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Il Flashback <128>

IGINO
Nuovo giorno, nuovi pensieri. Visto che non sono ancora in piedi sto facendo comunque una riabilitazione con una dottoressa che viene qui a metà mattinata e sembra tanto la mia migliore amica. Quello che faccio sono una sorta di esercizi da palestra, ma ridotti al minimo. La dottoressa è una donna bruna, con gli occhiali ed è entrata accompagnandosi con un bastone. Per questo ho capito che ha parecchio in comune con la mia migliore amica. È molto giovane, quindi immagino abbia cominciato da poco. Spero solo che tutto questo funzioni.
Una volta finito, anche se esita un po', mi prende delicatamente la mano e mi dice: "So che ti dà fastidio essere continuamente toccato da una sconosciuta, ma spero che questo possa servirti. Sei davvero un bravo ragazzo!"
"Non si preoccupi. Non mi dà fastidio."
"Davvero?"
"Sì... perché lei mi ricorda una mia amica... dovrebbe essere qui a momenti."
Infatti sento qualche colpo alla porta. Precisamente quattro colpi. "Vieni Giulia, entra" le dico.
Lei mi fa sempre un segnale, in modo che non mi tocchi attaccare la sedia al letto e fare l'acrobata. La mia amica si fa strada e mi saluta: "Buongiorno, piccolo koala, come stai oggi?"
"Non posso crederci! Piccola, ciao!"
"Emma! Come stai?" dice la mia amica, andando ad abbracciare la dottoressa.
"Bene! Lui è il mio primo paziente... sono capitata bene!"
"Allora siamo a posto! Emma porta fortuna, Igino: tornerai a camminare in pochissimo tempo! Quanto ci scommetti?" dice la mia migliore amica, sorridendo.
"Tu, cara, Come stai? Che stai facendo?"
"Ho studiato per qualche mese all'estero, poi però sono tornata per l'incidente... sapessi quante ne ha passate questo povero ragazzo!"
"Tesoro, quante ne hai passate tu." le risponde la dottoressa. "Però ora devo proprio andare!"
"Va bene... ci vediamo domani!"
Si scambiano due baci sulla guancia e la dottoressa si allontana con un enorme sorriso.
"Giulia... mi aiuteresti a sedermi?" chiedo esitante.
"Ma certo, tesoro! Vieni!"
Mi mette dei cuscini dietro la schiena e mi aiuta a sedermi.
"Vorrei provare di nuovo" dico.
"Igino... se te la senti per me va bene... però se non ti dispiace preferirei che ci fosse anche il nostro medico... così vedrà quello che fai... ti va?"
"D'accordo" dico a mezza voce.
Giulia apre la porta e due minuti dopo rientra insieme al dottore.
"Ti vedo molto motivato, oggi!"
"Beh... diciamo di sì..." dico.
Improvvisamente sento il telefono vibrare. Vorrei vedere chi mi scrive, ma dico: "Giulia, potresti mettere il telefono sotto il letto?"
"Va bene, Igino." mi dice lei dolcemente.
Prende il mio cellulare e me lo infila sotto il letto. Il medico mi aiuta a sedermi e la mia amica, come sempre, si posiziona di fronte a me e si piega sulle ginocchia, come al solito. Io mi aggrappo a lei.
"Sei pronto, Igino?" chiede.
"Sì, Giulia." rispondo.
"Perfetto!" E inizia a contare ad alta voce i miei passi. "Uno. Due. Tre. Quattro."
Inizio a tremare per l'ennesima volta. "Coraggio, ragazzo! Te ne basta solo uno!"
"Dai, Igino... tu sei forte! Ti manca solo un passo per battere il record di oggi!"
Ma nella mia testa rimbomba la voce di Matteo. "Tu sei solo uno stupido secchione! Non ce la farai mai! Torna a sederti e passami i compiti, invece di sognare! Non piaci a nessuno! Mia sorella ti sta vicino solo per pietà!"
"Lasciami in pace, Matteo!" esclamo.
"Oh santo cielo!" esclama Giulia.
"Ma per piacere! Tu non vali niente e quando torni te la faccio pagare per avermi messo nei guai!"
"Tu mi hai fatto cadere..."
"Igino! Igino, non ascoltare i tuoi fantasmi!"
Mentre mi dice questo Giulia mi scuote forte.
Faccio un altro passo, ma poi mi sbilancio. Lei mi stringe a sé, mette un ginocchio tra le mie gambe e mi aiuta a sedermi.
"Allora? Cos'è questa storia?"
Il medico si siede di fronte a me, con le ginocchia che sfiorano le mie.
"Ragazzo, dimmi la verità. Qualcuno ti ha messo lo sgambetto, non è vero?" chiede prendendo il mio viso tra le mani e asciugandomi le lacrime che stanno iniziando a scendere. Le lacrime sono totalmente incontrollate... il mio cuore batte all'impazzata ed ho paura che la battaglia interiore della mia amica stia per avere inizio.
"Non lo dica a nessuno, per favore" dico tra i singhiozzi. Giulia si siede accanto a me e mi cinge le spalle con un braccio, accarezzandomi delicatamente la schiena.
"Non puoi continuare a coprire i tuoi bulli, Igino, e lo sai" mi dice il medico. Io piango più forte a quell'uscita.
"Non lo dica alla polizia, la scongiuro! Non lo sopporterei" dico sottovoce.
"Spiegami com'è andata, Igino. Ti giuro che non parlerò mai con la polizia!"
Respiro profondamente, nel tentativo di prendere fiato.
"Io e Matteo ci sfidavamo a colpi di freestyle... la professoressa di musica l'ha scoperto e... ecco... insomma, ha voluto che facessimo una sfida rap a lezione, per cui siamo andati in cortile. Molti ragazzi durante la sfida rap si sono affacciati alla finestra e ci osservavano. Era strano, ma bello... tutti facevano il tifo e io mi sentivo in Paradiso... però a Matteo stava andando tutto storto: lo prendevano in giro, gli fischiavano, lo insultavano... e questo a dir la verità mi dispiaceva, e anche parecchio. Peccato che a Matteo non sia mai... mai dispiaciuto per me. Michele mi fissava e io mi sono voltato... poi sono inciampato e da lì... buio..."
Ora che ho condiviso anche con lui quello che è accaduto, mi sento meglio.
"Va tutto bene, Igino! Va tutto bene" dice la mia migliore amica. "Io so come ti senti... lo so fin troppo bene."
GIULIA
Ritorno al periodo in cui andavo all'altra scuola. Matteo era già diventato bullo.
Non se la prendeva ancora con me, ma mi evitava, perché sapeva che non avrei approvato.
Mi teneva lontano per la banda che aveva iniziato a frequentare. Stavo camminando verso la presidenza. Ero stata convocata dalla preside per qualcosa che riguardava mio fratello ed ero molto preoccupata. Erano giorni che non avevo notizie di lui durante la giornata scolastica e questo non mi piaceva affatto.
Arrivai di fronte all'ufficio della preside e diedi qualche colpo alla porta, esitante.
"Avanti!" disse la preside con voce dolce.
"Sono Giulia... Giulia Pellegrini, 3B" dissi con un filo di voce.
Esatto: mi chiamo proprio come la cantante, anche se non credo di essere poi tanto brava.
"Oh, vieni pure, mia cara!"
Entrai reside era seduta da una parte della scrivania e alla sua destra era seduto un ragazzo. Lo guardai per un istante e in quel momento sentii il mio cuore andare in frantumi. Il suo volto era coperto di bende e riuscivo ad intravedere il naso tumefatto e un occhio nero.
"Oh santo cielo!" mi lasciai sfuggire, aggrappandomi alla porta. "Io non... non so come sia successo, davvero! Io..."
"Calmati, mia cara." disse dolcemente la donna. "Vieni."
Esitai, ma mi feci avanti. Il cuore batteva a precipizio e sentivo gli occhi farsi sempre più lucidi.
"Tesoro, ti presento Claudio." disse la preside. Il ragazzo mi tese la mano: anche quella fasciata.
"Sei diversa da tuo fratello." disse semplicemente, e notai che aveva difficoltà a parlare. Sentii il cuore fare ancora un balzo.
"Perché dici così? Che c'entra Matteo con...?" chiesi, ma poi mi bloccai, come se mi avesse appena colpita un fulmine.
"Cara, ascoltami: Claudio è stato aggredito da quattro ragazzi. Hai visto in che condizioni è stato ridotto."
Mi venne in mente una conversazione che avevo avuto con Matteo.
"Giulia... sono nei guai! Tra qualche giorno ti chiamerà una persona! Tu di' che eri con me, qualunque cosa ti chieda, per favore!"
"Che cos'hai fatto, Matteo?"
"Niente di grave, ma nessuno deve sapere stato io!"
La preside mi risvegliò dal mio ricordo. "Mi sembra di capire che non ne sapevi nulla, cara... Claudio ha fatto il nome di Matteo e di altri tre ragazzi: Thomas, Samuele e Riccardo. Tu di solito sei molto vicina a tuo fratello. Hai notato un comportamento strano da parte sua?"
"Io... io non lo so... ultimamente a scuola non lo vedo spesso, io..." dissi, omettendo quel dettaglio. "Ma l'ho visto con loro... mi sembravano tipi particolari, ma non credevo... non potevo credere che..."
"Tesoro mio, ti prego, cerca di calmarti" disse la preside, avvicinandosi a me, ma in quel momento senti che le forze mi venivano a mancare. Vedevo sfocato e sentivo ancora peggio... mi girava la testa.
Contai tre secondi, poi crollai a terra.

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