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Perderti <115>

GIULIA
Ho passato la giornata insieme a Matteo, ma la sera ho deciso di tornare in ospedale e ho incontrato Michele. L'imbarazzo tra noi è palpabile, ma so che Michele è più scosso di ieri.
"Novità?" chiedo sedendomi al suo fianco.
"Non so spiegartelo... lui mi sente, ma l'hanno tenuto in terapia intensiva e domani probabilmente dovranno operarlo, perché è successo qualcosa che non ho ben capito."
"Oh, santo cielo!" dico stringendomi le mani in grembo. Il mio Igino è in pericolo e la cosa peggiore è che io non posso fare niente per lui! Lui, invece, continua a fare tantissimo per me, anche se non so come faccia.
"Sai... stavo pensando a quando, a Natale, sono stata a casa vostra... è stato il Natale più bello della mia nuova vita" gli dico. "La vita che è iniziata quando ho avuto l'incidente, e..."
"Capisco. Non c'è bisogno che entri nel dettaglio, davvero. Io..."
"Sai, credo che io e te abbiamo parecchie cose in comune. Voglio dire: so che sei arrabbiatissimo con mio fratello e hai tutte le ragioni di questo mondo, ma io oggi ho avuto il terrore di perderlo per sempre... ma probabilmente non dovrei dirti questo. Io..."
"Perché no? Io ti voglio bene, sai che mi preoccupo per te, Giulia!" mi dice lui.
"Matteo è andato sulla spiaggia dove andavamo sempre io ed Igino..."
A quel ricordo mi si stringe il cuore. La prima volta che Igino mi ha portata lì, ero la ragazza più felice al mondo.
Lui non ci aveva portato una ragazza qualsiasi. Non ci aveva portato la ragazza che amava. Ci aveva portato me: ero io quella con cui voleva condividere il suo posto, il suo Paradiso. Insomma: il suo piccolo angolo.
"Sai... aveva scritto un bigliettino d'addio, per dirci di non cercarlo e che stava andando ad abbracciare il Mare. Io... io non so come sia stato possibile capire dov'era, ne come sapesse della spiaggia, però... ci sono andata... e lui era salito su una scogliera e voleva saltare."
"Capisco... non preoccuparti... tuo fratello non mi sta molto simpatico, è vero, ma non potrei mai augurargli il suicidio. È un essere umano anche lui... e poi, particolare non da poco, è tuo fratello, e io so da sempre che tu tieni a lui, nonostante tutto quello che ha fatto... e visto quanto tieni ad Igino, questo è bastato per tenermi buono... te l'assicuro!"
"Non sai quanta paura ho che possa accadergli qualcosa!" dico stringendo la mano a Michele.
Nessuno dei due parla del bacio di ieri, ma in compenso i nostri cuori, all'unisono, iniziano ad accelerare i battiti, come se fossero loro a parlare per noi.
Sento qualcosa di diverso quando sono con lui... qualcosa che non saprei nemmeno definire a dire il vero.
"Giulia... prima che mio fratello venga operato..." dice dolcemente Michele, "ti va di andare a parlargli? Sono più che sicuro che ascoltare la tua voce lo renderà felice e gli darà la forza necessaria per continuare a combattere..."
"Michele... ma cosa potrei fare io per Igino?"
"Molto più di tutti i tuoi compagni messi insieme, posso assicurartelo!"
"Non essere troppo duro con loro, Michele."
"Così sono gentile, tesoro. Per essere duro con loro, dovrei dire che non hanno mai mosso un dito per aiutare mio fratello, ma non sono stato così severo... comunque, ti prego, parlagli! Sono certo che gli sarà utile! Lui ti ammira e ti vuole molto bene! Ho paura di perderlo, fallo per me..."
Rimango più che sorpresa quando Michele pronuncia quelle parole. Non so bene perché, ma mi lascio convincere. Michele mi accompagna fino all'entrata della camera d'ospedale in cui è ricoverato il mio Igino. Quando entro là dentro, il primo pensiero che mi colpisce, come un getto d'acqua fredda, è la forza di questo ragazzo. Molto spesso chi subisce continue vessazioni non riesce a reggerne il peso e si rifugia in qualunque cosa lo aiuti a dimenticare: dall'alcool ai tagli sulle braccia, perché le urla di dolore che dovrà tirar fuori di nascosto possano soffocare l'assordante rumore di un doloroso silenzio oltre il quale nessuno va... perché se non riesci a parlare, se ti strappano la voce e la forza, quasi nessuno si preoccupa di andare oltre il muro di silenzio e capire quello che ti succede.
Io ho avuto Matias ed Igino ha avuto la sua famiglia.
Ma comunque non è facile... non lo è affatto... e sfiorandogli un braccio, le sole ferite che sento, e neanche tanto marcate, sono quelle delle flebo che ha sulle braccia. Michele ci ha messo un bel po' a convincere la guardia a farmi entrare, ma alla fine ce l'ha fatta e io gli sono infinitamente grata di questo.
La verità è che anch'io avevo un disperato bisogno di rivedere il mio koala: di sentire il calore del suo corpo, ora non troppo mingherlino e più bello che mai. Il personale ospedaliero è più che premuroso con lui. A turno lo rinfrescano, gli danno da mangiare tramite le flebo, gli cambiano gli abiti. Michele mi dice tutto, e medici e infermieri dicono che stanno facendo di tutto per lui perché lui trasmette tanta forza e dolcezza solo a guardarlo.
"Ciao, mio piccolo koala coraggioso! Dimmi: ti sei perso?" gli dico dolcemente. "Ascolta: segui questa vocetta da ranocchietta! Sono qui, eh?"
Se lui fosse stato sveglio, a quest'ora avrebbe ribattuto: "Ma se hai una voce angelica? Dov'è la ranocchietta di cui parli?" Ma purtroppo lui è addormentato, e forse neanche per sua volontà.
"Lo sai che hai conquistato tutti, qui dentro? Gli infermieri fanno a gara per assisterti e sperano tutti che tu ti svegli al più presto!"
Mi sforzo di essere forte, per lui, perché è il minimo che io possa fare, e su questo non ci piove.
"Te lo ricordi il nostro Natale insieme? È stato un Natale stupendo e mi sono sentita davvero felice dopo tantissimo tempo! Tu non sei un... va beh, quelle cose là, e anche mio fratello l'ha capito... pensa, ti ha detto che ti vuole bene!"
Questa volta lui non si agita quando gli parlo di Matteo e non so se questo sia un segno positivo o meno.
"Ecco... ultimamente mi è capitato di ascoltare una canzone, e come sempre alcune parole ho dovuto cambiarle... perché tu non sei solo importante: tu sei speciale..."
La intono, sempre piano, sottovoce, per non infastidire nessuno, ma per fare in modo che lui possa sentirmi.
"Da sola, come una farfalla in troppo Cielo... soffiata via da un vento che non si calmerà. Confusa nell'attesa che qualche cosa accada, e invece il tempo passa, ma non arriva mai... da sola a ripensare ai giorni dei sorrisi... all'unico Natale passato insieme a te. Rinchiusa nel silenzio, che forse tu da solo puoi davvero sentire il rumore che fa... da soli si muore, non so chi pregare, mi sento indifesa e non so in che sperare e giorno per giorno un pezzo di cuore si spegne sconfitto, tra lacrime amare... da soli si muore e provo a gridare che voglio sparire... che voglio cambiare, però poi mi arrendo e provo a guardarti, perché non son sola, se tu resti accanto a me..."
In realtà l'originale direbbe: "Resto a guardare la vita che scorre, e soli si muore!", ma proprio perché io una piccola speranza ce l'ho.
"Dicevi che ogni giorno nasce un nuovo Cielo, e se non è sereno, si rassenerà. Ma quando tu hai portato con te nuovi colori, ecco quel temporale che il nero porterà... da soli si muore, non so a chi affidare i mille segreti che porto nel cuore, invento sorrisi e torno a sognarti, per non star da sola, perché soli si muore."
Lo sento stringermi la mano e, come se si fosse ripresentato dopo aver salvato Matteo, il mio amico, con una voce esterna al suo corpo, mi dice: "Io ti prometto che non ti lascerò sola..."

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