Il Natale a casa di un angelo <40>
GIULIA
È sera. Matteo naturalmente mi ha riferito che Michelino il Pappagallino verrà qui da noi per giocare con lui alla Play.
Mi fa anche un po' pena, Michele Junior, perché i suoi sono sempre al lavoro e lui è solo a Natale, quindi da una parte sono anche felice che venga... spero solo di non dovermene pentire, perché almeno il giorno della Vigilia vorrei che a distanza lasciassero tranquillo il mio migliore amico. Lui, poverino, un po' di pace se la merita.
Sento una scampanellata, vado ad aprire e mi trovo davanti Michele Junior e Virginia Quaquaraquà! Ho iniziato a dare dei nomignoli al gruppetto, (mentalmente, è ovvio), perché loro a me ne danno, molti dei quali simili o identici a quelli che rifilano al mio koala.
"Ma che sorpresa! Come mai da queste parti, Virginia? Non doveva essere una... serata tra uomini?" chiedo.
"E tu come mai sei qui?" chiede Virginia.
"Guardacaso questa è casa mia, quindi posso scegliere di starmene in disparte, in camera mia... ma non mi risulta che per te sia lo stesso. Comunque prego, accomodati." le dico tranquillamente.
Ogni volta che provo rabbia nei confronti di qualcuno, cerco d'immaginare i momenti che ho trascorso insieme a Igino: da quando l'ho incontrato in classe appena arrivata a quando ho scoperto com'era fatto toccandogli quel viso morbido che attira baci e carezze solo a sfiorarlo; da quando ci siamo tenuti per mano, nei corridoi scolastici, a quando lui mi ha stretto il braccio per dirmi di smetterla di provocare mio fratello. Pensare a lui mi aiuta a mantenere la calma, o almeno una sorta di compostezza.
"Ciao, amore!" dice Virginia a mio fratello, e so che gli è saltata al collo e si è attaccata al suo corpo come una sanguisuga. Non riesco a rimanere troppo vicina a loro... mi disgusta il pensiero che per loro la vita sia così poca roba. Mi rivolgo a Michele: "E tu che fai impalato vicino alla porta? Hai bisogno dell'ordine del tuo Matteo per entrare e non congelare sotto la neve, Michè?" Lui, dopo quello che gli ho detto, entra timidamente in casa e io mi trattengo dal ridere. I bulli sono così ridicoli, poveretti! Certo, so che anch'io sono ridicola molte volte, anzi, quasi sempre, ma loro mi battono che è uno spettacolo!
Durante la cena Virginia tira fuori una delle sue perle: "Tesoro mio" dice rivolta a Matteo, "ricordi lo scherzo dello sgabuzzino? Quello dell'anno scorso, dico. Te lo ricordi?"
"Che risate!" dice Michele. "Quella volta ha pianto di brutto, eh, Mattè?"
"Chi ha pianto? Quale scherzo? Cos'è questa storia?" domando agitata, portando una mano al cuore. La tachicardia si presenta ogni volta che ho la sensazione che si parli del mio amico, e anche stavolta il mio cuore non ha sbagliato di una virgola, purtroppo.
"Di chi vuoi che parliamo? Del tuo Igino, no?" dice Virginia. Mio fratello rimane in silenzio, ma non lo scuote minimamente il pensiero di tutto quello che soffre Igino tutti i santi giorni per colpa sua e di questi due idioti.
I miei rientrano e i ragazzi cambiano subito discorso.
"Scusate, mamma e papà, ma mi è passato l'appetito" dico a bassa voce. "Se non vi dispiace, ho bisogno di uscire."
"Piccola, che cos'hai?" mi chiede mio padre. Io vorrei dirgli che se sto così la colpa è del suo "ragazzo d'oro", del suo orgoglio, ma non ne ho il coraggio. Mi sentirei davvero troppo in colpa se lo deludessi rivelandogli chi è davvero mio fratello, quindi dico: "Nulla, papà... è che non sto molto bene. Ho bisogno di prendere un po' d'aria, davvero!"
Esco di corsa da casa mia, senza neanche uno straccio di cappotto, e senza rendermene quasi conto, corro verso l'unico posto in cui troverò di certo un po' di pace: la casa del mio koala! Mentre mi dirigo lì, sento una mano posarsi sulla mia spalla. È lui: carico di sacchetti d'ogni tipo, e dice: "Oddio, Giulia! Ma che fai in giro con questo gelo? Vieni, ti porto a casa mia, che se resti ancora un po' qua fuori diventerai un blocco di ghiaccio!" E si sfila la giacca per mettermela sulle spalle, da vero cavaliere.
"Aspetta, lascia che ti aiuti con i sacchetti, Igino" gli dico e lui, anche se so che non vuole, mi passa un paio di sacchetti. "Dai, tutto qui? Non sei un mulo!" insisto, ma lui non è disposto a darmi nient'altro. Ci dirigiamo verso casa sua e, poiché ormai è un posto che conosco bene, lo aiuto a sistemare i sacchetti sulla tavola. All'improvviso sento qualcuno venirmi incontro e saltarmi al collo. È la mia piccola Ginevra, seguita da Evelina. Mentre la bimba mi si attacca alla caviglia, la più grande mi abbraccia e dice: "Sono contenta di vederti!"
"Anch'io." dico sorridendo per poi prendere in braccio la più piccola. "Come stai, principessa, eh? Sei felice di vedermi o preferisci che me ne vada di corsa, eh?"
La bambina mi risponde con un semplice: "No", e io la stringo al petto.
"Ehi, che sorpresa!" dice Michele Senior, il fratello maggiore tra i quattro. "Come mai da queste parti, Giulia?"
"Casa mia era diventata un nido di serpenti e a me piace di più la gioia che regna nella vostra famiglia. La mia, se non fosse per i miei genitori, non sembrerebbe nemmeno più una famiglia, Michele!" rispondo senza scaldarmi. "Ma se disturbo me ne vado subito!"
"Ma no, per niente! A noi fa piacere che tu sia qui. Vieni, siediti" dice lui conducendomi verso una sedia.
Sono seduta accanto ad una stufa che mi fa sentire decisamente meglio. Sento che mi si stanno scaldando un po' le gambe ed anche le mani. Michele mi posa dolcemente un braccio sulle spalle. È così calmo e pacato mentre lo fa che capisco perfettamente il motivo per cui i bulli avevano paura di lui. A me trasmette tranquillità, ma per tipi come quelli è un pericolo avere a che fare con un tipo come lui. Mi rilasso sotto il tocco di Michele e le sue mani calde sono un sollievo per me, perché ovviamente tutto il mio corpo si è congelato alle intemperie.
"Ecco qua! Ora sei un po' meno rigida" mi dice con dolcezza. "Vado a prendere una sedia e mi metto accanto a te, ti va?" Io annuisco e sento che lui di sedie ne prende tre. "Ginevra! Igino! Venite qua, scaldatevi un po' anche voi!" li invita.
Igino si mette dall'altra parte e anche lui mi mette la mano sulla spalla. A quel contatto io tremo leggermente e il mio viso diventa un po' rosso. Michele sorride, ma non dice niente.
"Mi piacerebbe così tanto avere un fratello come uno qualunque di voi!" dico. "Siete così uniti, vi volete così bene... mi piacerebbe che anche mio fratello fosse così. Davvero!"
"Davvero ti senti così a disagio? Insomma, è tuo fratello, per quanto possa essere un bullo" dice Michele.
"È una lunga storia... fino a non molto tempo fa neanche Igino conosceva questa storia!"
Sento che il biondo alla mia destra mi sta guardando e istintivamente abbasso la testa, ma lui, sorprendendomi, mi mette due dita sotto il mento, chiaramente con delicatezza, e mi dice: "Non devi vergognarti di nulla, Giulia. Lo sai che qui nessuno ti giudicherà."
"Lo so, Igino, ma non riesco a fare in un modo diverso... ogni volta che ci penso, mi sento quasi come se avessi sbagliato io, e non lui!"
"Ragazzi, ora non pensate alla scuola... siamo pronti per iniziare!" esclama la madre di Igino ed io sto per alzarmi e andare via... in fondo io non c'entro nulla con loro, ma è proprio il mio migliore amico a fermarmi posando una mano sulla mia spalla. "Perché te ne vai? Hai detto tu stessa che con noi sei a tuo agio. Non ci disturbi affatto. Non è vero, mamma?" dice dolcemente.
"Assolutamente, cara! No, resta pure seduta lì." dice vedendo che sto facendo l'atto di alzarmi per aiutarla ad apparecchiare. "Qui ci penso io. Tu di' ai tuoi che i tranquilla, eh?"
Avverto mia madre, che capisce e mi permette di stare lì con loro, dicendomi che i tre stanno parlando di scherzi ridicoli che hanno fatto a qualcuno. Ad ognuno di questi scherzi hanno dato un nome caratteristico, ad esempio: "Il pendolo", perché hanno appeso un poveretto ad una spalliera della palestra, e fortuna che la parte superiore era attaccata alla parete, perché gli hanno staccato la stecca più bassa da sotto, rischiando di farlo cadere. Il poveretto oscillava qua e là, come un pendolo, per questo quel ridicolo scherzo è stato chiamato in quel modo. Credo di aver cambiato faccia, perché sento una mano conosciuta sulla spalla destra e una voce dolce, che è IMPOSSIBILE definire fastidiosa, (persino un idiota come mio fratello mente nel dirlo), mi chiede: "Che cos'hai, Giulia? A cosa stai pensando?"
"Niente d'importante, Igino, non preoccuparti. È meglio parlarne in un altro momento. Non voglio rovinarti la Vigilia con queste cose..."
"Non preoccuparti. Se vuoi ci allontaniamo un attimo e mi spieghi. Tu hai fatto tanto per me, questo sarebbe il minimo." mi dice lui, e senza aspettare una mia risposta, mi prende la mano.
"Vi dispiace se ve la porto via un attimo?" chiede.
"Va bene, tesoro, ma fate in fretta che è quasi tutto pronto" risponde la mamma. Lui si avvicina alla madre, le bacia la guancia e mi porta in camera sua. Mi piace la sua stanza: è semplice, calda ed accogliente.
"Ora vuoi dirmi che ti succede, Giulia?" chiede lui, posandomi un braccio sulle spalle come se fossimo in posa.
"Mio fratello è a casa mia, con la sua ragazza e il suo amichetto, e parlano di un sacco di scherzi ridicoli... è questo che mi fa innervosire..."
"Tipo quello dello sgabuzzino o del pendolo?"
"Come lo sai, Igino?" chiedo.
"Ero io il pendolo umano... ero io il prigioniero dello sgabuzzino scolastico... come ero io quello chiuso in bagno, con la maglietta tagliata in due" risponde lui tenendomi più vicina a sé, ma con un tono calmo e pacato che mi fa paura.
"Non ci posso credere... è orribile!" dico coprendomi la faccia con le mani. Se solo riuscissi almeno a piangere, ma ho finito le riserve per quante lacrime ho versato per colpa di quel Boss fallito da strapazzo!
"No, no, non fare così. Io ci sono abituato e so che prima o poi il dolore passa... e poi ho un'amica come te, che quando mi ferisco, sa sempre come curarmi."
"Non può esserti passata così, dal nulla, Igino! Altrimenti non te ne saresti ricordato appena te l'ho detto!"
"Non importa, Giulia, davvero. Vieni, avvicinati." mi dice afferrando la mia mano destra. La posa sul suo petto e sento che il suo cuore batte a mille sotto le mie dita. "Senti? Corre come un treno, e non per l'ansia!" dico. "E io ti sto sorridendo. Ecco, ti faccio vedere. La forma delle mie labbra va verso l'esterno, non in avanti, vedi? Non è un muso lungo, come si dice in gergo, e questo è grazie a te, al regalo che mi hai fatto... e al regalo ancora più grande della tua amicizia... il fatto che ci sia qualcuno che non solo si preoccupa per me in un modo che non avrei mai potuto immaginare, ma lotta anche contro il ragazzo più popolare della scuola e non si preoccupa affatto di cosa può succederle!"
"Sei il mio prigioniero preferito!" dico cercando di trasferire a queste cose orribili una concezione "positiva", per quanto possibile. "Me lo dai un abbraccio? Sai che sono una dipendente dall'affetto..."
Torniamo in sala da pranzo e ci sediamo ai nostri posti. La cena è molto allegra e mi sento più a mio agio qui che a casa! Se ci fossero anche i miei genitori sarei al settimo cielo. Rimango sorpresa da una tradizione natalizia che hanno loro: in pratica scelgono una canzone e la eseguono tutti insieme. Ginevra vuole che m'inserisca anch'io, visto che sono qua, ma ammetto che un po' mi vergogno.
In ogni caso lo faccio ugualmente. In fondo, mi sono infilata in casa loro all'improvviso! Anzi: addirittura mi chiedono di scegliere il brano ed io opto per: "#PoloNord" di House of Talent, una sorta di band formata da ragazzi di un reality. Sono così felice che, mentre torno alla realtà, mentalmente ripeto quel ritornello: "Chiudi gli occhi e chiedi ciò che vuoi. Sciogli questo ghiaccio che è tra noi. Apri il cuore e dona ciò che vuoi: è già Natale!"
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