice lui, piano.
"No che non sto tranquillo! Ti ho usato! Sono una persona orribile!" dico.
La professoressa di storia si avvicina a noi e mi guarda. "Tu non sei affatto una persona orribile, Matteo! Sei solo una persona che ha sbagliato, come sbagliamo tutti. Posso assicurarti che Igino sta molto meglio, caro... non si è ancora svegliato, ma a quanto pare i medici dicono che la situazione è migliorata di molto."
"Dice davvero?"
"Sì, caro. So anche che tu ci sei stato... tua sorella me l'ha detto e mi ha chiesto di tenerti d'occhio perché ti vedeva piuttosto scosso dall'incidente."
"Prof, io..." dico, prima che, per la millesima volta, la mia voce si spezzi e i miei occhi si riempiano di lacrime. Lei, per la prima volta da quando ho iniziato, non si pone con me come una professoressa, ma come una mamma. Si siede a terra, vicino a me, e mi cinge le spalle con un braccio. E sento nuovamente la voce di Igino che mi dice: "Non fare così, Matteo! Posso assicurarti che tutto questo dolore non è arrivato per caso e non sarà dolore sprecato. Il dolore non è mai un punto d'arrivo... è solo la strada."
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