Ora è lui ad essere al limite <121>
MATTEO
Sono alla scuola di calcio. La mattinata scolastica è stata infernale, ma non per i miei compagni di classe: per gli altri, che me ne hanno combinate di tutti i colori... e, onestamente, non credo neanche che avessero tutti i torti. Ora, però, è anche peggio. Non riesco ad essere attento: il Mister mi ha già riscosso dai miei tormenti per tre volte, tra le risate di Claudio e dei suoi compari.
"Oh Matteo, per favore, fermati! Che cos'hai, oggi?" chiede il Mister con un sospiro... poi mi guarda negli occhi e mi posa una mano sulla spalla. "Dimmi: c'è qualcosa che ti turba? Vuoi parlarne?"
"Sì... ha messo KO un suo compagno di classe e ora sta facendo l'agnellino pentito!" dice Claudio, e in quel momento si scopre le carte.
"Tu stanne fuori e tieni la lingua a posto, Claudio!" dice il Mister, notando che ho fatto la stessa faccia di Harry Potter dopo che Piton aveva scavato nella sua mente fino a farlo cadere in ginocchio per tre o quattro volte di fila. Da piccolo l'ho letto e in questo periodo ho ricominciato.
Mia sorella praticamente conosce tutti e sette i libri ed è anche grazie a quelli che ha imparato a lanciare delle frecciatine che mi hanno messo diverse volte con le spalle al muro.
"MISTER!" Una voce femminile chiama da lontano. Mi volto e vedo il viso angelico della madre di Igino che, nonostante tutto quello che sta passando il figlio, per sbarcare il lunario, con il cuore compresso da un masso enorme, è venuta qui a lavorare.
"Dica pure, Maria." dice il Mister, ma lei scuote la testa e dice: "Vorrei parlarle di una cosa... ma non qui, davanti ai ragazzi..."
"No! No, per favore!" sussurro, preso da un senso di panico.
"Tesoro, tranquillo. Non hai nulla di cui vergognarti" dice dolcemente la donna, stringendomi in un abbraccio per poi voltarsi in direzione del mio allenatore. I due si allontanano ed è in quel momento che Claudio mi si avvicina e, con un'espressione minacciosa, dice: "Vedi di andare a fermare quella povera donna... tu devi pagare per tutto quello che mi hai fatto passare, piccolo Matt... per tutto quello che hai fatto a suo figlio.." Mi spinge a terra e naturalmente mi ricopro di terriccio ed erba. Uno dei suoi compagni mi ferma per un braccio, un altro per quello opposto, il terzo mi blocca le gambe e sento delle corde scivolare lungo il mio corpo, mentre Claudio mi alza la testa con violenza e stringe il mio viso tra le mani come fosse una pallina antistress, come quelle che si usano anche per tenere in esercizio le mani.
"FERMI!" grida una voce. Vedo una rotellina muoversi a destra e a manca, ma visto che Claudio non si sposta, lei si avvicina e gli pesta intenzionalmente un piede. "Spostati, razza di sbruffone!" dice spingendolo indietro. "Vuoi darci un taglio o vuoi vedere il Sole a scacchi, eh?"
"E chi dovrebbe denunciarmi? Una come te?" chiede Claudio.
"Puoi dire "cieca", io non mi offendo" dice lei. "E comunque, non penso che queste corde e quei gemiti di dolore siano una mia allucinazione... diciamo così... uditiva, eh? Senza contare le vostre risate di scherno, tipiche di chi sta facendo uno scherzo idiota!"
Mi si avvicina, sfiorando le corde che deve aver urtato prima, e si accorge delle barriere umane. "Toglietevi di mezzo, voi tre!"
"E perché? Altrimenti cosa ci fai?" chiede un altro.
"Oh, poveri bambini! Ai vostri genitori potrebbe non piacere molto il comportamento sconclusionato dei loro pargoletti, non è vero?" dice mia sorella, imitando una vocina zuccherosa che mi fa immaginare la professoressa Umbridge, ma al contrario dato che lei è buona.
S'inginocchia a terra, estrae un paio di forbici dallo zainetto e taglia le corde.
"Coraggio, Matteo... appoggiati a me, ti aiuto ad alzarti" mi dice gentilmente. È così strano e bello averla qui ed essere io quello che viene difeso... ma al contempo è così triste pensare che il vero cieco tra i due sono sempre stato io, da molto prima di quell'incidente.
"Che scena commovente!" esclama Claudio.
"Cosa? Commovente? Tu e quegli altri tre bellimbusti dei tuoi guardaspalle siete capaci... di commuovervi?"
Stavolta lei ha usato le sue risposte ad effetto per difendermi, non per rallentare la mia corsa stile rullo compressore e questo, se da un lato mi porta a sentirmi ancora più debole, dall'altro mi fa sentire bene... ho ritrovato la mia sorellina: quella che, l'ho capito soltanto adesso, si sarebbe gettata nel fuoco o in un mare in tempesta per me.
I quattro bulli si allontanano, ma proprio quando loro sono fuori dalla mia portata, accade qualcosa... il volto pallido e stanco di Igino mi passa davanti. Quella figuretta pallida e tremante mi fissa. "Igino" provo a sussurrare, ma non ottengo alcuna risposta.
"Igino, ti prego!" continuo ad insistere, ma inutilmente.
"Matteo... che ti prende?" chiede mia sorella prendendo le mie mani tra le sue e tenendole strette.
"I-Igino... era qui... s-stava..." balbetto.
"Matteo, per l'amor del cielo!" salta su Giulia, costringendomi ad aggrapparmi a lei e tirandomi su come fossi un bambino. "Vieni... c'è un albero dietro di te. Appoggiati al tronco, così non rischierai di cadere..." Le do ascolto, poi lei blocca il mio corpo con il suo, per quanto possibile, e mi afferra le mani. "Ora seguimi, capito? Io conto fino a tre... tu, in quel mentre, inspira ed espira... lentamente..." Anche se lei non può vedermi, annuisco. "Ehi! Andrà tutto bene, Matteo... tranquillo, non è niente." dice piano. "Sei pronto?" Cerco di biascicare un sì, ma senza molto successo. "Bene... uno... tira dentro, coraggio! Due... ecco, lascia andare tutto... tre!" Mi fa fare quella specie di training per due o tre volte, poi mi chiede: "Come ti senti? Va un po' meglio, tesoro?"
"Sono un debole" dico sottovoce.
"Tesoro, non dire così. Si vede che soffrire di attacchi di panico è una caratteristica di famiglia..." mi dice Giulia.
"No... io... io non ce la faccio più, Giulia! Non ne posso più..." e detto questo mi lascio cadere con la testa sulla spalla di mia sorella. Infatti, prima di perdere conoscenza, l'ultima cosa che sento è la sua voce che mi chiama disperatamente: "Matteo! Matteo! MATTEO, NO!"
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