Io la amo <49>
IGINO
"Voglio che tu te ne vada!" mi dice Matteo, mentre il dottore lo trattiene per un braccio e cerca di trascinarlo.
"Che m'importa di quello che vuoi tu? Qui non siamo a scuola, e io lascerò sola tua sorella solo se sarà lei a respingermi! Tu qui non hai il potere che eserciti a scuola, quindi fa' come ti pare, ma... ma non mi sposterai da questa stanza. Solo lei può farlo!" dico, anche se mi trema la voce... anche se non è quello che desidero dirgli, perché io non sono così cattivo e so come ci si sente ad essere l'ultima ruota del carro.
"A scuola o no, tu devi portarmi lo stesso rispetto. Quindi, se io ti dico di andartene, tu te ne vai... e non voglio che mia sorella continui a frequentarti" mi dice Matteo cercando di allungarsi verso di me per trascinarmi via.
"Tu te ne devi andare, non lui" dice una donna.
Mi volto e vedo la madre di Giulia, rossa in volto e con le mani serrate a pugno sui fianchi. "Voglio che tu esca subito di qui e che la smetta di prendertela con Igino! Dopo tutto quello che tua sorella ha sofferto, è il minimo che tu possa fare per lei, Matteo! E non mi guardare con quella faccia, capito?"
"Mamma, io non voglio che Giulia abbia ancora a che fare con questo ragazzo! È stato suo padre ad investirla con l'auto! Ho sentito che glielo diceva, perché passavo da quelle parti! Lui non è affida..." inizia a sproloquiare Matteo, ma un colpo secco fa sussultare tutti e subito dopo vedo la sua guancia sinistra tinta di rosso.
Credo che sua madre l'abbia appena schiaffeggiato. La guardo e vedo che anche le sue dita sono rosse e il suo volto è pallido.
"Con Giulia non è stato necessario fare questo, ma con te avrei dovuto cominciare subito, Matteo! Da quando hai iniziato a frequentare quegli idioti della tua vecchia scuola!"
"Perché, mamma? Perché?"
"È la stessa, dannata domanda che questo poveretto si fa tutti i santi giorni quando entra in classe. Beh, come lui tu non otterrai risposte decenti. Anzi: non otterrai risposte punto e basta. Sta di fatto che adesso voglio che tu te ne torni subito a casa, e che ci dia un taglio con tutte queste sciocchezze, hai capito? Io non dirò niente a tuo padre perché lui crede in te... pensa che nella tua scuola siano troppo severi, pensa un po'!"
"Perché è vero, mamma!"
"Certo! Come è vero che il tuo compagno di classe è stato chiuso in un bagno, minacciato e umiliato. Gli è stata divisa in due la maglietta con un paio di forbici e gli è stata gettata dell'acqua bollente sul ventre e sul petto! Quel poveretto non voleva uscire di lì, Matteo, lo capisci? Non è questo che io e tuo padre ti abbiamo insegnato, eppure mi sembra che Giulia non se la sia presa con una persona solo perché non fa quello che fa lei!"
"Mia sorella non è una leader, mamma!"
"Nemmeno tu sei un leader! Sei solo un tiranno, e non è bello, né per te, né per chi ti sta intorno!"
"Beh, non m'importa! Mi rispettano, ed è solo di questo che m'importa!" dice lui per poi andarsene spontaneamente.
Io rimango immobile.
"Vieni via di lì, Igino. Non ti preoccupare. Dobbiamo dare al dottore il tempo di visitarla, e appena finito torneremo dentro e se vorrai ti farò parlare con lei. Su, vieni con me" mi dice la madre di Giulia.
"Non voglio lasciarla sola!"
"Facciamo così, allora: non uscite dalla stanza. Lì in fondo ci sono due poltrone. Accomodatevi lì e aspettatemi."
Annuisco debolmente. Non mi reggo in piedi, e quando guardo per l'ultima volta la faccia pallida della mia migliore amica, è un ulteriore colpo.
"Sei un bravo ragazzo, tesoro" mi dice la donna, e la sua forza mi sorprende. Lei mi porta verso la poltrona e mi fa sedere. "Ascolta: anche se tuo padre fosse coinvolto in quel maledetto incidente, non cambierà niente, né per noi, né per Giulia, perché lui non è un pirata della strada e non l'ha abbandonata al suo destino. È rimasto con lei per tutto il tempo, l'ha sostenuta e l'ha ascoltata, quindi non voglio che tu ti preoccupi di questo. La mia piccola è molto intelligente, lo sai, e saprà con chi relazionarsi e con chi troncare, anche se ne soffrirà."
Il mio corpo si scuote più forte e lei mi attira a sé e mi fa appoggiare la testa sul suo grembo. "Non fare così, caro, ti prego!" dice dolcemente.
"Mi dispiace... io... io non... non volevo che andasse a finire così, glielo giuro... e non volevo dire quelle cose orribili a Matteo... io... non ce l'ho con lui. Davvero!"
"Non ce l'hai con lui solo perché sei troppo buono, proprio come lei... ed è per questo che state male entrambi."
Non le rispondo perché proprio non ci riesco. Non ho la forza di parlare, specialmente con la mia amica in questo stato... lei stava meglio. Si stava riprendendo. Perché doveva succedere questo? Perché?
MATTEO
Perché lei dev'essere così?
Perché dev'essere tanto fragile? Prima mi grida contro e poi perde i sensi... e ci ho anche guadagnato il primo ceffone da mia madre! Col cavolo! Non è colpa mia! La colpa è di quel ragazzino che non sa difendersi e non sa apprezzare l'umorismo. Beh, lui merita tutto quello che sta vivendo!
Anzi: quando torneremo a scuola, che vada al diavolo quel patto: gli farò vedere i sorci verdi, perché se mia sorella non mi può soffrire la colpa è sua!
Le mie gambe si muovono da sole e mi ritrovo di fronte a casa sua. Suo fratello è sulla porta e vedo che sta mettendo delle cose in un borsone. È piuttosto agitato.
"Che ci fai qui?" chiede irritato.
Non rispondo.
"Che fai qui? Che vuoi? Cosa vuoi ancora?" dice alzando la voce. "Non ti è bastato coprire di ridicolo tua sorella e mio fratello? Cos'altro vuoi da loro?"
Continuo a non parlare.
"Beh, io vado."
"Dove vai?" chiedo.
"Ah, hai recuperato la lingua, Matteo? Beh, se lo vuoi sapere vado in ospedale, da tua sorella, perché ho saputo cos'è successo. Mi ha chiamato tua madre" dice secco Michele.
"No! Già c'è il tuo fratellino Nerd con lei!" dico.
"Stai attento a come parli, moccioso, perché io non sono buono come mio fratello! Una parola in più e ti farò vedere i sorci verdi!" mi grida contro.
MICHELE
Mi dirigo verso l'ospedale, con l'immagine di quella faccia da schiaffi impressa nella mente. Se dovesse accadere qualcosa a quella ragazza, io non so davvero come reagirei. E non oso immaginare in che stato mio fratello, poverino! Lo immagino seduto accanto al letto di Giulia, che le tiene stretta la mano, le parla e piange... perché lui è sempre stato un ragazzo sensibile come pochi, e solo ad immaginarlo mi si spezza il cuore. Comincio a piangere anch'io lungo la strada e arrivo in ospedale in pessimo stato. Raggiungo la stanza dell'amica di mio fratello, che è anche amica mia, e non appena vi entro la guardo ed è così pallida e immobile da mettermi paura. Vedo mio fratello lì vicino, come mi aspettavo, ma non proprio accanto al letto. È dal lato opposto, su una poltroncina di pelle, e una donna gli regge la testa e gli scompiglia i capelli come farebbe nostra madre. Mi avvicino e la riconosco: è la madre di Giulia e Matteo. Lei alza lo sguardo e mi vede: "Oh, ciao Michele! Tuo fratello è qui."
"Lo so, e vedo che non sta bene, poverino."
"Michele..." dice a mezza voce mio fratello. "Non sapevo che..."
"L'ho mandato a chiamare io, tesoro." dice la donna seduta al suo fianco. Lui alza la testa e vedo i suoi occhi, ormai praticamente rossi di pianto.
"È tutta colpa mia, Michele... è colpa mia..."
"Ma che dici, Igino? Non è così! Non è colpa tua se è andata a finire così! Non dire certe cose, ti prego" gli dico.
"Sì, è colpa mia! Lei... lei ha saputo delle cose, e... e suo fratello è stato così brutale con lei! Ma il peggio è che non sono nemmeno riuscito a difendermi o a difendere lei" dice, e altre lacrime scorrono sulle sue guance.
"E cosa c'entra questo? Tu hai il tuo modo di difenderti, e lo sai meglio di me... è stato lui a ridurla così, non tu! L'ho incontrato mentre uscivo e non sai che faccia da schiaffi aveva!"
Mio fratello mi guarda in maniera abbastanza eloquente da farmi capire che sono andato oltre. "Mi scusi" dico riuolto alla donna che continua a tenergli il braccio sulle spalle, come per proteggerlo.
"Gliel'ho tirato io, uno schiaffo, quindi credo che una faccia da schiaffi lui ce l'abbia davvero" dice lei, e dal suo tono capisco che è in difficoltà. Lo è, perché le fa male parlare in questo modo del figlio... lo stesso figlio che sta rovinando un po' alla volta sua figlia, che adesso è attaccata alle macchine. Quante ne ha passate, quella povera ragazza, e quante gliene toccherà subire!
Il problema è che lei è innamorata di mio fratello, e che lui è a sua volta innamorato di un'altra... e poi ci sono io che mi sono innamorato di lei fin dalla prima volta in cui l'ho vista camminare vicino a lui con quel sorriso luminoso dietro il quale lei cercava di celare il dolore immenso che le aveva provocato quell'imbecille.
Sì, esatto! Io sono innamorato di quella ragazzina che si sta battendo come una leonessa per mio fratello, e che quando si parla di lottare per se stessa fa fatica, perché è troppo buona, esattamente come mio fratello, e poi è un suo familiare ad averla stremata!
La amo, perché è così forte e al contempo così fragile da rendere impossibile pensare di farle del male. La amo, perché riesce ancora ad avere dei sogni. La amo, perché basta abbracciarla per qualche istante per provare un senso di tranquillità. La amo, perché si prodiga per gli altri lasciando indietro se stessa, anche se per certi altri non ne vale più di tanto la pena. La amo, perché quando ha capito che era inutile provare a dare affetto a Matteo e sperare che questo lo rabbonisse, l'ha affrontato nonostante fosse suo fratello. La amo, perché si è abituata in fretta alle conseguenze di un incidente e ci convive con il sorriso, come se fosse sempre stato così. La amo, perché lei merita di essere amata da chiunque, per quanto piccolo come me, e questo spero che suo fratello lo capisca, o uno di questi giorni perderà questo tesoro prezioso.
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