L'ultima goccia <79>
GIULIA
Oggi torno a scuola. È stata dura, ma alla fine mi sono ripresa. I miei amici mi sono rimasti vicino e mio fratello ha provato spesso ad avvicinarsi a me e a mandarli via, ma io con lui non riesco neanche più a parlarci. La sua ultima trovata, la storia di quella fotografia sfiorata, mi ha ferita molto. Ho ricordato tutto, come in un film drammatico di quelli che fanno vedere a scuola per spiegare come viene considerata la donna in certi ambienti o in certe culture, o anche in una determinata epoca. Magari, in qualche altro luogo del mondo, una ragazza vive ciò che vivo io con mio fratello, ma non ha nessuno che provi a difenderla. Io qualcuno ce l'ho. Insomma, per quanto timido, Igino è stato l'unico a provare a difendermi, in classe, e io non posso dimenticarlo. Forse è proprio per questo motivo che cerco di resistere... per non abbandonare lui.
"Beh? Come stai?" mi chiede mio padre. "Va meglio, cara?"
"Sì, papà, tranquillo. Non mi troveranno di certo distesa sulle scale..."
"Chi vuoi che ti prenda, se accadesse?" dice Matteo, senza curarsi minimamente del fatto che ci sia anche papà.
"Ne parliamo dopo." gli dico.
Beh, se dipendesse da me io con lui non ci parlerei più, ma non importa.
Dopo la colazione io vado a vestirmi, ma prima che io possa mettere piede fuori di casa, Matteo mi prende per un braccio.
"Che cosa vuoi? Lasciami, non ho intenzione di arrivare in ritardo per star dietro ai tuoi malumori!" dico.
"Eh no! Adesso mi ascolti! Se qualcuno osa aiutarti, finirà male, capito?"
"Davvero? Beh, ti do una notizia! A me non importa di essere tirata su da uno dei nostri compagni, specialmente se si tratta di un tuo leccapiedi, e ora lasciami! Ho bisogno di risanarmi lo spirito!"
"E chi dovrebbe risanarti lo spirito?"
"Il... il tuo sacco da boxe personale, ecco chi! E non far finta di non capire, intesi?"
"Senti, io non lo sopporto! Mi sta allontanando da te! Quando sei con lui diventi insopportabile!"
"Beh, anche tu lo sei diventato dopo aver frequentato quei tre bambocci di Thomas, Samuele e Riccardo, ma te ne sei fregato delle mie opinioni... e io farò lo stesso, Matteo! E ti dirò un'altra cosa: preferisco perdere la vista altre cento volte che passare un altro minuto a litigare con te, e ora toglimi le mani di dosso e vedi di sbrigarti!"
"Oggi faremo sciopero!"
"Ma va' al diavolo, tu e lo sciopero! Io a scuola ci entro lo stesso, che ti piaccia o no!"
"E io che faccio?"
"Sono fatti tuoi, non m'interessa! Mi sono stufata di salvarti la faccia!"
Mi dirigo verso la casa di Igino, che sembra sollevato nel vedermi. Forse Matteo ha scritto sul gruppo della classe. Io l'ho messo in modalità silenziosa, perché la sola lettura di quei messaggi mi dà il voltastomaco!
"Buongiorno!" dico, ritrovando la gioia che Matteo era riuscito a spazzare via. Per ogni colpo che Matteo m'infligge, Igino mi fa passare il dolore. Ad ogni cattiveria che Matteo mi dice, corrispondono parole o gesti teneri da parte del mio migliore amico, ed è per questo che sono ancora in piedi dopo tutto quello che è successo.
"Ciao... sai, pensavo che non venissi."
"Io lo sciopero lo faccio, ma non di un giorno e non contro la scuola, ma a tempo indeterminato e contro Matteo."
"Beh, allora andiamo!" mi dice lui. Ci dirigiamo velocemente verso la scuola e, come sempre, il custode ci fa entrare subito.
Ce ne stiamo tranquilli, almeno fino al suono della campanella... poi, sorprendentemente, un gruppo piuttosto esiguo che però ha la potenza di un tornano, si riversa in classe, sorprendendoci. A quanto pare i ragazzi alla fine hanno deciso di entrare, poiché io ed Igino non eravamo d'accordo con loro. Lui mi si stringe al braccio e la sua tensione mi spezza il cuore.
"Eccoci qui" dice Matteo, lasciandosi cadere su una sedia con un sospiro. Mi passano davanti tutte le carognate che mi ha fatto e avverto un forte dolore al petto, ma rimango in silenzio. Sono stanca di lui. Anzi: sono stanca di tutto.
"Che barba! Non ho proprio voglia di essere interrogato, oggi! Che cavolo, è iniziato da poco il secondo quadrimestre e questi già ci danno il tormento con tutte quelle Giuseppe Ricciardi e la Spartizione dei Mille!" continua Michele, più seccato che mai.
"Ma hai mai letto una riga o una parola in vita tua?" gli dico serrando la mascella. "Non si chiama così, Michelino!"
"Ma tu che cosa vuoi? Se io e Michele, soprattutto io, ti diciamo che quello si chiama Giuseppe Ricciardi, vuol dire che si chiama così!"
"Da te non voglio proprio niente, Matteo! E comunque... oh, giusto! Giuseppe Ricciardi era parente di Franco: cantante neomelodico accompagnato da un'orchestra di mille squattrinati che dopo un concertone hanno iniziato a dividersi il guadagno, non è vero?" gli dico.
"Ma quell'altro, poi? Camillo Penso il Conte di Beymour..."
"M-ma... ma veramente... lui era..." balbetta Igino.
"Io PENSO che tu e il tuo amichetto vi beccherete un altro due, oggi" rispondo. "Si chiama Camillo Benso Conte di Cavour, hai capito, fratellino?"
"Ora finisce lui e inizi tu?"
"A fare cosa? A correggerti quando dici, come direbbe l'insegnante di storia, "castronerie"?"
"Qual è il tuo problema? Io voglio dire le Massonerie!"
"Beh, a me urta i nervi, quindi ti starò addosso fino a quando non imparerai ad aprire la bocca senza dire cose assurde!"
"Beh, allora all'interrogazione ci vai tu!" esclama Matteo.
"Per coprire te? Scordatelo, Matteo!" dico.
"Ti consiglio di obbedirmi, se non vuoi finire su tutti..."
"I social, con la didascalia: "The New Nerd Woman!" Fallo! Tanto non ti manca altro, direi..."
"Ora ti faccio, piccola..."
"Matteo, non di nuovo, ti prego!" lo supplica Igino.
"Tu fatti gli affari tuoi, o ce ne sarà anche per te, Igino" lo minaccia mio fratello. "E tu... tu devi imparare a tenere la bocca chiusa! Devi imparare ad abbassare la testa, come facevano i servi! Vedi che qualcosa la so? I servi, se non obbedivano a chi dava loro da mangiare e da vivere, venivano puniti. Come i cani che mordono la mano di chi dà loro da mangiare... devi imparare a stare zitta, perché stai diventando molto irritante, e stai attenta che da qui a finire come il tuo amichetto è un attimo... portamela subito qua, Michele!"
"Io non sono un cane, e tu non mi hai dato un fico secco da mangiare, se non veleno, lacrime e vergogna! E tu toglimi le mani di dosso, e cerca di pensare con la tua testa invece di farti guidare da mio fratello, che quando non sei insieme a lui ti assicuro che sei quasi simpatico!" dico spingendolo, ma stavolta Matteo interviene e io faccio fatica a resistere contro due persone. Matteo mi butta a terra e inizia a lanciarmi addosso penne e pezzi di carta. Mi fa alzare la testa con uno scatto e mi dice: "Come te lo devo dire che devi stare zitta? Tu qui non sei nessuno, hai capito? Non sei nessuno!" E detto questo, come l'altra volta, mi lega le braccia. Igino cerca di pregarlo in ogni modo possibile, ma Matteo è irremovibile e minaccioso, tanto che io volto la testa verso di lui e gli dico: "Igino, lascia perdere! Lui gode quando può trattare chi gli vuole... chi gli voleva bene come un animale, perché lui stesso è un animale! E ora forza: massacrami di botte e scattami questa maledetta foto!"
Matteo solleva la mia maglietta ed inizia a scrivermi sulla schiena. Io rimango impassibile, mentre Michele scatta a più non posso, sotto la direzione di quel troglodita.
"Michele, ti prego, basta!" gli dice Igino.
"Ti ho detto di badare ai fatti tuoi!" salta su Matteo, facendolo cadere. Sono certa che lo stia tenendo per il mento perché lui fa fatica a parlare. "Devi ritornare al tuo posto, hai capito, secchione?"
"QUESTO NO!"
Tiro un calcio al suo portapenne, facendo cadere a terra l'intero contenuto. Tiro fortissimo le corde, fino a quando non riesco a sfilarle dai piedi della sedia, e mi butto su di lui.
"FAI QUELLO CHE DIAVOLO TI PARE A ME, MA LUI NON LO DEVI TOCCARE PER SFOGARE LE TUE FRUSTRAZIONI!"
"Ecco qua! Ora sei servita! Ho un bel montaggio di voi due, e ho scritto che i Nerd devono stare al loro posto... perché sono inferiori!"
"Vallo a fare ai tuoi compagni di calcio, questo scherzo!"
"Ti ho detto di chiudere la bocca!" dice lui saltandom È sopra di me e il suo respiro mi brucia sul viso.
"NON MI TOCCARE!" urlo cercando di rovesciarlo. Ci metto un bel po' di tempo, ma alla fine riesco a bloccarlo a terra. "Vediamo cosa ne pensano i tuoi compagni di calcio delle tue buffonate!"
"Giulia, ti prego, fermati!"
"Hai ragione, tesoro... perché dovrei dar peso a quello che dice... questa persona?"
"Cosa c'è? Fai la sostenuta, adesso? Vuoi farmi credere che mi odi, eh?"
"Odiarti? L'ho passata, quella fase! Tu per me non esisti da quando mi hai scritto sulla schiena che non sono neanche degna di pulirti le scarpe con la lingua!" dico secca. "E toglimi le mani di dosso, ti ho detto!"
Appena la prof di storia entra in classe, io le chiedo il permesso per parlarle dopo la lezione, poi mi siedo accanto a Igino, che mi guarda con apprensione.
"Me le ricordo ancora, le lettere in nero. Perché mi fa questo, perché?"
"Tesoro, io credo sia il caso che parliamo adesso. Matteo, Michele, fatemi il favore di attendere fuori. Non credo di poter uscire io, perché potreste scatenarvi con qualcun altro." dice la professoressa, ed è allora che il mondo mi crolla addosso. Lei ha capito che loro hanno fatto qualcosa.
I due escono e le ragazze, a quanto pare, li seguono a ruota.
Solo Igino rimane con me, e del resto sapevo già che sarebbe andata a finire così. So che Marta cercherà di restare fuori dalla porta, esattamente come so che Piera e Lara faranno tutto e il contrario di tutto per portarla via.
"Tira su la maglia, cara. Ti aiuto a pulirti, d'accordo?" dice l'insegnante.
"Professoressa, io..." balbetto chiudendomi il più possibile a riccio.
"Ti vergogni? E di cosa, tesoro? Non sei la prima e non sarai nemmeno l'ultima ragazza di questa scuola ad essere trattata così."
La prof mi tira su la maglietta, delicatamente, e mentre mi pulisce la scritta, che per fortuna non è indelebile, io tremo e piango..
"Tranquilla... stai tranquilla" mi dice dolcemente il mio povero Igino, che non fa che asciugarmi le lacrime da giorni. "So che cosa provi e ti assicuro che è normale. Sarebbe strano se non ci stessi male... sarebbe brutto, perché vorrebbe dire che lui ha cancellato anche i tuoi sentimenti e il tuo buon cuore."
"Dovevo essere io a difenderti, Igino! E invece... guarda come mi sono ridotta!" dico, e mentre la prof mi abbassa la maglia, io piango sulla sua spalla.
"Va tutto bene, davvero. Tu mi hai difeso così tante volte che non mi basterà una vita intera per ricambiare."
"Tesoro, credo che tu dovresti allontanarti per un po'. Non ti fa bene continuare a convivere con tuo fratello in queste condizioni." mi dice la prof, e la parola "fratello" mi fa più male dello schiaffo che lui mi ha tirato la settimana scorsa.
"Fratello! Lui non si considera mio fratello da molto tempo! Si vergogna di me, e io lo odio... lo odio con tutto il cuore!"
"Non dire così, Giulia! Fai solo del male a te stessa." mi dice Igino. "Tu non lo odi, perché ti è stato insegnato ad amare, non ad odiare. Lui ti ha fatto molto male, e so che tu non vorresti farne altrettanto a nessuno, perché sai cosa si prova a subirlo, come lo so io."
"Non sono buona come te, Igino... ma non sai, non immagini quanto vorrei esserlo!"
La prof mi passa del ghiaccio sui polsi gonfi e arrossati. Poiché la prof capisce che nel durante di tutto questo, l'unica cosa che ho avuto da dire alla professoressa è stata: "Si prenda cura dell'unica persona che tiene davvero a me qui dentro!", lei fa rientrare tutti.
Appena rientra, Matteo mi si rivolge con una strana gentilezza, come se nulla fosse, ma ora come ora solo la sua voce mi basta per avere l'orticaria! È una cosa orribile da dire, ma quando sono molto nervosa o ce l'ho con qualcuno, il corpo mi si copre di macchie e mi sale la febbre. Risultato? Il padre di Igino ha perso solo tempo a curarmi, perché ora sono tornata al punto di partenza. Serro gli occhi e rimango in silenzio, pregando con tutte le mie forze che venga interrogato lui.
Per una volta qualcuno è dalla mia parte, perché da un sorteggio viene estratto il suo nome. Lui, seppur riluttante, si alza e si dirige alla cattedra. Sento che mi fissa, ma rimango impassibile. Col cavolo che gli suggerisco dopo tutto quello che mi ha fatto passare!
"Igino, aiutami!" dice Matteo, e questo è un ulteriore colpo.
Odio che si rivolga a lui, pensando che l'aiuto gli verrà servito su un piatto d'argento. Odio che pensi di poter fare la carogna con lui.
"Se vuoi non lo faccio" mi dice sottovoce, "ma tu cosa ci guadagni?"
"Non ti chiederei mai di pensare con la mia testa, tesoro" gli dico sottovoce, stringendogli la mano. Lui è buono, infatti alla fine prova a dargli qualche suggerimento, ma come al solito quel pallone gonfiato bravo solo a comandare, picchiare e umiliare gli altri, non capisce niente e questo mi rende soddisfatta. L'ennesimo segno rosso è il minimo che si merita dopo tutto quello che ha fatto, e non voglio che mi rivolga la parola, ma sembra quasi che lui me lo stia facendo apposta!
All'intervallo, mentre io sono con Igino, Matteo mi viene incontro e mi chiede: "Posso parlare con te?"
"Perché dovrei stare a sentire un imbecille che mi ha detto che sono buona solo a leccargli le scarpe?" chiedo.
"Voglio parlare con te... e tu sparisci!" dice rivolgendosi ad Igino. "Va' via, secchione!"
"Stammi a sentire, bellimbusto da quattro soldi, se vuoi parlare con me parlerai in sua presenza, perché lui è stato l'unico a difendermi da una carogna come te, anche se non è riuscito a evitarmi le tue carognate. O parli davanti a lui o io me ne vado, perché se fosse per me non ti presterei nemmeno ascolto! E finiscila di chiamarlo "secchione", perché non ci metto niente a batterti al muro e mollarti un ceffone come hai fatto tu con me l'altra volta!"
"Senti, mi dispiace! Perché mi tratti così? Io sono tuo fratello!" dice.
"Io ho un fratello? Davvero? Peccato, speravo di essere nata sotto un cavolo piuttosto che avere per fratello una bestia come te!"
"Smettila!" mi dice lui.
"No che non la smetto! Meriteresti anche di peggio, tipo l'emarginazione! Dovresti sperimentarla anche qui, non solo dove sappiamo noi tre! Ah, a proposito: se mi vedessi in fin di vita ai bordi della strada e fossi l'unico a passare, non mi raccogliere! Preferisco lasciarci la pelle, piuttosto che dovere la mia vita ad uno come te!"
"Non ti rendi conto di quello che dici? Stai zitta... zitta!"
"NO!" gli urlo contro. "Io non abbasserò mai più la testa di fronte ad un re fallito come te! Non me ne starò zitta solo perché tu ti svegli con la voglia di fare la voce grossa!"
"Tu sei pazza!"
"Meglio essere pazza che essere costretta ad avere a che fare con una persona come te!"
"Sono tuo fratello!"
"No, caro. Tu non sei mio fratello, te l'ho detto! Hai smesso di esserlo quando mi hai alzato le mani e hai smesso di essere qualcuno per me quando mi hai detto che sono inferiore e che posso solo pulirti le scarpe con la lingua! E adesso levati di torno, altrimenti me ne vado io! Non voglikio più avere niente a che fare con te! Non voglio più ascoltarti, non voglio più vederti!"
A quel punto Matteo mi afferra per un braccio e mi spinge contro il muro. Mi tiene bloccata lì con le braccia e sento i suoi occhi fissi nei miei. "Se non la finisci, io quelcoso che hai al collo e che ti ha regalato quel ragazzino lo distruggo, e stavolta per sempre, capito?"
"Provaci e ti giuro che non la passerai liscia, stavolta!" gli dico iniziando a dibattermi. Lui mi stringe la faccia con una mano, facendomi male, e io mi do la spinta in avanti e gli tiro una ginocchiata. Non so dove ho colpito, ma lui si piega in due.
"Così impari ad alzarmi le mani, idiota!" dico, tirandolo su per un braccio, forse con più violenza di quanto avrei voluto...
Alla fine delle lezioni, dopo aver lasciato Igino a casa sua, decido di recarmi dall'unica persona che può fare qualcosa per me: Matias.
Mi dirigo verso la sala di registrazione e batto alla porta con disperazione, con le parole di mio fratello che mi si ripetono in testa come un disco rotto. Matias apre la porta e io gli crollo tra le braccia.
"Niña, qué pasa? Oh, madre de Dios!" dice abbracciandomi.
"Matias, ti prego, aiutami!"
"Sì, ma como... come... posso aiutarti, niïa?"
"Non ce la faccio più! Non resisto più, Matias! Voglio andarmene via!"
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