Quante parole non dette! <47>
GIULIA
Mi sono svegliata abbastanza tardi visto che il dottore ha permesso ai miei amici di restare fino a tardi. Il dottore è stato gentilissimo. È venuto a chiamarmi di persona e mi ha detto: "Tesoro, ti lascerei qui per tutto il giorno, perché è bello guardarti addormentata... ma ora dobbiamo andare a fare la nostra terapia." Mi tiro su a sedere lentamente e riesco anche a muovere un minimo le gambe.
"Molto bene, mia cara. Vedo che stai facendo progressi" dice il dottore per poi aiutarmi a sedermi. Riesco a darmi una spinta, ma molto leggera, con la gamba destra, e un senso di piacere per questo risultato m'invade completamente. Il medico mi dice che se mi va posso andare a vestirmi, perché deve aver notato che sono piuttosto in imbarazzo, e mia madre viene ad aiutarmi. So che le costa, e costa parecchio anche a me chiederle aiuto, ma non sono ancora del tutto autonoma, quindi mi tocca.
"Vieni, Giulia. Quest'ospedale è ben attrezzato e abbiamo una vasca con uno scivolo... ecco, allungati verso sinistra. Ecco qua, ora scendi lentamente... brava!" Mi siedo nella piccola vasca e mia madre mi aiuta a svestirmi sollevandomi le gambe che, a distanza da un appoggio solido, tremano. "Stai tranquilla, bambina mia, tranquilla... ti tengo io" dice.
"Mi dispiace." dico sottovoce. "È già successo che tu dovessi aiutarmi anche in questo, e..."
"Sono tua madre, quindi mi sembra più che ovvio che se hai bisogno d'aiuto io ti aiuto..."
"Mamma... potresti venire con me, durante la seduta? Credo che avrò bisogno di molto supporto." dico con voce tremante.
"Ma certo, piccola! Certo che verrò con te! Ora prova a passarti il sapone sulle gambe, mentre io te le reggo..."
Faccio quello che dice e lei mi sciacqua la pelle, poi passo il sapone anche sul resto del mio corpo. Una volta finito, la mamma posiziona la carrozzina e dice: "Adesso datti una spinta con le braccia. Io ho frenato la sedia... tirati su e lasciati andare, ma lentamente."
Faccio come dice, anche se ogni volta rischio l'infarto, e lei mi aiuta a coprirmi e mi fa raggiungere il letto. Una volta lì mi vesto e torno sulla sedia. Credo che mi proporrò come acrobata in un circo, un giorno o l'altro. Sarò la prima acrobata cieca di questo paese!
"Ora andiamo." dice il dottore.
"Certo... non è che mia madre potrebbe venire con me, dottore? Sarei contenta se mi vedesse."
"Se può aiutarti, certo. Allora? Quale sarà il record di oggi?"
"Vorrei restare in piedi per un minuto intero!"
"Ah, benissimo! Mi fa piacere vederti così determinata, bambina mia. Se ci riesci, oggi proverò a farti muovere qualche passo. Te la senti?"
"Ci proverò" rispondo timida.
Andiamo in quella famosa stanza in cui il dottore è solito farmi fare la terapia.
"Ecco... adesso prova ad alzare una gamba alla volta fino alla sbarra che ho posizionato davanti a te. No, non toccarla! La sentirai con le caviglie, se ci arriverai." Io tiro su la gamba destra, molto lentamente, e cerco di arrivare al segno. Ho una leggera fitta all'inguine quando mi sforzo un po' di più, ma riesco ad arrivare al segno stabilito sia con quella gamba che con l'altra. Poi, sempre lentamente, il dottore e la mamma mi aiutano a piegare e stendere le gambe, e sono felice di riuscirci totalmente, adesso.
"È il grande momento, tesoro" dice il medico.
Io allungo le mani verso il tavolino a cui mi sono aggrappata l'altra volta e mi do una spinta per tirarmi su.
"Così. Così, bravissima! Ora attiverò il cronometro... tu cerca di stare tranquilla e non muoverti troppo o finirai col cadere davvero!"
"Va bene." dico a bassa voce. Mi tremano le gambe, ma mi riprometto di resistere. Continuo a ripetermi che lo devo ad Igino.
"Gli vuoi bene, vero, piccina?"
"Certo che gli voglio bene... e mi fa soffrire sapere che mio fratello nutra tanto odio verso di lui... ma forse non è con lui che ce l'ha! Forse fa così perché è me che vuole ferire..."
"No! No, no! Non pensare assolutamente a Matteo!" mi dice mia madre, venendomi subito incontro per poi bloccarmi le mani contro la superficie del tavolo. "Pensa a Igino e lascia a casa Matteo... lascialo stare!"
"Non essere cattiva con lui, mamma! È colpa mia! Ho sbagliato tutto" dico con un filo di voce, e le gambe tremano ulteriormente. "Io ho sbagliato perché non ho fatto altro che respingerlo, non ho provato ad aiutarlo come fa Igino... forse sarebbe diverso se io mi comportassi come lui... i-io..."
"Tranquilla, tranquilla. Non pensarci, adesso. Concentrati sull'equilibrio" dice il dottore tenendomi ferma l'altro mano. "Sei stata bravissima! Sei arrivata ad un minuto e mezzo!"
"Solo perché mi avete tenuta ferma."
"Ti abbiamo tenuta ferma per le braccia, ma il tuo corpo avrebbe potuto sbilanciarsi all'indietro. Ora, però, viene la parte più difficile... dovrai provare a muovere qualche passo... però i tuoi pensieri ti hanno scossa un bel po', vero? Dimmi soltanto se te la senti."
"Ci proverò, dottore... spero solo di non essere una delusione" dico.
"Tu non deludi nessuno. Primo: perché sei rimasta in piedi per più tempo del dovuto e poi perché ti sei fatta un mucchio di domande sugli errori che potresti aver commesso con tuo fratello, che è il solito bulletto da quattro soldi!"
Non nego che, per quanto io mi sia impegnata a dirglielo varie volte, sentirlo dire da qualcuno che non sono io, mi fa male. È sempre mio fratello, in fin dei conti.
Stacco una mano dal tavolo e mi volto di lato. Sento che il mio corpo è attratto dal suolo, quindi mi curvo verso sinistra per non cadere.
"Ti tengo io, cara." dice il dottore. "Togli anche l'altra mano, coraggio!"
Lascio il tavolo anche con l'altra mano e il mio corpo trema ulteriormente.
"Piano" mi dice la mamma, che è posizionata alle mie spalle.
Provo a muovere qualche passo, ma appena alzo di poco la gamba il mio corpo si sbilancia. "No! No, no, non cadere! Prenda la sedia!" dice il dottore, e mia madre mi fa sedere immediatamente. "Calma, non ti agitare. Va tutto bene. Hai fatto più del dovuto. È ovvio che il tuo corpo non riesca a reggere altri sforzi, tesoro. Se te la senti, domani ci proveremo di nuovo... non fare quella faccia! Roma non fu costruita in un giorno, lo sai... beh, questo discorso posso farlo con te o con Igino. Dubito che per tuo fratello sia la cosa giusta da dire."
Mi dispiace per mio fratello, ma apprezzo il tentativo del dottore di tirarmi su il morale.
"Dottore... può chiamare Igino? Credo che mi farà bene parlare con lui e... e io..."
"Mi stavi cercando?" chiede lui, che è praticamente apparso dal nulla. "Guarda che io ho visto tutto... ma ho fatto segno al dottore di non dirti che ero entrato."
"Perché?"
"Perché non volevo che ti sentissi in colpa per aver detto certe cose davanti a me... ormai ti conosco, Giulia. Il tuo problema è che tu tendi ad ingoiare rospi su rospi, ma poi esplodi come una pentola a pressione. Te lo dico perché anch'io sono così, solo che mi manca il fattore dell'esplosione. Mi dispiace vederti crollare così spesso..."
"Quindi mi hai vista cadere e hai sentito quello che ho detto di te e di mio fratello?"
"Certo che l'ho sentito... e ti dico solo che la devi smettere d'inventarti colpe che non hai per proteggere Matteo. Stai provando da più tempo di me a salvarlo da se stesso, ma lui a quanto pare non vuole saperne."
"Allora che cosa devo fare?"
"Smettila di farti del male e basta. Mi fa soffrire vederti così... e se il fatto di proteggermi da Matteo ti fa stare male, smetti di farlo, ti prego! Sei mia amica ed io non posso sopportare che tu stia male a causa mia,."
"Ah, no! Te lo puoi scordare!"
"Cosa?"
"Puoi scordarti che io smetta di proteggerti!"
"Perché?"
"L'hai detto tu stessao, Igino. Ci somigliamo. È solo che tu sei più mite di me."
Mi volto verso il dottore. "Lei sa se si può gridare dal cortile? Vorrei farlo perché... perché servirà a me e anche a lui, ne sono più che certa!"
"In cortile sì. Basta che non vi mettiate ad urlare nella tua stanza d'ospedale. Andate pure, che ne avete un gran bisogno..."
"Lasciati servire" mi dice Igino, vedendo che allungo le mani verso le ruote. "Tieniti stretta che si parte!", e mi porta in cortile. "Ma ora mi dici perché siamo venuti qui?"
"Certo! Ascolta" gli dico, e inizio ad intonare il ritornello di un brano di Arisa, ma con la voce piuttosto alta. "QUANTE PAROLE CHE NON DICI E VORRESTI GRIDARE! CON IL TEMPO, VEDRAI, ESPLODERANNO TUTTE, NELLO STESSO MOMENTO! TUTTE, FINO A FARTI SENTIRE MEGLIO!" Dopo averlo fatto mi lascio ricadere sullo schienale della sedia. "Non devi per forza cantare... basta che tiri fuori tutto quello che ti pesa sul cuore!"
Lui esita. So che ha paura, lo so bene, perché lo conosco. "Io mi vergogno e l'ho fatto... coraggio, amico mio! Provaci!"
"Va bene..." mi dice lui con un soffio di voce.
"SONO STUFO DI PASSARE I COMPITI SENZA NEANCHE UN GRAZIE! SONO STUFO CHE IL PRIMO TIPO CHE PASSA MI DIA CONTINUAMENTE DEL SECCHIONE E MI CHIUDA IN BAGNO PER POI TAGLIARMI IN DUE LA MAGLIETTA E ROVESCIARMI ADDOSSO DELL'ACQUA BOLLENTE! SONO STUFO DEL FATTO CHE UN MIO COMPAGNO MI FICCHI IN BOCCA UNA STUPIDA PALLINA DI GOMMA SOLO PER FOTOGRAFARMI E RIDICOLIZZARMI PERCHÉ NE HANNO VOGLIA PER DIVERTIRSI UN PO' CON L'IDIOTA DI TURNO! SONO STUFO!"
"Sei stato bravissimo, amico mio!" dico girando la sedia verso di lui e allungando le braccia verso di lui.
"Non avrò esagerato?"
"Ma che dici? Sono quei ragazzini idioti che esagerano a trattarti così! E te lo ripeto: puoi dire quello che ti pare, ma io ti difenderò lo stesso, perché ti voglio bene!"
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