#IGINOANGELOCUSTODE <100>
IGINO
Ho portato via Virginia. Non so se lei vorrà confidarsi con me, ma almeno spero che si senta più tranquilla. La porto sotto l'albero speciale, quello che mi ha visto spesso parlare con la mia migliore amica e finalmente vedo che ha smesso di piangere.
"Ti senti meglio, adesso?"
"Sì... scusami ancora, davvero. Matteo mi ha messo un sacco di stupidaggini in testa sul tuo conto. Tu sei gentile, premuroso, disponibile... non meritavi tutto quello che ti ho fatto, Igino."
"Non importa... ma posso farti una domanda?"
"Certo... dimmi tutto!"
"Chi era "l'altro Matt" di cui parlavi?"
"Era un mio compagno di scuola. Lui era alle medie, io alle elementari. Si chiamava Matteo anche lui, ma era completamente diverso. Era gentile, affettuoso, ed era molto carino, perché negarlo? Io all'epoca non ero come adesso. Ero piccolina, magra, portavo occhiali enormi, mio padre non faceva che riempirmi di botte e quindi ero costretta ad indossare abiti molto larghi... in più, i miei occhiali erano attaccati con lo scotch, perché neanche quelli mi procurava mio padre! Poi mia madre si decise a denunciarlo e per fortuna lui fu arrestato... ecco: io... ero derisa da tutti quanti. Tutti, tranne Matteo. Quello che mi piaceva. Lui se ne fregava di tutto, anche perché era forte e sapeva far stare al suo posto chiunque volesse ferirmi. Una volta, il giorno del mio compleanno, io ero triste perché non me la stavo passando bene, allora lui mi portò via e mi prese dei fiori e anche un gelato. Poi... beh, i suoi genitori, di punto in bianco, sono andati via lasciandolo con un fratello piccolo e lui ha dovuto crescere da solo quel bambino. Si è trasferito in Spagna e da allora non l'ho più visto."
Lei mi dice tutto d'un fiato, come per paura di pentirsene un secondo dopo.
"Virginia... lui ti manca?"
"Sì, ma non saprei come rintracciarlo!"
"Io forse sì... vedi, ora Giulia vive con un ragazzo italiano che si è trasferito a Siviglia con un fratello più piccolo. Quel ragazzo si chiama proprio Matteo... forse è la stessa persona... io sono in contatto con lui. Posso fartici parlare e magari..."
"Ma sono passati anni e dubito che lui mi riconoscerà."
Detto questo tiro fuori il cellulare. Quel ragazzo mi ha dato il suo numero, in modo da potersi mettere in contatto con me nel caso in cui Nicolas dovesse averne bisogno.
Stavolta, però, è un'altra persona ad aver bisogno di lui e per questo motivo lo metto in videochiamata.
"Ehi, ciao!" mi dice con un sorriso. "Come stai?"
"Abbastanza bene... però stavolta sono io a doverti chiedere aiuto!"
"Certo! Di che si tratta?"
"Tu conosci una certa Virginia? È una ragazza del paese in cui vivo io, e..."
Lei scava nello zaino, tira fuori un astuccio per occhiali e ne estrae un paio rattoppato alla bell'e meglio con lo scotch. Lo mostra alla telecamera e vedo Matt cambiare faccia.
"Non posso crederci! Virginia!" esclama stupito.
"Matt..." sussurra lei.
"Sei proprio cambiata, sai?"
"Sì... ma non in meglio."
"Che vuol dire, scusa?"
"Potrei passarti il mio contatto, così te lo spiego meglio?"
"Sì... sì, certo..."
Ci salutiamo e subito dopo Virginia mi stringe in un forte abbraccio.
"Sei un angelo" mi dice nascondendo il viso sulla mia spalla e solleticando il mio con i suoi capelli.
"No! Sono solo un Nerd" dico.
"Non è vero! E se anche fosse, allora essere Nerd è un complimento!" mi dice Virginia, e in questo momento mi sembra di sentir parlare la mia migliore amica, che mi ha detto qualcosa di simile a questo.
Le mando il contatto del ragazzo spagnolo e la lascio andare per poi tornare a casa. Quando io arrivo a casa mia, mi stupisco nel vedere che Ginevra è già qui.
"Ehi! Che cosa ti è successo?"
"Avevi ragione, fratellino! La preside ha spezzato in due il tuo lavoro di un intero pomeriggio... io non sono abbastanza forte per farmi valere, e ho portato una copia del CD a un mio compagno che la consegnerà alla polizia quanto prima. Ti ho deluso! Sono un vero disastro!"
"Non sei un disastro, piccola!"
"Sì che sono un disastro, Igino!" mi dice scoppiando a piangere. Io l'abbraccio, cercando di tranquillizzarla, ma è inutile, ed è proprio questa mancanza di cambiamento a farmi decidere di agire in un altro modo. Corro in camera mia, vado a prendere un'altra delle copie del "mio lavoro", come dice sempre lei.
Infilo la copia in un sacchetto di tela e prendo dei soldi per il biglietto del treno.
"Dove vai così di corsa, fratellino?" mi chiede Michele.
"A fare qualcosa per Ginevra." rispondo e, senza aggiungere altro, infilo la porta e corro alla stazione. Per fortuna il primo treno per Napoli è a breve e non sono molto distante.
Pago il mio biglietto, da bravo Nerd, come direbbe Matteo, e vado al binario 12. Quando il treno arriva, pur sentendo che mi sta scoppiando il cuore per l'ansia, salgo sul treno. Non ci sono posti a sedere, quindi mi aggrappo ad una sbarra qualsiasi e mi guardo intorno. Non l'avessi mai fatto! Vedo un ragazzo che mi è fin troppo familiare... è circondato da altri quattro e ha le braccia stracariche di zaini. È proprio questo a farmi capire che altri non è che Matteo: il mio bullo, ora in preda ad un attacco di panico, perché so che non ha il coraggio di ribellarsi a quei bellimbusti.
A quanto pare dobbiamo scendere alla stessa fermata. Non so perché lo sto facendo, ma lo seguo e vedo che ad ogni momento di esitazione, a turno, i quattro bulli gli danno uno spintone, deridendolo come lui fa con me in continuazione.
"Spero che ora tu abbia capito quello che devi fare, piccolo Matt!"
"Non avete bisogno di buttarlo a terra" intervengo, e non so perché lo sto facendo.
"Oh, guarda chi si vede: l'amico della sorellina del piccolo Matt... ti fai difendere dal ragazzo a cui dai il tormento, piccolo Matt?"
"Che fai, mi segui?" mi chiede esasperato.
"No, ti do una mano! E comunque: non sono qui per te" rispondo timidamente. "Sono qui per mia sorella."
"Cosa?"
"Io... io non sono come te che tua sorella l'hai abbandonata al suo destino e l'hai fatta arrivare a... ad allontanarti... non..." Matteo sta per fare qualcosa, ma il capo lo trattiene e lui abbassa lo sguardo.
"Eh no, piccolo Matt, così non va!" dice. "Questo ragazzo avrebbe potuto esortarci a non darti una bella lezione, ma se tu gli dai addosso... se gli dai addosso, piccolo, ingenuo Matt... la devi pagare, non ti sembra?"
Uno dei ragazzi lo butta per terra e so che stanno per colpirlo, ma io afferro quello che sta per scattare e dico: "Lasciatelo stare, vi prego! In fondo... è troppo... anche per lui!"
"Il piccolo Igino ha ragione, sai? È troppo, persino per te! Forza, alzati! Che aspetti, razza di idiota? Alzati immediatamente!"
Matteo non riesce ad alzarsi, perché ha troppi zaini da trasportare.
"Vieni, reggiti. Lo so che ti dà fastidio essere toccato dal secchione, ma non hai molta scelta" gli dico con voce esile, anche se non so cosa mi stia spingendo a fare tutto questo per qualcuno che non perde occasione per ferirmi. Lo aiuto, ma non faccio altro che pormi tutte quelle domande. Poi, finalmente, arriva l'allenatore che mi ringrazia e si allontana con i ragazzi. Io cerco una stazione di polizia e quando finalmente la trovo, mi dirigo verso di essa, prendo coraggio ed entro, sperando che mi ricevano presto.
Un agente, vedendomi incerto, chiede: "Hai qualche problema, ragazzo?"
"Sì, uno ce l'ho. Devo sporgere denuncia contro i professori della mia sorella minore."
"Vieni dentro."
Detto questo mi guida verso un ufficio e mi fa accomodare ad una scrivania. Ora siamo l'uno di fronte all'altro e, con il cuore in gola, racconto delle vessazioni che Ginevra ed i suoi compagni hanno subito dai professori. "Beh... più che raccontarle, dovrei farr ascoltare questo" dico. "Ho consigliato a Ginevra di registrare le lezioni e lei mi ha portato a casa questo. Io ho passato tutto qua, sopra questo CD..."
"Bene, ragazzo. Dammi pure questo e lasciami un recapito. Stai tranquillo: faremo tutto il possibile per tua sorella e i suoi compagni... ma sembra che tu non te la passi molto meglio visto che hai i polsi gonfi e rossi."
"No... non è niente. Grazie" dico per poi scrivergli tutte le informazioni possibili su un foglio, in modo che possa rintracciarmi. Spero che quel disco non faccia la stessa fine dell'altro, perché almeno Ginevra la scuola deve viverla decentemente.
Prendo un altro biglietto per il treno del ritorno, che passerà tra venti minuti. Mi siedo su una panchina, ad aspettare che il mio treno arrivi. Appoggio la fronte sulla mano destra e mi lascio cullare dalle voci della gente che passa di lì, sperando che tutto quello che sto facendo oggi sia utile a qualcosa, o a qualcuno... almeno, per una volta nella mia vita, potrò dire di essere stato utile almeno ad una persona sulla faccia della Terra.
L'altoparlante annuncia il mio treno e io mi alzo di scatto. Raggiungo il punto più vicino e quando il treno finalmente si ferma e le porte si aprono, allungo il passo e salgo a bordo. Stavolta c'è un posto a sedere... sobo uno, ma vedo un uomo piuttosto in là con gli anni che arranca, quindi decido di lasciar perdere.
Quando arrivo in paese c'è ancora la luce. Sono le cinque, io sono piuttosto scosso e mi gira la testa, perché da stamattina non ho toccato nulla visto che Matteo, puntualmente, mi ha buttato la merenda nel cestino, e sempre per lui, durante tre notti non ho chiuso occhio. Arrivo a casa stravolto e mia madre, preoccupata come non mai, mi corre incontro e chiede: "Tesoro, ma dov'eri finito?"
"Sono andato alla polizia, a denunciare i professori di Ginevra... ho fatto tardi perché ho incontrato Matteo per strada... era in difficoltà e io l'ho aiutato." rispondo appoggiandomi a lei, barcollante.
"Sei un angelo" mi dice la mamma. "Avanti, entra! Ti ho lasciato la tua parte del pranzo in caldo... ma forse ti conviene andare a sdraiarti un po', prima, no?"
"Grazie, mamma" rispondo. Vado a buttarmi sotto la doccia e, anche se è presto, indosso il pigiama, perché sono a pezzi. Mio fratello Michele mi porta la mia parte della cena, (che comprende anche quella del pranzo), in camera, e si siede accanto a me.
"Ci vuole coraggio per fare tutto quello che hai fatto tu oggi... sai, Virginia mi ha detto che hai aiutato anche lei a ritrovare la sua vecchia fiamma. Lei era molto scossa dopo l'ultima trovata di quell'idiota di Matteo... che tra l'altro includeva anche te... e so in che modo l'hai aiutato. Lo stavano minacciando e l'avevano caricato di zaini come un mulo... è così?"
"Sì, Michele."
"Lo vedi? Tu puoi insegnarmi molto, fratellino... lo stai facendo... io non so perdonare, ma so che averti vicino mi farà bene per capire come si fa a lasciare indietro il male e stringere al petto il bene... ancora oggi, io i miei bulli non li ho perdonati. Temo che se me li trovassi davanti e loro fossero in difficoltà, non li aiuterei. Tu, invece, l'hai fatto, e non soltanto una volta. Stavi aiutando Matteo a studiare... lascia stare il motivo, fratellino... l'importante è che tu l'abbia fatto, prima e dopo aver conosciuto Giulia. Hai cercato di far riconciliare lei e suo fratello, nonostante tutto quello che lui ti ha fatto passare... nonostante tutto quello che ha fatto passare a lei... e per perdonare insulti, umiliazioni, emarginazione... non ci vuole solo un grande cuore. Ci vuole anche molto, molto coraggio."
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