Non posso <45>
GIULIA
Sono arrivata in cortile. Premo la fronte contro la gelida ringhiera e spero che quel freddo possa congelare le mie lacrime, specialmente per Igino, che dopo tutto quello che ha fatto per me e dopo tutto quello che mio fratello gli ha fatto passare, forse anche per colpa mia, non merita di vedermi piangere perché non sono riuscita a stare in piedi per più di qualche istante.
Vi prego, angeli custodi, portatemi via tutte le lacrime che potrei versare. Non voglio mai più piangere, mai più! Devo essere forte, VOGLIO essere forte per il mio migliore amico, che è il minico che merita da parte mia. Anche se gli portassi giù tutto il firmamento, probabilmente, non sarebbe abbastanza per ringraziarlo per tutto quello che ha fatto per me, forse andando anche contro Matteo. Quando sento che non potrebbero scendermi ulteriori lacrime, decido di girare la mia sedia a rotelle e di rientrare rapidamente in ospedale. Torno nella mia camera ospedaliera, dove i miei amici mi aspettano. Sento qualcuno di loro posare delicatamente le mani sulle mie spalle e sotto quel tocco delicato mi rilasso istantaneamente.
"Come ti senti, Giulia? Sei più tranquilla?"
"Sì... va molto meglio, Igino. Grazie." gli dico timidamente. Lui mi sposta una ciocca di capelli dal viso e sorride, e se da una parte il fatto che lui mi voglia bene mi rende felice ed orgogliosa, dall'altra mi chiedo come accidenti sia possibile anche solo pensare di far del male ad un koala così tenero e carino.
"Vi lasciamo da soli, eh?" dice Matias. "No te quedes tan triste, chica! Solo es la primera vez que intentas levantarte!"
"Non mi arrenderò, Matias, tranquillo... so che è solo la prima volta che mi alzo da qui."
I ragazzi escono dalla stanza ed io rimango sola con Igino. Lui si siede di fronte a me, su un'altra sedia, credo, e mi afferra le mani.
"Hai voglia di provarci di nuovo, Giulia?"
M'irrigidisco a quelle parole.
"Non posso, Igino. Non posso" rispondo.
Lui non risponde. Sento la tensione crescere nella stanza e quasi mi prende un colpo quando mi rendo conto del fatto che il mio amico sta respirando male.
IGINO
Quando ha detto: "Non posso!", è stato come ricevere un cubetto di ghiaccio lanciato a tutta velocità dritto in un occhio. Un ricordo prende forma davanti ai miei occhi: quello del giorno in cui Matteo e Michele mi chiusero nel bagno delle donne, mi tagliarono in due la maglietta e mi gettarono dell'acqua bollente addosso.
"Chissà cosa penserebbe la tua amichetta vedendoti conciato così, eh, secchione?"
"Matteo... Michele... vi prego, non fatelo! Io non ho fatto niente di male!"
"Se vuoi uscire da qui senza un graffio, dovrai dire alla tua amichetta che non vuoi più vederla, che la detesti, che è colpa sua se noi ti stiamo tenendo qui, e lasciarla sola."
"No... non posso... non posso, Matteo!"
"Allora vai, Michele! Facciamo vedere al piccolo secchione come ci si comporta!"
"No... no. per favore... no..."
"Igino! Che ti succede, Igino? Di' qualcosa, ti prego!" La voce della mia amica è lontana. Molto lontana. "Riesci ad arrivare sul mio letto?" chiede.
Non riesco a fare niente. Il sudore freddo m'imperla la fronte e non vedo bene quello che succede, ma so che lei ha avvicinato la sua carrozzina al letto per poi mettere i freni. Tende le braccia verso di me e cerca di sollevarmi, ma fa fatica. Io provo a gettarmi all'indietro, ma rischio di scivolare... poi sento che lei grida: "AIUTO! PER FAVORE, AIUTATEMI!" Il dottore entra nella stanza. "Tranquilla, ci penso io! Spostati un po' più indietro, tesoro!" le dice e lei gli dà retta. Il dottore mi si avvicina e mi fa distendere sul letto: "Calmati Igino, è tutto a posto! Sei in ospedale, qui ci sono io e di fronte a te c'è Giulia! Ora guardami negli occhi e respira! Respira lentamente. Bravo... così."
Respiro lentamente, fino a quando quella nebbia che avevo davanti agli occhi non si dissolve completamente. Mi tiro su a sedere e vedo il volto pallido e terrorizzato della mia amica.
"Come ti senti, Igino?" chiede agitata.
"Va meglio, tranquilla" rispondo.
"Ma che cosa ti è successo? Ho detto qualcosa che ti ha spaventato? Dimmi cos'è successo, Igino, per favore" mi dice.
"Non importa, davvero." le dico.
"A me importa!"
""Non importa... io me lo merito e questa è l'unica cosa che conta!"
"Sì che importa! A me importa, capito? A me importa!"
A lei importa!"
"Va bene, te lo dico, ma devi stare calma. Mi prometti che resterai calma?"
"Come faccio a promettertelo se non mi dici per quale motivo me lo stai dicendo?" chiede lei agitata.
"Vedi... quando tuo fratello mi ha rinchiuso in bagno mi ha detto che avrei dovuto dirti che tutto quello che mi accadeva era colpa tua e allontanarmi da te... ma io non volevo, perché non è vero! Non è colpa tua se lui me ne combina una al giorno! Sono io che non riesco a metterlo al suo posto, ecco qual è il punto, ma non avevo né ho la minima intenzione di rinunciare alla tua amicizia per lui... per fargli piacere!"
La guardo e lei è diventata di pietra... è come se il suo cuore si fosse appena fermato. Fisso il mio sguardo nei suoi profondi occhi color terra e vedo che a volte li stringe come se provasse dolore ed io mi maledico mille volte per averle detto tutto.
"Non dovevo dirtelo... non dovevo" le dico.
"Sì, invece! Credo di avere il diritto di sapere quanto il mio migliore amico mi voglia bene e quanto il mio fratello maggiore sia una carogna!" ribatte lei, con un tono di voce totalmente asciutto e privo di qualsiasi emozione... un tono che non può appartenere ad una persona come lei, che è mossa totalmente dalle emozioni.
"A chi hai dato della carogna?"
L'amico di Matteo, il nostro compagno di classe che si chiama come mio fratello ma non gli somiglia affatto, irrompe nella cameretta d'ospedale e la fissa con una specie di rabbia automatica, che non è veramente sua, ma che prova perché Matteo lo sta influenzando di brutto.
"Vattene, Michele!" gli dice Giulia con un tono così tranquillo e neutro da non sembrare nemmeno suo, perché non è un suo tipico, questo è poco ma sicuro.
"Senti, tu non hai il diritto di dire questa cosa di Matteo" dice Michele, macchinalmente.
"Mi sembra che tu faccia finta di non sentire!"
Giulia volta la testa verso di lui e, rimanendo tranquilla, gli dice: "Vattene via, Michele!"
Questa sua calma mi fa paura, perché può significare una sola cosa: lei non ce la fa più nemmeno ad esprimere rabbia, perché quella rabbia si è trasformata in qualcosa di peggio.
"Michele, fammi il piacere di andartene!" dice secca. "Cos'è che non capisci? Vattene di qui e dacci un taglio... ah, e di' al tuo amico che di qualunque cosa voglia parlarmi, l'affronteremo io e lui, faccia a faccia, senza intermediari, e fuori da questo posto, capito?"
Michele sembra spaventato, e non ha tutti i torti... eppure io credo che lei abbia ragione. Lui non m'insulta mai quando Matteo non c'è, non mi fa dispetti di nessun tipo e mi sembra persino gentile... Beh, quasi gentile.
"Se n'è andato" le dico. "Ora, se vuoi, puoi anche lasciarti andare. Siamo soli, Giulia."
"Il fatto è che mi sento... come se fossi bloccata." dice.
"Perché?" chiedo.
"Perché ho sempre provato a lottare per qualcosa che non esiste più, invece di cercare altrove" rispondo. "Mio fratello non mi vuole bene... altrimenti tutte queste cose non te le farebbe!"
"Ora sto meglio... lascia che ti dia un abbraccio, amica mia, e non dire così. Lui ti vuole bene, ma non se ne rende per niente conto, poverino. Io, invece, so quanto bene ti voglio, ed è per questo che non rinuncerò mai alla tua amicizia, né per lui né per nessun bullo" le dico, alzandomi dal suo letto per poi andare ad abbracciarla.
Lei non versa una lacrima. Si lascia soltanto andare sul mio petto, come se ormai fosse rassegnata. "Come si fa a farti star male, amico mio? Sei così dolce, altruista, affettuoso, timido, bello, intelligente..."
"Bello? Mi sa che ti tocca andare dall'ottico." le dico, perché so che non si offenderà.
"Hai deciso di farmi perdere un paio d'ore? Tanto l'ottico come minimo mi caccerà" ribatte lei, infatti, e questo mi fa ridere.
"Forse hai ragione. Non ti serve l'ottico, perché tu la luce migliore ce l'hai qui" dico facendole indicare il suo petto. "Il tuo cuore è talmente luminoso che ha dato un po' di luce anche a me. E per illuminare un Nerd ce ne vuole, di luce."
"Ma no! Stavi andando così bene, Igino" mi dice. "Perché hai concluso con quella parola?"
"Perché quando sono con te neanche i peggiori insulti mi danno fastidio, amica" rispondo tranquillamente, ed è la verità.
"Anch'io quando sono con te mi sento bene... Matteo potrebbe travolgermi con un camion con tanto di rimorchio e non mi farei niente" dice lei. "Sei un amico straordinario, Igino... perché solo un amico straordinario potrebbe farmi sentire tanto felice!"
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