Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Le lacrime dell'angelo <28>

IGINO
La porta si spalanca di colpo e Matteo entra in classe, con quella faccia spavalda che vorrei tanto deformare con una pozione Polisucco con gli ingredienti sbagliati. (Anch'io ho letto Harry Potter, anche se ricordo cose frammentate in merito). Quando lo guardo meglio, però, vedo che è solo.
Cioè, non proprio solo, ma è con Michele.
Un moto di panico s'impossessa del mio corpo. Che cos'ha fatto a Giulia? Perché lei è rimasta in palestra? Cos'è successo?
"Matteo" dico, e per la prima volta nella mia vita richiamo la sua attenzione.
"Che cosa vuoi, piccolo Nerd?"
"Che è successo a Giulia?" chiedo senza fare tanti giri di parole.
"Chi lo sa? Forse se l'è squagliata" mi risponde lui, beffardo.
"Che diavolo le hai fatto? Guarda che se non me lo dici adesso, io... io ti do i suggerimenti sbagliati nelle interrogazioni da qui alla fine dell'anno!" gli dico. Ho sempre avuto problemi con le minacce, purtroppo. "Tanto comunque sei sordo, non capisci mai niente di quello che ti dico..."
"Piccoletto, vedi di non scherzare con il fuoco!" mi dice lui. Mi prende un impeto di rabbia fuori dal comune, almeno per me, e scatto in avanti, ma due mani fresche mi trattengono.
"NO!" grida una voce alle mie spalle. "Non farlo, Igino... non è da te, fermati!"
Mi volto e vedo che Marta mi sta tenendo le mani attorno alla vita, per tenermi fermo. Non ho mai avuto il desiderio di fare qualcosa di male a Matteo.
Mai, prima di conoscere lei e i suoi trascorsi con lui. La mia migliore amica, che da quando è qui non fa altro che prendere le mie difese. Prendo respiri profondi e finalmente mi tranquillizzo. I battiti precipitosi del mio cuore si calmano e con essi la mia rabbia. Mi rendo conto di quello che stavo per fare e ringrazio mentalmente la ragazza che mi sta ancora tenendo fermo. Vorrei che le sue mani non mi lasciassero mai, ma devo proprio andarmene. Devo vedere Giulia. Devo sapere cosa le è successo... cosa le hanno fatto quei due.
"Michè, prendi il telefono!" dice Matteo, ma l'altro rimane immobile.
"Mattè, non possiamo farlo!"
Prima che facciano qualche mossa, io corro verso la porta.
Mi dirigo in palestra. La porta è chiusa. Provo a spingerla, ma senza successo. Quegli idioti l'hanno chiusa dall'esterno. E adesso che faccio?
Vedo un gruppo di ragazze. Una di loro ha la testa puntellata di forcine. Non credo le costi darmene una in prestito.
"Ragazze... scusate, potreste prestarmi una molletta? Solo per un secondo."
"Tesoro, a cosa credi che possano servirti? A dominare quel cespuglio che hai in testa?" mi deride una biondina che mi sembra di aver visto con Matteo qualche settimana fa. A quel punto, lasciando perdere l'educazione, mi avvicino a lei, che è quella con il cranio ricoperto di mollette, e cercando di non farmi notare gliene sfilo una. Mi volto verso la porta quando sento la ragazza gridare.
"Come ti permetti di..." dice mentre la serratura della palestra scatta.
"Riprenditi la tua molletta. Non mi serve più" le dico tranquillamente, tendendo la mano per restituirgliela.
Lei non si muove, allora, come gliel'ho tolta, gliela rimetto sulla testa per poi voltarmi e correre verso la palestra. Entro e sento i miei passi produrre un'eco.
Lei non è per terra... alzo la testa e la vedo attaccata per le braccia alla bacchetta più alta della spalliera a cui, una volta, avevano attaccato me.
Sento che mi si gela il sangue.
"Oh mio Dio... che ci fai lì?"
"Niente, tranquillo. Vai in classe, Igino... io mi libero e ti raggiungo" dice.
"Giulia, non posso lasciarti qua! Io ci sono rimasto per ore appeso a quella stecca" le dico istintivamente.
Mi avvicino alla spalliera adiacente, ma poi mi viene in mente che lei, essendo stata attaccata lì da chissà quanto, appena sarà libera si lascerà cadere e se battesse la testa sul pavimento potrebbe essere pericoloso. Corro verso un armadietto, prendo tutti i materassini da ginnastica che trovo e inizio ad impilarli sotto la spalliera, in due file, per garantirle un appoggio il più morbido possibile. Fatto questo mi arrampico fino ad arrivare vicino a lei. Mi tengo alla stecca con una mano, mentre con l'altra, pur facendo fatica, cerco di sciogliere i nodi che Michele le ha fatto attorno ai polsi. In qualche modo riesco a liberarle la mano destra e lei, come previsto, scivola via e resta legata solo da un lato.
Apre e chiude più volte la mano, prima d'iniziare ad armeggiare con le altre corde, autonomamente. Io allungo il braccio, cercando di aiutarla con le corde. Quando le sciogliamo, lei comincia a tremare, ma, inaspettatamente, scende con grazia e lentezza dalla spalliera e atterra dolcemente sui materassi che ho disposto sotto di lei. Si sdraia su di essi, allunga le mani verso l'alto e si passa dolcemente le dita sui polsi arrossati.
"Giulia, ti prego, spiegami cos'è successo!"
"Non è nulla, Igino, davvero! Su, vieni! Torniamo dentro, altrimenti la prof si fa venire un attacco isterico perché non ci siamo!" mi dice.
"Non m'importa di quello che pensa la professoressa d'inglese, adesso. M'importa di te. Per favore, spiegami perché ti hanno legata là sopra e perché Matteo e Michele non mi hanno scattato foto strane dopo che sono quasi saltato addosso a Matteo per sapere dov'eri."
Comincio a tremare. Vedo i suoi occhi stringersi, come se lei per prima fosse arrabbiata, e non so se con me o con lui, ma respira profondamente, posa delicatamente le mani sulle mie spalle e mi lascia un bacio leggerissimo sulla guancia destra.
"Sto bene, Igino" mi dice.
Mi prende per mano e ci dirigiamo fuori.
Ho capito che è inutile chiederle di spiegarmi perché Matteo e Michele le hanno fatto questo, ma cercherò di scoprirlo, in qualche modo. Non voglio abbandonarla a se stessa, non dopo tutto quello che ha fatto per me.
Rientriamo in classe e ci scusiamo con l'insegnante, ma lei non ci crea problemi. Vede subito i polsi gonfi di Giulia e la manda in infermeria, dicendomi di accompagnarla. Da una parte mi fa piacere. Insomma, non che mi dispiaccia studiare, ma ho bisogno di capire.
GIULIA
Non credo di aver mai sentito la voce del mio migliore amico incrinarsi così.
Non pensavo che lui potesse tenere così tanto a me. Eppure è qui, sul lettino dell'infermeria, e mi stringe la mano destra, mentre l'infermiera si occupa di "sgonfiare" un po' la sinistra.
"Come ti sei fatta quei lividi?" domanda l'infermiera, e io m'irrigidisco. La presa del mio migliore amico sulla mia mano diventa più salda, ma non mi fa male. Mi trasmette piuttosto un senso di sicurezza.
"Se permette" dice gentilmente, "io credo che adesso Giulia non se la senta di parlarne."
Io annuisco debolmente e l'infermiera mi sorride, conciliante. "Non importa, allora... so comunque come aiutarti." Mi passa una crema fredda sui polsi e provo un po' di sollievo. Sento gli occhi di Igino scorrere sul mio viso. Non so come siano, ma me li figuro azzurri come il cielo quando è bel tempo. Occhi limpidi, cristallini, come è lui dentro. Quegli occhi che in genere mi rassicurano, ora mi trapassano da parte a parte, come per leggermi dentro.
Quando l'infermiera conclude, Igino mi prende per mano e ci allontaniamo. È delicato, più del solito, e io vorrei che lo fosse per altro, non solo perché siamo amici. Non mi vergognerei mai di lui, di dire quello che provo per lui, ma non posso farlo, perché facendolo lo perderei. Improvvisamente, però, alla radio che è presente nel bar della scuola parte la canzone: "Per sempre" di Nina Zilli. Quella canzone, quando ero più piccola, mi piaceva. Matteo me la suonava con la chitarra e io la cantavo.
Quanto è strano pensare che io, oggi, dovrei dedicargli proprio quella canzone per quanto male mi ha fatto. Ma so che lui non tornerà, come so che continuerà a farmi star male visto che mi ha giurato di non toccare più Igino. Le lacrime iniziano a scorrere lungo il mio viso. Cerco di reprimerle, ma è inutile. Lui se ne accorge e mi dice: "Dico alla prof che ti porto a casa." Non mi dà il tempo di replicare, va via e torna dopo cinque minuti. Quando mi prende il braccio noto che ha anche le mie cose oltre al suo zainetto. Usciamo insieme, con il permesso del bidello che dice a Igino: "Tienitela stretta 'sta signorina, che è una perla." Lui sorride, ma so che è un sorriso forzato.
Non perché non mi voglia bene. È preoccupato e a me dispiace. Dovrei essere io a preoccuparmi per lui... io conosco i punti deboli di quella bestia di mio fratello, non lui! Io dovrei proteggerlo, non piangere sulla sua spalla come una bambina! Io dovrei aiutarlo in tutti i modi possibili, io!
"Vuoi spiegarmi cos'è successo, ora?" mi chiede gentilmente. "Perché sei scoppiata a piangere quando è partita quella canzone?"
"Perché quando io e Matteo ci volevamo ancora bene lui suonava per me e voleva che la cantassi per accompagnarlo... ora dovrei farlo soltanto per fargli rimpiangere tutto quello che lui e quell'altra faccia di bronzo ci hanno fatto passare, tutto qui!" rispondo.
"E questo è il motivo per cui ti hanno legata come... come..."
Stringe così forte la presa sulla mia mano da portarmi a gemere di dolore dato che sono stata legata per molto tempo.
"Ahi!" sussurro agitata. Non l'ho mai visto così arrabbiato.
Lui mi lascia andare di colpo.
"Oddio, perdonami!" dice con un tono più dolce. "Non mi piace che qualcuno, chiunque sia, si arroghi il diritto di far male alla mia migliore amica!"
"Non preoccuparti di questo, Igino."
Mentre lo dico, però, la mia voce non è ferma e dopo qualche istante scoppio a piangere. Lui posa dolcemente le mani sul mio viso, mi lascia un bacio sulla fronte e mi fa appoggiare al suo petto. Non è come un qualsiasi "intellettuale": il suo petto è scolpito, forte.
"Lascia perdere, Giulia. Se non te la senti di parlarne non c'è problema" dice.
Lui mi porta via. Arriviamo fino ad un bosco e mi fa sdraiare sull'erba. Sento le sue mani calde asciugarmi le lacrime e, per la millesima volta da quando lo conosco, mi chiedo perché Matteo continua a ferirlo senza riserve. Spero solo che avendo di nuovo me come vittima, facendomela pagare per il ceffone che gli ho tirato davanti ai suoi tre leccapiedi, lo lascerà un po' in pace... perché so che non finirà qui, ma non voglio pensarci adesso.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro