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Le nostre vere Maledizioni Senza Perdono. <147>

GIULIA
Siamo a casa mia. Io stringo forte il braccio di Igino, con il cuore che va per conto suo, e spero che Mamma Giulia mi aiuti a dirgli quello che ho saputo stamattina.
"Igino..." dico, appena giungiamo nella mia stanza. "Devo mostrarti una cosa."
"Di che si tratta?" chiede.
Con le mani che tremano apro la vetrinetta che contiene l'urna di Mamma Giulia. M'inginocchio a terra, vicino a lei, stringendo gli occhi per non scoppiare a piangere un'altra volta. Sull'urna ci sono delle pagine strappate di un libro scritto in nero. Un libro di quando ancora vedevo e che ora leggo online. "Harry Potter e il Principe Mezzosangue." Ho odiato gli ultimi capitoli di tre libri su sette: l'omicidio di Cedric, quello di Sirius e... quello che mi ha fatto più rabbia, il tradimento fatto a Silente. Ho strappato con foga le pagine di quel libro, quel giorno. Quel maledetto giorno in cui ho cercato di calmare mia madre... ero furiosa, perché erano venute a trovarla anche le suore che avevano "cresciuto" mia madre, che mi dicevano sempre la stessa cosa. Le solite, stupide frasi del tipo: "Prega che ti passa." Sì, col cavolo: vedendo loro ci credevo meno che mai, quindi mi ero chiusa in camera mia, avevo recuperato quel libro dallo scaffale e avevo strappato con violenza quelle pagine che mi avevano spezzato il cuore.
Le avevo segnate per saltarle, prima di diventale cieca. Ci avevo attaccato un pezzetto di nastro adesivo all'angolo in alto a destra e strappandole con violenza sentivo che avrei potuto togliermi dal petto un po' di dolore. E in effetti aveva funzionato, per questo le tenevo lì... altrimenti le avrei distrutte.
Ero sola. Con Matteo non mi sarei mai confidata, neanche sotto la seconda Maledizione Senza Pardono, rimanendo in tema. A Matias avevo riempito la testa di tristazza, anche senza dire una parola. Stavo malissimo e lui lo sentiva anche solo toccandomi.
"Che cosa...? Perché?" chiede Igino.
"Quando ho letto quel libro e sono arrivata a leggere di... di Silente, provavo rabbia... una rabbia così forte da segnare le pagine in cui si leggeva quella parte. Non volevo più leggerle."
"Lo capisco, ma perché le hai infilate lì dentro?"
"Perché consideravo l'Ava... Ava..." balbetto. So che è ridicolo, ma da piccola, avendo il terrore che quella parola funzionasse per davvero, mi rifiutavo categoricamente di pronunciarla.
"Sì, ho capito" mi dice Igino.
"Insomma: la malattia di Mamma Giulia e quella stupida maledizione per me erano la stessa cosa... e quel miserabile che l'aveva sfruttata contro l'unica persona che gli aveva concesso fiducia... era il corpo traditore. Mamma Giulia aveva coraggio e credeva che sarebbe riuscita a farcela, o almeno a vivere a sufficienza per permetterci di accettare la realtà... ma non è mai successo. Razionalmente sapevo che sarebbe successo, che in fondo ci si ammala quando è il momento di attraversare il cancello magico, ma..."
"Ma non ti è mai andata giù."
"Sì... leggile, ti prego! Leggile!"
Avevo sostituito tutti i nomi ricordando bene dove si trovavano. Probabilmente sono distorti o le lettere sono sovrapposte, ma Igino riesce a leggere l'ultima frase senza problemi: "Il grido di orrore ì mai dalla bocca di Giulia..."
"Perché?" ripete lui.
"Ho paura per Suor Luisa." dico. "Anche lei è... è così fiduciosa. Anche lei crede di farcela. Ha.."
"Un tumore" conclude Igino. È stata quella la parola che ho usato al posto della maledizione ultima. Annuisco e lui capisce... come ha capito che non ho mai davvero acce ttato che Mamma Giulia andasse via così... perché impari a conviverci, ma non accetti mai.
Almeno per me è staso così. Ci convivo, non ho reazioni eccessive, ma non mi !assegnerò mai, e non perché non vorrei... perché è semplicemente impossibile.
IGINO
Mi si gela il sangue. Giulia non strapperebbe mai un libro. Sono sicuro che li rispetti molto. Le lacrime scendono lente sul suo viso bianco e io rimetto a posto i fogli strappati e sbiaditi. Afferro la mano della mia amica e la porto sul vaso che lei tiene come un tesoro. Credevo che un'urna mi avrebbe impressionato, ma sono più spaventato dallo stato di frustrazione della mia amica.
"Ehi!" dico, facendo scorrere la sua mano sul bordo del vaso. "Quelli che se ne vanno non ci lasciano mai veramente. Devi portarli qui dentro." E porto la sua mano sul mio cuore. Se per lei Harry Potter è una specie di evasione, allora mi muoverò così. Anch'io ho paura par Suor Luisa, una paura tremenda, ma so che ora chi ha bisogno d'aiuto, per quanto possibile, è la mia migliore amica e io spero di poterglielo dare.
"Igino, io... Io..." balbetta lei. "Non sapevo in che altro modo dirtelo."
"Mamma Giulia" dico, come se lei potesse in qualche modo rispondere. "Ti prego, aiutami! Aiutala! Lei ha tanto bisogno di te!"
Una figura bianca si avvicina a noi. Percepisco un tocco leggero sul viso e un calore piacevole che avvolge sia me che Giulia.
"Igino, calo... la mia bambina mi parla spesso di te" mi dice.
Per un momento mi assale un brivido, come se fossi in un sogno.
"Tu... tu sei..." balbetto. "Cioè..."
"Tranquillo. Sai, quelle pagine mi hanno tenuto compagnia." dice Mamma Giulia, sorridendo. "Ma ora è tempo di strapparle del tutto... non vorrai mica ricordarmi in mkdo così doloroso?"
"Mamma Giulia, io... non so se ce la faccio!" balbetta la mia migliore amica, incerta.
"Tesoro, tu ami quel libro, ma non quegli stralci... e il fatto che ti facciano pen/are a me con sofferenza non è quello che cesidero, te l'assicuro."
"Coraggio, amica mia... bisogna ricordare i momenti insieme, non il momento del distacco" le dico stringendo la sua mano. So che lei odia le frasi di circostanza, ma spero che questa non le dispiaccia troppo.
"Non ci riasco" dice sottovoce.
"Ricordi la leggenda delle Fenici?" la chiedeo.
"Le Fenici prendono fuoco e risorgono dalle loro ceneri." risponde lei.
"E te la ricordi la canzone che mi hai fatto ascoltare quando tuo fratello mi prendeva di mira?" chiedo ancora.
"Come una fenice risorgerò dalle ceneri del mio cuore." dice lei, a bassa voce.
"Il libro potrai leggerlo lo stesso..."
"Sì, lo so."
"E potrai saltare quello che non ti va di leggere. Certo, questo non si può fare con la vita, ma con i libri sì."
"Lo so, Igino."
"Visto? Non vale la pena di farsi prendere così... facciamolo insiame: che ne dici?"
Lei rimane immobile.
"Piccola... ora anche suor Luisa avrà bisogno di te, come ne avevo io all'epoca... ma in eri pressocché sola. Ora hai degli amici e quanto a Matteo lui ti vuole bene e si è fatto perdonare in tutti i modi..."
E detto questo, Mamma Giulia la bacia sulla guancia, poi si dissolve.
"Dammi la mano" dico stringendole forte la mano. "Facciamolo insieme. Okay?"
"Perché? Perché vuoi che lo faccia?" mi chiede... e, stringendo forte gli occhi, le rivelo un segreto che nessuno conosce.
"Ginevra non era nata da sola... aveva una gemella... però... vedi... la bimba è nata con una lesione cerebrale, e... e ci hanno detto che non sarebbe vissuta a lungo. Io e Michele ci davamo il cambio per... per occuparci di lei... se l'avessi vista! Lei... lei era un angelo. Non riusciva a camminare o a parlare, ma mi stringeva la mano in un modo speciale... riuscivamo a comunicare come se lei parlasse, te l'assicuro..."
Ora sono io che scoppio a piangere e, come la mia piccola Chiara, lei stringe la mia mano e sembra volermi dire tante cose.
"Non era facile, sai? Ti mentirei se ti dicessi che era tutto molto semplice. Ma noi le volevamo bene... eravamo una famiglia unita, anche quando eravamo... benestanti... e anche Ginevra si occupava di sua sorella con tutto l'affetto del mondo. La imboccava, le puliva il viso quando lei si sporcava... e... e spesso parlava con lei. Le diceva sempre tutto quello che accadeva. Poi, quando le capitava di passare un pomeriggio con i suoi amici, lei voleva che ci fosse anche Chiara, e se qualcuno la trattava male era meglio che non si avvicinasse a Ginavra... lei è tanto cara, di solito è timida,  ma quando si tratta della sua famiglia ha sempre avuto il suo bel caratterino. Però... quando Ginevra e Michele sono andati via... io sono rimasto da solo con lei, spesso. Capirai, la mamma lavorava quasi tutto il giorno e quando non lavorava doveva badare anche alla mia sorella più piccola... e diciamo che è a causa dei pregiudizi della gente che sono iniziati i miei guai. Chiara era nata con la necessità di camminare molto più lenta degli altri bambini, non l'aveva scelto lei. Non era mica colpa sua... ma i ragazzi del paese mi deridevano anche perché la ritenavano inferiore, e di riflesso ritenevano inferiore me che quando lei me lo facava capire la portavo in giro per il paese, e nel mentre studiavo. Ma una volta ho dovuto nascomdermi da mia sorella, perché mi avevano conciato male... non a suon di botte, ma con sgambetsi e lancio di oggetti... poi l'ho sentita gridare... e sono corso da lei... respirava male e mi guardava come per chiedere aiuto... l'ho scossa, le ho dato la sua medicina, ma non ho fatto in tempo."
Comincio ad agitarmi. Il mio cuore batte così forte che temo possa saltarmi via dal corpo. Giulia si avvicina e mi stringe al suo petto.
"Calmati, tesoro" mi cice.
"È colpa mia... è colpa mia..."
"No, non lo è!"
"Sì, invece! È colpa mia... io dovevo stare con lei... dovevk restarle vicino. E invece mi skno messo con quegli stupidi libri in mano!"
"Non potevi saperlo, Igino! Sapevi che sarebbe successo, ma non pensavi che accadesse così all'improvviso!"
Respiro lentamente, stringendomi alla mia migliore amica, e ci risiamo. Sono io che dovrei consolarla, ma alla fine è sempre e solo lei a farlo con me.
"Facciamolo e basta... tanto ormai quel libro è già segnato!"
Mi prende la mano. "Fallo... strappati dal petto un po' di dolore, Igino!"
Annuisco, anche se lei non può vedermi.
"Coraggio! Al mio tre tiriamo, capito?"
Annuisco ancora ma stavolta le porto la mano dietro il mio collo, perché non riesco nemmeno a parlare.
"Coraggio, tesoro! Andrà tutto bene... Uno... due... tre!"
Afferriamo i due lati di una delle pagine e ognuno lo tira dalla sua parte.
Giulia raccatta un cestino, strappa più volte il foglio e ve lo getta dentro. Il suo volto si rilassa, mentre compie quest'operazione e capisck che distruggere un oggetto non fa passare il dolore, ma può perlomeno lenirlo. Io faccio lo stesso e Giulia torna ad avvicinarsi.
"Lo so, Igino. So perché hai detto che avevi tre fratelli e non quattro. Non è per vergogna. È per un senso di colpa che ti tormenta e che provo anch'io verso Mamma Giulia, perché non ero in casa quando ha attraversato il cancello magico. Il dolore ti premeva così forte sul petto che non riuscivi nemmeno a nominare Chiara... e ora che l'hai fatto sei a pezzi..."
Annuisco contro il suo petto, mentre tutte le lacrime che ho represso per una vita si riversano interamente su di lei, che le prende in silenzio, senza alcuna protesta.

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