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La prima volta <11>

GIULIA
"Va bene, ti prometto che non farò più niente che possa infastidire lui o chiunque altro se la cosa ti dà tanto fastidio, piccola Robin Hood."
Il tono di mio fratello cambia: è dolce... inaspettatamente dolce... ma cosa gli prende?
"Ti senti bene, fratellino?" chiedo. "È da un bel po' che non mi chiami in questo modo, con questo tono. Devo fidarmi?"
"Ma certo che devi fidarti, stai tranquilla. Non ti costringerò più a stare sempre sul chi va là, te lo prometto."
"Se lo dici tu" gli dico, sforzandomi di apparire convinta, anche se non so se ci sono riuscita appieno. Corro in camera mia, tiro fuori il telefono e leggo un messaggio dal contatto: "Ragazzo del Primo Banco."
"Sei l'unica a conoscere il mio segreto."
Oddio, di segreto lui non ha soltanto quello della sua spiccata dote di rapper, ma anche altri che io sono riuscita a scoprire grazie alle sue reazioni, ma naturalmente non glielo dirò. È molto timido e potrebbe limitare il suo essere se glielo facessi notare.
"Sono felice... e comunque credo di dover cambiare questo nome. Che ne diresti del tuo nome con l'Emoticon di un uomo e una donna che si tengono la mano? Tanto comunque io il cellulare non lo mostro a nessuno e ho lo schermo sempre coperto."
"Davvero mi consideri importante?"
"Altrimenti perché ti avrei difeso a spada tratta senza nemmeno conoscerti?"
"Allora ci vediamo domani a scuola."
"A domani! Stessa ora, stesso banco..."
Lui mi manda uno smile e la buonanotte ed io ricambio. Dio mio: perché non poteva indovinarne una, il mio Cupido?
Mi sveglio presto, dopo l'ennesima notte agitata, ma stavolta quell'agitazione mi fa meno male, perché so di non essere la sola a soffrirne. Forse anche lui a quest'ora è sveglio. Forse anche lui si sta asciugando gli occhi velati di lacrime, si sta portando le mani al cuore, che batte forte. Forse anche lui si sta chiedendo perché gli tocca stare tanto male. Apro e chiudo gli occhi, trovandomi come sempre immersa nel buio, ma stavolta non ne sento il peso, perché quel buio mi ha permesso di vedere l'anima candida di un ragazzo speciale, di scoprirlo grazie alle parole e ai silenzi.
Decido di uscire di casa e prendere un po' d'aria. Siamo in un paesino, non dovrei correre grossi rischi, o almeno spero. Vado a farmi una doccia rapida, mi vesto ed esco di casa. Questo piccolo paese è talmente silenzioso, adesso, e sembra talmente bello!
Mi siedo sotto uno degli alberi e lascio che il vento mi sfiori le guance con una delicatezza che è solo sua. Tiro fuori il cellulare e mi metto a leggere.
"Anche a te piace la notte?"
Sussulto quando sento quella voce, ma mi tranquillizzo non appena riconosco la persona che mi ha rivolto la parola.
"Ehi, buongiorno!" dico tranquilla.
"Buongiorno!" mi saluta di rimando. "È un controsenso dato che sono le quattro e mezza del mattino, ma fa lo stesso..."
"È vero. Comunque, più che la notte, mi piace questo paesino silenzioso. Non lo amo durante il giorno perché ci sono persone che mi sembrano talmente superficiali..."
"A volte capita anche a me, ma per il livello di autostima che ho, finisco per sentirmi in colpa solo per averci pensato."
Mi si stringe il cuore quando lui pronuncia quella parola... mi sento come se mi avessero piantato una spina nel petto.
"Tu che non hai colpe, ti senti in colpa. Chi ha colpe non si sente in colpa."
"Questa tesi reggerebbe, però forse io mi sono posto in un modo che ai ragazzi non piace... ma quando loro dicono qualcosa che non sta né in cielo né in terra, a me viene spontaneo ribattere."
"Sì, ma non mi sembra che tu lo faccia in modo altezzoso o in un modo che fa pensare che tu voglia prendere in giro, e anche se fosse questa non è una ragione che possa scusare il comportamento di... di quel ragazzo."
Lui si avvicina a me... siamo talmente vicini che mi ritrovo a sentire i nostri cuori che vanno esattamente allo stesso ritmo. Appoggio la testa sulla sua spalla, perché voglio ascoltarlo meglio... voglio godermelo.
"Posso fare una cosa?" mi chiede.
"Certo" rispondo, senza neanche chiedergli che cosa vuole fare.
Lui inizia a passarmi le dita tra i capelli e quel movimento mi fa rilassare.
"Restiamo così, ti prego." mi lascio sfuggire.
"Cosa? Perché?"
"Perché... perché ti voglio bene e mi piace stare con te." cerco di rimediare.
"Allora va bene. Anche a me piace starti accanto" mi dice in un sussurro.
"Ottimo, allora resteremo qui."
E infatti è quello che facciamo. Dopo un po', però, ci scambiamo di posto. Lui appoggia la testa sulla mia spalla e guida la mia mano verso la sua testa, facendomi sorridere. Ho la netta sensazione che sia una cosa che lui non farebbe per chiunque, anche perché non credo che mio fratello e il suo schiavetto gli abbiano toccato i capelli per fargli piacere. Credo piuttosto che si siano divertiti a tirarglieli, a fargli del male.
"Sei sicuro?" chiedo.
"Certo. Anche tu hai il diritto di vedermi, come io ho quello di vedere te."
E detto questo mi fa toccare la sua testa e scopro che ha i ricci, come i miei, ma molto meno stretti dei miei. Sorrido, ma continuo ad esitare, quindi lui mi prende la mano e, con un sorriso dolcissimo, la guida tra i suoi ricci.
"Un piccolo regalo del tuo amico sec..."
"Ehi! Guardami negli occhi! Mi hai detto tu che non ti chiami in quel modo. Al massimo, visto che siamo amici, mettici direttamente il tuo nome. Credimi: sono più contenta di sentirti dire il tuo nome che quella parola, tanto breve quanto antipatica."
Improvvisamente, però, sento la sveglia del mio cellulare suonare. Scatto in piedi, improvvisamente, e gli dico: "Oh mio Dio! Devo andare a casa a recuperare lo zaino! Ci rivediamo qui e andiamo a scuola insieme, se ti fa piacere, d'accordo?"
"D'accordo. A dopo."
Mi dirigo verso casa mia, ma lui mi ferma.
"Aspetta... perché stai andando verso quella casa?"
Mi blocco di colpo. Come posso dirglielo?

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