La voce della coscienza <109>
MATTEO
Da quando ieri è successo quello che è successo, mi sono buttato a capofitto nello studio. Non mi pesa nemmeno, perché il senso di colpa è molto più opprimente.
Mia sorella non mi ha respinto.
Stavolta, nonostante fosse furiosa con me, mi ha tenuto al suo fianco. È stata molto dolce... e ora è in ospedale, vicino a lui, e se scoprisse cosa sto facendo probabilmente le tornerebbe la vista.
"Matteo! Caro, che cosa fai?" chiede la mamma.
"Sono un completo disastro! Mia sorella mi odia, il mio migliore amico mi teme e ho mandato in ospedale un ragazzo... ma tu quando sei arrivata?"
"Da poco, tesoro, e mi è sembrato strano non trovarti con lo stereo a tutto volume..."
"Che cosa posso fare, mamma?"
"Ascolta: Giulia non ti odia, perché stai cercando di cambiare rotta. Prova ne è il fatto che adesso sei tu quello che potrebbe essere definito un secchione..."
"Io... cercavo di dimenticare."
"Cosa volevi dimenticare, Matteo?"
"Quello che mi facevano i compagni di calcio... uno di quelli è proprio il ragazzo che ho quasi mandato in ospedale... ora è lui il lupo e io sono l'agnello!"
"Matteo, ascoltami: cerca di pensare positivo. Dovrà andare meglio."
"E come? Adesso anche nella mia classe inizieranno a prendermi in giro!" le dico.
"Perché dovrebbero prenderti in giro?" mi chiede
"Perché sono un agnello che si è travestito da lupo... anzi: sono come il corvo che si è messo addosso le piume del pavone per farsi accettare da un branco di pavoni!"
"Caro, io credo che se di tutte queste cose, tu ne parlassi con tua sorella, ti sarebbe utile."
"Ma lei dirà che me lo merito!"
"No... non lo dirà. Lei è buona e ti vuole bene... non ti ha mai odiato veramente, altrimenti non sarebbe tornata qui subito dopo che ti sei messo in contatto con lei. Aspettala e parlale: poi vedrai che è come dico io..."
"Non... non ho il coraggio di andare in ospedale, mamma" sussurro.
"Lo so... e, ti dico la verità: dubito che, ora come ora, ad Igino faccia bene sapere che sei lì... ma io sono sicura che quel ragazzo sia molto forte e coraggioso, anche se in modo inusuale... se la caverà, e quando starà bene, potrai parlare con lui e cercare di riparare quello che si è rotto."
"Lo sai, mamma? Quando sono arrivato è stato lui ad accogliermi... ma poi... poi... mi sono trovato davanti una banda... di cui, per inciso, sono anche diventato il capo! Lui è stato così gentile il primo giorno, e io... io..." E ripensandoci, scoppio a piangere e lascio cadere la penna. Lei mi stringe in un abbraccio e mi bacia sulla testa, come faceva quando ero piccolo.
Mia sorella torna verso le undici e mezza di sera. Io sono a letto e cerco di non far rumore. Lei sta per entrare in camera sua, ma poi la sento fermarsi fuori dalla mia porta.
Entra silenziosamente, si avvicina al mio letto e, cercando di non svegliarmi visto che forse mi crede addormentato, si avvicina e, a tentoni, mi bacia sulla fronte. Io dico sottovoce un: "Grazie", e lei si stacca subito.
"Oh, scusami... non volevo svegliarti!" mi dice dolcemente.
"Non dormivo... non riuscivo a dormire. Continuo a vedermi davanti l'incidente e... ho paura, sorellina. Come l'hai visto?"
"Non credo sia il caso che io te lo dica, Matteo: sei già molto provato."
"Giulia..."
"Cosa? Dimmi."
"Potresti... dormire con me?"
"Ma certo che posso! Come quando eravamo piccoli, ma stavolta sarò io a proteggerti!"
E anche con lei mi metto a piangere, mentre sento il suo corpo fresco e umido dell'acqua della doccia infilarsi sotto il lenzuolo accanto a me.
"Potremo mai tornare a volerci bene come quando eravamo piccoli, Giulia?" chiedo singhiozzando sul suo petto.
"Certo! Tu hai la scorza molto dura, ma sei un povero agnellino sperduto!" mi risponde lei. "Metti giù la testa e rilassati, tesoro. Ci sono io con te, stai tranquillo."
Io appoggio la testa sul cuscino e mentre piango lei posa dolcemente una mano sulla mia guancia e la fa scorrere, su e giù, fino a quando non sente che il mio viso è completamente rilassato. Nel frattempo, continua a ripetermi: "Non aver paura. Ci sono io con te, tesoro.", e mi rendo conto del fatto che la mamma aveva ragione: Giulia mi vuole ancora bene. Certo: è molto difficile che il nostro rapporto torni come prima, dopo tutto quello che le ho fatto, ma lei è disposta a fare un tentativo e questo rende le cose più facili.
"Perché mi hai fatto questo, Matteo?" La voce di Igino è lontana e non riesco a vederlo in faccia.
"Mi dispiace... la situazione mi è sfuggita di mano... io... io non volevo farti così male, davvero!"
"Sì, ma volevi farmi del male!"
"Igino, io..."
"Beh, ora sperimenterai cosa si prova!"
Ed ecco che appaiono i nostri compagni.
"Volevi fare Ironman? Invece..." Dicendo questo, Lara mi batte le dita su una guancia. "Sei solo un uomo di latta!"
"Volevi fare Maradona..." E Piera mi tira un pallone che mi colpisce su un piede. "E invece sei solo un Higuain!"
"Volevi fare il Pitbull!" dice Lara facendomi il verso. "E invece sei solo Scooby Doo!"
"Mi dispiace, Mattè" dice Michele, spingendomi indietro. "I bulli qui non sono ammessi..."
"Hai visto, piccolo Matt? Hai visto cosa si prova?" mi chiede Claudio, il capobranco dei miei compagni di calcio... e tutti cominciano a ridere... ma la risata più inquietante è quella di Igino, perché è delicata, ma al contempo sembra trapanare i timpani.
Mi sveglio di soprassalto, con mia sorella che mi abbraccia e dice: "Calmati, Matteo! Va tutto bene... respira, tranquillo, tranquillo..."
"Ho paura, sorellina! Non voglio tornare a scuola! Non ce la faccio..."
"Beh, lascia perdere la scuola, Matteo! Io vado a fare una cosa che sono certa che gioverà anche a te... fidati di me!"
E detto questo lei si alza, va velocemente a vestirsi e poco dopo la vedo afferrare il suo bastone e correre fuori di casa, sotto la pioggia.
GIULIA
Arrivo fuori dalla casa di Igino. Non so se i suoi dormono, perché immagino siano in pensiero per lui, ma inizio comunque a bussare, dapprima piano. Nessuna risposta, quindi insisto, mentre la pioggia mi bagna dalla testa ai piedi. "APRITE, VI PREGO!" grido.
Viene ad aprirmi il padre del mio migliore amico.
"Giulia! Santo cielo, bambina, che ci fai qui, sotto la pioggia?" chiede preoccupato.
"Ho bisogno di parlarvi! Fatemi entrare, vi prego!" dico tremando di freddo, mentre alcune lacrime mi bruciano le guance. Il dottore mi fa entrare e mi esorta a sedermi accanto al solito caminetto per asciugarmi.
"Piccola, di cosa vuoi parlarci?" mi domanda la madre del mio migliore amico.
"Volevo chiedervi perdono! Se non fossi andata via, a quest'ora Igino non sarebbe in ospedale e mio fratello non soffrirebbe così tanto... perché lui sta soffrendo tanto, ve lo giuro..."
"Povera piccola!" dice dolcemente la madre di Igino.
"Non è colpa tua!" aggiunge Ginevra. "E se mi dici che tuo fratello sta male, ti credo!"
"Anch'io!" dice Michele, che evidentemente si stava preparando per andare in ospedale. "È a Matteo che non credo, dopo tutto quello che è successo... quante volte ti ha detto di essere cambiato e quante ti ha deluso?"
"Stavolta è diverso, Michele! Non era mai arrivato al punto di far finire in ospedale qualcuno, tranne il ragazzo del corridoio, mai!"
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