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Messaggi <6>

GIULIA
Quando rientro a casa trovo mio fratello che mi aspetta sulla porta... ma è un po' strano. È come se avesse un peso sul petto. Lo dico perché se fosse stato tranquillo mi avrebbe lanciato una frecciatina per il fatto che sono andata, usando le sue parole, "a casa del..." No, non ce la faccio! Odio quella parola! Non riesco a ripeterla, non ci riesco!
"Ehi, fratellino! Il gatto ti ha mangiato la lingua?" chiedo.
"Che te ne importa? Lasciami stare!" dice lui, con un tono di voce che va tra la rabbia e la tentazione di piangere.
"Aspetta, aspetta!" gli dico prendendo il suo braccio con delicatezza.
Lui sussulta e si divincola. Come posso avergli fatto male sfiorandolo semplicemente? Lo trattengo e gli sfioro il polso con i polpastrelli.
"Cos'è questo?"
"Niente!"
"Ah! Quindi vuoi farmi credere che un livido non è niente!"
"Che te ne importa? Vai dal tuo nuovo amico e lasciami in pace!"
"Chissà? Forse m'importa di te perché sei mio fratello e mi dispiace che ti facciano del male... ma in effetti dovrei fregarmene di te visto che tu sei sempre riuscito a farlo con me e non credo ti sia fatto scrupoli!"
Lui si allontana di corsa ed io mi dirigo verso la mia stanza e mi ci chiudo dentro. Mi getto sul letto, ma lo faccio in modo avventato, perché avverto una fitta al polso e mi tocca coprirmi la bocca con l'altra mano per non cacciare un urlo di dolore.
M'importa di lui. M'importa da sempre. Da quando giocavamo insieme, da piccoli, fino a quando non ha iniziato a comportarsi con me come farebbe un qualsiasi, maledetto bullo.
Vorrei che lui mi dicesse cosa lo fa star male, ma non ho intenzione di gettarmi in ginocchio davanti a lui per sapere che cosa gli prende.
Mi arriva un messaggio. Prendo il cellulare e la macchinetta per leggere e scrivere. Leggo un contatto che non avevo salvato. Si chiama: "Il ragazzo del Banco accanto"!
"Ti fa ancora male il polso?"
Capisco subito che è il ragazzo seduto vicino a me in classe, quello di cui non conosco neanche il nome.
"Meglio... però ti prego: puoi dirmi il tuo nome? È brutto dire: "Il ragazzo del banco accanto"!"
"Preferirei di no. Potresti iniziare a prendermi in giro anche tu."
"Se lo facessi lo farei per scherzare, come faccio con i miei occhi, e capirei dove fermarmi. Io sono stata un'emarginata e so cosa significa... infatti credo tu abbia notato che in fondo lo sono anche qui."
Lui per un po' non mi risponde, ma poi scrive: "Questo l'avevo capito, perché solo un'emarginata, anche se non capisco il motivo per cui è emarginata, potrebbe essere amica di uno come me."
"Devo rispondere a questa cosa o te la risparmio?"
"Risparmiamela. L'ho già sentita molte volte la predica del non buttarmi giù e cose simili."
"Bene, allora mettiamola così. Immagina che il valore di una persona si calcoli in base al modo in cui si comporta. Ora ti dico che una ragazza ha un fratello maggiore buono e premuroso e un altro bullo, pluribocciato e vigliacco. Secondo te chi è più importante tra i fratelli, Ragazzo del Banco accanto?"
Forse non avrei dovuto dire "fratello", ma le mie dita sono partite e hanno scritto senza alcun controllo.
"Quello buono."
"Quindi, tra te e il ragazzo della nostra classe, chi è più importante?"
"Peccato che la ragazza che mi piace neanche mi noti e che il ragazzo della mia scuola un giorno o l'altro finirà per massacrarmi. Il tuo esempio nel mio caso non vale. Io sono l'eccezione che conferma la regola. Tu, piuttosto... come ti trovavi nella tua vecchia scuola?"
"Non mi trovavo per niente. Ero una cieca in mezzo ai sordi della peggior specie."
"Sordi della peggior specie?"
"Quelli che non vogliono ascoltare. Quando dovevano attaccarmi nel caso in cui avessi detto che qualcosa non mi stava bene, mi attaccavano in massa. Se invece bisognava pregare una professoressa di non interrogare o qualcuno doveva farsi interrogare, indovina da chi correvano come cani bastonati?"
"Lo so. È molto brutto. Ma per il resto?"
"Per il resto ero un fantasma. Nei progetti scolastici ripetevo cose a pappagallo o me ne stavo in piedi, immobile, a braccia conserte. Mentre gli altri dovevano gridare ogni tanto per farsi sentire, io dovevo farlo sempre. Una volta mia madre ha richiesto una riuniene extra con gli insegnanti e una mia insegnante l'ha detto davanti a tutti. Io la mia verità gliel'ho detta in faccia. Loro, invece, quando lei chiedeva di correggere i compiti e non li avevano svolti, facevano gli agnellini e abbassavano la testa, ma appena lei usciva le dicevano alle spalle peste e corna. Se questa non si chiama vigliaccheria, non so proprio come chiamarla."
"Credo che diventeremo amici, ammesso che tu lo voglia. Non vorrei crearti problemi anche qui."
"Ma figurati! Il mio problema più grande non è mica avere a che fare con un ragazzo gentile, diligente e timido. Il mio problema è dover avere costantemente a che fare con dei ragazzi vuoti."
"Grazie. Beh, adesso vado. Non vorrei rischiare di dimenticare la medicina per mia sorella."
Io gli mando uno smile. È incredibile: ero a terra e lui è riuscito a farmi sorridere.
Questo non lo fa una persona qualunque. Questo lo fanno solo i ragazzi speciali, e lui per me è molto speciale, anche se fa di tutto per nascondersi.
M'infilo a letto con quel pensiero e spero di cuore che domani sia un giorno migliore.
Purtroppo, però, mi sveglio di soprassalto, in preda al solito incubo. Mio fratello mi ripete continuamente insulti. I miei ex compagni di classe mi dicono che se mi sono ridotta in questo modo è solo colpa mia. Mi accerchiano, si stringono, e io li prendo tutti a gomitate, perché in questo modo una delle cose fondamentali per restare in vita: respirare!
Per fortuna "interviene" la sveglia del mio cellulare. Mi ritrovo a terra, mi tiro su a sedere e cambio posizione, mettendomi sulle ginocchia per arrivare alla scrivania su cui è il cellulare.
Prendo respiri profondi e mi pizzico più volte le braccia prima di capire che sono sveglia, che sono sola in camera mia, che è tutto a posto.
Stacco il cellulare dalla presa elettrica, disattivo la sveglia e prendo le mie cose per prepararmi grazie a un'applicazione che mi consente di riconoscere i colori. Non ci metto molto: mi piacciono i vestiti comodi e semplici. Vado a gettarmi sotto la doccia dato che ho messo la sveglia molto prima del previsto poiché dovrei avviarmi prima di mio fratello.
Una volta finito mi preparo un po' di latte caldo al volo con una brioche, li bevo e vado a lavarmi i denti.
Infine, visto che è ancora molto presto per andare a scuola, decido di andare a far visita al ragazzo senza nome. Non mi ci è voluto niente per imparare la strada dalla mia casa alla sua e questo mi rende orgogliosa, per una volta nella mia vita. Di certo, quando andavo nell'altra scuola e ogni giorno tornavo a casa a pezzi, mi dispiaceva che mia madre mi vedesse sofferente, ma lei è stata chiara: qualunque cosa succeda, tu vieni a dirmela.
Se mio fratello non mi avesse tormentata fino a farmi credere che non valesse la pena di dirle quello che mi faceva lui, credo proprio che a quest'ora lei lo saprebbe.
Arrivo sulla soglia e mi fermo sul posto.
Cosa devo fare?

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