Non siamo dei Nerd: noi siamo fenici <96>
IGINO
Rientro in classe, cercando di mostrarmi triste e abbattuto, ma la verità è che faccio fatica a trattenermi dal ridere ripensando alla mossa falsa che Matteo ha imposto a Michele. Peccato che temo che Matteo se ne sia accorto, perché durante l'intervallo mi si avvicina e in tono perentorio mi dice: "Dammi la merenda! ADESSO!" Mi si gela il sangue al sentirlo parlare così, quindi scavo nello zaino, frettolosamente.
"Lascia! Neanche di guardare nel tuo zaino, sei in grado!" E detto questo rovescia tutto per terra. "Ops..."
Lo vedo scavare tra i libri e mettere tutto in disordine, poi trova l'involto di carta stagnola in cui ho messo il panino e, fissandomi, si dirige verso il cestino dei rifiuti. "Guardate un po' qua! Uno... due... tre... CANESTRO!", e lancia l'involto dritto dritto là dentro. Rimango in silenzio: ormai anche questo è ricominciato. Continuo a ripetermi che va bene così, che in fondo loro si divertono, che è inutile protestare, che così facendo non farei che farmi del male e far soffrire Giulia. Lei ci ha provato... e per cosa? Per giungere all'odio? No! Lei stessa mi ha detto di non arrivare mai a quel livello e non ci arriverò.
"Adesso raccogli quei libri, che già questo pavimento è un disastro!"
M'inginocchio a terra per cercare di raccogliere i libri, ma puntualmente Matteo mi spinge facendomi cadere tutto. Provo a metterli nello zaino uno alla volta, ma lui tira un calcio alla sedia e mi fa cadere di nuovo tutto. E intanto Michele mi riprende, poi Matteo gli fa un cenno. "Va bene, caro Igino! Sarà l'ultima volta che raccoglierai i libri, ma dovrai dire: "Sono un Nerd e farò sempre copiare i compiti al Boss della mia classe: Matteo"!"
"Il... cosa?" chiedo, sperando di non aver capito visto che so che essere un Boss è l'equivalente di tentare un indiretto suicidio.
"Il Boss della classe." risponde lui. Io raccolgo i libri e Michele mi punta una luce in faccia. "Avanti, dillo! Dillo, piccolo Nerd!" mi ripete Matteo, ma io rimango in silenzio. "Come? Quando dovresti stare zitto parli a tutto piano e quando dovresti parlare non dici nulla? Ripeti quello che ti ho detto o il tuo bel lavoro andrà in malora!" Io rimango in silenzio, sperando che volesse dire "a tutto spiano" e che gli si sia attorcigliata la lingua. Le ragazze cercano di non ridere, ma lui le nota. "Che avete da ridere, voi tre? L'italiano non è il mio forte, va bene?" grida contro di loro.
"Ma no, stavamo ridendo per altro!" gli dice Lara.
"Brava... specialmente tu, ricorda che non ti faccio fare la fine del secchione perché mi fai pena..."
Ecco, appunto! Dalle stelle alle stalle... e proprio per questo continuo a rifiutarmi di parlare, di dire quelle cose orribili, perché non è vero! So che il mio destino non è solo quello di far copiare compiti, suggerire alle interrogazioni e qualche volta anche fare i compiti non solo per me, ma anche per gli altri compagni! So che non è il mio destino e non devo subire.
"Che aspetti?" incalza Matteo.
Poiché non rispondo, lui fa un altro cenno a Michele che questa volta non capisco: mi attacca le mani al pavimento con lo scotch e vi fa cadere sopra tutti i libri in una sola volta.
"Ha sentito dolore! Bene... sposta quei libri... si deve vedere in che posizione è... deve servire da lezione a chiunque osi disobbedirmi..."
Michele sposta i libri e ricomincia a registrarmi. "Avanti, sbrigati, parla! Non vorrai passare tutta l'ora così?" Mi guardo intorno, cercando un po' di pietà in uno qualsiasi di loro, ma tutti rimangono fermi.
L'unica che non resta indifferente, almeno dall'espressione, è Marta, ma neanche lei dice o fa niente per difendermi. A quel punto aspetto che questo maledetto intervallo finisca. Matteo rimane in piedi accanto a me, e in pochi morsi finisce la sua merenda, che Michele ha provveduto a portargli. Non si sposterà da qui, lo so, infatti prende una sedia e si mette proprio accanto a me, che praticamente ho assunto la posa di una creatura strisciante, come voleva lui.
"Cosa vuoi che sia, Igino? Ti basta dire una semplice frase e smetterai di trascorrere il tuo tempo in una posizione tanto scomoda!" mi dice Matteo con tono più dolce.
Rimango ancora in silenzio, mentre sento le lacrime spingere per uscire e un nodo alla gola.
Alla fine mi arrendo e Michele mi punta di nuovo quella maledetta luce in faccia.
"Bravo il nostro quattr'occhi preferito... su, avanti!" dice Matteo.
"Sono un... un piccolo Nerd... e farò sempre copiare i compiti al Boss della mia classe: Matteo!"
"Così piano chi vuoi che ti senta, disastro ambulanza?"
"A-ambulante..." balbetto, tanto già so come andrà a finire.
"Michè, questa parte tagliala!"
Michele annuisce. "E tu ripeti! Più forte!" aggiunge fissandomi.
"Mono un piccolo Nerd... e farò s-sempre copiare... i... i compiti al Boss della... della mia classe: Matteo!"
"Più forte... non mi basta..."
"SONO UN PICCOLO NERD DEL CAVOLO E FARÒ SEMPRE COPIARE GLI STRAMALEDETTI COMPITI AL BOSS DELLA MIA STUPIDA CLASSE!" urlo.
"È inutile: sei un disastro" mi dice Matteo, ma so che lo sta facendo perché è appena suonata la campanella che mette fine all'intervallo. Se dipendesse da lui, temo che starei così fino a domani mattina.
Il nodo in gola si spezza e scoppio a piangere, definitivamente.
Mi vergogno di me stesso. Quella felicità è durata poco! Veramente poco.
Perché non sono capace di fare quello che fanno gli altri? Perché non riesco a difendermi? Perché mi sento come se mi venisse a mancare il respiro ogni volta che entro da quella porta?
Poi vedo che anche Marta è scoppiata in lacrime e, non so bene come, sento un grido lacerante: "NO, BASTA!"
Riconosco quella voce, che dopo aver lanciato quel grido, a voce più bassa, dice: "Mi dispiace, piccolo koala... mi dispiace..."
GIULIA
Sono felice! Ho finalmente trovato una classe tranquilla. Certo, non siamo tutti uguali, ma i più scapestrati non prendono in giro quelli come me che si fanno andare il cervello a fuoco per studiare e per giunta stranieri... per esempio Avril non è una studentessa brillante, ma è così gentile, così affettuosa, che passarle i compiti mi viene spontaneo... lo faccio perché mi va di farlo e non c'è nessun Matteo, né Tommaso, né Samuele né Riccardo ad obbligarmi. Il mio povero tesoro, invece, è rimasto nelle grinfie di quell'imbecille di mio fratello.
Avril ogni giorno è terrorizzata per le interrogazioni, perché ha dei problemi a casa e non riesce a tener molto dietro allo studio, e allora io le concedo il classico ripasso degli ultimi cinque minuti che le fanno prendere un 6 o un 7 per i quali lei, puntualmente, mi abbraccia così forte da stritolarmi. Sono qui da pochi giorni e sono diventata la cocca dei miei compagni. Avril, Juan, Miguel, Elena e tutti gli altri. Questa classe mi sembra un Paradiso terrestre... non ne ho mai vista una così, almeno tra quelle del liceo.
È l'ora dell'intervallo: siamo tutti al centro dell'aula a parlare del più e del meno e ascoltare musica. Sono tutti molto gentili con me e per la prima volta in vita mia sono una liceale che si sente tranquilla nel suo luogo quotidiano: la scuola. Non ho paura di un bullo che spunta da dietro una porta, mi spinge a terra e mi ordina di passargli qualche stupido esercizio di matematica perché il suo cervellino è troppo piccolo e debole per stare un paio d'ore a pensare.
"Puedes contarnos tu historia, niïa?"
Juan, il più grande ed espansivo del gruppo, mi posa una mano sulla spalla mentre mi fa quella domanda, e, come se mi avesse attraversata una scossa elettrica, ecco che le parole iniziano a venir fuori da sole, e la cosa suscita la commozione dei miei compagni temporanei... perché l'anno prossimo io non sarò qui. Non ho il cuore di lasciare solo il mio piccolo koala per un altro anno. All'improvviso mi arriva l'ennesima notifica di Facebook da mio fratello e credo di essere impallidita, perché Elena mi chiede il permesso di poter prendere il mio cellulare. Toglie la funzione VoiceOver e, come se riuscisse a capire istantaneamente quello che c'è scritto sullo schermo. Mi guarda preoccupata, so che l osta facendo. "Ehm... Giulia, hay una palabra que no he entendido..."
Le chiedo quale sia la parola che non le è chiara e poiché in Spagna la Ch si legge come una semplice C lei la legge come: "Seccione". Io all'inizio non capisco cosa voglia dire, poi mi blocco. "De verdad es: "Secchione", se lee como se escribe... es una palabra para tomar el pelo."
"Tomar el pelo" vuol dire "prendere in giro", ed è per questo che i miei amici mi guardano come se venissi da un altro pianeta.
"En qué sentido?" chiede Juan.
"Yo, por ejemplo, si estuviera en Italia seríasecchiona... es como decir: alguien que pasa su vida estudiando, pero es una palabra orrible, porque la usan los que cumplen actos de aposo... por ejemplo@si alguien dice: "Llevame tus tareas, tengo que copiarlas!", o: "Dame las respuestas a las preguntas orales!", y si amenazan para que alguien haga todo esto, lo llaman... lo llaman..."
"Este Matteo es tu hermano, Giulia?"
"Sì, Avril! Es mi hermano!"
"Hay... también un video en el post... quieres verlo?"
Annuisco debolmente e la mia compagna di classe lo fa partire. Quando sento la voce del mio migliore amico, mi si spezza il cuore.
"Lo han atacado en tierra!" esclama Juan. "Con el nastro! Pobrecito..."
Ma la cosa peggiore è la frase che dice: "Sono un piccolo Nerd e farò sempre copiare i compiti al Boss della mia classe: Matteo!" Glielo fa ripetere fino allo sfinimento!
"Es terrible!" esclama Elena. "En nuestra escuela también hay personas como tu hermano, pero yo nunca he visto una cosa como esta!"
Io, però, ormai la sento lontana... come se si stesse incamminando verso una porta.
"Igino! Igino, non anche questo... non di nuovo, no!" dico per poi iniziare a tremare, mentre quell'odiosa frase si ripete nella mia testa.
Sento anche la voce di mio fratello che continua ad imporre a Igino di ripetere più forte quell'odiosa frase. Come se mi avesse appena colpita un fulmine, scatto in piedi e grido: "NO, BASTA!"
"Giulia..." mi dicono i miei compagni, circondandomi.
"Mi dispiace, piccolo koala... mi dispiace..."
"Koala?" chiede Miguel, e so che mi sta guardando. Io cerco di spiegare quello che posso... poi recupero il mio telefono, attivo la voce e mi viene un'idea: mando il link sul gruppo ella mia attuale classe, a Matt, il mio coinquilino, e a tutti quelli di cui mi fido. Arriviamo a una trentina di persone, e tutti segnaliamo quel video... spero che Facebook ed Instagram diano a Matteo un mese di stop.
Quando ritorno a casa, infatti, mio fratello mi manda un messaggio: "Che hai fatto, stavolta? Mi sono arrivate un sacco di segnalazioni..."
"Puoi essere felice che da dove sono io non possa spaccarti la faccia, idiota... almeno per un mese la finirai di rendere ridicolo Igino sui social. Peccato che non mi sia stato possibile farla prima, questa cosa, perché avevo soltanto un amico... e tutto per colpa tua!"
"Chi ti ha dato l'idea? È stato quel ragazzino, vero? No... lui è fin troppo stupido per aver pensato una cosa così!"
"Sai che ti dico? Visto che la tua intenzione è questa, io ti giuro che la nostra conversazione non si prolungherà." E detto questo, senza attendere una risposta, lo blocco. Non ho nessuna voglia di parlargli, né di starlo a sentire dopo tutto quello che ha fatto passare a quel poveretto poiché lui era troppo buono per fargli del male... nonostante tutto lui ancora ci prova, ad aiutare quell'idiota.
MICHELE
Vado a prendere mio fratello a scuola, perché ho paura che lo aggrediscano all'esterno, in mancanza d'altro. Quando lo vedo, come immaginavo, lui non è più così allegro come lo era stamattina. È abbattuto, demotivato, e si vergogna di guardarmi in faccia... ma in fondo non è colpa sua se è successo quello che è successo. L'hanno praticamente obbligato a fare quella cosa. Io lo so perché Giulia mi ha avvertito, mandandomi il link e chiedendomi di segnalare suo fratello. Abbiamo raggiunto un buon numero di segnalazioni, quindi i profili di Matteo sono bloccati per un mese e spero che Igino non abbia problemi durante questo periodo. Quando lo vedo, gli corro incontro e prendo la sua mano: "Ehi, fratellino! Su, non fare quella faccia e guardami! Non preoccuparti, andiamo a casa."
"Ah! Ma guarda un po' chi c'è! Michele: il fratello del secchione! Dimmi: non ti vergogni di avere un fratello così... debole?"
Io mi trattengo dal ridergli in faccia e, cercando di mostrarmi calmo, dico: "Matteo, mi vergognerei se avessi un bullo come fratello minore, non un sottomesso. Non ricordi perché Giulia se n'è andata? Ah... a proposito: per un mese dovrai stare buono con i social."
"Cosa intendi?"
"Intendo che la tua cara sorellina, Dio o chiunque esista la benedica, ti ha smontato un'altra volta!"
Matteo apre Facebook ed Instagram e quando vede l'avviso delle segnalazioni, diventa bianco come una statua di cera. Io resto a guardarlo e Igino si gira verso di me e mi guarda.
"Matteo... se non lo sai, quel video l'avevamo visto solo noi, prima che il post fosse segnalato, quindi mi dispiace dirtelo, ma non hai fatto divertire nessuno con le tue cattiverie!"
Poi batto una mano sulla spalla di Igino e gli dico: "Su, andiamo, fratellino! Lasciamo che il cactus si punga con le sue stesse spine..."
Andiamo via prima che Matteo possa ribattere e raggiungiamo casa nostra in fretta e furia. Quando arriviamo, mio fratello non mi dà il tempo di dire nulla, perché si chiude nella sua stanza e lo sento buttarsi a capofitto sul letto per poi scoppiare in singhiozzi. Inizio a bussare alla porta, a dire: "Fratellino, ti prego, apri! Fammi entrare!"
"Michele! Michele, lascialo stare!"
Ginevra mi viene incontro e mi trattiene per le braccia.
"Ginevra, lasciami! Ho paura che commetta una sciocchezza!"
"Michele, credimi: quando succedono queste cose si preferisce stare da soli! Non entrare, lascialo tranquillo."
"Come lo sai, piccola? Anche tu..." le chiedo sentendo l'ansia salire alle stelle.
"Non proprio, Michele! Per me la cosa è un po' diversa. Io in classe sono tranquilla: i miei compagni mi vogliono bene e tutto... sono i professori che ci fanno stare male. Alcuni ci rivolgono insulti pesanti. Qualche giorno fa... un ragazzo si è quasi ammazzato, poverino! L'hanno trovato nei bagni, con una sciarpa stretta intorno al collo... io l'ho visto! Nella mia scuola, i bulli sono proprio gli insegnanti: di vedute ristrette e quel ragazzo era gay. Per questo lo insultavano..."
Divento di ghiaccio alle sue parole. Nessuno di noi tre ha potuto risparmiarsi un dolore a scuola.
"Pensa che oggi l'insegnante di inglese mi ha fatto vedere il video di mio fratello. Aveva visto una notifica sul mio cellulare e ha voluto che lo vedessero tutti! I miei compagni sono rimasti sconvolti... e appena lei è uscita mi hanno promesso che mi aiuteranno, perché la professoressa se l'è presa con lui e io sono scoppiata a piangere. Anche loro hanno segnalato quel maledetto post."
"E non avete detto nulla al preside?"
"Il preside non c'è quasi mai."
"Piccola mia... mi dispiace così tanto!" le dico piano per poi abbracciarla. Lei può chiedere aiuto ai suoi compagni, ma non può sfidare i suoi insegnanti.
La porta della camera di mio fratello si apre e lui, pallido come un cencio, ci raggiunge e ci abbraccia. I suoi occhi sono rossi e gonfi a causa delle lacrime e ci dice: "Mi dispiace, ragazzi... tu, Michele, non meritavi di soffrire per me. E tu, piccolina... ti sei beccata un sacco d'insulti per difendermi!"
Non gli permettiamo di dire altro. Né io né Ginevra vogliamo che lui si metta in testa di essere la causa dei nostri problemi.
I problemi scolastici, ma non nello studio, ci sono sempre stati, specie nella nostra famiglia.
Forse il destino gioca ad un videogioco con gli esseri umani, e dato che con la nostra famiglia si era stufato del bullismo da parte dei compagni, ha deciso che con Ginevra la cosa sarebbe stata diversa: avrebbe ricevuto insulti dai suoi insegnanti, non dai compagni... dai compagni, forse, ti puoi difendere parlando con i professori... dagli insegnanti puoi difenderti denunciando, ma è pur sempre un forse. Ci vogliono prove, e di quelle i ragazzi non ne hanno.
"Ginevra, aspetta... mi è venuta un'idea!"
Mio fratello sorprende tutti con quell'uscita inaspettata. Fino a un secondo fa era triste e sconfortato: ora propone una soluzione a Ginevra.
"Cioè?"
"È un po' rischioso, ma... provate a registrare le lezioni, di nascosto. Se mi dai il tuo telefono, io ho un modo per far sembrare che sia spento. Tu mettilo nel buco sotto il banco, dove vanno i libri, e registra tutto."
"Lo vedi che tu non sei un Nerd, fratellino?" gli dice Ginevra. "Tu sei un genio!"
Lui sorride e poco dopo lo vedo scrivere a Giulia. Riesco anche a leggere quello che si scrivono. Lui le racconta tutto, dicendole anche della storia di Ginevra. Lei gp risponde che un po' già lo sapeva, perché Ginevra parla molto con lei, e dice: "Tu non sei un Nerd che esiste solo per far copiare degli stupidi esercizi! Tu sei una Fenice, Igino! Le Fenici rinascono sempre dalle loro ceneri... e anch'io sono una fenice e risorgerò dalle ceneri del mio cuore!" Poi gli manda un brano che, per l'appunto, s'intitola: "Come una fenice", ed è di Giulia Pellegrini: una sua omonima. Ascolto quel brano e mi si scalda il cuore.
Lei ha saputo vedere oltre... oltre gli occhiali, le derisioni, lo studio... lei ha saputo essere altro. Non una semplice ragazza diligente, ma anche una che ti sa fare male con la sola forza delle parole... il suo cuore è stato distrutto, ma so che lei riuscirà a risorgere dalle sue ceneri... come una fenice.
So perché ha scelto quella... spera di dimenticare quel pachiderma dell'odio che è suo fratello, che l'ha schiacciata con il peso dei suoi insulti... perché se le ha alzato le mani, non mi sorprende che tempo addietro le abbia rivolto la parola che lei odia più di tutte: quella che lui utilizza tutte le dannate volte con mio fratello. Loro da piccoli erano il manifesto dell'amore... ora sono la più pura rappresentazione della rabbia, dell'odio e dell'indifferenza, e io spero che lei riesca a recuperare con la distanza che ha messo tra se stessa e lui, perché le voglio un bene immenso e non riesco a sopportare l'idea che si sia ridotta così per la persona che più di chiunque altro dovrebbe amarla.
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